L’espansione economica della Cina in Centro Asia, accompagnata da grossi crediti ai paesi asiatici, si pone come obiettivo, oltre alla fornitura di materie prime, quello di stabilizzare la regione, soprattutto in vista del ritiro dall’Afghanistan, a fine 2014, delle truppe Usa e Nato.
– Finora Pechino rifiuta di dispiegarvi suoi soldati, ma è da vedere se manterrà questa posizione in caso di una primavera islamica centro-asiatica a seguito di un nuovo rafforzamento dei talebani in Afghanistan e di diffusione nello Xinjiang e del rischio si rafforzi il separatismo in Cina.
– La Russia dal canto suo non esclude una opzione militare;
– nel Sud Kirghizistan ha costituito una nuova base militare; sembra inoltre che sia stato raggiunto un accordo sul prolungamento per alcuni decenni dell’accordo con il Tajikistan per lo stazionamento di truppe russe.
– Il veicolo più importante per la presenza militare russa è ODKB, l’Organizzazione per la Sicurezza Collettiva, di cui oltre alla Russia fanno parte la maggior parte dei paesi centro-asiatici, ma non la Cina.
– Le rivalità tra di due “partner strategici” hanno impedito che venisse da essi elaborato una strategia comune, e neppure una strategia nazionale per la stabilizzazione del Centro Asia dopo il 2014.
Visita del nuovo presidente cinese in Russia: Pechino ha bisogno di un fornitore affidabile di materie prime, Mosca di nuovi mercati di sbocco.
– La Russia sa che diverrà ancor più l’“appendice per le materie prime” della Cina e che l’impegno cinese nell’estremo oriente porta rischi di dipendenza dalla Cina.
– Per equilibrare la crescente influenza cinese saranno invitati anche investitori giapponesi e sudcoreani in Siberia e nell’Estremo Oriente russo.
– A Mosca si pensa che possibili conflitti sulle isole del mar cinese meridionale portino la Cina a puntare ancor più a rotte terrestre più sicure per l’importazione di gas e petrolio.
– Si pensa anche che, dati i problemi con la UE – dopo la costruzione del gasdotto South Stream attraverso il Mar Nero – in futuro nuovi gasdotti saranno costruiti solo in direzione Est, verso il Pacifico, per servire la Cina e il mercato asiatico.
– Il gruppo russo statale Gasprom spera in importanti progressi nelle annose trattative sulla costruzione di un gasdotto dalla Russia alla Cina, rifornito dai giacimenti della Jacuzia e dell’area di Irkutsk, con capacità di 30 MD di m3/anno,
o e per la costruzione di un impianto di liquefazione del gas a Primorje, estremo Oriente russo, la cui realizzazione appare favorita dall’avvicinamento sulla questione prezzo del gas.
– Mosca vorrebbe raddoppiare il volume annuale del petrolio fornito alla Cina, dalle attuali 15 mn. di tonnellate a 30 mn,
o da trasferire in parte tramite l’oleodotto est Siberia-estremo Oriente alla baia di Kosmino sulla costa del Pacifico, e pare attraverso il Kazakistan.
– Il gruppo statale Rosneft intende inoltre aprire ai gruppi statali cinesi l’accesso ai giacimenti petroliferi nel mar di Barents.
o Si negozierà anche su un anticipo cinese di $40MD, per le forniture di petrolio, anticipo che Rosneft necessita causa i problemi finanziari derivanti dall’acquisizione di TNK-BP.
– La Russia, non disponendo di capitali sufficienti, vuole coinvolgere maggiormente la Cina nello sviluppo dell’Estremo Oriente russo.
o Già 4 anni fa, era stato siglato un accordo di cooperazione con il Nord Cina, non realizzato. La Cina sarebbe disposta a fornire $5MD per una riedizione del progetto; prioritari i progetti per il miglioramento delle infrastrutture e per lo sviluppo dell’industria manifatturiera.
– La fornitura di armi russe è stata a lungo la base della “alleanza strategica” con la Cina: dopo l’embargo alle armi del 1989 di USA e UE contro la Cina, la Cina ha dovuto contare sulla Russia per ammodernare e armare le sue forze armate,
o ma secondo i dati dell’Istituto per la pace di Stoccolma, dal 2005 la Cina non ha più siglato grossi accordi per le armi con la Russia; le esportazioni di armi russe in Cina sono molto diminuite dal 2007,
o il motivo sarebbe da una parte il malcontento cinese perché la Russia non fornisce le sue armi più moderne, dall’altra la preferenza data all’India.
o Mosca si lamenta perché la Cina copia i suoi sistemi di armi, senza licenza.
– La Cina è ora divenuta una concorrente della Russia sul mercato mondiale delle armi.
– La presenza di entrambe le potenze in Centro Asia, considerato dalla Russia territorio di suo interesse privilegiato, provoca ripetute tensioni.
– La Cina utilizza SCO (Organizzazione di Shanghai per la Cooperazione) come copertura per difendere i propri interessi economici nella regione ricca di materie prime da accuse di espansione troppo sfacciata.
– SCO offre alla Russia la possibilità di osservare la politica centroasiatica della Cina; la Russia di più non può fare dato che non dispone dei mezzi per una politica di influenza economica.
– La Cina è riuscita a costruire 1833 km del gasdotto Centro Asia-Cina, che passando per il Turkemnistan arriva a Xinjiang, che da due anni fornisce già la metà del suo fabbisogno.
– Il gruppo statale cinese CNPC sta per aprire il giacimento di gas nel Turkmenistan, 26000 MD di m3, che andranno per la maggior parte in Cina.
– Pechino ha siglato accordi per il gas anche con il Kazakistan (collegato al gasdotto centroasiatico a spese delle Cina) e l’Uzbekistan.
– La Russia non può riprendersi il monopolio nel trasporto del gas centroasiatico perso a causa del gasdotto centro-asiatico neppure con l’unione doganale di Russia-Kazakistan, o con la progettata comunità economica eurasiatica che coinvolge altri paesi centro-asiatici.
21.03.2013 · Der chinesische Präsident Xi Jinping besucht den Nachbarn Russland. Peking benötigt einen zuverlässigen Rohstofflieferanten, Moskau neue Absatzmärkte.
– Der chinesische Präsident Xi Jinping besucht auf seiner ersten Auslandsreise als neue „Nummer eins“ an diesem Freitag Russland. In Moskau glauben viele, dass während des Staatsbesuchs ein neues Modell für die Ausgestaltung der oft als „Strategische Partnerschaft“ gerühmten Beziehungen zwischen beiden Ländern vorgestellt wird.
– Diese Erwartungen sind vor allem mit dem wirtschaftlichen Teil der Gespräche zwischen Xi und der russischen Führung verbunden. Man nimmt an, dass mögliche Konflikte um Inseln im Südchinesischen Meer dazu führen werden, dass China noch stärker als bisher auf sichere Landverbindungen für die Einfuhr von Öl und Gas setzt.
– Auf der anderen Seite habe sich in Russland die Auffassung durchgesetzt, dass angesichts der Probleme mit der EU nach dem Bau der South-Stream-Erdgasleitung durch das Schwarze Meer neue Pipelines künftig nur noch in Richtung Osten zum Pazifik hin verlegt werden, um China und den asiatischen Markt zu bedienen.
– Der staatlich kontrollierte Monopolist Gasprom erhofft sich vom Besuch des chinesischen Präsidenten einen Durchbruch in den seit Jahren geführten Verhandlungen über den Bau einer Erdgasleitung von Russland nach China,
o die mit ostsibirischen Gasvorkommen in Jakutien und aus dem Irkutsker Gebiet gespeist werden soll und eine Durchleitungskapazität von 30 Milliarden Kubikmetern im Jahr haben soll. Gleiches gilt für den Bau einer Gasverflüssigungsanlage im fernöstlichen Primorje.
o Die Annäherung der lange gegensätzlichen Standpunkte über den Gaspreis für China trage dazu bei, die Aussichten auf die Realisierung dieser Projekte zu verbessern.
– Bei den Öllieferungen Russlands an China strebt Moskau die Verdoppelung des Volumens von gegenwärtig 15 Millionen Tonnen auf 30 Millionen Tonnen im Jahr an. Sie sollen teils über die ostsibirisch-fernöstliche Ölpipeline bis in die Kosmino-Bucht an der Pazifikküste – möglicherweise durch eine zweite, von China finanzierte Röhre – und teils über Kasachstan geleitet werden.
– Überdies will die staatliche Rosneft chinesischen Staatsfirmen den Zugang zu Ölquellen in der Barentssee ermöglichen.
– Verhandelt wird auch über chinesische Vorauszahlungen für russische Öllieferungen in Höhe von bis zu 40 Milliarden Dollar, die Rosneft, das wegen der Übernahme der privaten TNK-BP Finanzprobleme zu haben scheint, dringend benötigt.
Moskau gibt sich keinen Illusionen hin
– Russland will zudem China stärker in die Entwicklung seines Fernen Ostens einbeziehen, weil Moskau in Jahrzehnten dabei nicht recht vorangekommen ist und nun nicht genug Geld dafür hat. Bereits vor vier Jahren war ein Abkommen über die Zusammenarbeit in dieser Region mit Nordostchina geschlossen worden, das aber nicht verwirklicht wurde.
– Für eine veränderte Neuauflage des Projekts sei China bereit, Kredite von fünf Milliarden Dollar zu geben. Vorrangig sollen Vorhaben zur Verbesserung der Infrastruktur und zur Entwicklung der Verarbeitenden Industrie in Angriff genommen werden.
– Russland macht sich bei alledem offenbar keine Illusionen, dass sich seine Rolle als „Rohstoffanhängsel Chinas“ noch verstärkt und dass das chinesische Engagement in Fernost das Risiko der Abhängigkeit von China birgt. Man sei aber aufeinander angewiesen. China benötige einen zuverlässigen Rohstofflieferanten, Russland neue Absatzmärkte. Dennoch sollen auch japanische und südkoreanische Investoren in die Weiten Sibiriens und nach Fernost zum Ausgleich des zunehmenden chinesischen Einflusses angelockt werden.
– Lange Zeit waren russische Waffenlieferungen der Eckstein der strategischen Partnerschaft. Wegen des Embargos, das Amerika und die EU 1989 gegen China verhängt hatten, war Peking auf Russland angewiesen, um seine Streitkräfte zu modernisieren und zeitgemäß zu bewaffnen. Nach Angaben des Internationalen Stockholmer Instituts für Friedensforschung hat China jedoch seit 2005 kein größeres Waffengeschäft mehr mit Russland abgeschlossen. Die russischen Rüstungsexporte nach China sind demnach seit 2007 stark zurückgegangen.
– Grund dafür sei einerseits chinesisches Missbehagen, weil Russland es ablehne, seine modernsten Waffen zu liefern, und zudem Indien bevorzuge.
– Moskau wiederum sei unzufrieden, weil China russische Waffensysteme, ohne Lizenzen zu erwerben, kopiere.
– Mittlerweile ist China auf dem Weltmarkt für Waffen ein ernsthafter Konkurrent Russlands. Allerdings nutze Peking nach wie vor die Möglichkeit von multilateralen Manövern im Rahmen der Shanghai-Organisation für Zusammenarbeit (SCO), um vom russischen Militär zu lernen, heißt es.
Lew in Peking: Chinas Präsident Xi will Beziehungen zu Amerika ausbauen
Russische Außenpolitik: Verhinderer mit Geltungsdrang
Chinas neuer Ministerpräsident: Urbanisierer
– Bislang hat auch die Präsenz der beiden Mächte in Zentralasien, das von Russland als Gebiet seiner „privilegierten Interessen“ betrachtet wird, immer wieder für Irritationen gesorgt.
– China hat die SCO dazu genutzt, seine wirtschaftlichen Interessen in der rohstoffreichen Region vor Kritik gegen allzu forsche Expansion abzuschirmen.
– Russland bietet die Organisation die Möglichkeit, Chinas Zentralasien-Politik zu beobachten. Mehr ist kaum möglich, weil Moskau die Mittel für eine wirtschaftliche Einflusspolitik fehlen.
– China hat es so geschafft, die 1833 Kilometer lange Zentralasien-China-Gas-Pipeline zu bauen, die von Turkmenistan bis nach Xinjiang reicht. Bereits vor zwei Jahren wurde die Hälfte des chinesischen Bedarfs an Erdgas durch diese Röhre gepumpt.
– Der chinesische Staatskonzern CNPC ist zudem dabei, das Erdgasfeld im turkmenischen Galkynysch zu erschließen, in dem 26 Billionen Kubikmeter Erdgas liegen. Es gilt als ziemlich sicher, dass das meiste davon nach China gehen wird.
– Mit Kasachstan, das auf chinesische Kosten an die Zentralasien-China-Pipeline angeschlossen wurde, und Usbekistan hat Peking ebenfalls Gasverträge geschlossen.
– Russland hat durch den Pipelinebau das bisherige Monopol zum Transport zentralasiatischen Erdgases verloren. Derartiges lässt sich auch durch die Zollunion Russlands mit Kasachstan oder die geplante eurasische Wirtschaftsgemeinschaft unter Einbeziehung weiterer zentralasiatischer Staaten nicht mehr rückgängig machen.
– Chinas Wirtschaftsexpansion, die mit großzügigen Krediten an die zentralasiatischen Staaten einhergeht, hat indes nicht nur die eigene Rohstoffversorgung zum Ziel. Vielmehr hofft Peking auch, dadurch die Region insgesamt und insbesondere mit Blick auf den bis Ende 2014 geplanten Abzug der Truppen Amerikas und der Nato aus Afghanistan etwas stabilisieren zu können.
– In der Region eigene Truppen zu stationieren, lehnt Peking dagegen bislang ab. Ob sich daran festhalten ließe, falls nach einem Wiedererstarken der Taliban in Afghanistan ein zentralasiatischer islamistischer Frühling sowie ein Übergreifen auf Xinjiang droht und die Separatismusgefahr in China dadurch wächst, sei dahingestellt.
– Russland scheint dagegen von vornherein zumindest auch auf eine militärische Option zu setzen.
o Jedenfalls ist in Osch im Süden Kirgistans ein neuer russischer Militärstützpunkt hinzugekommen. Zugleich scheint die Verlängerung des Truppenstationierungsabkommens mit Tadschikistan um einige Jahrzehnte endlich perfekt zu sein.
– Das wichtigste Vehikel für russische Militärpräsenz ist dabei die Vertragsorganisation für kollektive Sicherheit (ODKB), der außer Russland auch die meisten zentralasiatischen Staaten angehören, nicht aber China.
– Die kaum verschleierten Rivalitäten der beiden „strategischen Partner“ haben offenbar verhindert, dass die beiden „strategischen Partner“ weder eine gemeinsame Strategie, noch eine umfassende und kohärente „nationale“ Strategie für die Stabilisierung Zentralasiens in der Zeit nach 2014 entwickelt haben.
– Alischer Usmanow, ein usbekischstämmiger Multimilliardär, der Russlands Präsident Putin nahesteht, soll auf die Frage, ob der Kreml eine solche Strategie besitze, geantwortet haben, dass es diese erst geben werde, wenn Zentralasien bereits außer Kontrolle geraten sei.