(Avellino, 1891 – Roma, 1977), disegnatore delle Ferrovie, pittore
Dopo aver lasciato con la famiglia la città d’origine per seguire li trasferimenti del padre Stefano, ispettore delle Ferrovie, si stabilisce a Roma. Presumibilmente grazie all’appoggio paterno, il 16 aprile 1914 viene assunto nelle Ferrovie, come disegnatore, presso il Compartimento di Roma, continuando a coltivare la propria passione per la pittura.
Durante il Primo conflitto mondiale, come sottotenente di complemento, si trova al fronte, sullo Stelvio e sul Carso, riportando un’invalidità.
Al termine della guerra, fa ritorno a Roma e riprende il lavoro nelle Ferrovie, affermandosi come pittore e frequentando l’ambiente delle avanguardie artistiche.
Dopo un’iniziale adesione all’anarchismo, nel 1921 passa al Partito comunista, presumibilmente attraverso l’incontro con Nicolò Bombacci nel medesimo contesto culturale-politico di sinistra.
In sintonia col futurismo di sinistra, tendenzialmente filobolscevico ma con assonanze libertarie, negli anni Venti è fra i fondatori della sezione italiana del Groupe Clarté (1922) e poi del Movimento Immaginista (1927).
Secondo una memoria da lui compilata nel 1945, sarebbe stato iscritto alla sezione del PCdI “Villa Patrizi” (quartiere Nomentano) e «al Gruppo Ferrovieri Comunisti fin dal suo sorgere», partecipando a tutti gli scioperi.
Dopo l’avvento del fascismo, Ronco firma assieme a Dino Terra, Adriano Tilgher, Luigi Pizzuti, Duilio Remondino, Alfredo Casella, Trilussa e altri, a nome della sezione di Clartè, un manifesto che denuncia l’illegalità della presa del potere di Mussolini.
Nel 1923 perde il posto di lavoro nelle Ferrovie, venendo «esonerato il 1° maggio 1923, con deliberazione del Commissario Straordinario in data 10 aprile dello stesso anno», per una presunta inabilità fisica («affetto da deperimento generale con note di infiltrazione apicale a destra»), da ritenersi pretestuosa, analogamente a quelle utilizzate per motivare i massivi licenziamenti politici nelle Ferrovie.
Vive quindi con le due modeste pensioni – quella d’invalido di guerra e quella delle Ferrovie – e con l’attività di disegnatore e pittore.
Nonostante l’adesione al Partito comunista, Ronco conserva stretti rapporti col movimento anarchico romano; fra il 1923 e il 1924, Ronco collabora a «Fede!», Settimanale Anarchico di Coltura e di Difesa, ove cura la rubrica Cronaca d’Arte. Nel 1924 disegna la copertina di «Pensiero e volontà», rivista quindicinale di studi sociali e cultura generale diretta da Errico Malatesta. Dal marzo 1925, è quindi illustratore di «Vita», libertaria mensile di politica ed arte.
Anche se le notizie sono frammentarie, tra il 1923 e il 1925 subisce alcuni arresti fra cui uno per possesso di «documenti comunisti» e un altro per la detenzione illegale di un pugnale.
A seguito di questi fermi e, secondo quanto lui stesso scrive, anche di «bastonature», nel 1925 lascia l’Italia, per quello che lo storico Umberto Carpi ha definito un esilio. La prima destinazione è la Grecia, poi Turchia e Francia, giungendo nel 1926 in Tunisia e stabilendosi nel 1928 a Tunisi, dove risiede una numerosa comunità italiana, ma anche una consistente presenza di rifugiati antifascisti. Nella colonia francese, Ronco si afferma sul piano professionale: è insegnante di disegno presso il Liceo italiano a Tunisi e a La Goletta; progetta gli arredi di numerosi esercizi e residenze; espone le proprie opere in importanti mostre, sia personali che collettive, assieme ad artisti francesi e italiani.
Grazie a tale rispettabile posizione e all’acquisita notorietà, si accattiva la compiacenza del Consolato italiano a Tunisi, ma dagli ambienti fascisti vengono inviate segnalazioni al Ministero dell’Interno che denunciano la sua «subdola campagna antifascista». In Italia, la Polizia Politica lo sorveglia a distanza, schedandolo: nel fascicolo personale, risulta variamente segnalato come anarchico, comunista, sovversivo, accanito e irriducibile avversario del Regime, propugnante principi anarchici, pericolosissimo nell’ambiente anarchico dove egli è il capo.
Quando nel 1932, Ronco torna per breve tempo in Italia con la consorte per una visita alla famiglia di lei, è oggetto di continua sorveglianza e di ripetute perquisizioni, mentre a Tunisi viene fatta circolare la voce che è stato mandato al confino, tanto che lui invierà una formale lettera di protesta al Ministero dell’Interno, rimanendo comunque sospettato come oppositore.
Dopo lo scoppio della Seconda guerra mondiale, rientra a Roma alla fine del 1939, partecipando a riunioni “cospirative” tenute in casa dell’antifascista Uguccione Ranieri di Sorbello, e contribuendo alla diffusione della stampa clandestina in contatto con Mario Socrate, partigiano gappista e poeta.
Nel 1945, ottiene la ri-iscrizione al Partito comunista, continuando la sua attività artistica. Muore improvvisamente a Roma nel 1977: ne danno notizia soltanto due annunci, pubblicati su «l’Unità», uno della seconda moglie Alice Witomski, l’altro dei compagni e degli amici più stretti.
MARCO ROSSI
Bibliografia:
Umberto Carpi, Bolscevico immaginista. Comunismo e avanguardie artistiche nell’Italia degli anni
venti, Napoli, Liguori, 1981;
Giuseppe Casetti, Movimento Immaginista a Roma nel V anno del R.F., Roma, Stampa Alternativa,
1990;
Alberto Ciampi, Vinicio Paladini fra arte e politica. 1922: scampoli d’avanguardia, «Quaderni
Pietro Tresso», n. 37, settembre-ottobre 2002;
Alessandra Vanzi, Dino Terra futurista di sinistra, «Il Manifesto», 10 ottobre 2015;
Davide De Poce, Fiera delle chimere. Il movimento immaginista nell’Italia tra le due guerre,
Roma, Bulzoni, 2023.