(Sgurgola, 1899 – Roma, 1973), fuochista delle Ferrovie
Figlio di un fabbro socialista, secondo di otto fratelli, aderì in giovane età all’ideale anarchico. Assunto nelle Ferrovie come fuochista, subì vari trasferimenti; attivista dello SFI, fu segretario di sezione a Barletta e capogruppo a Roma. Partecipò a tutti gli scioperi e, dopo quello legalitario dell’agosto 1922 venne licenziato in base al Decreto Torre (“scarso rendimento”) mentre aveva la qualifica di Fuochista Approvato (ovvero promosso a macchinista senza che gli venisse concessa la qualifica per ritardi burocratici, come a tutti quelli della sessione 1919).
“Anche io sono stato cacciato. Troppo tardi in verità e questo ritardo incominciava a preoccuparmi perché poteva confondermi con gli eunuchi e gl’invertebrati mentre quasi la totalità dei buoni furono eliminati col ferro e col piombo, coll’esilio e l’ostracismo. Ho sempre fatto il mio dovere di lavoratore e solo di ciò andai sempre fiero ripudiando atti o la minima parvenza di servilismo. Al tempo delle nostre battaglie fui sempre in prima fila e nel cadere non ero sicuramente in ginocchio ma fortissimamente in piedi”. (9 ottobre 1923).
Nel febbraio 1924 scrisse un articoletto ironico contro l’adesione deliberata dal CC dello SFI alla CGdL, operazione considerata illegale da gran parte dei militanti SFI.
Fu continuamente sorvegliato e ammonito.
FONTI: «In Marcia!»; www.andreagaddini.it