MANARA, Savina

(Soresina, 1903 – Milano, 1979), maestra elementare, pittrice

 

Comunista dal Ventuno, il 15 ottobre 1921 su «L’Eco del Popolo», giornale fondato nel 1889 da Bissolati, la Manara raccontò un episodio di cui fu protagonista. “Mi fu gridato l’altro giorno per strada: è una donna, non si impicci di fatti di politica, lei! Fu un ignorante che si dondolava, le mani nel panciotto, davanti al Bar Roma. Mi aveva vista passare con due compagne di scuola e io portavo il distintivo comunista”. Un fascista la seguì in via Giudecca e le strappò “il piccolo disco rosso vigliaccamente perché ero sola e donna [..] Ebbi il mio sangue freddo … gli risi in faccia… si vede che è tanto ignorante Lei”. “incollerita, sdegnata [ebbi] l’ingenuità di riferire l’atto villano a due guardie regie”. Il fascista mostrò il distintivo comunista, le guardie si stupirono e dissero a Savina: “Ah! Ma io credevo che fosse fascista”. “Io non ho mai creduto che la forza pubblica fosse imparziale”.

Nel 1923 andò a Cremona a lavorare per il PCdI. Sposò Tarquinio Pozzoli accudendolo nelle fasi della sua lenta agonia. Dopo due anni si separò per unirsi con Celestino Telò, anch’esso malato e destinato a morire di lì a breve.

Dopo la morte di Telò fu coinvolta nel tentativo di espatrio clandestino del 20 dicembre 1926. L’operazione era diretta da Rinaldo Alfredo Sisti, meccanico comunista milanese, che aveva contattato due passatori varesini, Luigi Malnati e Giuseppe Maroni; con Sisti dovevano espatriare il meccanico Bruno Zecchini, comunista già vittima di un provvedimento disciplinare interno al partito in quanto aderente alla Sinistra, la sorella Ida, l’orefice socialista Emilio Bellamio, e Savina Manara. Il gruppo doveva raggiungere Clivio ma venne intercettato a Valle Olona e arrestato.

La Manara successivamente abbandonò l’attività politica dedicandosi con successo alla pittura; partecipò a varie mostre tra cui quella milanese del 1936 del Sindacato Interprovinciale Fascista Belle Arti (VII Interprovinciale). In quell’anno la Questura la riteneva non politicamente pericolosa, non capace di svolgere attiva opera antinazionale, di sentimenti “indifferenti” al Regime; nonostante ciò rimase iscritta nel novero dei sovversivi per mancato ravvedimento.

 

FONTI: «Cronaca Prealpina», 21 dicembre 1926; www.archiviodistatocremona.beniculturali.it/sites/default/files/allegati-documenti/donne-sovversive.pdf

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