LAVAGNINI, Spartaco

(Cortona, 1889 – Firenze, 1921), impiegato delle Ferrovie

 

Il Soviet ferroviario del Compartimento di Firenze (1920), il secondo da destra è Spartaco Lavagnini

Membro nel 1914 del CE della Federazione fiorentina del PSI, antimilitarista, sulle orme di Karl Liebknecht condusse una forte battaglia internazionalista sul settimanale locale socialista «La Difesa». Sostenitore dell’ingresso nella CGdL dello SFI (posizione che sarà portata avanti dai ferrovieri comunisti ma osteggiata dalle altre componenti favorevoli all’autonomia), nel marzo 1919 presentò in tal senso una mozione approvata dalla sezione fiorentina del sindacato dei ferrovieri; nel 1920 fu nominato segretario regionale toscano dello SFI. Dopo la scissione di Livorno fondò il settimanale della Federazione fiorentina del PCdI «L’Azione Comunista».

Scriveva il 26 febbraio 1921: “Il partito comunista non ha fatto rosee promesse, né socchiuso gli occhi dei lavoratori alla visione di sogni dorati: esso ha parlato della necessità della lotta. L’azione rivoluzionaria, necessariamente violenta, necessariamente sanguinosa è azione che può rendere sublime il sacrificio, ma che il sacrificio esige, vuole, impone”.

Il giorno successivo, mentre stava lavorando al giornale nella sede dello SFI venne assassinato da una squadraccia fascista; morì anche il conduttore capo Gino Mugnai, socialista, freddato per non essersi tolto il cappello al passaggio della vettura che trasportava all’ospedale un carabiniere ferito a morte negli scontri con gli anarchici.

Uno sciopero spontaneo bloccò il traffico ferroviario a Firenze e si estese in varie zone adiacenti la città; la lotta assunse carattere insurrezionale con tre giorni di scontri, barricate e occupazioni. Fili del telefono tagliati, fascisti in fuga a San Frediano, dai tetti uomini e donne lanciavano tegole e acqua bollente contro autoblindo, guardie regie e carabinieri. Gli operai “scesero in piazza e nelle vie e non inermi. Fu una lotta impari, ma combattuta con quello spirito di eroico sacrificio che solo anima le folle oppresse e provocate”.

“Per alcuni giorni la battaglia fu indecisa, l’artiglieria fu messa in funzione e quando la forza poté conquistare le prime posizioni innumerevoli furono gli atti di coraggio [..] Firenze era caduta. La provincia resisteva ed a Siena, Scandicci, Empoli furono nuovi atti di coraggio e di sacrificio, ma la borghesia ebbe il sopravvento perché la Toscana restò isolata ed il giovane Partito Comunista non poteva determinare l’azione generale del proletariato italiano. Il proletariato toscano abbassò momentaneamente le armi senza cederle”.

 

FONTI: «L’Azione Comunista», 5 marzo 1921; «Prometeo», 15 marzo 1929; «Il Partito Comunista», settembre-ottobre 2009

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