Valanga di fango sui villaggi, una catastrofe

Filippine,
centinaia di morti. «La montagna è esplosa, ho perso mia moglie e tre figli»


Un forte vento, poi un boato. La montagna si trasforma in
una valanga di fango. E, come un torrente, travolge case e scuole, adulti e
bambini. Inghiottendo ogni forma di vita, sotto metri e metri di melma. È l’ennesima
tragedia nelle Filippine, una frana mortale che, come altre negli ultimi anni,
è seguita a giorni di piogge monsoniche
. Ieri i soccorritori hanno scavato,
anche con le mani, sulle tracce di quello che resta di due villaggi nell’isola
di Leyte, a Sudest di Manila: 2.500 abitanti, prima delle 10; 200 morti e
1.500 dispersi, secondo la Croce rossa, 11 ore dopo. Ma, per le autorità
locali, il bilancio potrebbe essere più grave: sotto il fango ci sarebbero
oltre duemila morti
. Al momento sono 90 i corpi recuperati: uomini, donne,
anche bambini. E il peggio deve ancora venire. Nel villaggio di Guinsaugon
c’era una scuola elementare con 250 studenti: la frana li ha colti nel mezzo di
una festa.
Sotto choc i pochi sopravvissuti, rimasti soli, senza famiglia. «Ho sentito la
terra tremare, il fango mi copriva già i piedi». Piange alla radio Eugene Pilo
che ha perso moglie e tre figli. Con lui Dario Libatan, che ricorda: «È come se
la montagna fosse esplosa, non vedevo più nemmeno una casa».«Interventi rapidi e generosi» ha subito chiesto Papa Benedetto XVI, nel
messaggio di condoglianze. Solidarietà anche dagli Stati Uniti, che hanno
messo a disposizione due navi militari
. In campo la Caritas, impegnata
nella distribuzione di cibo, vestiario, coperte e reti per zanzare. Aiuti
anche dall’Onu, che ha inviato una squadra di soccorritori esperti e 50 mila
euro. Dall’Unicef 10 mila kit con farmaci e beni di prima necessità. Sbloccati
128 mila euro dalla Federazione internazionale della Croce rossa che per i
prossimi sei mesi ipotizza spese per due milioni: servono tende, utensili da
cucina, pastiglie per purificare l’acqua. Disperato l’appello della presidente
Gloria Arroyo: si affida al buon cuore dei minatori e di chiunque possieda cani
addestrati a cercare sotto le macerie.
Non ultimo il tema delle responsabilità. Non basterebbero il terremoto
registrato ieri mattina (2,6 della scala Richter) e le piogge torrenziali a
spiegare la montagna di fango. Secondo la Caritas la zona era già a rischio a
causa della deforestalizzazione illegale che continua da oltre vent’anni:
«Temporali e sisma non hanno fatto altro che accelerare i tempi».


Il
luogo

L’ISOLA Erano le 10.45 ora locale (le 3.45 in
Italia), quando una serie di smottamenti ha sepolto sotto il fango due villaggi
filippini della zona di Guinsaugon, nei pressi di Saint Bernard, provincia di
Leyte Sud. Leyte è una delle 7.100 isole che formano l’arcipelago delle
Filippine, situata a sud della capitale Manila
. Nelle sue acque si
inabissò, nel 1987, il traghetto Dona Paz: 4.340 le vittime. Nel 1991 6.000
abitanti morirono per le frane e le alluvioni causate da una tempesta
IL FENOMENO Sulla zona, che per gli ambientalisti è stata oggetto
di scavi minerari e disboscamenti selvaggi, si erano abbattute tre settimane di
piogge torrenziali
. L’arcipelago è investito ogni anno da decine di
tempeste e Leyte si trova sulla rotta della maggior parte dei tifoni. Pochi
minuti prima del disastro, nel sud dell’isola si è registrato un terremoto di
2,6 gradi nella scala Richter, che potrebbe aver accelerato lo smottamento


I
precedenti nel mondo
NICARAGUA, 1998 Una frana uccide 1.500 abitanti sulle coste del
Centroamerica
FILIPPINE, 2001 Il tifone Utor causa frane e smottamenti in diverse
province. Il bilancio parla di oltre 160 morti
BOLIVIA, 2003 Una frana colpisce la località mineraria di Chima, 190
chilometri da La Paz. Le vittime sono oltre 400
FILIPPINE, 2004 Più di 1.800 morti e dispersi a causa del tifone Winnie
che sommerge interi villaggi
GUATEMALA, 2005 L’uragano Stan si abbatte sul villaggio di Panabaj:
circa 1.400 morti

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