USA, LAVORO, IMMIGRAZIONE
REPUBBLICA Dom. 30/4/2006 Alberto
Flores D´Arcais
Scioperi e manifestazioni contro la legge
sull´immigrazione
Appello a disertare scuole,
negozi e uffici. L´America si divide, Bush: "Dobbiamo far rispettare i
confini"
Scontro politico sulla riforma che criminalizza i lavoratori illegali
Molte star ispaniche del cinema e del pop nella campagna per legalizzare i
clandestini
NEW YORK – Per gli organizzatori sarà una grande
giornata di lotta, con bar, ristoranti e negozi chiusi, milioni di clandestini
in piazza, l´inno americano cantato in spagnolo in barba ai divieti del
presidente. Per gli oppositori sarà una giornata da dimenticare, una sfida alla
legalità che porterà in piazza solo poche migliaia di persone e che finirà per
ritorcersi contro gli stessi immigrati.
Comunque vada a finire il «Day without Immigrants» – il giorno in cui gli
illegal aliens, gli immigrati clandestini, scompariranno dai posti di lavoro
per comparire nelle strade delle grandi metropoli americane – di domani sarà
una sfida diversa dal solito. Perché domani è il primo maggio.
La «festa dei lavoratori» negli Stati Uniti è abitualmente una giornata come
le altre: tutti lavorano, scuole e uffici pubblici restano aperti, nessun
sindacato, neanche la più piccola «union», convoca manifestazioni o
celebrazioni pubbliche. Domani sarà tutta un´altra storia; per la prima
volta da molti decenni l´America assisterà a un primo maggio molto particolare,
una giornata di scioperi camuffati, di serrate non dichiarate, di
manifestazioni organizzate o spontanee. Protagonisti i milioni di clandestini –
in stragrande maggioranza «latinos» arrivati dal Messico e dal Centramerica –
che hanno deciso di incrociare le braccia simbolicamente proprio per la «festa
dei lavoratori».
«Ci saranno almeno tre milioni di persone nelle strade d´America, chiuderemo
Los Angeles, Chicago, New York, Tucson, Phoenix, Fresno», annuncia
trionfalmente Jorge Rodriguez, uno dei leader della protesta. «Vogliamo
un´amnistia totale, la completa legalizzazione di chiunque lavori, questo è il
messaggio che domani verrà lanciato in tutta l´America», aggiunge con il tono
da profeta rivoluzionario di chi è convinto della forza dirompente di un
movimento di massa come non si è più visto negli Stati Uniti dai tempi di
Martin Luther King.
«Scenderemo anche noi in piazza, una marcia di dieci giorni da Los Angeles a
Washington per imporre al Congresso una legge più dura contro l´immigrazione»,
gli rispondono i militanti del «Minuteman Project», il gruppo anti-immigrati
che vede ingrossare di giorno in giorno le proprie fila.
La questione immigrazione divide profondamente l´America di oggi. Una
divisione «bipartisan» dove la linea di confine non è quella
politico-ideologica dei due grandi partiti (repubblicani e democratici), ma
quella più reale dei confini territoriali veri e propri: con i politici degli
Stati del sud-ovest, quelli che confinano con il Messico, in prima linea a
chiedere una legge più dura (già approvata dalla Camera dei Rappresentanti)
contro gli illegal aliens e dall´altra un movimento di massa capeggiato dalla
chiesa cattolica e dai d-j latinos ad appoggiare chi nel Senato vuole una nuova
legge che rispecchi la proposta lanciata da Bush per una graduale
legalizzazione dei clandestini.
America divisa, partiti divisi al loro interno, opinione pubblica divisa. Stando
ai sondaggi quasi la metà degli americani chiede il pugno di ferro contro gli
illegal aliens; lo vogliono soprattutto gli immigrati già legalizzati, i
cittadini americani di vecchia immigrazione, le minoranze nere che si sentono
espropriate dei lavori tradizionalmente più umili, in quella che potrebbe diventare
una guerra tra poveri, tra lavoratori sindacalizzati e non, in una guerra tra
diversi sindacati. A Los Angeles, dove i «latinos» sono ormai il 46 per
cento della popolazione, gli attivisti afro-americani hanno formato
un´organizzazione che ha come scopo quello di bloccare i flussi migratori che
arrivano dal sud. «L´immigrazione illegale è la più grande minaccia alla
comunità nera dai tempi della schiavitù, noi veniamo licenziati per far posto
agli illegali», ha urlato durante una manifestazione anti-immigrati Ted Hayes,
leader nero con alle spalle una tradizione di lotta per i diritti civili. E
molti afro-americani della California, dell´Arizona e del Texas hanno deciso di
aderire a Minuteman, l´organizzazione guidata da Jim Gilchrist, un ex deputato
repubblicano che si è guadagnato notorietà nazionale guidando squadre di
vigilantes armati alla caccia ai clandestini lungo i confini con il Messico.
Il movimento degli «illegali» cresce però ancora più in fretta.
A fianco dei clandestini, oltre alla possente comunità ispanica, si è schierata
compatta la chiesa cattolica. Il cardinale di Los Angeles Roger Mahony e
quello di Washington Theodore McCarrick sono impegnati in prima persona (hanno
chiesto e ottenuto un colloquio alla Casa Bianca con Karl Rove), una dozzina di
vescovi coordinano le manifestazioni di protesta e i numerosi gruppi a difesa
degli immigrati, a Chicago tutti i preti cattolici si sono mobilitati in tutte
le 375 parrocchie della metropoli, «porteremo almeno 300mila persone in
piazza». Le gerarchie ecclesiastiche sono però contrarie al boicottaggio di
domani («preferiamo che la gente vada al lavoro, che vada a scuola e che usi il
tempo per approfondire i problemi dell´immigrazione», ha detto il cardinale
Mahony), una posizione che trova d´accordo molti leader politici (soprattutto
democratici), diversi gruppi «latinos» moderati («rischiamo di compromettere
una lotta sacrosanta») e che è stata fatta propria dallo stesso presidente
americano. Dopo avere criticato l´inno nazionale cantato in spagnolo (che
domani sarà probabilmente la colonna sonora delle proteste) Bush ha criticato
la giornata di lotta: «Non sono a favore dei boicottaggi, sono a favore di una
riforma integrata. La maggior parte degli americani è d´accordo che dobbiamo
far rispettare i confini».
Nessuno sa cosa succederà domani, ma diverse aziende si sono preparate al
peggio. I tre giganti della lavorazione della carne (Tyson Food, Cargill e
Swift and Company) hanno deciso di chiudere gli stabilimenti, in diverse città
si sono già registrati altissimi tassi di assenteismo sul lavoro (50 per cento
dei muratori in Florida): tutto per via dei timori di retate della polizia
contro chi non ha il regolare permesso di lavoro.