La diffusione a livello planetario del sistema sociale capitalistico unita alla sempre crescente velocità delle comunicazioni, degli scambi commerciali e delle transazioni finanziarie, rende profondamente interconnesse e integrate tutte le regioni del mondo. Il che significa che qualsiasi crisi – sanitaria, economica, sociale, ambientale, militare – anche periferica, si ripercuote, amplificandosi, ovunque. È quanto sta accadendo, dopo la pandemia Covid-19, anche per la guerra in Ucraina.
Oltre la distruzione di vite umane, e le devastazioni territoriali con il forzato sfollamento di milioni e milioni di persone, si registra il peggioramento delle condizioni di vita di ampi strati sociali, sia nei paesi capitalisticamente avanzati che in quelli più arretrati. La guerra consente, come valore aggiunto per i capitalisti, sia in Russia che in Ucraina, di far tacere qualsiasi opposizione. Nei paesi non direttamente coinvolti una campagna bellicista martellante punta ad arruolare psicologicamente i lavoratori in uno dei due fronti, in modo da cancellare qualsiasi voce di classe “dissonante”. E i primi ad essere cancellati sono i diritti dei lavoratori.
Per il capitale la guerra si traduce in affari, in profitti, per il proletariato in morte, sofferenze, sacrifici. A guerra finita il proletariato seppellirà i propri morti e dovrà ricominciare una vita di sacrifici per garantirsi il minimo indispensabile, il capitale ingrasserà nell’opera di “ricostruzione”.
Oggi sotto la pressione dei media solo minoranze consapevoli dei lavoratori si oppongono senza se e senza ma alla guerra. Sarà la feroce realtà dei fatti a creare le premesse per un rifiuto più attivo ed esteso.
Guerra in Ucraina e crisi alimentare mondiale
Vari giornali parlano ormai apertamente di crisi alimentare nel mondo, di cui la guerra in Ucraina è un fattore di accelerazione, sia diretto che indiretto. Diretto perché crea penuria, particolarmente di cereali, facendone aumentare i prezzi. Indiretto perché l’aumento dei costi del gas incide sul costo dei concimi, essendo un ingrediente chiave per quelli azotati, come l’urea. Sottolineiamo che per le popolazioni dei paesi in via di sviluppo la spesa alimentare incide più del doppio sul reddito rispetto ai paesi più ricchi.
Prima della guerra, le esportazioni di Russia e Ucraina sul totale mondiale rappresentavano il 20% per il mais, il 30% per il grano mondiale, l’80% per i derivati dal girasole, olio compreso e il 40% per il fertilizzante sale di potassio. Si prevede che nel 2022 un terzo dei prodotti agricoli dell’Ucraina non sarà coltivato o raccolto. (FAO). Oltre alla guerra guerreggiata, anche i blocchi e le sanzioni occidentali rendono difficoltosa la fornitura di grano da Ucraina e Russia. E non dimentichiamo i fenomeni di accaparramento che accompagnano ogni conflitto. Vari media italiani hanno riportato la notizia del furto per opera dei russi di 400mila tonnellate di grano ucraino dalle zone occupate, di Zaporizhzhia, Kherson, Donetsk, Luhansk, allo scopo di alzare il prezzo del grano russo, come riferito dal Taras Vysotsky, primo viceministro ucraino dell’agricoltura. Sarebbe inoltre in atto una “geopolitica del grano”, i russi utilizzerebbero come strumento di influenza e di propaganda le materie prime alimentari, in particolare i cereali. Anche per questo è stato bloccato il porto di Odessa, da cui transitava l’80-90% dell’export ucraino, impedendo l’esportazione verso i paesi fortemente dipendenti dal grano, mais e zucchero ucraino… Insomma oltre alla guerra guerreggiata, a quella dell’informazione/propaganda, è in atto una “guerra del grano”.
Banca Mondiale (BM)e Fondo Monetario Internazionale (FMI) prevedono che la penuria di generi alimentari (oli, cereali, etc.) farà aumentare del 37% i loro prezzi, aggravando la situazione alimentare e le condizioni di vita di centinaia di milioni di uomini. Questi aumenti contribuiranno ad accrescere il debito pubblico dei paesi più poveri fino al 50% del Prodotto Interno Lordo, con conseguente rischio di crisi finanziaria. Sei paesi a basso reddito su dieci si trovano già, o sono sull’orlo di una crisi del debito.
Chi pagherà il prezzo più alto?
Nel 2020 le persone malnutrite nel mondo erano 2,37 miliardi. Secondo la FAO, sono 53 i Paesi la cui la popolazione spende almeno il 60% del reddito per l’alimentazione e che ora in conseguenza dell’aumento dei prezzi di grano e riso sono a rischio di carestia.
I prezzi globali dei prodotti alimentari hanno subito un’impennata del 33,6% nel 2021; per quest’anno Oxfam prevede un ulteriore aumento del 23%, e 263 milioni di persone potrebbero precipitare in condizioni di estrema povertà, a causa della pandemia COVID-19, dell’aumento della disuguaglianza globale e del forte rincaro degli alimentari, accentuato dalla guerra in Ucraina.
In Africa, dove già prima dello scoppio della guerra 283 milioni di persone non disponevano di cibo a sufficienza (FAO), peggiorerà fortemente l’insicurezza alimentare. Tutti i paesi africani importano il grano da Ucraina e Russia, per 18 di essi queste importazioni rappresentano più della metà del loro fabbisogno; e fino al 90% del fabbisogno dell’Africa Orientale. Nel Corno d’Africa rischiano di morire di fame circa 20 milioni di persone (Direttore Programma Alimentare Onu).
Grossi problemi di rifornimento alimentare a causa della guerra in Ucraina anche nel Nord Africa, per Egitto e Tunisia. La Tunisia importa la metà del suo fabbisogno di grano da Russia e Ucraina.
E in Medio Oriente la situazione si aggrava ora anche per il Libano, in cui a causa della crisi economica e finanziaria l’80% della popolazione vive già al di sotto della soglia di povertà e riesce a stento a procurarsi generi alimentari di base. Il fabbisogno di grano dei libanesi era coperto per circa l’80% dalle importazioni da Russia e Ucraina.
In America Latina
L’esplosione dei prezzi dei fertilizzanti, quasi quadruplicati, a causa della guerra e delle sanzioni sta mettendo a rischio in Perù il raccolto di riso, e questo sta provocando rivolte sociali. In Perù il riso è un alimento base, e la sua coltivazione dà lavoro a 150mila agricoltori. In Ecuador, a causa delle sanzioni sta crollando l’esportazione di banane, di cui la Russia era un importatore importante. Ora le sanzioni impediscono le consegne, e mentre tonnellate di banane marciscono nei container, già 6.000 lavoratori hanno perso il lavoro. Dipendono direttamente dalla coltivazione delle banane 50.000 posti di lavoro, e indirettamente altri 250.000.
Invece in Brasile, terzo esportatore mondiale di mais, l’incremento del prezzo causato dalla guerra è una bonanza per i suoi grandi produttori, con previsioni di un aumento del 67% delle esportazioni. C’è però un rovescio della medaglia. Il Brasile importa l’80% del suo fabbisogno di fertilizzanti, di cui il 20% dalla Russia. Il loro prezzo è ora più che raddoppiato rispetto allo scorso anno… (+129%) Ma il presidente brasiliano, Jair Bolsonaro, sembra aver trovato il modo di aggirare il problema, anzi di ribaltare a suo favore la situazione. Per lui la guerra Russia-Ucraina è una “opportunità” per far passare un disegno di legge controverso che legalizza l’estrazione mineraria nelle riserve indigene. Il Brasile potrebbe così sfruttare appieno la sua ricchezza mineraria, comprese le riserve di potassio, un ingrediente chiave per i fertilizzanti… Due piccioni con una fava, a spese degli indigeni, chiaramente.
In Asia. Si stima che il 67% delle persone che soffrono la fame nel mondo vive in Asia, quasi mezzo miliardo (479 milioni) le persone sottonutrite. L’insicurezza alimentare riguarda 959 milioni di uomini nell’Asia-Pacifico. Quasi un terzo di questi (327 milioni) soffrono di grave insicurezza alimentare, per l’80% vivono in Asia meridionale.
Il 55% del grano ucraino è destinato all’Asia, con Indonesia e Bangladesh, Malesia e Tailandia fra i maggiori consumatori, e quindi le popolazioni più colpite dal blocco delle spedizioni dalla regione in guerra, e dall’aumento dei prezzi di questo alimento base. A ciò si aggiunge la recente decisione protezionistica da parte dell’India.
Dal 14 maggio il governo indiano ha bloccato l’export di ogni tipo di grano, non esporterà perciò le 10 milioni di tonnellate di grano preventivate. La decisione è stata motivata con la tutela della sicurezza alimentare nazionale. Delhi teme di non avere scorte sufficienti per il mercato interno a causa di ondate di caldo estremo che hanno colpito il paese, e di conseguenza con un raccolto molto inferiore al previsto. Ma la protezione dei consumatori indiani ha come principale e vero obiettivo la tutela della stabilità politica interna. Un’ulteriore conferma che nella crisi bellica in Ucraina il governo di Narendra Modi dà priorità agli interessi nazionali. La decisione ha fatto aumentare di quasi il 5,5% il prezzo del grano duro sul mercato globale, un colpo soprattutto per i consumatori poveri di Asia e Africa. Questa scelta dell’India è stata giustificata dalla Cina che cerca di capitalizzare le divergenze tra Delhi e le potenze occidentali nella questione ucraina. I paesi del G7, Germania in particolare criticano la scelta di Delhi, che – nonostante di recente abbia appoggiato gli Stati Uniti in funzione anticinese – nella guerra in Ucraina si è schierata apertamente con Mosca, ha rifiutato di condannarne l’aggressione, e ha offerto il pagamento in rubli degli idrocarburi russi.
In Europa gli effetti saranno probabilmente meno drammatici, ma colpiranno in modo assai disuguale gli strati sociali.
Le preoccupazioni “pelose” della finanza
Kristalina Georgieva, direttrice generale dell’FMI, uno dei maggiori organi del capitale internazionale, mette in allerta i governi del mondo sul rischio di instabilità politica e di “disordini”/rivolte sociali come conseguenza di queste crisi alimentari. Nessuna empatia ovviamente per il dramma che colpisce gli esseri umani, solo il timore che l’assetto capitalistico del mondo entri in crisi! Noi non dimentichiamo che le riforme economiche richieste dal FMI come condizioni per i suoi prestiti – austerità fiscale, alti tassi d’interesse, liberalizzazione del commercio, privatizzazione e mercati dei capitali aperti – hanno impinguato i forzieri dei paesi creditori e dei grandi gruppi finanziari, mentre sono sempre state devastanti per le popolazioni dei paesi a basso reddito, dall’Africa all’Asia, all’America Latina, ma anche, nella crisi del 2008, per quelle di paesi europei come la Grecia.
Chi ci guadagna dalle crisi sanitarie, come la pandemia Covid-19, e dalle guerre, come quella in corso in Ucraina?
Riportiamo alcuni passi della relazione di Oxfam in occasione del World Economic Forum di Davos “Profiting from pain” (Trare profitto dalle sofferenze):
«Mentre aumentano vertiginosamente i prezzi al consumo dei prodotti alimentari e dei beni energetici e la spirale della povertà estrema rischia di inghiottire 1 milione di persone ogni giorno e mezzo nel 2022, i super ricchi che controllano le grandi imprese nei settori alimentare e dell’energia continuano ad accrescere le proprie fortune, aumentate dall’inizio della pandemia di 453 miliardi di dollari, al ritmo di 1 miliardo di dollari ogni due giorni.
«Durante la pandemia, sono diventate miliardarie 573 persone, al ritmo di una ogni 30 ore. Si prevede che quest’anno altri 263 milioni di persone precipiteranno nella povertà estrema, al ritmo di un milione di persone ogni 33 ore.» […] «Le fortune dei miliardari non sono aumentate perché sono più intelligenti o lavorano di più. I lavoratori lavorano di più, per una paga inferiore e in condizioni peggiori. I super-ricchi … si sono impadroniti di una quantità sconvolgente di ricchezza mondiale grazie alle privatizzazioni e ai monopoli, eliminando la regolamentazione e i diritti dei lavoratori e nascondendo il loro denaro in paradisi fiscali, il tutto con la complicità dei governi».
Profitti record per i monopolisti del cibo
«La pandemia ha prodotto 62 nuovi miliardari nel settore alimentare. Insieme ad altre tre imprese, la famiglia Cargill controlla il 70% del mercato agricolo globale, e ha realizzato l’anno scorso il più grande profitto nella sua storia (5 miliardi di dollari di utile netto), record che potrebbe essere battuto nel 2022. La sola famiglia Cargill conta ora 12 miliardari, rispetto agli 8 di prima della pandemia.»
Analizzeremo in articoli successivi gli effetti di tutto questo sulla “pace sociale” che tanto sta a cuore all’FMI e alla Banca Mondiale. Proteste, rivolte, sommovimenti sociali sono la base materiale per i lavoratori di tutti il mondo per costruire legami internazionali, partendo dal comune sfruttamento. Una riflessione sulla guerra e sulla distruzione di vite umane e di risorse materiali, deve portare anche alla consapevolezza che gli effetti di lunga scadenza coinvolgeranno tutti i lavoratori e che di conseguenza si deve rispondere tutti insieme.
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Un esempio di soluzione capitalista: ponte alimentare e cannoni: ponte alimentare e cannoni Il governo tedesco, sotto accusa agli occhi dell’opinione pubblica interna ed internazionale per le sue eclatanti scelte riarmiste e di forniture di armi pesanti al governo Zelensky, cerca di riabilitarsi facendosi promotore di un’iniziativa dal volto umanitario che coinvolge paesi dell’Est Europa. Il giornale confindustriale tedesco Handelsblatt (25.4.’22) riferisce che Berlino sta elaborando un progetto chiamato “ponte del grano”, per trasportare 20milioni di tonnellate dall’Ucraina alla UE, con l’impiego di 20mila treni che lo porteranno nei porti dell’Adriatico o del Mare del Nord, per poi trasferirlo a vari paesi (Etiopia, Libano, Indonesia) dipendenti per il grano dall’Ucraina. Per questo progetto sono già stati stanziati 430 milioni di €; vi dovrebbero partecipare le ferrovie di Polonia, Cekia, Slovacchia e Romania. In progetto anche l’esportazione in Ucraina di macchinari agricoli e dei loro pezzi di ricambio. Ma Berlino sa benissimo che le incognite della guerra non permettono alcuna sicurezza che questa operazione di carità pelosa si realizzi secondo i suoi piani. In occasione di un vertice della Banca Mondiale, la ministra tedesca per lo Sviluppo ha proposto la creazione di una “Alleanza per la sicurezza alimentare globale”, su modello dell’iniziativa Covax contro la pandemia Covid-19. Ricordiamo però che Covax ha fondamentalmente fallito, non ultimo per il rifiuto del governo tedesco stesso di concedere gratuitamente i brevetti per i vaccini. Parallelamente a questa iniziativa umanitaria, il ministro Verde per l’Agricoltura e l’Alimentazione, Cem Özdemir, ha proposto di aumentare la fornitura di armi all’Ucraina, che definisce necessarie per evitare una catastrofe alimentare globale, causata dalla “strategia della Fame”, che Putin starebbe deliberatamente perseguendo facendo distruggere dalle forze russe infrastrutture agricole e catene di approvvigionamento. Anche in Germania quindi si fa’ appello al senso di solidarietà umana per giustificare le proprie scelte guerrafondaie, e celare i reali obiettivi. |