Un seggio permanente ai «big»

Il board di Francoforte / Come si scelgono i membri

FRANCOFORTE • Riuscirà l’Italia a mantenere un proprio rappresentante nel comitato esecutivo della Banca centrale europea? Il dibattito di questi giorni su chi dovrebbe sostituire Tommaso Padoa-Schioppa fa pensare di sì. Se così fosse, passerebbe il principio di una presenza permanente dei grandi Paesi della zona euro nel board della Bce.
Per capire la discussione di queste ore a livello europeo bisogna tornare all’anno scorso, quando giunse a scadenza il mandato dello spagnolo Eugenio Domingo Solans, membro del comitato esecutivo della Bce dal 1998. Dopo un tira-e-molla di qualche settimana i governi decisero di sostituirlo con un altro spagnolo, José Manuel González-Páramo. Non fu facile.
Molti piccoli Paesi ambivano alla possibilità di inserire nel board un proprio rappresentante, in base a un principio non scritto di rotazione e ricordando che nel 2002 il vice presidente francese Christian Noyer era stato sostituito dal greco Lucas Papademos. Quindi davanti alle pressioni della Spagna di sostituire Domingo Solans con un altro spagnolo si irrigidirono.
I piccoli Paesi dell’Unione sottolinearono come il Trattato di Maastricht preveda che il candidato dei Governi risponda a princípi di qualità intellettuale e serietà morale; accusarono il Governo spagnolo di voler imporre invece criteri di nazionalità. In questa partita, la Spagna non fu sola: potè contare sull’appoggio dei grandi Paesi dell’Unione, e in particolare dell’Italia e della Germania.
In quella occasione, Roma e Berlino capirono che la sostituzione nel comitato esecutivo della Bce di uno spagnolo con un spagnolo avrebbe creato un precedente utilissimo quando sarebbe scaduto il mandato dei propri rappresentanti: PadoaSchioppa nel 2005 e Otmar Issing nel 2006. Oggi, il Governo italiano può difendere a ragion veduta il proprio desiderio di mantenere nel board un proprio rappresentante.
Le possibilità che ciò avvenga sono elevate. Il ministro delle Finanze belga Didier Reynders — che in passato aveva criticato la posizione spagnola e insistito per un proprio candidato nella persona del banchiere centrale Peter Praet — ha detto lunedì a Bruxelles di non essere contrario a un’eventuale candidatura italiana per la sostituzione di Padoa-Schioppa, 64 anni.
La presa di posizione dei grandi Paesi della Ue è probabilmente criticabile agli occhi di un osservatore europeista convinto. Giunge però in un momento delicato per l’istituto monetario. Con il progressivo allargamento dell’Unione monetaria entrerà infatti in vigore una riforma del consiglio direttivo che prevede la rotazione dei membri votanti. La misura riguarderà i governatori nazionali, mentre i membri del board avranno un diritto di voto permanente. Insomma, in un’unione allargata, mantenere una posizione di rilievo nella Bce è ormai considerato dai Governi nazionali più importanti una necessità, a conferma — secondo molti osservatori — dell’ondata di neonazionalismo che sta attraversando l’Europa.
La nomina del sostituto di Padoa-Schioppa deve essere fatta dal Consiglio europeo, anche per iscritto, su proposta dell’Ecofin. Il nuovo banchiere centrale — che prenderà servizio il 1 giugno — dovrebbe ereditare almeno in un primo tempo le deleghe che oggi appartengono a Padoa-Schioppa: relazioni internazionali, vigilanza e affari legali.

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