Oscurata dalla mattanza a Gaza, la guerra in Ucraina è andata avanti con la stessa ferocia, apparentemente “in stallo” per i media occidentali. In ogni caso un conflitto ad alta intensità che consuma armi e uomini a gran velocità, diventando sempre più pesante per i soldati al fronte e i civili (qualcosa filtra nonostante la censura). Tramite i propri “aiuti”, gli Europei si preparano agli affari della ricostruzione, mentre il sostegno americano è inevitabilmente condizionato anche dalla prossima campagna elettorale. Il “crollo russo” per le sanzioni, atteso da certi esperti, è per ora rimandato grazie ai nuovi mercati apertisi in Asia e Medio Oriente. Il mondo multipolare non ha portato a più pace, ma a guerre più prolungate.
La protesta delle donne
Partiamo da due episodi di sommessa protesta che vedono protagoniste le donne in entrambi i fronti, le mogli, le madri, uniche a poter sfuggire a una repressione sempre più dura sia nella pseudo democratica Ucraina che nella autocratica Russia. Un gruppo di mogli russe ha fondato il movimento “Torna a casa”: depongono fiori davanti al monumento del milite ignoto presso il Cremlino. La polizia le identifica ma per ora non le arresta. Davanti al parlamento di Kiev, mogli, madri e nonne protestano davanti al Parlamento, chiedono che chi è al fronte in prima linea torni a casa dopo 18 mesi. Una legge recente ha invece previsto un limite di 36. Troppi per salvaguardare la salute mentale e fisica – se non la vita – dei soldati, gettati in una guerra che riunisce gli orrori delle vecchie e delle nuove guerre.
I rimescolamenti nelle stanze del potere
Putin tiene per ora la mano leggera in vista delle elezioni presidenziali di marzo, anche se il consenso per la sua leadership è dato per scontato. La maggior parte degli arruolati viene da regioni periferiche, e fin quando le proteste sono limitate alle loro famiglie, non impensieriscono il regime.
In Ucraina è esploso il contrasto fra Zelensky e il suo comandante in capo Zaluzhnvi, in carica dal marzo ’22. L’8 febbraio il generale è stato rimosso, come già avvenne per il Ministro della Difesa Reznikov. Tra le sue “colpe” godere di un indice di popolarità del 20% più alto di Zelensky. A lui infatti viene attribuito il merito di aver bloccato l’avanzata russa nel 2022 (nota 1). Ma soprattutto il generale aveva una posizione indipendente sulla guerra rispetto al presidente (nota 2). Aveva ad esempio chiesto una draconiana legge sulla leva per aumentare il numero dei coscritti, denunciato la corruzione che rallenta la produzione nazionale di munizioni, i due elementi chiave per lui che hanno portato allo stallo attuale. Ha accusato il presidente di aver imposto obiettivi militari dal valore mediatico e non di sostanza come Bakhmut, sacrificando inutilmente uomini (nota 3). Per lui il fronte ucraino dovrebbe assumere un assetto difensivo, con un uso mirato di uomini e armi.
Zelensky per ora è contrario ad aumentare a 500 mila gli effettivi al fronte. Non solo perché già oggi i nuovi coscritti sono reclutati a forza suscitando forte malcontento (nota 4), ma perché non ci sono i margini economici per vestirne, equipaggiarne, armarne e retribuirne altri 200 mila. Si è limitato però a criticare il generale per la sua eccessiva esposizione mediatica (sostenuto in questo dal ministro dell’Interno) inappropriata per il suo ruolo. Per evitare che sembri una questione personale ha parlato di un più ampio repulisti per rendere più coeso il governo, perché “abbiamo bisogno di energia positiva”. In pratica lo ha accusato di disfattismo.
E’ evidente che i due si sono rimpallati la responsabilità del fallimento della offensiva dell’estate – autunno ’23. Zelensky ha bisogno di un capro espiatorio. Nel contempo è preoccupato per la tenuta del fronte interno. Spera nell’effetto positivo degli aiuti occidentali per limitare il malcontento, ma per ora deve limitare i danni. Ha scelto come successore Oleksandr Sirksy (vedi RIQUADRO alla fine), con l’incarico immediato di evitare la presa di Avdijvka e Kupiansk da parte dei russi all’offensiva.
La guerra costa e logora il consenso
L’Ucraina è finanziariamente con l’acqua alla gola, ogni giorno di guerra costa 136 milioni di $ (nota https://europa.today.it/attualita/viktor-orban-ue-armi-ucraina-zelensky-bilancio.html). Negli ultimi due anni ha perso un terzo della sua produzione. La previsione di bilancio per il 2024 prevede un deficit di 43 miliardi di $.
Per far fronte a questo deficit Kiev ha chiesto, 8,5 miliardi di $ agli Usa ma per ora il Congresso blocca i 60 miliardi complessivi chiesti da Biden (in aggiunta ai 110 stanziati finora). Come in tutte le guerre, la Banca centrale ucraina ha finanziato la guerra stampando moneta, alimentando così l’inflazione, che è al 26%, taglieggiando redditi che già prima della guerra avevano spinto a una massiccia emigrazione. Le spese militari d’altronde hanno la precedenza e tolgono risorse alle spese correnti, come scuola e sanità, quindi anche stipendi e pensioni agli statali, per cui il governo ha i solito un occhio di riguardo, sono pagati molto irregolarmente.
Gli aiuti europei e gli affari della ricostruzione in Ucraina
La UE ha da poco stanziato 50 miliardi di euro (54 miliardi di dollari), che si aggiungono ai circa 73 già forniti, avendo cura di precisare che due terzi sono prestiti e un terzo sono sovvenzioni, da distribuire su 4 anni. Ma soprattutto insistendo che non saranno spesi in armi e munizioni (per queste ci pensano i singoli stati, Italia inclusa). Al contrario sarebbero finalizzati a finanziare la ricostruzione e la futura adesione alla UE.. La Ue ha già concesso che una parte delle risorse vadano a pagare stipendi e pensioni degli statali, a ripristinare le forniture di acqua ed energia elettrica, che sono saltuarie e ripetutamente colpite da missili e droni, a impedire una ulteriore svalutazione della grivna. Si dà quindi una mano all’alleato sul fronte interno.
Ma lo scopo degli imperialismi europei è trarre vantaggio per sé dalla guerra. Il grosso degli aiuti andrà per assicurare e sostenere gli investimenti esteri, “compresi gli impianti di produzione di armi e munizioni”, una specifica che sta particolarmente a cuore alla Germania. Insomma per l’Europa un sostegno ai propri investimenti in Ucraina. Ci sono settori economici, soprattutto in Italia e Germania che non hanno visto bene la rottura economica con Mosca, dover cercare rifornimenti energetici più cari, pagare con l’inflazione la guerra, perdere mercati per i propri prodotti. Non sono riusciti a imporsi e adesso vogliono rifarsi partecipando alla spartizione degli investimenti.
Investimenti che per i partigiani delle teorie del generale Zaluzhnyi (che non sono scomparsi, ma solo momentaneamente azzittiti), devono essere in primis in fabbriche di armi che rendano l’Ucraina, che già ha ereditato un pezzo del complesso industriale militare dell’URSS, un centro della produzione bellica europea. Zaluzhnyi, infatti nei suoi documenti di analisi della situazione militare individua la forza della Russia nella rapidità con cui ha adeguato la sua industria militare ai ritmi produttivi necessari a una economia di guerra, mentre l’Ucraina dipende dalle forniture inadeguate di un Occidente che a sua volta ha gli arsenali vuoti (nota 4).
La “tenuta” russa
L’auspicato “crollo russo” per le sanzioni non c’è stato, nonostante il blocco di gran parte delle importazioni europee di gas e petrolio dalla Russia. Un articolo dell’Economist di novembre ‘23 valutava che, dopo le sanzioni, la Russia ha realizzato un notevole surplus di entrate da gas e petrolio (+ 160 miliardi di $ nel ’22 e + 60 nel ’23) tale da garantire a Putin la copertura delle spese di guerra (circa 100 miliardi di $ ogni anno). Questo grazie ai nuovi contratti con l’Asia e in particolare con l’India e la Cina, che però hanno preteso sconti sul prezzo.
L’economia russa si è adattata alla situazione. Da un lato è diventata un economia ancor più di guerra, l’industria della difesa produce a pieno ritmo e le zone limitrofe alle fabbriche ne godono i vantaggi, ma soprattutto gli uomini d’affari e i burocrati legati al complesso militare industriale hanno rinsaldato il sostegno a Putin. Sono aumentati anche gli investimenti in nuove infrastrutture per far fronte all’aumentato export energetico verso nuove aree. C’è una forte domanda di lavoro, la disoccupazione è bassa e i salari aumentano. Nel bilancio degli ultimi due anni il Cremlino è riuscito a reggere il fatto che il 70% del budget è dedicato alle spese militari senza aumentare le tasse e senza tagliare i sussidi sociali. È la rendita petrolifera a pagare i conti. L’inflazione è stata del 12%, ma nel complesso le condizioni sociali di chi lavora nei centri urbani non è peggiorata.
Secondo gli osservatori occidentali potrà reggere fino alle elezioni presidenziali di marzo, ma sperano che poi la contraddizione esploda. Se i prezzi energetici resteranno elevati, potrebbe anche non succedere.
Sempre in funzione delle elezioni secondo alcuni sono state decise le recenti offensive a Vugledar, Donetsk e Avdivka, Bakhmut, Kreminna e Kupjansk, volte a recuperare il terreno perso durante l’offensiva ucraina di autunno (e per questo gli ucraini stanno impegnandosi al massimo per impedire la conquista in particolare di Avdijvka e Kupiansk). Come tutte le offensive ad uso mediatico anche questa sta costando perdite umane ingenti, con centinaia di morti al giorno. Per quanto nascosti dalla censura e oggetto della repressione poliziesca, i segnali di stanchezza fra la popolazione civile e i soldati al fronte trapelano.
Finora le maggiori perdite militari russe (secondo calcoli occidentali 120 mila morti) sono state a carico di mercenari come gli aderenti alla Wagner o delle minoranze etniche alla periferia dell’impero, ma adesso le perdite cominciano a colpire i russi. Ce lo confermano le madri che depongono fiori a Mosca. L’opposizione alla guerra potrebbe aumentare oltre l’ufficiale 37%.
Putin non può permettersi di rinunciare alla Crimea, che in questi giorni è minacciata dagli attacchi ucraini. Sarà costretto a lanciare una seconda mobilitazione, dopo il marzo 2024.
L’ipotesi del duo Zelensky-Biden
Se Zelensky ostenta ottimismo è grazie alle rassicurazioni Usa e in particolare di Biden. Confida infatti che la copertura aerea dei caccia F-16, che erano mancati nel 2023 facciano la differenza in una nuova offensiva di primavera verso Melitopol, che apra agli Ucraini la via della costa. Speranza rafforzata dai recenti successi (o come tali comunicati) nell’uso dei barchini drone e dei missili antinave forniti dagli Usa agli Ucraini per distruggere il naviglio russo e rendere quasi inagibile il porto di Sebastopoli. Secondo il CSIS statunitense Mosca ha perso venticinque delle ottanta navi militari schierate nelle prime fasi del conflitto, e altre quindici non sono operative, pari a circa il quaranta per cento del suo tonnellaggio totale nel Mar Nero. Secondo Foreign Affairs già ora Kiev può considerare agibili le rotte marittime da Odessa, cruciali per l’esportazione di grano.
Ora come ora la Russia produce più munizioni dell’Occidente e dell’Ucraina. Ma entro la fine del 2024 gli investimenti fatti dai Paesi occidentali nell’industria della difesa cominceranno a far vedere i loro effetti. Tutte opportunità che dipendono dal fatto che il Congresso voti gli aiuti e che Donald Trump non torni alla Casa Bianca
Per tutte queste convinzioniZelensky ha cambiato squadra, ma soprattutto sia i suoi sostenitori che i suoi detrattori sono sicuri che tutto il 2024 sarà un altro anno di guerra. Più armi vengono fornite, più la guerra durerà.
Contro questa prospettiva della continuazione senza fine del massacro di centinaia di migliaia di proletari russi e ucraini per gli interessi dei capitalisti russi, ucraini e occidentali invitiamo tutti a scendere in piazza il 24 febbraio a Milano contro le guerre del capitale, dall’Ucraina alla Palestina, dal Sudan al Congo e Sahel, per la formazione di un campo proletario internazionale contro i campi delle potenze imperialiste. Il fatto che nello stesso giorno in numerosi paesi, dal Giappone alla Turchia, dalla Germania all’Argentina agli Stati Uniti si terranno manifestazioni con le stesse parole d’ordine fa di questa giornata un nuovo inizio dell’internazionalismo proletario.
Chi è Syrsky
Syrsky è nato a Mosca, ha una mentalità militare “sovietica”, ha frequentato infatti la prestigiosa accademia militare russa Mvoku, i cui allievi sono soprannominati kremlovtsy, cadetti del Cremlino. La sua conoscenza della mentalità militare russa potrebbe tornare utile in primavera per una eventuale nuova offensiva verso Melitopol per spezzare il collegamento tra Crimea e Donbas. Ha guidato la difesa di Kiev all’inizio della guerra e in seguitò la controffensiva nell’area di Kharkiv nel ’22, che ha liberato oltre dodicimila chilometri quadrati a est, travolgendo i russi fino a Kupjansk e Lyman. Dopo Euromadian si è convinto della necessità di spostare l’Ucraina nell’area occidentale e ha collaborato con i militari Nato.
Nonostante le vittorie conseguite, Syrsky è accusato da vari analisti e da parte dei militari ucraini di aver sacrificato troppi uomini per le difese a oltranza di Severodonetsk e Lysychansk nel 2022 e di Bakhmut nel 2023, che hanno provocato decine di migliaia di caduti. Il tutto per confermare a Zelensky la sua fedeltà e fare così carriera. Perciò i suoi detrattori (che sono sostenitori del generale liquidato pensano che potrebbe trascinare le truppe in operazioni sanguinose con costi altissimi, come ad esempio difendere Avdijvka e Kupiansk. Contemporaneamente gli si riconosce di essere contrario ai favoritismi degli “amici degli amici”, per cui i rampolli di politici e potenti ottengono ruoli tecnici, logistici, oppure da operatori di droni, quindi nelle retrovie, lontani dalla prima linea, al contrario dei “figli di nessuno”. Syrsky è favorevole anche ad aumentare l’arruolamento delle donne, che adesso sono 43 mila.
NOTE:
Nota 1: Nel marzo 22 i russi arrivarono ad occupare il 27% del territorio. Zaluzhnyi ha liberato la regione di Kharkiv fino al Donbass e ripreso il Kherson fino al Dnipro, quindi oggi i russi mentre ne controllano il 17%. Un sondaggio del dicembre scorso rivelò che l’88% degli ucraini aveva fiducia in Zaluzhny contro un 62% conquistato da Zelensky.
Nota 2: forte del fatto di essere conosciuto anche all’estero, fra gennaio e febbraio Zaluzhny ha rilasciato circostanziate interviste all’Economist (“Modern Positional Warfare and How to Win It”) e alla CNN.
Nota 3: non soldati qualsiasi, ma provenienti dalle ex milizie di Privat Sektor e Azov, oggi integrati nell’esercito regolare per cui il generale ha sempre ostentato legami politici
Nota 4: https://formiche.net/2023/11/difesa-guerra-ucraina-zaluzhnyi/