REPUBBLICA Sab. 25/2/2006 ETTORE LIVINI
Banche e maison, da Parigi acquisti per 17 miliardi
Le armi di Bruxelles contro le difese nazionalistiche sono spuntate. Non siamo
riusciti a garantire la reciprocità
Il nostro paese è l´anello più debole in Europa. Abbiamo comprato aziende in
Francia per soli 500 milioni
Anche Madrid e Varsavia alzano le barricate per provare a frenare le scalate
straniere sui rispettivi campioni nazionali
Oltralpe politica e impresa lavorano per difendere il sistema, nel 2005 lo
shopping all´estero è salito del 157%, i blitz stranieri sono calati del 44%
Mentre l’EUROPA economica vuole acquisizioni e fusioni,
quella politica è rimasta indietro, e ogni governo protegge i suoi campioni
nazionali.
ITALIA debole: aziende poco concentrate facili prede di
acquisizioni.
Istituzioni UE impotenti contro il protezionismo (non
solo francese).
MILANO – L´Europa unita – già messa a dura prova
dai "no" alla costituzione – rischia adesso di naufragare sui listini
di Borsa. La raffica di opa di inizio anno, culminata nel braccio di ferro tra
i big dell´energia, ha riacceso infatti nel continente il virus del
protezionismo: Madrid è scesa in trincea – Zapatero in testa – per salvare
Endesa dall´assalto dei tedeschi di Eon. A Roma – malgrado il precedente non
proprio felice di Antonio Fazio – si fa a gara per raccogliere il testimone
della battaglia per l´italianità delle imprese. Parigi, un´autorità nel
settore, è arrivata al punto di alzare le barricate per difendere dallo
straniero le acque minerali di Danone. E persino la matricola Polonia, malgrado
i richiami di Bruxelles, fa la voce grossa per frenare la colonizzazione
(indiziato Unicredit) delle sue banche.
Questo nazionalismo di ritorno ha una spiegazione semplice: l´Europa della
finanza e dell´industria – con pochi debiti e le casse piene – è pronta per
avviare un consolidamento a colpi di fusioni e acquisizioni. Ma l´Europa della
politica è rimasta indietro. E ogni nazione – nel timore di perdere potere
e posti di lavoro – difende il suo diritto a indirizzare il processo. Il
braccio di ferro sull´energia è la fotografia più fedele di questo caos
legislativo-finanziario. Tutti i colossi del settore – molti ancora
semi-pubblici – pretendono mano libera per comprare all´estero. Ma nessun paese
è disposto a cedere il suo campione elettrico. Eon vuol scalare Endesa?
Madrid – con un provvedimento bipartisan – vara una legge ad hoc per
scoraggiare i tedeschi. Enel strizza l´occhio a Suez? Parigi risponde
spingendola verso le nozze con Gaz de France e congelando le intese commerciali
con Enel. Un impegno solenne preso un anno fa dalla Francia in cambio dell´ok
all´ingresso di Edf in Edison.
Bruxelles ha le armi spuntate: fa un po´ di moral suasion, minaccia azioni
legali contro golden share e pillole avvelenate. Ma i ritorni sono pressochè
nulli. E il risultato è sotto gli occhi di tutti: i paesi, Francia in
testa, che hanno protetto da anni i loro "campioni nazionali" e
quelli difesi da sistemi solidi e coesi (come la Germania) sono in pole
position nella partita per ridisegnare la mappa del potere economico
continentale. Altri come la Spagna stanno recuperando il terreno perduto.
Madrid ha favorito e pilotato il consolidamento domestico delle sue imprese. E
oggi raccoglie i frutti oltrefrontiera: Telefonica ha comprato l´inglese O2,
Santander la Abbey, Ferrovial corteggia gli aeroporti di Londra.
L´Italia è l´anello debole della catena. Ha un capitalismo gracile, banche
divise (e non certo aiutate dai no di Fazio alle fusioni degli ultimi anni)
e una politica che raramente ha messo gli interessi del sistema paese in
cima all´agenda. La penisola così è terra di conquista. Il rapporto con la
Francia è sintomatico: Parigi ha colonizzato la nostra grande
distribuzione, da Gs alla Sma e il lusso (Fendi e Gucci). Ha preso molti marchi
della nostra tavola, da Galbani a Invernizzi. È in forcing sulla finanza: Bnp
punta a Bnl, Agricole ha rilevato Nextra e corteggia Intesa, Bolloré & C.
vegliano su Generali e Mediobanca. Dal 2004 ha fatto shopping in Italia per
17 miliardi mentre in senso opposto gli acquisti sono stati 500 milioni.
La reciprocità tra i due paesi – come dimostrano le cifre e la vicenda
Enel-Suez – è una chimera. Politica e impresa in Francia si muovono in
virtuosa sinergia, anche perché i protagonisti su entrambi i fronti escono
quasi tutti dalle aule dell´Ena, l´esclusiva scuola di pubblica
amministrazione. Un protezionismo "dolce" che funziona da anni,
aiutato da leggi come quella che ha indicato 10 settori off-limits per gli
stranieri (dalla difesa alle biotecnologie fino ai casinò) o come le
poison pill anti-Opa appena approvate. Un cattivo esempio per chi crede al
libero mercato. Ma un esempio che funziona: nel 2005 i francesi hanno rilevato
aziende estere per 60,6 miliardi (+157%) mentre i blitz stranieri nell´Esagono
sono stati pari a 25 miliardi. Parigi ha salvato da opa sgradite Alstom,
Sanofi ed Eramet. E ora è pronta a una crociata per riconquistare lo Champagne
Taittinger, finito agli americani. Non c´è da stupirsi, visti i risultati,
che la voglia di protezionismo stia facendo tanti proseliti in giro per
l´Europa.