«Tessili, con il contratto sfida alla Cina»

ITALIA, LAVORO

CORRIERE Giov. 13/4/2006   Antonella Baccaro

Valeria Fedeli (Cgil): bisogna ristrutturare i distretti.
E servono regole di reciprocità

Accordo, 75 euro in busta paga. Parte il negoziato sulla
competitività

Accordo per CNL tessili: aumento di 75 euro senza
tantum, introduzione dell’apprendistato, collaborazione per il rilancio dei
settori industriali contro la concorrenza cinese.

ROMA – Valeria Fedeli, segretaria della Filtea-Cgil, lo
definisce «un accordo chiuso con qualche coraggio da parte dei datori di
lavoro»
. È il rinnovo del secondo biennio economico dei tessili,
sottoscritto martedì scorso dalle parti, che prevede aumenti pari a 75 euro
al mese (+6,1%)
. Ieri è stato firmato anche quello dei calzaturieri.

Di quale coraggio parla, segretaria?
«Di quello dimostrato dalla controparte che ha accettato di stare nelle regole»
.

In che modo?
«In un primo momento i datori di lavoro ci avevano chiesto delle
contropartite di tipo normativo».
Un esempio.
«L’unilateralità nella gestione delle ferie o la richiesta di lavorare 8 ore
in più a parità di salario. L’obiettivo era contenere i costi o aumentare la
flessibilità. Ma poi ci hanno rinunciato».
Malgrado la crisi?
«Il comportamento si spiega sapendo che siamo l’unico settore che ha già
sottoscritto degli accordi di merito per affrontare la crisi».
Cioè?
«Grazie alle buone relazioni industriali abbiamo già definito un percorso
comune per rilanciare il settore».
Quale?
«Vogliamo un tavolo governativo per il settore della Moda, al cui interno si
parli in modo specifico delle piccole imprese. Il tutto collocato nell’ambito
della Conferenza Stato-Regioni».
A che serve?
«A riorganizzare i distretti che sono stati il motore del nostro sviluppo e
che ora versano in una grave crisi»
.
Concretamente, cosa si può fare per rispondere all’assalto dei prodotti
cinesi?

«Prima di tutto chiediamo d’investire sulla qualità e la differenziazione
del prodotto attraverso l’innovazione»
.
E poi?
«Finora il nostro sistema ha esportato il 60% della produzione nei Paesi più
vicini: dobbiamo andare più lontano, ma come sistema».
Cosa vuol dire?
«Che le piccole imprese da sole non sfondano. Ma quelle grandi potrebbero
trascinarsi dietro tutta la filiera»
.
Spesso proprio le grandi imprese preferiscono andare a produrre altrove,
perché costa meno.

«È vero. Ma questo avviene perché oggi non c’è convenienza a produrre in
Italia. Il cambiamento avviene se, ad esempio, un tessuto fatto nel nostro
Paese diventa riconoscibile come tale. A quel punto il consumatore, sapendo che
sta comprando qualità, troverà giusto spendere un po’ di più, ripagando così i
costi della nostra produzione».
Insomma occorre poter riconoscere la provenienza dei prodotti.
«Esatto: fare un tessuto senza usare colori nocivi o non utilizzando manodopera
minorile, costa. E allora facciamo in modo che il consumatore possa capire
dall’etichetta qual è il prodotto più sano e etico»
.
Servono regole.
«Regole reciproche. I nostri prodotti quando vanno sui mercati stranieri
devono dichiarare la loro composizione. Allora esigiamolo anche noi»
.
È solo un problema dei produttori?
«No, la vera sfida è con i commercianti e gli importatori: è a loro che
chiediamo di porsi il problema etico del tipo di merce che trattano»
.

L’intesa

L’aumento retributivo di 75
euro copre il biennio 2006 – 2007 e il primo trimestre del 2008. Non è prevista
una «una tantum». L’ipotesi di accordo prevede anche l’entrata in vigore della
disciplina contrattuale dell’apprendistato per le aziende che sono in Regioni che
non hanno regolamenti in materia
. Le parti hanno sottoscritto un protocollo di intesa che prevede
l’impegno a effettuare già dal prossimo mese di maggio incontri per intervenire
su alcuni istituti contrattuali per favorire il recupero della competitività
del settore
.

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