Sulle barricate con i minatori spagnoli

La classica goccia che ha fatto traboccare la rabbia e scatenato una risoluta risposta dei minatori del carbone del Nord della Spagna è stata la decisione del governo spagnolo del Partito Popolare di Mariano Rajoy di ridurre del 63% (- €190 milioni, da €300 a €110 milioni) gli aiuti al settore, da cui esso è fortemente dipendente. Si prevede che la riduzione dei sussidi statali porterà alla perdita di altri 30 000 posti di lavoro, dopo i 40 000 già persi negli ultimi 25 anni.
La protesta (svoltasi nella completa indifferenza dei media nostrani) dei 7 900 salariati delle 47 società minerarie spagnole, è iniziata con gli scioperi del 28, 29, 30 e 31 maggio; dopo i brutali attacchi polizieschi di Madrid con decine di arresti, dal 1° giugno essa si è trasformata in un’ondata di scioperi a tempo indeterminato, che hanno toccato 51 città minerarie.

Dal 23 maggio la lotta ha superato i confini delle miniere di carbone dilagando nel territorio delle tre principali regioni minerarie nel Nord della Spagna – Asturie, Castiglia e Leon, e Aragona, con barricate su strade e ferrovie (fino a 60 blocchi su strade in un solo giorno nelle Asturie), e con la ripetuta interruzione di importanti collegamenti, come l’autostrada Huerna che collega le Asturie con la Meseta. I minatori mantengono il blocco di tre miniere, nelle Asturie e a Leon e occupano da giorni pozzi minerari e municipi.
Il 18 giugno, dopo 18 giorni consecutivi di blocco del settore, lo sciopero generale nei bacini minerari della Spagna ha avuto, secondo i sindacati, l’adesione vicina al 100%, sia dei lavoratori delle miniere del Leòn e delle Asturie che dei salariati di tutti gli altri settori, amministrazione pubblica compresa, in solidarietà con i minatori. Hanno aderito allo sciopero a tempo indeterminato i lavoratori dei trasporti delle Asturie e del Leòn, contro l’aumento dell’orario di lavoro di 300 ore/anno, il congelamento del salario per 4 anni, e l’imposizione di accordi salariali separati.
Nelle Asturie la giornata di lotta del 18 giugno è cominciata, come ormai di consueto nelle ultime settimane, con i blocchi sulle diverse strade -17 in totale – e in due delle sue linee ferroviarie; a mezzogiorno un corteo di 15 000 manifestanti, a sostegno delle rivendicazioni dei minatori, ha percorso le strade di León; alle sette del pomeriggio è iniziata un’altra manifestazione a Llangreu, con oltre 50 000 manifestanti. Alcuni lavoratori hanno scelto di rimanere a scioperare nei pozzi, a 600 metri sottoterra, con temperature attorno a 25° e un tasso di umidità dell’85%. Una lotta molto dura, che ha visto scontri con la polizia in altre aree, come Madrid e le Gran Canarias, dove ci sono state manifestazioni a sostegno della lotta dei minatori.
Il 22 giugno, tre colonne di 200 minatori, partite da Asturie, Castiglia e León e Aragona hanno cominciato la “marcia nera” ( il nome deriva dal colore del carbone, ed è a ricordo della prima grande “marcha negra” del 1992 che coinvolse decine di migliaia di minatori) su Madrid, dove dovrebbe giungere l’11 luglio. “La lotta continua a piedi, affinché il futuro non sia nero”, annuncia La Vanguardia. I minatori vogliono coinvolgere nella loro battaglia gli abitanti delle città che attraverseranno. La polizia ha fatto ricorso a gas lacrimogeni, manganelli e proiettili di gomma per disperdere gli scioperanti e demolire le barricate. Nelle Asturie il governo ha inviato altri 250 agenti della Guardia Civil, 90 agenti anti-sommossa e 40 uomini dei gruppi speciali (USECIC), creati nel 2002 come forze antiterrorismo. Il delegato governativo per le Asturie ha avvertito che se continuerà l’occupazione delle miniere interverranno le forze di sicurezza. I lavoratori hanno risposto organizzando una difesa determinata e ardita, con armi improvvisate ma a quanto pare efficaci. Gli scontri più duri si sono avuti a Pozo del Sotón, a 30 km. da Oviedo, capoluogo delle Asturie. Davanti alle miniere occupate e su alcune strade e autostrade bloccate dalle barricate, contro le aggressioni violente della polizia i minatori hanno costruito postazioni ‘blindate’ che hanno difeso attrezzati con tubi di ferro arrangiati come lanciarazzi. Afferma un minatore: «Anche noi abbiamo avuto dei feriti, ma non abbiamo paura. Noi minatori rischiamo la vita ogni giorno sul posto di lavoro. Siamo abituati al pericolo».

La notizia dei tagli ai sussidi minerari è giunta assieme a quella del salvataggio per €100 miliardi alle banche spagnole, contro i 260 milioni che secondo il sindacato UGT necessiterebbero al settore minerario per sopravvivere.
La riduzione dei sussidi minerari rappresenta una piccola frazione dei complessivi tagli per €27MD previsti ad aprile dal governo conservatore spagnolo: educazione, -€2,2MD (-22%); -€1,2MD per i programmi di aiuto alla ricerca di occupazione; sanità, -€3,9MD; forti tagli anche a cultura, infrastrutture, ricerca civile e sviluppo; avranno un importante impatto sociale anche i €17MD di risparmi previsti per i governi regionali e locali, responsabili per la maggior parte dei servizi sanitari ed educativi. Il precedente governo “socialista” di Zapatero aveva già imposto nel 2011 un pacchetto di austerità per €15MD, con riforme del mercato del lavoro e forti riduzioni salariali per il pubblico impiego. Tutto questo mentre è in corso la seconda fase recessiva dell’economia spagnola, con un tasso di disoccupazione al 24%, al 50% per i minori di 25 anni, e le riforme del mercato del lavoro facilitano i licenziamenti e riducono diritti e salari.
Il settore minerario, inaugurato circa 2000 anni fa’ quando i romani vi scoprirono oro e carbone ed attivo dal 1801, è andato assumendo un peso fondamentale dell’economia di Asturie e Leòn. Ma le miniere di carbone spagnole senza l’aiuto dello Stato sono per lo più in deficit, il carbone spagnolo non è mai stato competitivo per ragioni di tipo geologico, e dal XIX secolo il settore minerario è emblematico del protezionismo spagnolo. La Spagna importa 16-20 milioni di tonnellate l’anno di carbone e ne produce 8,5 mn. di tonnellate. Anche le Asturie, per oltre un secolo e mezzo la regione più redditizia della Spagna, oggi importano il 70% del loro fabbisogno regionale di carbone. D’altra parte la UE ne produce 130 mn. di tonnellate, e ne importa 160 mn. Per questo interessi non proletari – dai proprietari delle miniere alle amministrazioni locali – cercano di utilizzare la lotta dei minatori per ottenere aiuti dallo Stato.

La lotta dei minatori delle Asturie è un esempio per tutto il proletariato.
Questa lotta generosa, piena di slancio di classe, lasciata a sé stessa, è condannata ad essere soffocata. Così è successo, tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, ai minatori inglesi, abilmente “soffocati” dalla Tatcher, ma altrettanto ignobilmente lasciati soli a combattere dagli altri sindacati. Non mancarono anche in quella occasione abnegazione e coraggio. Mancò invece una lotta coordinata contro la ristrutturazione del capitale nella fase liberista.
Anche oggi la sostanza non muta. Se i proletari asturiani verranno lasciati soli, e la lotta stessa non verrà organizzata in estensione e qualità, secondo le necessità che lo scontro di classe impone, sarà un’altra battaglia persa.
Persa non tanto per l’esito della lotta stessa ( il capitalismo può sopravvivere anche alle lotte più esemplari), quanto per il mancato collante di classe. Solo un’organizzazione autonoma dei lavoratori che estenda e faccia avanzare la lotta “oltre” la singola fabbrica può costituire la minaccia più grande per i padroni affinché si inizino finalmente a rompere gli ingranaggi del capitale.

Alla faccia di tutti i chiacchieroni, “vecchi” e “nuovi”…

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