Il 30 ottobre si è tenuto lo sciopero nazionale del settore logistica e trasporti proclamato da SI Cobas e ADL Cobas per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro del settore e contro le politiche antioperaie di Confindustria e governo.
Tra le rivendicazioni non solo un aumento salariale, ma anche la riduzione dell’orario di lavoro (da 39 a 37,5 nella prospettiva delle 35 ore), misure per limitare il logoramento fisico dei lavoratori, particolarmente diffuso e rapido dove non vengono posti limiti ai ritmi e alla pesantezza del lavoro, il pagamento della malattia, la progressione automatica di livello.
Si tratta non solo dell’unica piattaforma di categoria in cui viene posto l’obiettivo fondamentale della riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, ma anche dell’unico sciopero per il rinnovo del contratto di fronte all’attacco condotto da Confindustria e governo contro la contrattazione nazionale, per spostarla a livello aziendale e quindi legarla alla produttività, tagliando fuori la maggioranza dei lavoratori delle piccole imprese. I chimici hanno appena firmato un contratto in sordina, senza scioperi, in cui prevalgono le concessioni alle richieste padronali.
Lo sciopero ha avuto un notevole successo, superando per estensione ed efficacia gli scioperi precedenti. Vi hanno partecipato migliaia di lavoratori in quasi tutte le regioni del Nord e Centro Italia, e in Campania. Hanno partecipato per solidarietà anche lavoratori del settore alimentare (Galbani di Corteolona, macellazione di Modena). Sono stati organizzati decine di picchetti davanti ai maggiori centri logistici e magazzini, con la formazione di code chilometriche di camion. All’interporto di Bologna hanno partecipato circa un migliaio di lavoratori supportati da giovani solidali, con il risultato di bloccare tutta la logistica bolognese per parecchie ore; nel milanese, dove la logistica è territorialmente più diffusa, diverse centinaia di lavoratori sono affluiti dai magazzini dove lo sciopero era seguito dal 100% (come alla SDA di Carpiano) a magazzini dove serviva dare forza ai lavoratori del posto: DHL di Carpiano, Rubattino e Settala, dove hanno scioperato anche lavoratori iscritti alla CGIL, SDA di Vimodrone, Chateaux d’Ax di Paderno Dugnano, Ortofin di Settala e Trucazzano, ecc. Scioperi riusciti anche a Bergamo, Pavia, Novara, Torino, Piacenza, Parma, Modena, Padova, Verona, Genova, Prato, Ancona, Roma, Napoli (dove sono stati stabiliti contatti tra lavoratori della logistica e portuali). In alcune situazioni lo sciopero è riuscito a imporre soluzioni a vertenze aziendali, come alla Simply di Trucazzano, dove è stato ottenuto il reintegro di sei lavoratori licenziati perché avevano rifiutato di fare straordinari non pagati, e alla Dico di Stradella (PV) dove è stata ottenuta l’assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori che avevano contratti precari (la maggioranza) e l’applicazione del CCNL di lavoro.
Il successo dello sciopero è un fatto importante in sé, perché mostra la disponibilità dei lavoratori alla lotta, su rivendicazioni chiare e rispondenti alle loro esigenze, e l’importanza di una dirigenza sindacale che si pone da un punto di vista di classe in opposizione al sistema capitalistico. Questo stesso successo pone tuttavia una serie di problemi.
Da un punto di vista prettamente sindacale è del tutto improbabile che le associazioni padronali del trasporto-logistica siano disposte a firmare un Contratto Nazionale con SI Cobas e ADL Cobas, anche se di fatto più rappresentativi dei sindacati confederali nel settore, almeno dal punto di vista della capacità di lotta e della presenza nei maggiori hub logistici. Questo anche perché l’organizzazione e la lotta coinvolge ancora una ridotta minoranza degli oltre 900 mila lavoratori del settore – soprattutto quelli dei maggiori gruppi come TNT, ora FedEx, GLS, SDA, DHL, Bartolini – mentre una parte importante del padronato non è stata colpita dallo sciopero. Il fatto però che dove questo movimento dei facchini e ora anche dei trasportatori riesce a strappare conquiste a livello aziendale e di gruppo, annullando le svendite operate dai confederali ha in sé la capacità di allargare sempre più il movimento stesso.
Occorre però tener presente che il padronato è disposto a subire perdite anche pesanti pur di non creare un precedente di contratto nazionale strappato da sindacati di lotta diversi dai confederali, e punta sull’aiuto dello Stato, sia attraverso la legislazione (per togliere il diritto di sciopero e di rappresentanza ai sindacati non concertativi) che attraverso la repressione diretta per impedirlo. Già il governo ha precettato lo sciopero dei ferrovieri CUB a CAT del 23-25 ottobre (è un peccato che esso non sia stato collegato con quello della logistica). Il movimento che parte dai lavoratori immigrati della logistica, se rimarrà isolato sarà sottoposto ad attacchi concentrici che difficilmente potrà reggere se non sarà in grado di allargarsi, nel settore e fuori del settore, e a contagiare anche i lavoratori italiani in particolare i giovani lavoratori precari e senza esperienza di lotta.
Ciò pone il problema della frammentazione del sindacalismo di lotta e l’esigenza di collegare lotte e settori di avanguardia della classe, al di là delle sigle sindacali, per dare vita a un movimento di opposizione in grado di attrarre nuovi settori di lavoratori. Nelle ultime settimane ci sono stati primi segnali in questa direzione, che vanno portati avanti con più determinazione.
Comunisti per l’Organizzazione di Classe