ITALIA, ECONOMIA
REPUBBLICA Giov. 8/6/2006 LUIGI SPAVENTA
Per l´emergenza conti bisogna fare in fretta Siamo ai
primi mesi di legislatura, quelli più propizi a interventi coraggiosi
Verificata
l’emergenza dei conti pubblici, l’unica strada possibile è attuare interventi
coraggiosi sull’età media del pensionamento e sulle spese di regioni, enti
locali e sanità.
Le promesse fatte in campagna
elettorale (es.: taglio di 5 punti in un anno del cuneo fiscale) non sono
immediatamente attuabili a causa non solo dell’opposizione della UE ma anche
della reazione dei mercati finanziari.
Con sobria e lucida precisione, la commissione
ministeriale presieduta da Riccardo Faini di questo ci informa: così come
stanno le cose, il disavanzo delle pubbliche amministrazioni supererà nel
2006 il 4,5 per cento del prodotto; le entrate a mala pena copriranno le spese
al netto degli interessi (sei anni fa le superavano di oltre 4 punti) e neppure
a tanto riusciranno in termini di cassa.
Il debito pubblico rispetto al prodotto crescerà per il secondo anno
consecutivo, tornando al livello di cinque anni fa. Questi dati segnalano
«la condizione estremamente difficile in cui versa la finanza pubblica» e
«configurano una situazione di sofferenza… che non si è ancora manifestata
nella sua severità»; ne segue che «i tempi per il risanamento vanno
accelerati», anche per evitare rischi sui mercati finanziari. Questo è dunque
il lascito che deve essere accettato senza beneficio di inventario e a cui il
nuovo Governo deve far fronte.
Per negare questa realtà, si costruiscono alternative implausibili. Dice
l´opposizione: basta attuare la legge finanziaria del precedente Governo. La
commissione Faini dimostra che: anche a prendere per buone le cifre di quella
legge, il disavanzo sarebbe comunque superiore a quello previsto; vi è un´elevata
probabilità che alcune misure non producano gli effetti desiderati; altre non
possono essere attuate senza produrre effetti devastanti «sui flussi di
investimento, sull´occupazione e sulla funzionalità dell´amministrazione».
Dicono altri: il solo rimedio è la crescita. Si cerchi perciò di stimolarla,
senza intervenire adesso sulla finanza pubblica: con dosi massicce di
liberalizzazioni e/o tagliando i contributi sociali sugli occupati (il
cosiddetto cuneo fiscale). A tal fine si "negozi" con la Commissione
europea un rinvio del risanamento. Neppure questa alternativa è credibile. Un
mezzo punto in più di crescita riduce il disavanzo di non più di un quarto di
punto. Le liberalizzazioni, indispensabili, producono benefici sulla crescita
nel medio periodo. La riduzione del cuneo fiscale deve comunque trovare
copertura di bilancio. In una situazione critica della finanza pubblica,
che fa prevedere per il domani interventi più drastici di quelli che
occorrerebbero oggi, le misure di stimolo hanno effetto modesto o nullo. E poi
Bruxelles. Dopo l´esperienza della prima metà degli anni novanta, vi è
ancora chi pensa che, se non fosse per Bruxelles, potremmo fare quello che
vogliamo? Lasciare che il debito più alto d´Europa continui a crescere e
ricomincino a crescerne i costi? Trasferendo in conseguenza risorse alle
deprecate "rendite finanziarie" dei più abbienti? Lasciamo stare
la disciplina del 3%: ben prima che ci punisca Bruxelles ci punirebbero i
mercati, già prossimi a esaurire la loro tolleranza. E allora non c´è
dubbio. Verificata la dose di veleno lasciata nel pozzo della finanza
pubblica, occorre sin d´ora mettere mano alla bonifica.
Ma come farlo, non essendovi dubbi sul se? In premessa, si ammetta che non
vi è spazio per la progettata riduzione generalizzata di cinque punti del cuneo
fiscale tutti in una volta e si escluda il ricorso a espedienti effimeri. Sul
versante delle entrate, il recupero dell´evasione è opera meritoria, ma di
lunga lena. Dopo i pasticci combinati in campagna elettorale, il comunque non
semplice aumento della imposizione sui redditi da capitale è una pratica per il
momento accantonata. Di efficacia più immediata potrebbe essere un intervento
sull´Iva, per aumentarne non le aliquote, ma il rendimento. Uno studio
pregevole di Roberto Convenevole, dell´Agenzia delle entrate, mostra come in
Europa l´Italia ha un´aliquota normale di Iva fra le maggiori, ma il minor
gettito rispetto al prodotto: a motivo di vizi intrinseci del sistema che,
gonfiando i rimborsi, si manifestano soprattutto nei trasferimenti di
abitazioni, nelle imprese minori e nell´agricoltura. Sul versante delle spese,
abbiamo imparato che i tagli generalizzati sono non solo inefficaci, ma
dannosi all´efficienza. Sono possibili ulteriori interventi, mirati, sulle
spese di funzionamento delle amministrazioni, anche per impedire l´elusione di
vincoli e divieti. Ma sarà difficile evitare una correzione della dinamica
delle spese per prestazioni sociali, che rappresentano la metà della spesa
corrente al netto degli interessi. Come ha indicato il Governatore della
Banca d´Italia, «vi sono due priorità ineludibili»: l´età media del
pensionamento; la spesa di regioni ed enti locali per la sanità.
Le conclusioni della commissione Faini non giungono del tutto inattese. Si
poteva sperare il nuovo Governo avesse già in riserva i rimedi necessari. Dopo
l´annuncio ufficiale dell´emergenza, si decida comunque con speditezza. Siamo
ai primi mesi di legislatura, quelli più propizi a interventi coraggiosi. Se
non ora, quando?