Oggi il personale della scuola sciopererà contro il disegno di legge governativo che si propone di “rivoluzionare” il sistema scolastico italiano. Il contenuto di tale disegno di legge è ampiamente noto e pertanto ne riportiamo solo i tratti salienti. In esso si prevede l’assunzione di una parte degli attuali insegnanti precari che però non andrebbero a ricoprire una cattedra loro assegnata ma verrebbero inseriti in un “organico funzionale” predisposto secondo le richieste delle scuole da cui i presidi attingerebbero a loro piacimento. In definitiva questi neoassunti diventerebbero degli insegnanti-tappabuchi in permanente movimento tra una scuola e l’altra. Per il loro destino sarebbe decisiva la valutazione del preside che, sulla base dell’istruttoria di un docente-ruffiano con funzioni di tutor e sentiti il collegio docenti e il consiglio d’istituto, decide della sorte del malcapitato in quanto una sua valutazione negativa implica il licenziamento in tronco del docente neoassunto. Lo strapotere concesso dal disegno di legge governativo ai presidi, in nome di una presunta logica meritocratica atta a scegliere “ i più capaci” (in realtà i più sottomessi) trasformerà la vita lavorativa di questi neoassunti in soggetti permanentemente sottoposti al volere del preside-dittatore, con buona pace della dignità del lavoratore stesso e della libertà di insegnamento, fino a oggi garantita dalla costituzione dello stato italiano. Col disegno di legge governativo non verrebbero risparmiati neanche i docenti attualmente di ruolo : nel piano governativo infatti essi conserverebbero la titolarità della cattedra e non rientrerebbero quindi nell’organico funzionale previsto per i neoassunti ma…se per loro disgrazia finiscono soprannumerari o, per loro ragioni, chiedessero il trasferimento in altra scuola o il passaggio di cattedra, allora anche loro finirebbero nel girone infernale dell’organico funzionale e dovrebbero prepararsi pure loro, come i neoassunti, a fare le valigie ogni tre anni. IL governo non si accontenta, però, di avere docenti sottomessi, li vuole pure sottopagati ( non si prevede di procedere al rinnovo dei contratti collettivi di lavoro :si calcola che in sei anni di mancato rinnovo del contratto collettivo gli insegnanti abbiano perso circa il 13% del potere d’acquisto del loro salario) e in guerra perpetua tra di loro per accaparrarsi gli (irrisori, meglio dire ridicoli) aumenti spettanti “solo ai più capaci”, scelti manco a dirlo dal preside e dai suoi tirapiedi. Ciliegina finale sulla torta: a fronte dei “fortunati neoassunti” migliaia e migliaia di attuali supplenti che non rientrano nel piano di assunzioni smetteranno per sempre di essere utilizzati e quindi di fatto, perderanno il lavoro. Insomma si tratta diuna vera e propria applicazione del famigerato modello Marchionne alla scuola pubblica che diventerebbe buona solo per i capitalisti ai quali verrà consentito di usare gratuitamente o quasi gli studenti per stage formativi (cosidetta alternanza scuiola-lavoro, almeno 400 ore nel triennio dei tecnici e almeno 200 ore nel triennio dei licei).
Non bisogna quindi stupirsi se in questo periodo nelle scuole è un susseguirsi di mobilitazioni, assemblee e scioperi. Lo sciopero di oggi è il primo sciopero indetto contro questo infame disegno di legge. Il composito cartello che lo ha proclamato comprende sindacati di base come l’usb e l’unicobas e sindacati corporativi come l’anief, aderiscono anche altri sindacati di base come la cub e lo slai cobas per il sindacato di classe, la componente di opposizione dentro la cgil e il movimento dei lavoratori autoconvocati della scuola, presente prevalentemente nella capitale. Non aderisce invece allo sciopero il più grosso dei sindacati alternativi della scuola, i cobas scuola, che invece hanno indetto un loro sciopero per i giorni in cui verranno somministrate nei vari ordini di scuola le famigerate prove Invalsi, rispettivamente 5, 6 e 12 maggio. Ad aumentare la confusione si inserisce la proclamazione dello sciopero nella scuola per il 5 maggio dei sindacati di gran lunga più rappresentativi nel settore, cgil, cisl, uil, Gilda e Snals che, dopo aver sonnecchiato per quasi un anno da quando Renzi ha presentato in autunno le linee generali del progetto della cosiddetta “buona scuola” che costituiscono la premessa dell’attuale disegno di legge, si sono improvvisamente svegliati e danno mostra di voler contrastare il ddl governativo. La riuscita dello sciopero di oggi è pertanto incerta : non va dimenticato infatti che i sindacati promotori rappresentano una percentuale irrisoria dei lavoratori della scuola mentre i sindacati che hanno promosso lo sciopero del 5 maggio hanno solo un mese fa raccolto una percentuale “bulgara” di voti alle elezioni per il rinnovo delle rsu, segno questo evidente che nonostante tutte le loro malefatte passate e presenti, cgil e, in misura minore cisl, uil e Gilda, rimangono ancora un punto di riferimento fermo per i lavoratori della scuola. Ci sembra pertanto corretta la valutazione della cub che, pur confermando l’adesione allo sciopero di oggi, ha scelto di partecipare, con una propria piattaforma, anche allo sciopero del 5 maggio per contribuire a fare di quella giornata una grossa, rilevante e incisiva giornata di lotta che veda scendere in campo la massa dei lavoratori della scuola e non solo la percentuale (crescente ma sempre ultraminoritaria) dei lavoratori più combattivi. E’ evidente infatti che se in queste ultime settimane cresce oggettivamente il fermento tra i lavoratori ancora siamo ben lontani da una coscienza chiara e diffusa di quelle che saranno le conseguenze devastanti per il personale della scuola se il progetto governativo dovesse diventare legge. L’astuta propaganda di regime, che millanta un grandissimo piano di assunzione per i precari quando invece sta preparando un colossale piano di licenziamenti, “veri” e non pubblicizzati, per un numero, ancora non definito ma che sicuramente è nell’ordine di molte migliaia di addetti che attualmente lavorano nella scuola, rende opaca ancora la vera natura del ddl. Quindi a nostro avviso è deleteria la pratica di non partecipazione ad assemblee dei lavoratori o addirittura a scioperi solo perché indetti da sindacati collaborazionisti e complici, perdendo così occasioni preziose per confrontarsi con la massa dei lavoratori che ancora vedono questi sindacati come un punto di riferimento. Noi ovviamente ci auguriamo che lo sciopero di oggi riesca in pieno ma non possiamo evitare di mettere in guardia i lavoratori che seguono i sindacati di base che l’autoreferenzialità, la spinta a far prevalere ad ogni costo la salvaguardia della propria sigla a scapito anche della incisività effettiva della lotta è il migliore(anche se inconsapevole) regalo che si possa fare al mantenimento dell’influenza dei sindacati di regime sulla massa dei lavoratori: i sindacati di regime possono e saranno mandati a quel paese solo se la massa dei lavoratori scende in campo direttamente, solo se è disposta a scioperare e a farlo seriamente affrontando sacrifici e repressione statale per vincere e non semplicemente per fare scioperi che sono “testimonianza di dissenso” ma non lotta aperta fino al raggiungimento degli obiettivi prefissati. E oggi nella scuola l’obiettivo è far cadere il ddl governativo, se questo passerà le ricadute saranno negative per tutti i proletari : dopo la scuola verrà infatti il resto del pubblico impiego e si completerà il progetto confindustrial –governativo che, partendo dal jobs ac,t ha come obiettivo la distruzione di ogni residua garanzia per chi per vivere è costretto a svolgere un lavoro salariato. Al contrario, una sconfitta del governo sul piano scuola aprirebbe una crisi politica di cui potrebbe approfittare la classe lavoratrice per riconquistare fiducia in se stessa(Dopo anni e anni di arretramenti e sconfitte, ultima quella seguita all’approvazione del jobs act) e poter finalmente passare al contrattacco e riprendendosi con una lotta decisa quanto è stato tolto. Solo allora la posizione degli attuali caporioni dei sindacati di regime, veri e propri agenti della borghesia nelle fila della classe lavoratrice potrebbe vacillare sul serio e delinearsi una possibilità concreta di una nuova direzione sindacale e politica del movimento operaio