BRUXELLES — O la Serbia si avvicina all’Europa o
l’Europa, tra non molto, sarà costretta a inviare altri uomini e cannoni nei
Balcani. La battuta è attribuita alla Cancelliera tedesca Angela Merkel. Ma,
sicuramente, è condivisa dal premier Romano Prodi e dal ministro degli Esteri,
Massimo D’Alema. Il governo italiano, da diverse settimane, sta conducendo
una vera e propria campagna a favore di Belgrado. O meglio, un’azione di
sostegno delle «forze democratiche», pro Ue e pro Nato, guidate dal presidente
Boris Tadic, che il 21 gennaio affronteranno una difficile sfida elettorale
contro il blocco radical-nazionalista (parola pericolosissima in
quell’area).
Ieri, appena sbarcato a Bruxelles, Prodi ha ricevuto Tadic, nella sede della
Rappresentanza italiana, ospiti dell’ambasciatore Rocco Cangelosi. Un colloquio
breve, dato che ormai la frequentazione è assidua: i due leader si erano appena
visti a Roma, il 12 ottobre scorso. La strategia del governo Prodi si inserisce
sulla lunga tradizione filo serba dell’Italia, ritornata in gran spolvero
subito dopo la cacciata da Belgrado di Slobodan Milosevic. L’obiettivo di
medio-lungo periodo è guadagnare qualche credito alle nuove frontiere
dell’Europa. Discorso che vale per la Serbia, ma anche per Croazia e
Turchia.
Poche settimane fa Prodi aveva scritto una lettera indirizzata al presidente
di turno della Ue, il finlandese Matti Vanhanen e agli altri capi di Stato e di
governo, sollecitando la ripresa del dialogo con Belgrado, interrotto
bruscamente il 4 maggio scorso. Il giorno prima Carla Del Ponte, procuratore
capo del Tribunale speciale per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia, aveva
accusato il governo guidato da VojislavKostunica di non collaborare alla
cattura di RatkoMladic, il «generale-macellaio ». Ieri sera Prodi ha sollevato
ufficialmente la questione nella cena con gli altri leader. Nessuno pensa che
sia maturo il tempo per riaprire una trattativa formale tra Bruxelles e
Belgrado. È, invece, essenziale dare una mano a Tadic se non si vuole, di
nuovo, vedere sparire l’ex Jugoslavia dall’orizzonte europeo. Bastano poche
righe «aperturiste» nelle conclusioni finali del vertice. Del resto è quello
che ha appena fatto la Nato, nel vertice di Riga, inserendo la Serbia tra i
partner del «processo di pace ». Gli schieramenti sono piuttosto mobili.
Restano sulla linea dura (chiusura totale fino a che Belgrado non collabora
con la Del Ponte) Gran Bretagna e Olanda. Con l’Italia ci sono gli altri
«attori» dell’area, come Austria, Ungheria, Slovenia e Grecia. Roma può contare
sul sostanziale appoggio della Germania: Prodi e la Merkel hanno parlato a
lungo di Serbia. Cerca spazi anche il premier spagnolo José Luiz Rodriguez
Zapatero che, probabilmente, incontrerà stamani lo stesso Tadic. Si guarda
con attenzione alla Francia. Finora il governo ha mantenuto un atteggiamento
severo. Ma ora il presidente Jacques Chirac sarebbe pronto a concedere
qualcosa.