italia, lavoro, precarietà
CORRIERE Sab. 1/4/2006
Milano Claudio Del Frate
Assemblea senza preavviso:
ritardi e voli cancellati. Proteste dei viaggiatori. Ma in serata arriva
l’accordo
«Malpensa deve essere paralizzata come Parigi: basta con
il lavoro precario». Non ci sarà bisogno di trasformare i terminal dello
scalo intercontinentale in place de la République: al
termine di una giornata convulsa, fatta di sfoghi e polemiche, la Sea e il
sindacato hanno raggiunto l’accordo: i 50 dipendenti della società di gestione
che dovevano essere «ceduti» ad Ata (una concorrente di Sea che ha
acquisito nuovi clienti a Malpensa), restano al loro posto. Troppi contratti
atipici negli aeroporti milanesi (a Malpensa, soprattutto), è questa la
bandiera dei sindacati. Che ieri, in nome di questa battaglia, sono
arrivati a chiedere la testa del presidente di Sea, Giuseppe Bencini, e a
mettere in fibrillazione il principale scalo del Nord Italia.
La rottura nel pomeriggio: assemblea a oltranza e il rischio di bloccare lo
scalo. Alle 17 la Sea è corsa ai ripari richiamando in servizio lavoratori interinali,
facendo giostrare i dipendenti non in stato di agitazione e annunciando che «a
causa di un’agitazione sindacale non programmata» i voli avrebbero potuto
subire ritardi o cancellazioni.
Risultato: 45 voli cancellati, ritardi sparsi, soprattutto in serata – tra i
30 minuti e l’ora e mezza -, disservizi a macchia di leopardo, code agli
imbarchi (di cui era aperta solo la metà rispetto al consueto). I
passeggeri di un volo arrivato da Zurigo sono rimasti 35 minuti sul pulmino in
attesa di andare al terminal. Il clima radicale maturato in assemblea ha reso
la situazione più tesa: intorno alle 18 una «ronda» di alcuni dipendenti è
passata tra i banchi dei check-in cercando di convincere forza ad aderire alla
protesta chi ancora stava lavorando.
Momenti di tensione al banco dell’Iberia, dove circa 200 passeggeri diretti a
Barcellona avevano già un’ora e mezza di ritardo: «Questa è violenza,
lasciateci partire». La hostess: «Stiamo difendendo il nostro posto di lavoro,
siamo quelli che lavorano per voi». La polizia poco lontano. Intanto
l’assemblea decideva di bloccare agli ingressi l’arrivo dei lavoratori del
turno successivo e si organizzava per far riprendere l’agitazione alle 5 di
stamattina. Rabbia e sconforto: «La Sea sta facendo da anni un ricorso selvaggio
al precariato, ci sono lavoratori interinali costretti a rimanere in turno
anche 16 ore al giorno, chiamati all’ultimo momento. Mansioni che da contratto
devono essere svolte da cinque persone sono di norma sostenute da tre, con
tanti saluti alle norme di sicurezza».
Per un giorno i dipendenti di Malpensa si sono sentiti vicini ai francesi in
lotta contro la flessibilità. «Se ragazzi di 18 anni hanno paralizzato un
paese intero cosa aspettiamo noi a paralizzare Malpensa?», proclamava un
neo-Robespierre, riscuotendo l’applauso più lungo della seduta. «Ma il
nostro obiettivo immediato – precisava Dario Balotta, segretario della Cisl
trasporti – è il ritiro delle lettere con cui vengono trasferiti i 50
dipendenti da Sea ad Ata. In più chiediamo le dimissioni di Bencini».
La schiarita poco prima delle 21, dopo un incontro lampo tra i vertici
sindacali e la società di gestione. «Sea ha accettato il ritiro dei
trasferimenti – ha dichiarato Balotta – ora torneremo in assemblea per
sottoporre l’accordo all’approvazione dei lavoratori». Resta da capire se è
davvero una svolta nel più ampio e complicato braccio di ferro sul precariato a
Malpensa o se sarà l’ultima concessione fatta dall’azienda. E resta da capire
se la protesta sopra le righe avrà, come è avvenuto in passato, strascichi
giudiziari.
La
vertenza dei sindacati
LA SOCIETÀ Sea Handling si occupa dei servizi aeroportuali a
terra: smistamento bagagli, biglietteria, carico e scarico. L’unica società
concorrente è Ata: il settore sarà completamente liberalizzato nella seconda
metà del 2006
LA TRATTATIVA Cinquanta lavoratori di Sea Handling avrebbero dovuto
essere trasferiti in questi giorni ad Ata. La protesta improvvisa dei sindacati
ha fatto saltare la decisione dell’azienda