
Dopo appena 4 settimane dal giorno in cui la Commissione von der Leyen ha varato il faraonico piano di riarmo europeo da 800 miliardi di euro, il governo Meloni ha spazzato via ogni esitazione e trasformato, in una mezz’ora di riunione, il DDL-1236 (ex-1660) in legge.
È la conferma del legame strettissimo tra la corsa al riarmo e alla preparazione della guerra alla Russia (fissata, in certe dichiarazioni ufficiali, al 2029-2030) e il salto di qualità e quantità della repressione statale attuato con le norme appena approvate (il fronte di guerra interno).
Né è un caso che il varo in fretta e furia di questa legge da stato di polizia è avvenuto il giorno in cui sono crollate le borse mondiali per la decisione dell’amministrazione Trump di imporre pesanti dazi commerciali a tutto il mondo – una decisione foriera di caos sociale, e un possibile innesco di una recessione mondiale.
Non c’erano ragioni di “straordinaria necessità e urgenza”, ha obiettato l’associazione dei magistrati, alludendo al basso grado di conflittualità sociale oggi esistente. Ma il governo intende precorrere i tempi dell’inevitabile ripresa dello scontro di classe, e fare il possibile per scoraggiarla.
È una sfida che bisogna raccogliere. Facendo chiarezza sul contenuto del decreto legge, e preparando una risposta di lotta adeguata.
Il decreto legge-“sicurezza” è quasi una copia conforme del DDL 1660. Le modifiche richieste dalla volpe che soggiorna da una vita al Quirinale, infatti, sono di dettaglio, suggerite per blindare la nuova legge, ed evitare ricorsi alla Corte costituzionale. O, anche, per agevolare l’attività di controllo delle forze di polizia (impedire agli immigrati senza permesso di soggiorno di acquistare una sim era una tipica idiozia salviniana).
Le modifiche? Poca roba. Pubbliche amministrazioni, università, scuole, non sono più obbligate dalla legge, ma possono collaborare con i servizi segreti nello spiare i propri dipendenti e studenti. Staremo a vedere chi si negherà. Il reato di resistenza passiva nelle carceri e nei CPR, una delle misure più odiose, resta in piedi, solo è stato lievemente circoscritto. E così resta perfettamente in piedi l’aggravante di pena per le manifestazioni di protesta contro le opere pubbliche (in caso d’incidenti): si è solo provveduto a dettagliare cosa si intende per opere pubbliche strategiche. In questo caso, tutto come prima. Lieve modifica per le donne incinte in carcere. La sola modifica di un qualche peso, in astratto, è l’obbligo di tener conto delle circostanze attenuanti nei casi di aggressione o resistenza a pubblico ufficiale. Ma un obbligo del genere rimarrà scritto sull’acqua, dal momento che la nuova legge contiene in sé il principio della tutela pressoché incondizionata dei corpi della repressione statale.
Dunque il decreto-legge Meloni-Mattarella non è un male minore: semplicemente è il DDL Piantedosi-Nordio-Crosetto tradotto in legge. E non è neppure un atto dovuto alla vocazione autoritaria delle sole destre. Perché i precedenti pacchetti-sicurezza e tutta l’orrida impalcatura dei CPR sono stati creazioni anche delle forze di centro-sinistra, che oggi si dicono contrarie o critiche. E soprattutto perché la corsa al riarmo e alla guerra è stata finora condivisa, in tutti i passaggi essenziali, dalle forze della opposizione parlamentare di centro-sinistra. Come dimenticare che è stato il governo Conte II ad accettare di portare la spesa bellica al 2% del pil? come dimenticare che tanto il Pd quanto il M5S hanno approvato i vari pacchetti di forniture militari a Kiev senza mai aprire bocca su quelle allo stato genocida d’Israele? E non è forse anche sotto i loro governi che l’industria bellica italiana ha scalato posizioni nel mondo fino ad arrivare al 6^ posto con lo spettacolare +138% dell’export negli ultimi 5 anni?
Perciò, al di là delle prese di distanze più o meno opportunistiche e mediatiche di queste ore e delle prossime settimane, l’onere di contrastare davvero la conversione definitiva in legge spetterà alle forze che hanno animato il lavoro della Rete Libere/i di lottare sul presupposto che lotta contro la guerra, l’economia di guerra e i suoi pesantissimi sacrifici, il riarmo, è una sola cosa con la lotta alle nuove leggi e alle nuove prassi da stato di polizia, peraltro già anticipate nei fatti, a partire dal divieto di manifestare il 5 ottobre a Roma, da una lunga catena di provvedimenti repressivi – tipo i fogli di via – e l’istituzione di nuove zone rosse in parecchie città da Nord a Sud.
Pur rivendicando a questa Rete – cresciuta in termini di adesioni oltre ogni previsione – il merito di aver rotto il silenzio intorno al DDL Piantedosi-Nordio-Crosetto e di avere socializzato la necessità di reagire ad esso per impedirne l’approvazione, le accelerazioni di tutti i processi economici, politici e militari avvenute nelle ultime settimane, tanto sul piano internazionale che su quello “interno”, impongono a tutti/e noi uno scatto in avanti nella sua attività.
Il colpo di mano del governo Meloni-Mattarella, la decisione della Commissione UE, la ripresa dell’operazione genocida dei sionisti a Gaza, i piani di guerra coperti e scoperti della NATO, ci chiamano ad un rilancio dell’iniziativa assai più energico, coordinato ed organizzato di quanto non sia stato finora. Un rilancio che, beninteso, non potrà concedere il minimo credito “anti-imperialista” alle potenze capitaliste ed imperialiste avverse agli Stati Uniti e agli imperialismi occidentali. Il nostro primo nemico è “in casa nostra”: si chiama governo Meloni, stato italiano, imperialismo italiano, e le sue alleanze: UE, NATO. Ma non abbiamo nel mondo alcun governo o stato amico. E ci è ben chiaro che una vera lotta contro la corsa alla guerra non si può fare se non stringendoci in una battaglia anti-capitalista comune con i proletari e gli oppressi di tutti i paesi contro i capitalisti e i signori della guerra di tutti i paesi.
Un primo momento di utile coordinamento internazionale nella battaglia contro la repressione sarà il Forum internazionale che si terrà il 26 aprile prossimo, per dare vita ad una Rete intercontinentale di appoggio militante ai movimenti e ai militanti che in varie parti del mondo stanno cadendo sotto la scure delle misure liberticide dei rispettivi governi e stati, in via di intensificazione a mano a mano che si intensificano i conflitti economici e le tensioni militari a scala globale.
Quella contro il decreto-manganello appena approvato dal governo italiano non sarà una battaglia breve. Ma va cominciata da subito, dando forza alle giornate di lotta dell’11 e 12 aprile prossimi. L’11 aprile lo sciopero contro guerra, genocidio e DDL ex-1660, ora già legge, l’ha indetto il solo SI Cobas, una decisione che gli fa onore. Noi chiediamo a tutto il sindacalismo di base di dare ulteriore forza a questo sciopero trasformandolo in uno sciopero unitario: in caso contrario, siamo alle messe in scena, alla pura opposizione verbale. Lo chiediamo anche agli iscritti della CGIL e a quanti dentro le strutture del sindacalismo di stato mugugnano, dissentono un po’, ma non rompono mai la disciplina: è arrivato il momento di dimostrare con i fatti il proprio dissenso davanti a politiche, governative e sindacali, che stanno peggiorando le condizioni di vita e lavoro, e all’approvazione di questa legge, liberticida e da stato di polizia, che punta al disciplinamento sociale di tutti/e.
I bersagli di questo decreto-legge sono anzitutto i picchetti operai; le manifestazioni contro le guerre e la logistica di guerra, a cominciare da quelle che intendono colpire la fornitura delle armi ad Israele; le proteste contro le “grandi opere”, la catastrofe ecologica, la speculazione energetica; le forme di lotta di cui questi movimenti si dotano per aumentare la propria efficacia come i blocchi stradali e ferroviari; le occupazioni di case sfitte. Il decreto-legge contiene norme durissime, rimaste tali e quali rispetto alla formulazione originaria, contro qualsiasi forma di protesta e di resistenza, anche passiva, nelle carceri e nei CPR, perfino contro le proteste di familiari e solidali a loro supporto (il che vale anche per le occupazioni di case sfitte). Così come è rimasto tale e quale il reato di “terrorismo della parola”. Mentre è stata addirittura rafforzata la tutela delle forze di repressione, con la dotazione di apparecchi di videosorveglianza. Quanto ai servizi segreti, poi, mano libera, come e più di sempre.
In apparenza – agli occhi della massa della classe lavoratrice e dei giovani – si tratta di norme che colpiscono solo chi lotta. Sta’ a noi provare che, invece, non è così. Sono in arrivo licenziamenti di massa. Sono in arrivo pesantissimi sacrifici, o diretti, con il taglio brutale delle spese sociali e con l’inflazione che tornerà a correre, o indiretti con l’obbligo di pagare gli interessi ai creditori dello stato per l’enorme incremento del debito di stato che è alle porte. È in arrivo, in tutte le imprese, un’intensificazione della pressione padronale alla produttività per conservare competitività nonostante i dazi. Nelle scuole è in arrivo l’uso repressivo del voto in condotta, nelle università un accresciuto controllo di polizia. Forse, visto il criminale e crescente supporto degli apparati statali e mediatici italiani al genocidio dei palestinesi, è in arrivo anche l’approvazione del DDL 1004 sugli atti di “antisemitismo”, cioè di antisionismo.
Non facciamoci intimidire! Rilanciamo la nostra azione contro la corsa alla guerra, l’economia di guerra, il decreto-manganello, la repressione da emergenza bellica!
Traduciamo le nostre analisi in messaggi capaci di raggiungere la più ampia massa di lavoratori/lavoratrici e giovani! Stringiamo i rapporti con tutti/e coloro che si battono in altri paesi per questi stessi obiettivi all’insegna del vero internazionalismo! Il futuro appartiene a noi, alla rivoluzione sociale anti-capitalista, non a questo decrepito sistema sociale in via di caotica, distruttiva e autodistruttiva decomposizione!