Come previsto, a Piacenza la canea mediatica, politica e dei sindacati concertativi intorno al blocco di interessi Ikea-San Martino si è scatenata al massimo livello contro i lavoratori in lotta contro le sospensioni e l’attacco al loro sindacato SI Cobas. (vedi il sito di Piacenza Sera).
Ikea e i padroni della “cooperativa” San Martino, dopo aver chiuso il magazzino pur di non ritirare le 33 sospensioni arbitrarie, praticando una serrata illegale, hanno intruppato un gruppo di loro dipendenti e li hanno portati in piazza nel tentativo di ripetere la “contromarcia dei 40 mila” della FIAT 1980. La maggioranza di questi sono dipendenti diretti Ikea e quindi hanno già ciò che i lavoratori della San Martino chiedono: l’applicazione del contratto nazionale del 2013, il pagamento al 100% degli istituti contrattuali e il pagamento di malattia e infortunio. Sono quindi stati portati in piazza per permettere al sindaco Dosi e al presidente della Provincia Trespidi di fare la passerella mediatica e chiedere il “ristabilimento dell’ordine” ossia l’espulsione di 33 lavoratori e del SI Cobas, il sindacato cui sono iscritti la maggioranza dei lavoratori della San Martino all’Ikea. Si potrebbe commentare che non è certo di buon gusto portare lavoratori che godono di una serie di condizioni a protestare contro lavoratori che lottano per ottenere quelle stesse condizioni. È il classico ‘divide et impera’ da sempre applicato contro gli sfruttati, che salta quando i lavoratori si uniscono.
Nella serata di ieri si è tenuto un vertice in Prefettura presenti i dirigenti di Ikea Italia, istituzioni locali e CGIL, CISL e UIL che rappresentano una piccola minoranza dei lavoratori San Martino, ma senza il SI Cobas, all’insegna della “legge e ordine”. In sostanza si è di nuovo riunito il blocco di potere economico e politico che domina a Piacenza con le sue appendici sindacali contro gli operai di serie B, in buona parte immigrati, quelli che devono svolgere il lavoro più pesante nei magazzini per una paga inferiore, onde permettere non solo extra-profitti all’Ikea, ma anche a degli intermediari parassitari chiamati “cooperative”.
Questi personaggi parlano di alcuni “facinorosi” che impediscono agli altri di lavorare, e si guardano bene dall’informare sulla vicenda che ha dato origine alla lotta dei lavoratori, rivangano invece una fermata di mezz’ora in solidarietà con un rappresentante SI Cobas (rimosso dal suo posto perché per impegni sindacali non aveva potuto sottoporsi agli esami di laboratorio previsti, quando per tutti gli altri lavoratori sono abitualmente tollerati ritardi di alcuni giorni). La vicenda che ha dato il pretesto per le sospensioni è una riunione-assemblea indetta dalla cooperativa secondo modalità contestate dal SI Cobas, e per questo boicottata dai lavoratori interessati (circa 130). L’assemblea si tenne il 14 aprile. La contestazione del rifiuto di parteciparvi è giunta 3 SETTIMANE dopo…, il 5 maggio, e a soli 33 lavoratori, tra i più attivi nel SI Cobas. Ora la questione non è giuridica, ma sindacale e politica. Ma gli aspetti giuridici aiutano a capire la sostanza politica dello scontro.
Secondo lo Statuto dei Lavoratori, come afferma la Direzione Provinciale del Lavoro di Modena, nel caso di contestazione disciplinare “L’addebito deve essere tempestivamente contestato. L’immediatezza della contestazione deve essere valutata con riferimento al momento della commissione o della conoscenza del fatto contestato. Il decorrere di un considerevole lasso di tempo tra la commissione dell’infrazione e l’attivazione della procedura può comportare la tacita manifestazione di volontà del datore di lavoro di non sanzionare il comportamento del lavoratore. Il datore di lavoro può provvedere a sospendere il lavoratore qualora i tempi del procedimento disciplinare intrapreso siano incompatibili con la presenza di quest’ultimo all’interno dell’azienda. La sospensione cautelativa non è un provvedimento disciplinare e non comporta la sospensione della retribuzione.”
Dunque:
1) dato che ai lavoratori non è stata contestata alcuna infrazione per ben 20 giorni, si tratta di contestazione tardiva, e quindi non valida. Si tratta di fatto di contestazione PRETESTUOSA, la cui finalità è POLITICA: attaccare il sindacato SI Cobas per buttarlo fuori dal magazzino espellendo i suoi iscritti più attivi. La stessa operazione, fatta un anno e mezzo fa, è fallita.
2) Se hanno atteso 20 giorni prima contestare l’infrazione, non possono sussistere i motivi di gravità e urgenza che giustificano la sospensione cautelare immediata, senza dare ai lavoratori il tempo di rispondere.
Quindi: contestazione e sospensione sono entrambe illegittime e non valide.
Lo scopo di questo provvedimento è terrorizzare i lavoratori non colpiti e indurli, come già nell’autunno 2012 ad abbassare la testa e abbandonare il SI Cobas “se vuoi lavorare”. Contro di esso i lavoratori hanno giustamente scioperato. Se la San Martino avesse avuto a cuore una soluzione sindacale della vertenza, bastava ritirasse le 33 sospensioni e aprisse un tavolo di trattativa, come richiesto dal SI Cobas. Invece ha rifiutato, perché l’obiettivo del suo presidente Milza è sfasciare il SI Cobas, forte dei manganelli forniti da polizia e carabinieri, non trattare con i lavoratori e chi li rappresenta. I picchetti organizzati dai lavoratori martedì e mercoledì, insieme ai solidali, sono stati un’azione necessaria per sventare l’atto terroristico della cooperativa, e costringerla a tornare sui suoi passi.
L’intervento delle forze dell’ordine, con manganelli e lacrimogeni, a difesa di atti illegali delle cooperative, non ci sorprende ma va denunciato il fatto che esse non hanno operato a tutela della legalità, ma del padronato e delle sue azioni illegali. E ora minacciano il foglio di via per tutti i partecipanti ai picchetti non residenti a Piacenza, generalizzando la misura repressiva imposta al coordinatore del SI Cobas, Aldo Milani.
Il blocco di potere piacentino, che prospera sul supersfruttamento dei lavoratori della logistica, ribalta la realtà quando afferma che sono i “facinorosi” del SI Cobas a impedire di lavorare.
Con la serrata l’Ikea ha volutamente portato la situazione all’esasperazione, per mettere i lavoratori in lotta per i loro diritti in croce come coloro che provocano il caos.
La sostanza è garantire un supersfruttamento senza il quale viene meno un sistema di potere basato sull’intreccio multinazionali-cooperative-partiti-enti locali-confederazioni sindacali. Contro questo sistema di potere devono lottare non solo i facchini delle cooperative, ma tutti i lavoratori, perché se saranno sconfitti i facchini e i lavoratori delle cooperative, poi toccherà a tutti gli altri.
Partecipiamo alla manifestazione indetta per domenica 11 maggio alle ore 16 dai Giardini Margherita di Piacenza!
Organizziamo la campagna di boicottaggio dei negozi Ikea!