Mai come in questo 1° maggio, segnato dall’esplosione di una crisi sanitaria ed economica globale, è vitale che i lavoratori e le lavoratrici di tutto il mondo si uniscano nella lotta contro un sistema sociale che ormai riesce ad andare avanti solo creando disastri a catena – anche quando questi disastri erano stati da lungo tempo previsti, come l’attuale (e simili) epidemie.
Per quanto si cerchi in tutti i modi di nasconderlo, infatti, la pandemia che sta percorrendo il mondo ha origini tutte e solo capitalistiche. E per quanto si cerchi affannosamente di puntellarlo, è chiaro che il sistema capitalistico è caduto ancora una volta in una trappola da lui stesso creata.
La prova di criminale imprevidenza e incuria data dal governo Conte, dai governi che l’hanno preceduto e dai governatori delle regioni nell’arrivare allo scoppio dell’epidemia senza nessun piano di intervento, è tutto fuorché un caso accidentale. È il risultato del cieco primato del profitto sulla vita dei lavoratori e della popolazione non sfruttatrice. Il risultato di lunghi decenni di politiche di tagli alle spese sociali e sanitarie – mentre si incrementavano le spese militari e per le varie polizie, si elargivano regali di ogni tipo al grande capitale, si detassavano i piccoli capitali.
Questa stessa logica ha guidato il governo e i capi delle regioni nel tentativo di arginare l’epidemia lasciando, però, al contempo aperte un’infinità di attività non essenziali – contribuendo così loro stessi alla diffusione dell’epidemia. E mostrando in questo modo tutto il loro cinismo e la loro subalternità alle pretese dei boss di Confindustria e della avida schiera dei piccoli-medi imprenditori.
Non diversamente è andata nel resto dell’Europa e dell’Occidente. E ora che la crisi sanitaria ha fatto esplodere la crisi economica, pressoché dappertutto la ricetta dei governi e delle istituzioni finanziarie è: ingigantire i debiti di stato per sostenere banche e imprese. I costi di questo gigantesco debito dovrebbero essere accollati alle classi lavoratrici, che si vuole costringere ad un’esistenza fatta solo di casa e lavoro iper-produttivo, con una vita sociale dominata dal controllo statale-poliziesco e senza lotta di classe.
Contro questa pretesa neo-schiavistica, che viene dagli stessi poteri forti globali e nazionali che ci hanno scaraventato in questo disastro, comincia a crescere la resistenza in varie parti del mondo. La classe lavoratrice non può e non deve pagare il terribile costo della catastrofe capitalistica! Tra i primi a dirlo sono stati proprio i lavoratori della mitica Amazon negli Stati Uniti, l’emblema dello schiavismo capitalistico di ultima generazione, che hanno proclamato per il 1° maggio uno sciopero nazionale, le lavoratrici della sanità di quel paese, i lavoratori della logistica italiana organizzati con il SI Cobas, da anni all’avanguardia dell’intero proletariato italiano.
Ma anche dai paesi del Sud del mondo, dal Cile al Libano all’Indonesia, sale un grido di resistenza e di rivolta che proviene da fratelli/sorelle di classe che soffrono per la doppia oppressione a cui sono sottoposti che li sta precipitando nella miseria – lì spesso, per le masse, il lockdown significa disoccupazione senza sussidio alcuno e fame -, mentre altri popoli del Sud del mondo soffrono per guerre interminabili e per le sanzioni che hanno sempre nei paesi ricchi la loro fonte e i loro beneficiari.
Il grido di lotta “non siamo, non vogliamo essere carne da macello” invita a rompere il ricatto della “quarantena sociale” e a batterci. Per fronteggiare l’emergenza sanitaria ed economica prodotta dalla classe capitalistica è necessaria una patrimoniale straordinaria sulle immense risorse che sono state accumulate dalle classe sfruttatrici, cominciando ad espropriare gli espropriatori. Per proteggere la nostra salute e la nostra vita servono misure a tappeto altrettanto straordinarie. Per proteggerci dalla disoccupazione e dalla povertà serve batterci contro i licenziamenti, per il salario garantito a tutti i precari e i disoccupati, per la riduzione drastica, generalizzata, incondizionata degli orari di lavoro.
Dentro questo processo di auto-difesa matura la necessità di un contrattacco, di una lotta globale contro un sistema che sta producendo un caos crescente e morte! Un sistema sociale arrivato al suo capolinea storico perché è costretto a utilizzare i suoi avanzamenti tecnici sempre più a fini di controllo sociale, oppressione di massa e guerra. Guerra alla natura e al lavoro, incontenibile catena di guerre neo-coloniali ed inter-capitalistiche per la spartizione del mondo, guerra agli emigranti-immigrati, una nuova andata di politiche contro le donne.
Proletari e proletarie di tutto il mondo, uniamoci! Si avvicina il tempo di grandi battaglie comuni per aprire la strada ad un futuro di liberazione sociale e di riconciliazione con le forze della natura!
1° maggio 2020
Tendenza internazionalista rivoluzionaria