Quattro anni di stangata sui salari 16 milioni a rischio impoverimento

LUISA GRION

Tra il 2002 e il 2005 potere d´acquisto decurtato. Per
professionisti e imprenditori 9 mila euro in più

Dossier Cgil: il lavoratore
dipendente ha perso 1.650 euro
Lo stipendio di un giovane è il 25% più basso di quello medio. Quello di un
immigrato il 38

ROMA – In quattro anni ha rinunciato a 1.647
euro
. Qualche rata di mutuo pagata in meno, o un motorino nuovo promesso al
figlio e mai acquistato. Tanto ha perso, fra il 2002 e il 2005, in termini
di potere d´acquisto il lavoratore dipendente. Lo ha calcolato uno studio sui
salari elaborato dall´Ires-Cgil
, che mettendo a confronto la situazione
italiana con quella degli altri paesi europei ha scoperto come, nel periodo in
questione, la crisi – qui – abbia picchiato più forte che altrove con
conseguenze più serie sulle buste paga.
Alla cifra si arriva considerando che il reddito medio lordo del lavoratore
corrisponde ora a 24.584 euro l´anno e che nei quattro anni in questione 1.082
euro sono state risucchiati dall´inflazione vera e propria e 565 dal mai
restituito fiscal drag. Calcolato sulle entrate dell´anno è come se quelle di
oggi valessero 161 euro in meno rispetto a quelle del 2002
.
Certo, fa notare la Cgil, al di là del dato medio, c´è chi ci ha guadagnato e
chi ne ha perso: la situazione cambia radicalmente a seconda del lavoro svolto
dal capofamiglia, del sesso, della provenienza geografica, della nazionalità o
dalle dimensioni dell´azienda in cui si lavora.
Il crollo del potere d´acquisto, per esempio, non è generalizzato:
imprenditori e liberi professionisti, in questi ultimi quattro anni, hanno
messo a segno un aumento di oltre 9 mila euro. Impiegati e operai, invece, ne
hanno perso rispettivamente 1.434 e 1.425. «Con le manovre fiscali del governo
del centro-destra – si legge nello studio – si è registrato un ulteriore
allargamento della forbice a sfavore dei bassi redditi»
. E se Agostino
Megale, presidente dell´Ires, fa notare che per il 2006 si prevede un recupero
del potere d´acquisto dovuto all´entrata in vigore di rinnovi contrattuali
basati sull´inflazione attesa e non su quella programmata, va detto che «il
confronto con gli altri paesi europei – se non cambierà la politica dei redditi
– continuerà ad essere perdente».
Anche fra le entrate da lavoro dipendente vi sono forti divari. La media
lorda annua corrisponde infatti a 24.584 euro, ma se il dipendente è femmina se
ne deve accontentare di 20.105: uno scarto del 18,2 per cento. Il lavoro del
giovane, rispetto al dato medio, «vale» il 24,5 per cento in meno; quello del
dipendente meridionale «perde» il 30,2. Se l´azienda è piccola la differenza
sale al 38,2 per cento. Peggio di tutti sta il lavoratore extracomunitario che,
rispetto alla media, si vede ridurre del 38,6 per cento il reddito annuo lordo
.
C´è – sottolinea la Cgil – un evidente problema di ridistribuzione del reddito
che richiede interventi immediati: a fronte di un 10 per cento delle
famiglie più ricche che possiede il 45 per cento della ricchezza vi sono 16
milioni e mezzo di italiani che – con entrate al di sotto dei mille euro al
mese – vivono ai margini della povertà
. «Politiche di sviluppo, welfare e
ridistribuzione del reddito sono i temi centrali del nostro confronto con il
governo», ha commentato il leader della Cgil Guglielmo Epifani. Per il ministro
della Solidarietà sociale Paolo Ferrero un primo passo si potrà fare in
Finanziaria «tassando rendite, successioni, ma anche grandi patrimoni».

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