Pubblichiamo un intervento del “Cuneo rosso” sulla crisi greca:
La Grecia torna a fare notizia. Si è interrotto il silenzio sulle intollerabili misure di “austerità” (=impoverimento di massa) che hanno colpito gran parte della popolazione negli ultimi anni, e ora suona l’allarme sulla possibilità che l'”estrema sinistra” di Syriza vinca le prossime elezioni del 25 gennaio, e sulle catastrofiche conseguenze che ciò potrebbe avere sulle nostre vite e soprattutto sui nostri portafogli. Si sostiene da più parti, infatti, che “noi tutti” (“ciascun cittadino” dell’Europa) siamo creditori della Grecia, e se per caso la Grecia dovesse non ripagare il suo debito a seguito dell’avvento al governo di Syriza, ci trufferebbe circa 600 euro a testa, in quanto “a soffrirne le conseguenze non sarebbero potenti banche o speculatori misteriosi, ma gli Stati”, e quindi “noi cittadini” (così Stefano Lepri, “La Stampa”, 31 dicembre 2014). In definitiva, saremmo “noi”, gente che vive del proprio lavoro, a pagare per il fatto che la Grecia, il cui debito statale è intorno al 175% del Pil, ha speso più di quanto poteva – il sottinteso, non troppo sottinteso, è che i greci (tutti i greci) hanno preteso di vivere al di sopra delle loro possibilità e presentano ora agli altri europei, a tutti gli altri europei, il loro conto-spese in rosso da ripianare.
Una sequenza di balle che proviamo a sgonfiare con un po’ di contro-informazione (di Syriza e della sua politica, parleremo in una seconda nota).
La prima cosa da chiarire è: come si è formato l’enorme debito pubblico greco?
Le ragioni sono tutt’altro che misteriose, anche se poco conosciute.
La prima: in Grecia grandi capitalisti e chiesa sono esentasse. Forse non tutti sanno che… gli armatori greci, proprietari della seconda flotta mercantile al mondo, godono di una pressoché totale esenzione fiscale, prevista addirittura dalla costituzione approvata nel 1975. A questo manipolo di poche centinaia di supermiliardari, va aggiunta la chiesa ortodossa, che è il più grande proprietario terriero del paese e possiede hotel, centri turistici, proprietà immobiliari, imprese, e i cui preti sono a carico dello stato. Esentasse sono poi le enormi fortune trasferite all’estero (calcolate in circa 600 miliardi di euro: quasi il doppio del debito stesso), per non parlare delle 6.575 compagnie offshore, di cui solo 34 pagano le tasse, molte delle quali sono state aiutate a frodare il fisco greco proprio dal Lussemburgo di Juncker, il presidente della Commissione europea…
La seconda: le spese militari. Lo sapevate che per gli armamenti lo stato greco spende il 3,1% del Pil? In percentuale, più di Gran Bretagna e Francia, i due stati europei che più spendono in armi. Tra il 2005 e il 2009, proprio gli anni in cui è andato maggiormente lievitando il suo debito di stato prima dello scoppio della crisi, la Grecia è stata uno dei cinque maggiori importatori di armi in Europa – parola del Sipri di Stoccolma. Da chi ha acquistato aerei da combattimento (il 38% del volume delle sue importazioni)? Da “noi” comuni “cittadini”? Non esattamente. I 26 F16 li ha comprati dalla statunitense Lockheed Martin e i 25 Mirage 2000 dalla francese Dassault, con un contratto di 1,6 miliardi di euro, che ha fatto della Grecia il terzo cliente dell’industria militare francese nei primi dieci anni del secolo.
La terza: le faraoniche spese per le olimpiadi del 2004, in totale si stima oltre i 20 miliardi di euro, triplicate rispetto alle previsioni (è un classico dai “grandi lavori”/grandissimi furti, che abbiamo visto con il Mose e vedremo con l’Expo). Nel 2004 l’indebitamento pubblico balza da 182 a 201 miliardi di euro e il rapporto deficit/Pil dal 3,7% al 7,5%. In questa circostanza la cattiva gestione della cosa pubblica e il sistema di corruzione e tangenti hanno avuto il suo culmine, e i legami con i capitali globali si sono fatti ancora più stretti perché molte grandi imprese europee e statunitensi ci hanno banchettato su alla grande – tra quelle made in Italy IVECO, Impregilo, Finmeccanica, Italcementi, le imprese sportive associate in Assosport, etc.
La quarta: la corruzione dilagante dei più alti funzionari dello stato. Attenzione, però! La corruzione degli amministratori, che fa lievitare le spese e il debito dello stato, presuppone che ci siano dei corruttori che traggono dalle tangenti pagate dei vantaggi enormemente superiori al loro costo. Le prime della classe in questa nobile gara sono finora state le grandi imprese tedesche. Per l’affare della vendita di sottomarini Poseidon, ad esempio, la Hdv e la Ferrostaal avrebbero pagato 23,5 milioni di euro. Per assicurarsi una commessa di 170 carri armati Leopard, missili Stinger e caccia F-15, la Krauss-Maffei Wegmann, la Rhienmetall e la Atlas hanno pagato in totale ad Antonis Kantas, il numero uno del settore armamenti del ministero della difesa greco, mazzette per 3,2 milioni di euro. Quindi la Siemens, che ha ammesso il versamento di 1,3 miliardi di euro in tangenti per assicurarsi commesse e appalti alle olimpiadi del 2004, ai danni della società greca Ote. E poi la Daimler, la Deutsche Bahn…
La quinta, ma non certo l’ultima per ordine di grandezza, tutt’altro!, è il pagamento degli interessi sul debito di stato, pari – solo negli ultimi anni – a 40,6 miliardi di euro, a favore degli altri stati europei, tra cui l’Italia (“non abbiamo fatto doni alla Grecia, ma prestiti”, dichiarò a suo tempo Tremonti), del FMI, delle grandi banche europee.
Per coprire le vere cause dell’ingigantimento del debito di stato, accentuato dalla durissima crisi dell’economia greca, sono state confezionate alcune leggende metropolitane da sfatare.
Del tipo: il debito pubblico è dovuto ad un eccesso di spese sociali. In realtà la Grecia dal 1998 al 2007 (anni in cui l’economia greca è costantemente cresciuta del 4% all’anno) ha speso in spese sociali 5.400$ pro capite: meno della metà di Francia e Germania…
Del tipo: “i greci” non hanno voglia di lavorare, son sempre lì a bere ouzo e ballare il sirtaki… in realtà i lavoratori greci sono al primo posto in Europa come ore lavorate annue: 2.017 ore annue di lavoro pro capite, e al terzo tra i 34 paesi dell’OCSE, dopo i lavoratori sud-coreani (2.193 ore di lavoro l’anno) e quelli cileni (2.068 ore) – dati OCSE, 2012.
Anche sulle dimensioni e la portata della punizione inflitta ai lavoratori e alle lavoratrici greche sarebbe il caso di fare un po’ di chiarezza, perché c’è troppo silenzio su questo, anche a sinistra e nei movimenti.
Ecco solo alcuni degli effetti delle misure imposte con i referendum (i dati sono ufficiali): la disoccupazione è al 27,6%, tra i giovani sotto i 35 anni è sopra il 60%; vengono licenziati 3.800 lavoratori a settimana; tra il 2010 e il 2013 ha chiuso il 30% delle imprese; i disoccupati che ricevono sussidi sono diminuiti del 63,7%; i giovani a rischio di povertà sono il 44%; dal 2010 ad oggi la perdita di salario per chi lavora è del 38%, per i pensionati è del 45%; i redditi delle famiglie sono diminuiti del 39%; la mortalità infantile è cresciuta del 42,8%; il 20% dei bambini non ha potuto essere vaccinato; un milione di greci (su 10) non hanno più assistenza sanitaria; il 44% delle famiglie non può sostenere le spese di riscaldamento; oltre 800.000 persone sono registrate presso le Ong e i servizi caritativi della chiesa per ottenere un aiuto alimentare… dobbiamo continuare?
Sacrifici pesanti, è vero, dirà qualcuno, ma la Grecia è stata aiutata con sostanziosi prestiti per far ripartire l’economia: 275 miliardi di euro dal 2010 al 2012, una bella sommetta, che se ben spesa… E invece, dove sono finiti i soldi dei prestiti (concessi “in cambio” delle privatizzazioni, delle ristrutturazioni e dei brutali tagli alla spesa sociale)? In una vera e propria partita di giro, sono finiti per quasi il 90% ai creditori internazionali dello stato greco – banche e stati europei anzitutto, FMI, BCE, proprio i pescecani che accusano i greci di essere dei fannulloni scialacquatori – e alle banche greche per coprire i loro debiti. Lo stato greco ha “visto” solo 27 miliardi di euro (il 10%)… e i lavoratori hanno ricevuto solo bastonate su bastonate.
Intanto i generosi creditori internazionali della Grecia hanno ottenuto dai loro amici e sodali di Atene (Samaras&C.) di mettere in (s)vendita le imprese più appetibili: l’aeroporto di Atene, la lotteria nazionale (ambita da una società italiana), alcuni centri commerciali di prima classe, terreni, spiagge e casinò nelle isole di Rodi e Corfù, la compagnia nazionale del gas, il 35% della compagnia nazionale di raffinazione del petrolio, il 49% delle ferrovie, il 39% delle poste, etc. Ad arraffare le compagnie dell’acqua di Atene e Salonicco sono già pronte la francese Suez Environnement e l’israeliana Mekorot, ma intanto, per renderle più appetibili ancora, ecco un drastico taglio del personale e il prezzo dell’acqua che dal 2001 è triplicato, e continua a salire, salire…
D’altra parte, se l’economia greca va a rotoli, è inevitabile che tutti debbano perdere qualcosa… Beh, non proprio tutti: negli ultimi due anni le 500 imprese più importanti di Grecia hanno aumentato i loro profitti del 19%, e nel corso dei primi mesi del 2013 le imprese quotate in borsa hanno registrato un aumento medio dei loro profitti del 152,6% (!). Le banche greche, rimesse a galla grazie ai fondi pubblici, in seguito hanno “divorato” una decina di banche minori. Altri monopoli, come la compagnia aerea Aegean (che ha assorbito il principale concorrente, un tempo in mani pubbliche, Olympic Air), registrano importanti profitti. Anche gli speculatori traggono i loro vantaggi dalla crisi: il tasso di interesse sui titoli di stato è passato in un anno dal 5,5% al 7,24%.
È questo il punto: è ora di finirla di parlare della Grecia. Esistono in realtà due Grecie tra loro antagoniste: l’una, quella della classe attualmente al comando che (nella sostanza) condivide e mette in atto le politiche della Troika, che ha lucrato e si è arricchita con l’entrata nell’euro, e continua ad arricchirsi nella crisi; l’altra, quella delle classi lavoratrici, che ha pagato e paga un prezzo terribile per mantenere a galla e far ingrassare i responsabili della crisi, grandi capitalisti greci e globali, banchieri, generali, grandi evasori di stato, funzionari corrotti…
Con le balle che la “libera” stampa e le “libere” tv raccontano sul debito greco, gli eurocrati di Bruxelles, Renzi, Merkel, Hollande e quant’altri ci vogliono arruolare nella guerra per imporre ai lavoratori greci, e tanto più agli immigrati in Grecia, altri lunghi anni di lacrime e sangue. Usciamo dal silenzio, e rispondiamogli sui denti: la resistenza e la lotta dei lavoratori greci contro le politiche di impoverimento di massa imposte dalla Troika e da Samaras&C., e per il non pagamento del debito di stato, è la nostra lotta!
18 gennaio 2015
La redazione de “il cuneo rosso”