Una risposta all’ultimo scritto di Toni Negri ‘Qualche questione sullo stato dei movimenti: apriamo la discussione‘
Stelle cadenti e minestre riscaldate
Abituati come siamo al solito profluvio di parole di Tony Negri, operiamo una chirurgica separazione tra chiacchiera usurata e sostanza della proposta.
Il Tony parte interrogandosi sul perché, in Italia, NON c’è stata Occupy.
Dato per irrilevante il fatto che Occupy sia comunque sparita dappertutto, il Nostro si da una risposta semplice e complessa contemporaneamente.
In sostanza, si dice che in Italia i movimenti ( soprattutto quelli espressi nelle fabbriche, nelle scuole e nei centri sociali ) non hanno superato l’orizzonte “socialista”, trascurando invece le “nuove potenze costituenti del comune”.
Ma scusa, Tony, in Italia, i movimenti, hanno MAI avuto ( tranne lodevoli quanto minoritarie eccezioni ) un orizzonte socialista, sono stati capaci cioè di ricostruire il quadro-puzzle delle specificità localistiche nella dimensione generale anticapitalista?
E comunque, di certo, il movimento operaio in particolare ed i movimenti in generale hanno risentito di un’impostazione lavorista-stalinista tesa al compromesso socialdemocratico con i padroni, alla richiesta di welfare state anche clientelare, alla difesa del pubblico “capitalismo di stato”, all’ideologia del “diritto al lavoro anche nocivo”.
Un movimento operaio in generale e dei movimenti in particolare che MAI, salvo rare e lodevoli eccezioni, hanno rotto l’argine della compatibilità “socialista”, ponendo all’ordine del proprio orizzonte strategico un’altra società non capitalistica.
Figlie di questa impostazione trasversale a tutti i cicli di movimento degli ultimi decenni, sono le “distinzioni”, le “prese di distanza”, le “condanne”, fino alla delazione, della violenza e delle “giornate particolari” in cui una ribellione incompatibile ed incontrollata si è espressa.
Figlie di questa impostazione sono le conseguenti “difese della democrazia, delle istituzioni, della magistratura” fino al tentativo di infilarsi in una qualsiasi municipalità metropolitana.
Ma torniamo a Tony, ed alle sue conclusioni proposte, che, cambiando in parte linguaggi e terminologie, ripropongono tesi ed ipotesi politiche-comportamentali vecchie di 50 anni, ma soprattutto già sperimentate e battute sul campo.
In definitiva, partendo da un’analisi dei movimenti a tratti pure condivisibile, si giunge a perorare le sorti taumaturgiche del solito “contropotere” stavolta travestito da “ potere costituente dell’autonomia diffusa e del comune”, rinunciando pentendosi alla “troppa (?) violenza di massa” di un tempo, ed incamminandosi verso un “nuovo protagonismo”.
Su quali obiettivi, Tony?
“Sciopero dei precari, reddito di cittadinanza, difesa sociale del welfare”…
Come, Tony?
“Organizzando i poveri e gli operai insieme, gli studenti e gli indebitati di tutte le categorie, i migranti insieme ai pensionati per il welfare”.
Insomma, raccattando categorie religiose e mischiandole ad un linguaggio ministeriale, si propone la ricomposizione delle moltitudini ( e le classi, Tony? ) intorno ad un “programma” di “partecipazione democratica” di p.c.i.sta memoria, che esclude ovviamente sia la rottura rivoluzionaria che la propria organizzazione di classe.
Esattamente il nostro programma, caro Tony. COMBAT