Putin, la destra russa e la destra europea

Putin ha motivato l’invasione dell’Ucraina con la necessità di “denazificare” l’Ucraina. In realtà il suo governo è probabilmente il maggior sostenitore di organizzazioni di destra parafasciste o naziste, che in un modo o nell’altro appoggiano la prospettiva imperialista di un blocco eurasiatico alternativo all’attuale blocco atlantico. Dato che anche in Italia, soprattutto fra i nostalgici dell’Urss, ci sono coloro che accreditano le tesi della denazificazione, riteniamo utile smascherarla, in quanto copertura di una politica imperialistica che nega il diritto all’autodeterminazione degli ucraini. Contrari ma ugualmente imperialisti sono i moventi del blocco Nato che supporta con un crescente invio di armi il governo Zelensky, divenuto il lacchè di Biden.

È evidente il tentativo di evocare propagandisticamente la guerra patriottica di liberazione durante il secondo conflitto mondiale, combattuta contro l’invasione nazista. Peccato che il regime staliniano con quel nazismo avesse stabilito un accordo di spartizione (agosto 1939) che implicò l’occupazione della Polonia e della Finlandia da parte russa e che nei lager staliniani siano morti molti dei bolscevichi rivoluzionari e dei comunisti europei che in Russia si erano rifugiati a causa del fascismo e del nazismo. L’esistenza del battaglione Azov e di altri gruppi paramilitari neonazisti in Ucraina è un fatto (nota 1). Ma anche Putin utilizza senza problemi i famigerati reparti ceceni e i mercenari del gruppo Wagner, la cui ideologia e soprattutto la cui ferocia non è dissimile.

Nel suo discorso di autoassoluzione iniziale, non a caso, Putin ha citato, criticandolo, Lenin per aver riconosciuto il diritto di autodeterminazione all’Ucraina, che invece nell’ottica putiniana è “russa” in forza dell’eredità zarista, nel cui solco anche ideologico si pone Putin oggi. Lo fa adottandone anche i pilastri fondanti, la forza militare e il richiamo a una stessa radice slava, alla medesima religione ortodossa, alla storia “comune” che nasce dalla conquista militare dell’impero zarista (cfr. https://www.combat-coc.org/per-unazione-internazionalista-contro-la-guerra-ducraina-1/).

Nella gestione più che ventennale del suo potere in Russia Putin si è appoggiato agli oligarchi, all’esercito e alla polizia; l’opposizione è stata in parte addomesticata e in parte schiacciata ricorrendo a ogni tipo di strumento compreso l’omicidio politico. I fatti sono noti a tutti. Ad essere represse sono state sia frazioni borghesi nazionaliste favorevoli a un modello liberista occidentale, come quella di Navalny, ma soprattutto le minoranze etniche e gli attivisti sindacali e politici di sinistra, nonché i giornalisti che denunciano corruzione e repressione.

Fra gli strumenti utilizzati dal suo regime ci sono anche i gruppi neonazisti russi formatisi a fine anni ’80 e lungo gli anni ’90, in coincidenza con l’implosione dell’Urss (nota 2), e “esplosi” quantitativamente dopo la cosiddetta “rivoluzione arancione” ucraina nel 2004. L’abilità di Putin e del suo entourage è stata quella di utilizzare in maniera discreta questi gruppi e per veicolare ideologie scioviniste, indirizzare il malcontento verso minoranze etniche ed immigrati, e anche per affidare loro il ruolo di killer impuniti del regime. Alcuni di questi gruppi hanno attirato giovani dalle confuse ideologie, teppisti delle periferie urbane, skinhead, in numero consistente. Un esempio per tutti il gruppo Nashi (nota 3). In altri casi si è trattato di organizzazioni paramilitari che si pongono come obiettivo di perseguitare gli immigrati “illegali”, in particolari provenienti da etnie non gradite, come tajiki, uzbeki e khirghizi dell’Asia Centrale che lavorano nell’edilizia, abkazi e osseti del Caucaso “che rubano il lavoro” (nota 4). Oppure si tratta di gruppi di tifoseria sportiva violenta, come OB-88, la cui subcultura poi travalica nella xenofobia omicida (nota 5). Infine non mancano gruppi semiclandestini, ma appoggiati all’intelligence del Cremlino, il cui ruolo è assassinare le personalità politiche o i giornalisti ostili al regime, ma anche qualche oligarca non allineato (nota 6). In ogni caso le autorità chiudono entrambi gli occhi davanti a violenze e ideologie nostalgiche. Nel 2008-9 il Cremlino appoggia, specificamente contro Navalny, Russkii Obraz, RO, cioè “simbolo russo”, un gruppo “moderato” in pubblico, ma che gestiva uno squadrone della morte molto efficiente, alla fine smascherato (nota 7).

Lo scandalo per i processi e le rivelazioni su questi gruppi obbligano il Cremlino a prendere le distanze, man mano che vengono sciolti dalla magistratura (fra il 2010 e il 2012), ma i loro veterani o emigrano in Europa, dove sono attivi, o confluiscono in altre formazioni. I loro slogan e i loro simboli continuano a essere legalmente utilizzati sui social, nel mondo musicale underground e nelle tifoserie calcistiche. E riaffiorano in occasione dei fatti di Maidan e dell’occupazione russa della Crimea.

È Alexander Dugin (filosofo nazionalista e tradizionalista russo) che riordina e dà coerenza alle loro ideologie, mettendole al servizio delle ambizioni geopolitiche del Cremlino.  Secondo la francese Marlene Laruelle, Dugin elabora l’eurasianismo, che vede la Russia come il ponte fra Europa e Asia. Ispirandosi ai miti hitleriani che conquistano la Germania sconfitta e umiliata del primo dopoguerra, Dugin rielabora il mito della Russia grande potenza che è stata umiliata, depauperata di territori dopo il crollo del muro di Berlino, a opera della “democrazia liberale” occidentale. Tutto questo per incitare a una nuova assertività, un recupero dell’antica potenza, se occorre anche attraverso l’uso della violenza e affidandosi a una Stato-Padre e al suo autocrate come rappresentante della nazione. In questa logica l’Ucraina non esiste come nazione autonoma, è parte della Russia. Corollario di questa ideologia sono il recupero della religione ortodossa come pilastro (grazie all’alleanza con il patriarca Kirill), una serie di atteggiamenti conservatori (il culto della famiglia tradizionale, il sessismo e l’antifemminismo, l’omofobia, ma anche l’orgoglio “grande russo” la superiorità bianca ecc.). Dugin non è apertamente antisemita, anzi simpatizza con i sionisti tradizionalisti, ma rigetta gli ebrei cosmopoliti. Altri nemici sono il modernismo, il multiculturalismo, l’ideologia liberal ecc. (nota 6).

Tutto questo è connesso alla protezione ad uso interno dei gruppi para-fascisti o para-nazisti.

Ma nel progetto geopolitico di Putin di ridisegnare gli equilibri internazionali usciti dalla crisi dell’89, non può mancare un occhio di riguardo per le alleanze con gruppi o partiti di altri paesi, in particolare europei, che influenzino la politica dei loro paesi a vantaggio della Russia, in sostituzione dei “partiti “fratelli” dell’Urss. Aiuta che siano in genere correnti sovraniste, euroscettiche e comunque non legate o contrarie agli Usa e quindi favorevoli a un blocco eurasiatico. Un convincente input nell’avvicinarli viene dalla dipendenza dei vari paesi europei dal petrolio e dal gas russi, ma a volte anche da “elargizioni” dirette, finanziamenti più o meno occulti. Ci sono anche i media in tutte le lingue come Russia Today, Sputnik, Ria Novosti, VKontakte, ecc.

E qui ogni schema interpretativo che risalga, agli anni ’50 va abbandonato. Certo ci sono ancora alcuni nostalgici staliniani amici della Russia, ma la coorte di amici stranieri di Putin oggi si colloca tutta in un’area che va dalla destra all’estrema destra. Come afferma Andrea Pipino sull’Internazionale, (nota 9) Mosca si pone come capofila di un movimento paneuropeo, che ha in comune l’anti-americanismo, ma anche il nazionalismo identitario, il sovranismo, il tutto condito con un populismo reazionario e xenofobo che spesso recupera simboli e slogan nazisti.

LE DESTRE FILO PUTINIANE IN EUROPA

AUSTRIA

  1. Freiheitliche Partei Österreichs; abbreviato in FPÖ (Partito della libertà), guidato per un periodo da Heider, che ne uscì nel 2005, attualmente guidato da Herbert Kickl. Noti i suoi stretti rapporti con il Cremlino, che non gli hanno impedito di avere dei ministeri con il presidente Kurz.
  2. Anche ilcancelliere austriaco Karl Nehammer è sospettato di simpatie per il Cremlino.
  3. Bündnis Zukunft Österreich – BZÖ (Alleanza per il Futuro dell’Austria), fondata da Heider nel 2006, molto ridimensionato dopo la morte del fondatore.

BULGARIA
Ataka, fondato nel 2005 da Volen Siderov, partito ultranazionalista caratterizzato da pesanti posizioni antiturche, antimusulmane e anti Rom. Si oppone all’adesione alla Nato, ha forti legami con la chiesa ortodossa russa e buoni rapporti con Putin.

FRANCIA
Il Rassemblement National di Marine Le Pen sarebbe stato foraggiato dai russi con 9 milioni di €, che ora sta rimborsando. Pur condannando la guerra di Putin in Ucraina, Le Pen si è però mostrata contraria alle sanzioni adottate dall’Europa e dall’Occidente. D’altronde il suo diretto contendete Zemour, ancora più filorusso, ha perso terreno proprio per la questione ucraina.

GERMANIA
AfD (Alternativa per la Germania), a guerra iniziata, ha protestato per l’invio di armi all’Ucraina, accusa i media di alimentare l’odio verso la Russia, danno la colpa della guerra alla Nato. Molti aderenti di AfD sono tedeschi rientrati dalla Russia e che parlano russo.

GRECIA
Alba dorata, uscita nettamente ridimensionata dai processi del 2019, che l’hanno definita una organizzazione criminale, era il referente putiniano in Grecia. Ma va tenuto conto che la Grecia ha forti legami storici, culturali, religiosi con la Russia. Quindi, pur votando le sanzioni la Grecia non partecipa alla campagna virulenta contro la Russia.

MOLDAVIA
Igor Dodon, ex presidente della Moldavia, mantiene il suo atteggiamento filorusso e commenta la vicenda ucraina come un avvertimento anche per la Moldavia, che alle ultime elezioni ha scelto un nuovo presidente filoeuropeo e filooccidentale.

OLANDA
Partito della Libertà (PVV) guidato dal leader populista xenofobo, Geert Wilders, ha condannato l’aggressione russa all’Ucraina, ma ha affermato che l’Ucraina doveva essere esclusa dalla Nato, si è detto contrario all’invio di armi all’Ucraina e contrario alle sanzioni.

REGNO UNITO
La guerra in Ucraina ha ridato voce a Nigel Farage del UK Independence Party (UKIP) il fautore della Brexit, poi scomparso, ma sempre filo putiniano (nella sua visione, la Nato avrebbe provocato Putin). Altro referente è stato Nick Griffin del British National Party, particolarmente xenofobo.

SERBIA
La Russia ha appoggiato la Serbia durante la guerra del Kosovo del 1999 e fu pesantemente bombardata dalla Nato. Il governo di Belgrado nel 2021 ha firmato un accordo per la fornitura di gas russo a prezzi scontati. Si rifiuta di imporre sanzioni a Mosca, sostiene la tesi che la Russia stia difendendo il Donbass dal genocidio perpetrato dagli ucraini. Tuttavia il governo non vuole pregiudicare la propria richiesta di adesione alla UE e quindi ha scelto toni pacati. L’attuale presidente Aleksandr Vucic è un autocrate come Putin e condivide con Putin il senso di declassamento della Serbia con lo sfaldamento della ex Jugoslavia.

SLOVACCHIA
Il Partito Popolare Slovacchia Nostra di Marian Kotleba, partito nazionalista filonazista e antiimmigrati (specificamente anti Rom) e stato già indagato per i finanziamenti da Mosca.

UNGHERIA
I buoni rapporti fra Orban e Putin consentono all’Ungheria forti sconti sul gas russo e miliardi di dollari per realizzare due nuovi reattori nell’unica centrale nucleare del paese, di fabbricazione sovietica. Orbán si oppone alle sanzioni dell’Unione contro l’energia russa, non per ragioni ideologiche, ma eminentemente pratiche. Sulla stessa lunghezza d’onda il partito Jobbik.

Venendo all’Italia sono noti i rapporti di Putin con Forza Nuova (mentre Casa Pound è sempre stata con i neofascisti ucraini). Nel 2017 la Lega Nord firmò una intesa quinquennale di “partenariato confidenziale” con Russia Unita, il partito di Putin. All’epoca Salvini si produsse in una serie di dichiarazioni elogiando Putin, sostenendo la giusta causa dei separatisti del Donbass e la validità del Referendum in Crimea. Nel 2018 ci fu il chiacchieratissimo viaggio di Salvini e Savoini a Mosca, con il sospetto di finanziamenti illeciti, oggi Salvini glissa.  Per il M5S si può parlare di ottimi rapporti di Russia Unita, ma nessun rapporto con funzionari russi al di fuori degli incontri formali. Ci sono settori importanti di economia italiana che hanno fino ad ieri fatto affari con la Russia e che storcono il naso con l’allineamento alla Nato attuale. M5S e Lega li rappresentano e affilano i coltelli per la tornata elettorale dell’anno prossimo.

Si potrebbe pensare che la guerra in Ucraina metta in difficoltà i partiti filo-putiniani. In realtà dipenderà molto dalla durata e dall’evoluzione di questa guerra. Molti lavoratori e molti europei in generale sono sensibili al peggioramento delle loro condizioni di vita a causa della guerra. Molti sono anche preoccupati che il conflitto finisca per coinvolgere anche i paesi Nato. Proprio anche cavalcando queste tematiche Orban è stato rieletto in Ungheria.

Ma al di là del piano elettorale che non ci interessa, noi continueremo a denunciare i guerrafondai di casa nostra, ma anche il “pacifismo peloso” dei Salvini o delle Le Pen. Un pacifismo opportunistico che non ci deve far dimenticare le loro politiche antioperaie e antiimmigrati, il loro essere una frazione del fronte borghese, magari momentaneamente in minoranza per le scelte di politica estera, ma sempre all’erta per partecipare alla spartizione della torta dei profitti.

NOTE:

Nota 1: https://www.combat-coc.org/il-battaglione-azov-da-criminali-di-guerra-ad-eroi/

Nota 2: l’antesignana fu l’organizzazione Pamyat (Memoria), che si definiva “movimento nazional-patriottico popolare” che mirava a preservare la cultura russa. Alcuni dei suoi membri erano ferventi ortodossi, altri seguaci di teorie esoteriche e/o neopagane. Tutti erano sciovinisti, antisemiti e sostenitori del “complotto giudaico-massonico” contro la Russia. Si attribuiva agli ebrei lo scoppio delle rivoluzioni del 1905 e del 1917, ma anche i processi di Stalin. Dalla sua dissoluzione (Pamyat era stata una strenua sostenitrice di Yeltsin) nel 1993 i membri sono andati a fondare o ad aderire ad altri gruppi neonazisti.

Nota 3: Nashi è stato attivo dal 2005 al 2012, formato da giovani fra i 17 e i 25 anni, arrivato sembra ai 120mila membri, con una annessa formazione per i bambini fra gli 8 e i 15 anni (Mishki). Nato in polemica contro il movimento ultranazionalista National Bolshevik Party di Eduard Limonov, dichiaratamente antisemita, Nashi viene utilizzato dal Cremlino contro gli oligarchi indisciplinati come Berezovski. Finanziato da oligarchi filo putiniani, il movimento alimenta un vero culto per “l’uomo forte” Putin e anche per il mito dell’Urss paradiso in terra prima della sua caduta nel 1991. Ufficialmente è antinazista, fa volontariato negli orfanotrofi e nelle case di riposo, restaura i monumenti ai caduti. Ma fa campagna per sostenere la conquista della Cecenia vista come la risposta a un tentativo di “invasione Usa”. Dichiara infatti di voler combattere l’influenza straniera in Russia, condannano gli avvenimenti in Ucraina perché trasformano il paese in una colonia Usa. I metodi di propaganda sono le battaglie di strada contro altri gruppi giovanili, l’intimidazione e la violenza contro chiunque li critichi. Nel 2008 organizzano manifestazioni di massa contro il candidato alle elezioni presidenziali Kashanov. Vengono sciolti quando minacciano la campagna presidenziale di Medvedev, approvata da Putin. Vedi anche https://theconversation.com/putins-fascists-the-russian-states-long-history-of-cultivating-homegrown-neo-nazis-178535

Nota 4: si può citare:

  1. il Partito nazionale Bolscevico, fondato nel 1993 da Eduard Limonov poi trasformatosi in Altra Russia.
  2. L’Unità Nazionale Russa di Alexander Barkashov, creata nel 1990, quasi sparita nel 2000, poi ricomparsa nel 2014 per inviare volontari nel Donbass con lo slogan “per la guerra santa”.
  3. “I russi” nati nel 2011 per sostenere il nazionalismo etnico, sciolti nel 2015. La sua eredità è raccolta dal “Comitato Nazione e Libertà”, sciolto nel 2020.
  4. La Fratellanza del Nord, sciolta nel 2012.
  5. Il DPNI o Movimento contro l’immigrazione illegale dei fratelli Potkin.

Nota 5: OB-88 è responsabile di pogrom e rivolte agli inizi del 2000 in cui muoiono decine di persone.

Nota 6: la più famosa è Born, utilizzata contro altri gruppi nazionalisti ostili a Putin, ma anche contro militanti per i diritti umani e contro giornalisti.

Nota 7: RO ha avuto un accesso privilegiato ai media e permessi per manifestazioni pubbliche. Collaborava apertamente con Russia Unita tramite Maksim Mishchenko e i suoi membri erano ricevuti da personalità in vista del governo. RO ospitò anche un concerto di Kolovrat, una banda metal rock dichiaratamente “anticomunista, neonazista e per il potere bianco” (1994-2011). RO è stata accusata anche di molti delitti a sfondo razziale, definiti come “resistenza russa”. Uno dei fondatori, Nikita Tikhonov, è stato condannato per omicidi compiuti come membro di Born nel 2011 (l’assassinio dell’avvocato Stanislav Markelov e della giornalista Anastasia Baburova). L’altro leader, Ilya Goryachev, è stato definito dalla polizia un terrorista che si è ispirato ai metodi dell’IRA irlandese e del Sinn Féin; anche lui condannato come pluriomicida.

Nota 8: https://www.tabletmag.com/sections/news/articles/putins-fascism. Dugin ha un passato nel Partito nazional-bolscevico di Eduard Limonov. Nel 1997 scriveva: “La sovranità dell’Ucraina rappresenta un fenomeno così negativo per la geopolitica russa da poter provocare, in teoria, un conflitto militare. […] Considerando il fatto che una semplice integrazione tra Mosca e Kiev è impossibile, e comunque non può sfociare in una struttura geopolitica stabile, la Russia dovrebbe impegnarsi in una riorganizzazione dello spazio ucraino secondo l’unico modello geopolitico logico e naturale” E nel 2008 prima del conflitto con la Georgia: “Le nostre truppe occuperanno la capitale georgiana Tbilisi, poi tutto il paese e forse perfino l’Ucraina e la Crimea, che storicamente appartiene alla Russia”.

Nota 9: vedi articolo dell’Internazionale del 22 aprile 2014: https://www.internazionale.it/opinione/andrea-pipino/2014/04/22/il-camerata-putin-e-lestrema-destra-europea

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