PROFUGHI e MIGRANTI in Italia ed Europa, con la guerra nel cortile di casa

La marea dei profughi ucraini

Dall’Ucraina sono arrivati in Europa quasi 5 milioni di profughi, in Italia 110 mila. (nota 1) Per capire l’entità del fenomeno basti pensare che per le guerre balcaniche (dal 1991 in poi) in Europa ne sono arrivati circa 1 milione; per la guerra in Kossovo (1999) 700mila (molti poi rientrati); per la guerra in Siria (2011-16) 900mila. I profughi ucraini si sono riversati in paesi che avevano fatto del rifiuto all’accoglienza la loro bandiera. Nessuno adesso, come invece avvenuto per le guerre del passato, parla di invasione. Eppure la sola Polonia ha accolto 2,7 milioni di ucraini (nota 2). Certo questi paesi hanno chiesto aiuti UE, ma hanno aperto le frontiere.

Quindi per i paesi ospitanti l’accoglienza non è un problema di numeri. È una questione politica. Mentre i rifugiati ucraini trovano una accoglienza facilitata, la situazione di tutti gli altri, profughi come loro, peggiora nettamente. I profughi non ucraini, provenienti da guerre e dittature che sentiamo come lontane, continuano ad essere segregati e discriminati, mantenuti il più a lungo possibile nell’illegalità, per utilizzarli come manodopera a basso costo e ricattabile. I profughi ucraini sono accolti, giustamente, in quanto vittime di una guerra di aggressione. Ma sono propagandisticamente utilizzati per giustificare il riarmo, l’invio di armi, la guerra imperialistica per procura che si combatte fra la Nato/UE e l’aggressore russo. Quello che si fa per loro si potrebbe e si dovrebbe fare per tutte le vittime delle guerre e delle dittature. In realtà è tutto da verificare se alla facciata propagandistica corrisponda un’accoglienza reale e per quanto tempo durerà lo slancio di solidarietà anche per i profughi ucraini.

L’accoglienza in astratto agli ucraini

I governi UE hanno deciso all’unanimità di istituire un meccanismo di protezione temporanea per i profughi provenienti dall’Ucraina. Questo status, attivato nel 2001 (direttiva CE n.55), permette di soggiornare, lavorare, ricevere istruzione e assistenza sanitaria sul territorio UE, senza dover prima presentare domanda d’asilo. Ha una durata di un anno ed è rinnovabile di sei mesi in sei mesi, fino a un massimo di 3 anni. Niente del genere era stato previsto per i 67mila ucraini che avevano chiesto asilo dal 2008 (solo il 19% lo ha ottenuto).

Secondo il Governo italiano accogliere una persona ucraina costerà circa 10.000 euro l’anno, 27 euro al giorno. Per questo motivo l’Italia ha messo a bilancio 54 milioni di euro per gestire l’emergenza, mentre la Commissione europea ha promesso di stanziare 420 milioni di euro aggiuntivi, oltre all’utilizzo straordinario di parte del React EU e dei fondi di coesione regionali. Molto poco rispetto agli arrivi reali e rispetto al fatto che la guerra non terminerà realisticamente a breve. Per non parlare della prassi di ritardo burocratico vigente non solo in Italia: alla fine del 2021, gli stati membri dell’Ue avevano accumulato 760mila richieste di asilo non ancora esaminate. La Germania ne tratteneva 264mila, la Francia 145mila la Spagna 100mila, l’Italia circa 140mila. Le tempistiche variano dai 30 mesi dell’Irlanda ai 12 della Svezia. (nota 3)

La realtà dell’accoglienza agli ucraini

Non è così efficiente e generosa come viene mostrata. Come sempre immediata e ampia la solidarietà delle famiglie e delle associazioni private. Il peso maggiore è stato sopportato dai 220mila ucraini che già vivevano in Italia (Gianfranco Schiavone, presidente del Consorzio Italiano di Solidarietà-Ufficio Rifugiati). Al contrario i 300 € stanziati per profugo dallo Stato non arriverà prima di giugno. Risorse che non potranno essere distribuite a chi ha garantito subito e senza garanzie l’assistenza e l’accoglienza ai profughi (cioè le famiglie e le ong) ma solo i Comuni che hanno sistemato i profughi negli alberghi (di solito in mezzo al nulla) e probabilmente Arci, Caritas e Salesiani. Come sempre andranno agli amici degli amici (Sole 28 aprile 2022). In febbraio, nel primo “decreto Ucraina”, il governo aveva aumentato di 5.000 posti la rete dei CAS (per questo e altri termini tecnici vedi riquadro in fondo) e di 3.000 posti quella dei SAI: ma ci vogliono mesi per renderli effettivi, come i 15 mila posti garantiti dalla Protezione civile non si sa quando (nota 4). Il personale degli SPRAR incaricato di seguire i migranti è lo stesso di prima di febbraio; semplicemente si fa loro pressione dall’alto per “sistemare più rapidamente la popolazione ucraina” rispetto agli altri profughi. Per non parlare delle questure dove gli uffici immigrazione sono al collasso. Nelle grandi città come Milano e Napoli per gli “altri” non c’è più possibilità di ascolto. Siriani, afghani, egiziani e bangladesi vengono rimandati a ottobre anche solo per il codice fiscale o l’assistenza sanitaria. (nota 5)

... e ai “migranti e rifugiati “normali”

Scrive Cristina Molfettas, di Migrantes: “Gli ucraini, giustamente, potranno avere da subito servizi sociali, scuola, entrare nel mondo del lavoro. Nel frattempo poche migliaia di afghani, siriani e iracheni vengono ancora tenuti fuori dalle frontiere polacche…. donne e bambini…. colpiti con gli idranti…. Mentre scriviamo – peraltro – continuano i finanziamenti italiani alla cosiddetta guardia costiera libica, che riporta i migranti in veri e propri lager.” Le vittime delle dittature e dei conflitti africani sono lontani, non sono bianchi, se non sono terroristi non interessano i media. Anzi la campagna mediatica in corso ha oscurato le precedenti “rotte”, su cui si focalizzavano le polemiche: la rotta libica e la rotta balcanica. Non è vero che prima della guerra in Ucraina l’Europa fosse in pace. Combatteva all’esterno in molteplici scenari di guerra e soprattutto combatteva e combatte una guerra neanche tanto sotterranea contro i migranti. E in questa guerra si arricchiscono gli stessi trafficanti di armi. (nota 6)

La rotta balcanica

Mentre al valico di Fernetti – a pochi chilometri da Trieste centro – nelle scorse settimane arrivavano i bus dall’Ucraina, portando giustamente al sicuro migliaia di civili, negli stessi boschi continuavano a cercare di passare altri civili, in fuga da guerre ritenute meno importanti e spesso individuati grazie al “muro digitale” eretto dalla regione Friuli-Venezia Giulia (le fototrappole) Scrive Melting Pot che “in quei pochi metri di foresta” “nella disparità del diritto di passaggio” “si materializza l’essenza dell’Europa razzista e imperialista”.

La “rotta balcanica” è quella che consente ad afghani, siriani, pakistani, anche somali ed eritrei di raggiungere l’Europa attraverso o aggirando la Turchia. Le direttrici più battute passano per il confine fra Croazia e Bosnia Erzegovina (Bihać e Velika Kladuša) e per la frontiera serbo-ungherese, nonostante il muro costruito da Orban. Intere nazioni si sono militarizzate per respingere i migranti, in modo evidente la Bosnia e la Croazia, ma anche Grecia, Slovenia, Albania e Macedonia. Fra gennaio e aprile 2022 la guardia costiera ellenica ha respinto 5 mila persone. La Grecia risponde sistematicamente con dinieghi alle domande di asilo, espelle persone arrivate anche 4 anni fa. Il sistema di protezione internazionale è stato sistematicamente smantellato, spesso espellendo gli operatori umanitari di altri paesi. L’inasprimento della repressione poliziesca va di pari passo con la strutturazione di un sistema di concentramento e confinamento dei transitanti. Gli accampamenti illegali vengono rasi al suolo e gli immigrati deportati. L’efficienza repressiva nei paesi balcanici mira a ottenere finanziamenti e investimenti della UE, che direttamente non si sporca le mani, delega. Come ha già fatto per la Turchia. Ai giornalisti si esibisce un piccolo campo dotato di tutti i confort che corrisponde agli standard europei, come il Temporary Reception Centre di Lipa (Bosnia). Lontano dai riflettori si bastona e si aizzano i cani. Nel 2021, i numeri degli ingressi in Europa dai Balcani sarebbero stati 8 616, ma Frontex calcola i transiti in 60.540, più del doppio rispetto al 2020. Il secondo numero non corrisponde a persone, ma ai tentativi di passaggio, spesso falliti. Per cui nei territori balcanici esterni ai confini dell’UE il 70% dei migranti resta fermo fra i 6 e i 12 mesi prima di riuscire a entrare o morire. Tornare indietro è impossibile. (nota 7)

La “rotta libica”

Tre volte tanto si muore sulla rotta Italia/Libia, che secondo il Report di Migrantes, è tornata ad essere la più frequentata del Mediterraneo. Anche i lager libici sono tornati a riempirsi (nota 8). I lager prosperano perché nel solo 2021, fino al 6 novembre la Guardia costiera libica ha intercettato in mare e riportato in territorio libico 28.600 rifugiati e migranti, un dato senza precedenti.

Nonostante appelli e proteste nel luglio 2021 il Parlamento italiano ha rinnovato a larga maggioranza  il Memorandum d’Intesa Roma Tripoli del 2017. Tutti sanno che “i migranti che vengono rimpatriati in Libia sono soggetti a detenzioni arbitrarie, estorsioni, sparizioni e atti di tortura”. Ciononostante dal 2017 al 2021 i governi italiani hanno stanziato 32,6 milioni di euro  soltanto per le missioni di addestramento e appoggio alla famigerata Guardia costiera libica. Il Viminale ha ripetutamente negato a Ong e associazioni dei diritti umani l’accesso ai documenti e ai rendiconti relativi agli accordi con la guardia costiera libica. Anzi ha impedito loro di prestare soccorso, mettendo ancora più a rischio la vita dei migranti. Negli ultimi 10 anni i morti accertati su questa rotta sono 17 mila, ma sono tre volte tanto secondo le ong e le associazioni delle famiglie.

Nei primi 37 giorni dell’invasione dell’Ucraina ordinata da Putin in Italia sono arrivati 80.622 profughi. Più o meno quanti ne ha catturati e riportati in Libia la guardia costiera nei cinque anni di memorandum tra Tripoli e Roma. I pochi che sono riusciti a fuggire raccontano di sofferenze indicibili. (Oxfam 31 gennaio 2022). Denuncia l’Alto commissariato per i diritti umani dell’Onu che, come ai tempi di Gheddafi, quelli che non possono pagare un riscatto vengono abbandonati nel Sahara (Avvenire 20 febbraio 2022). Le modalità sono identiche sia nell’est che nell’ovest della Libia. Si stimano a migliaia, comprese donne e bambini. Le espulsioni hanno riguardato anche donne e bambini (nota 9).

Per questa abominevole politica l’Italia (cioè i lavoratori e quelli che pagano le tasse) hanno finanziato le milizie libiche, i funzionari corrotti ecc. allestito spedizioni navali spendendo 962 milioni di euro, di cui 207,4 nel solo 2021. Denuncia Paolo Pezzati per Oxfam Italia che “Il nostro Paese continua a rendersi complice, finanziando la Guardia Costiera o altre autorità libiche palesemente conniventi con i trafficanti di esseri umani” contribuendo a mantenere in vita “una sempre più lucrosa industria della detenzione, fatta di tratta di esseri umani, sequestri, abusi di ogni genere. Su 32mila migranti riportati indietro dalla Guardia Costiera libica nel 2021, al momento si ha notizia di 12mila persone che si trovano in 27 centri di detenzione ufficiali, mentre degli altri 20mila si sono perse le tracce”. Nonostante questo, nel 2021 sono riuscite ad arrivare dalla Libia 56.700 persone; contrariamente a quanto si pensa le Ong ne hanno salvato solo il 9%. La loro funzione è principalmente di controllo, segnalazione, denuncia. Per questo danno fastidio. Chi ottiene alla fine protezione è un numero irrisorio. A gennaio ’21 i rifugiati riconosciuti in Italia erano in tutto 128 mila, cioè il 2 per mille sulla popolazione nazionale (contro il 7 della Francia, il 10 per la Grecia, il 14 della Germania e il 25 della Svezia). Al loro arrivo i migranti sono ancora inviati nelle navi quarantena, l’ennesimo abuso. (nota 11)

I minori stranieri non accompagnati (MSNA)

Pochi sanno che con i profughi ucraini sono arrivati 3.906 minori non accompagnati, pari al 27,9% del totale di quelli presenti attualmente in Italia. Mentre in genere al resto dei MSNA mancano uno o due anni alla maggiore età, stanno arrivando moltissimi bambini soli, che facilmente possono diventare prede delle criminalità e dello sfruttamento e vittime un’altra volta. Stesso rischio per donne e ragazze sole, senza agganci con la comunità ucraina.

La percentuale di MSNA sul totale dei rifugiati è in costante aumento. Ottengono il riconoscimento di rifugiati nel 55% dei casi. Nel settembre ’21 erano 9.661, il 97% maschi. Se ne parla poco. Ancor meno si parla di quanti ne spariscono. Nei primi 4 mesi del 2022 ne sono arrivati 5.239 in Italia e ne sono spariti 1173 (più di 1 su 5).

È un fenomeno che dura da anni e le autorità italiane non si danno particolarmente da fare per ritrovarli. In media ogni anno solo un terzo di quelli che arrivano viene inserito in un circuito di accoglienza. Gli altri, anche se in qualche modo seguiti da parenti o conterranei, sono facile preda della mafia internazionale, perché sono spinti a cercare il guadagno facile sia dalle pressioni della famiglia rimasta in patria, sia per l’esigenza di sopravvivere. Finiscono quindi nel circuito dell’economia sommersa e criminale. Principalmente vanno ad alimentare il traffico degli organi, oppure entrano nello spaccio di stupefacenti o nel mercato del sesso. I più “fortunati” lavorano per poche lire nelle aziende edili e ristoranti, spesso gestiti da connazionali, soprattutto nel Nord-Italia; o nella raccolta di arance, mandarini, frutta e verdura al sud: dodici ore al giorno e tendinite garantita dopo due mesi.

E domani?

Questa è la situazione oggi. Ma un altro dramma si profila all’orizzonte. Non solo non siamo in grado di dire quanto durerà il fenomeno dell’esodo ucraino dalle zone di guerra. Né possiamo quantificare gli effetti a lunga scadenza della carenza di grano nei paesi più poveri, a seguito della guerra. L’aggravarsi della siccità, in particolare nel Sahel e in Africa non potrà che produrre un esodo che potrebbe essere biblico e che si scontrerà con una società europea incattivita dalla pandemia prima, dalla crisi economica poi.

E i governi stanno approfittando del diffuso senso di insicurezza. Ha iniziato Johnson (quello dei festini durante la pandemia) proponendo di deportare in Rwanda gli immigrati. Proposta subito raccolta dalla Danimarca socialdemocratica, che, con l’ obiettivo di ottenere “zero arrivi” di migranti ha deciso che chiunque chiederà asilo, nel tempo in cui la sua domanda verrà esaminata dalle autorità, verrà deportato in un paese terzo: Rwanda, Etiopia Egitto le proposte.

Altri leader (fra cui il neo eletto premier labourista di ascendenze italiane dell’Australia) promettono tolleranza zero per gli “illegali”. (nota 12)

È il momento di recuperare una solidarietà attiva fra lavoratori (italiani e stranieri) per opporsi a queste politiche disumane, praticate da governi che pretendono di esportare la democrazia con le loro armi e negano i più elementari diritti a chi ha meno di loro.

Termini tecnici

Il sistema di accoglienza in Italia è cambiato più volte e oggi siamo a di fronte a una selva di sigle davanti alle quali è difficile districarsi.

I CAS, cioè Centri di Accoglienza Straordinaria, creati nel 2017 come luogo di accoglienza ai richiedenti asilo in caso di arrivi consistenti e ravvicinati. Vi si arriva dai SAI situati nei porti. Da qui si può essere spostati negli Sprar, se esistono.

Gli SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) esistono dal 2002, sono una rete di enti locali coordinati dall’Anci e funzionano in base a progetti di accoglienza integrata. Cioè un’accoglienza non solo assistenziale ma volta ad integrare le persone nel territorio attraverso l’accoglienza in piccoli centri sviluppando progetti personalizzati. Vi possono entrare sia i richiedenti asilo che i titolari di protezione  (coloro che hanno già visto accolta la richiesta di asilo e riconosciuto il diritto a una protezione internazionale). Sono stati fortemente ridimensionati dal decreto Salvini del dicembre 2018.

SAI Soccorso, prima assistenza e identificazione. Creati nel 2020 col governo Conte II per attenuare gli effetti della riforma di Salvini.  I cittadini stranieri soccorsi in mare o entrati in modo irregolare sul territorio nazionale vengono condotti in centri governativi localizzati nei pressi delle aree di sbarco o di principale ingresso nel paese per la prima assistenza sanitaria, il fotosegnalamento e la pre-identificazione. È qui che si differenziano i richiedenti asilo dai cosiddetti migranti economici, che saranno avviati ai Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) o lasciati sul territorio in condizione di soggiorno irregolare. Hanno sostituito gli Hot spot SAI (Sai). Il programma, introdotto con la riforma del 2020, sostituisce il Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati (Siproimi), istituito con il Decreto sicurezza nel 2018, che a sua volta sostituiva il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), in vigore dal 2002 al 2018.

Note

1) I dati per l’Europa sono del 18 aprile, fonte UNHCR. Quelli per l’Italia sono stime del Viminale al 15 maggio 2022.

2) 732mila sono arrivati in Romania, 454mila in Ungheria, 421mila in Moldavia, 333mila in Slovacchia, 485mila in Russia e 23mila in Bielorussia.

3) https://www.openpolis.it/il-sistema-di-accoglienza-europeo-e-i-profughi-ucraini/
https://www.meltingpot.org/2021/02/140mila-richiedenti-asilo-in-attesa-di-responso-tra-dinieghi-facili-e-aule-giudiziarie-congestionate/

4) Nel Friuli governato dalla Lega, dove i posti di accoglienza era stati ridotti al massimo e i profughi della rotta balcanica sono stipati in una caserma fatiscente (la Caverzani di Udine) si sono trovati per gli ucraini … 84 posti!

5) Il Post 8 maggio 2022.

6) I migranti sono fermati sulla rotta balcanica con droni, sensori, elicotteri, pistole e … cani. Tranne i cani quasi tutto fornito in buona parte da Leonardo Finmeccanica. Sulla rotta libica da radar, motovedette ultimo modello ecc.

7) Le informazioni sono fornite oltre che da Frontex anche da UNHCR e IOM, Service for Foreign Affairs  del governo bosniaco.

Cfr. https://www.meltingpot.org/2022/05/repressione-campi-e-sparatorie/
https://missingmigrants.iom.int/

8) Sole 24 ore 14 dicembre ’21.https://www.ilsole24ore.com/art/migranti-libia-e-tornata-primo-paese-partenza-ma-accelera-flusso-turchia-AEOgyb2

9) https://ilmanifesto.it/mediterraneo-100-migranti-morti-fuggivano-dalla-libia

https://www.avvenire.it/attualita/pagine/deportati-in-libia-espulsi-nel-sahara-i-profughi-sono-fantasmi-nel-deserto

Le deportazioni arbitrarie riguardano sudanesi, ciadiani, nigeriani, senegalesi, eritrei, soma-li, etiopi, sud sudanesi. E poi bangladesi, giordani, pachistani e siriani.

10) (Manifesto 13 aprile 2022).

11) Con decreto interministeriale n. 150 del 7 aprile 2020, il governo chiuse i porti italiani a tutte le imbarcazioni straniere che soccorrevano persone in mare al di fuori della zona SAR (Search and Rescue) italiana, dato che l’Italia non costituiva più in porto sicuro per lo sbarco, a causa dell’epidemia Covid-19. Poco dopo, sulla base dello stato di emergenza Covid, si istituirono le navi quarantena (decreto del Capo del dipartimento della protezione civile n. 1287 del 12 aprile 2020 ). Lo stato di emergenza è cessato il 31 marzo 2022. A partire dal 30 aprile sono venute meno le disposizioni che regolano gli ingressi in Italia (certificazione verde, obbligo di quarantena preventiva). Gli stranieri soccorsi in mare, oppure giunti nel territorio nazionale a seguito di sbarchi autonomi o attraverso le frontiere terrestri continuano invece a essere sottoposti a quarantena in assenza di qualsiasi norma di legge a riguardo. Si tratta pertanto di una detenzione arbitraria.

12) (https://www.combat-coc.org/a-quali-uomini-affidiamo-la-difesa-della-liberta/). (https://ilbolive.unipd.it/it/news/danimarca-socialdemocratica-attua-nuove)

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