Settimana dopo settimana le trombe e i tamburi di guerra si fanno sempre più forti, con l’Europa in prima linea. Mentre infuria il massacro imperialista in Ucraina, con la Russia che sta prevalendo, i membri europei della NATO invocano e pianificano la “preparazione alla guerra”, l'”economia di guerra”, la ripresa della coscrizione militare, fomentando il nazionalismo e la xenofobia.
Sul confine orientale dell’Eurasia, nel Pacifico, il governo giapponese sta revisionando la Costituzione – con l’avallo dei vincitori statunitensi che la imposero alla potenza sconfitta, con il terrore di due bombe atomiche – per procedere a un riarmo sfrenato e su larga scala e fronteggiare la crescente influenza economica e la crescente assertività militare della Cina nella regione, dove il futuro di Taiwan è una bomba a orologeria.
L’ascesa di nuove potenze capitalistiche, che sfidano la supremazia industriale e finanziaria degli Stati imperialisti consolidati, gli Stati Uniti e l’Europa, lungi dal creare un nuovo equilibrio pacifico, spinge le potenze in declino a rafforzare la loro supremazia attraverso il protezionismo, la politica industriale finanziata dallo Stato e l’intervento militare. La terza guerra mondiale, potenzialmente nucleare, non è mai stata tanto probabile quale esito, voluto o non voluto, delle contese intercapitalistiche.
Mentre la guerra in Ucraina sta massacrando centinaia di migliaia di persone e sfollando milioni di persone nel nucleo europeo del capitalismo, nel continente africano – Sudan e Congo in prima linea – si stanno combattendo guerre sanguinose nello scontro tra gli stessi monopoli che si contendono le risorse naturali e la manodopera a basso costo.
Anche in America Latina, mentre il confronto tra le grandi potenze non esplode in guerre aperte, si manifesta nel sostegno borghese a colpi di Stato o caudillos populisti (l’ultimo è Milei in Argentina), solitamente allineati con gli imperialismi statunitense ed europei, per condurre una guerra aperta contro i lavoratori, tagliando lo stato sociale e i diritti di auto-organizzazione, sciopero e protesta. Solo la lotta dei lavoratori, dei Paesi oppressi e di tutti gli oppressi, condotta da organizzazioni anticapitaliste, può fermarli, non certo le coalizioni borghesi di centro-sinistra come quella di Lula in Brasile, che stanno anche varando leggi favorevoli al capitale contro il lavoro.
Israele sta approfittando di questo contesto per realizzare il suo “spazio vitale” e creare una Grande Israele, procedendo nell’offensiva genocida contro i palestinesi di Gaza, con l’obiettivo di intensificare la pulizia etnica, anche in parziale attrito con i loro sponsor statunitensi, che stanno cercando di esercitare una bilancia di potenza nella regione – come dimostra l’invio delle bombe per radere al suolo Gaza e, allo stesso tempo, il lancio di pasti simbolici per i sopravvissuti. Sosteniamo la lotta del popolo palestinese contro l’oppressione sionista, il genocidio e la morte per fame, contro la pulizia etnica a Gaza e in tutta la Palestina. Molti avvoltoi, sia tra le principali potenze imperialiste che nella regione, si atteggiano a colombe e invitano alla moderazione e al cessate il fuoco, solo per ottenere un maggior peso negli affari regionali sulle spalle del popolo palestinese. Solo le masse sfruttate del Medio Oriente, che hanno protestato a sostegno dei palestinesi contro i propri governi per non aver fatto nulla per opporsi alla guerra di Israele, sono vere amiche dei palestinesi, insieme alle centinaia di migliaia di persone che sono scese in piazza in tutto il mondo e hanno boicottato Israele.
L’emozione, l’indignazione, la volontà di lottare contro l’oppressione e il genocidio di Israele in Palestina devono contribuire ad accrescere la consapevolezza del quadro più ampio delle altre guerre non meno sanguinose e del pericolo incombente di una terza guerra mondiale. I lavoratori, i proletari, le masse chiamate ad accettare pesanti sacrifici per l’economia di guerra e a massacrarsi tra loro per decidere chi li sfrutterà, devono rifiutare questi sacrifici, dichiarare guerra alle guerre del capitale e organizzarsi per rovesciare il dominio capitalista sul mondo.
Storicamente il Primo Maggio è la giornata internazionale di lotta dei lavoratori per la riduzione dell’orario di lavoro e per l’emancipazione dallo sfruttamento capitalistico. Il Primo Maggio è anche la giornata internazionale di lotta dei lavoratori contro lo Stato borghese, che ha sostenuto lo sfruttamento del capitale attraverso tutti i suoi poteri: la legislazione che garantisce i “diritti” del capitale sulla schiavitù salariata, la magistratura che garantisce il capitale contro qualsiasi lotta che metta a rischio l’oppressione di classe (a partire dall’impiccagione di quattro leader operai a Chicago nel 1886), e le “forze dell’ordine” che in tutto il mondo conducono la guerra interna per garantire lo sfruttamento contro la resistenza dei lavoratori mediante scioperi e picchetti.
Il pericolo più grande che i lavoratori e l’umanità intera devono affrontare oggi è il pericolo di una guerra generalizzata, che significa una carneficina su scala mondiale come quelle che si stanno verificando in Palestina, Ucraina, Sudan, Congo, Yemen, Haiti e in molti altri Paesi. Dobbiamo combatterlo subito, opponendoci ai governi imperialisti, autori delle guerre attuali, unendo le forze a livello internazionale in un campo proletario, contro i campi imperialisti in guerra. Dobbiamo opporre il nostro internazionalismo proletario al veleno nazionalista che stanno inculcando nella classe operaia. Non abbiamo “interessi nazionali” da difendere, ma condividiamo con gli altri lavoratori di tutto il mondo i nostri interessi di classe a salari migliori, a ridurre l’orario di lavoro, a un lavoro e a un ambiente più sani – in breve, a una vita degna di essere vissuta. Condividiamo il profondo desiderio di vivere in pace con le nostre sorelle e i nostri fratelli in tutto il mondo.
Opponiamo la fratellanza di classe tra nativi e immigrati alla xenofobia che mira a dividere i lavoratori: la nostra classe è internazionale, centinaia di milioni di noi sono costretti dalla guerra, dalla siccità e dalle catastrofi climatiche, dall’accaparramento delle terre, a spostarsi dalle campagne alle città, o a emigrare in altri Paesi correndo grandi rischi. Se i lavoratori autoctoni uniscono le loro lotte con quelle dei lavoratori immigrati, questi ultimi non saranno usati per abbassare i salari.
Opponiamoci all’economia di guerra! Non abbiamo bisogno di armi per uccidere e distruggere, ma di una sanità e un’istruzione migliori!
Dobbiamo far capire che in una guerra imperialista come quella ucraina non c’è una parte belligerante da sostenere, che “il nemico è in casa nostra”. Il nemico per russi e ucraini sono i loro stessi governi, che hanno gettato centinaia di migliaia di proletari nel tritacarne dei campi di battaglia per uccidersi e mutilarsi a vicenda per gli interessi di sfruttamento delle rispettive classi dominanti. Per i lavoratori dei Paesi europei e americani della NATO il nemico sono i loro stessi governi, che inviano armi, pagate dai lavoratori, affinché i lavoratori ucraini versino il loro sangue per consentire alle multinazionali della NATO di estendere il loro sfruttamento al territorio e alla classe operaia ucraina.
Tutti gli Stati, tutti i governi, sono espressione di borghesie sfruttatrici legate alle grandi potenze imperialiste, ai monopoli capitalisti, al sistema finanziario internazionale, e sono parte integrante del sistema sociale che produce la guerra. Anche se grandi potenze capitaliste come la Cina, la Russia, il Brasile, il Sudafrica, l’Iran, hanno conflitti sempre più acuti con le grandi potenze capitaliste occidentali, nessuna di loro può essere alleata nella guerra dei lavoratori contro la guerra. Lo si può facilmente capire osservando il tipo di relazioni che questi Stati hanno con le loro classi lavoratrici e con i lavoratori dei Paesi che si trovano nelle rispettive sfere di influenza.
Il nostro campo non è il campo degli Stati borghesi, è il campo delle classi sfruttate e oppresse, dei lavoratori, del proletariato internazionale, l’unica classe che ha interesse e ha la forza – se si organizza – di porre fine alle guerre che i suoi sfruttatori conducono a sue spese. Superato il punto più basso del movimento operaio rivoluzionario, è necessario che le organizzazioni che si pongono sul terreno del disfattismo rivoluzionario contro le guerre del capitale, sul terreno di un coerente internazionalismo proletario, si riuniscano in iniziative comuni. Il momento è adesso, prima che sia troppo tardi!
Il passato conta, ma saremo giudicati dalla nostra capacità di affrontare le sfide del futuro nel nostro periodo storico.
Il Primo Maggio 2024 scendiamo in piazza con le stesse parole d’ordine in tutto il mondo:
- Fermare la guerra NATO-Russia in Ucraina! Disfattismo rivoluzionario, “il nemico è in casa nostra”!
- NO alla corsa agli armamenti e all’economia di guerra! Assistenza sanitaria e istruzione gratuita per tutti! Lavorare meno, lavorare tutti!
- Fermare il genocidio di Gaza, liberare la Palestina! Stop all’oppressione nazionale, razziale, etnica e religiosa ovunque!
- No all’ingerenza imperialista e alle guerre per procura in Sudan, Congo e ovunque!
- Abbasso il nazionalismo e la xenofobia! Internazionalismo proletario!
- Per una società senza sfruttamento e guerra, in armonia tra uomo e natura.
- Lavoratori di tutti i Paesi, e popoli oppressi, uniamoci!
SI COBAS, Tendenza Internazionalista Rivoluzionaria –TIR, Fronte Unito Antimperialista, Doro Chiba (Giappone), MLPD (Germania), SUCI-Communist(India), FOSYCO (Congo), UMU (Russia), UPML (Francia), ATIK, Yeni Kadin, YDG (assoc. turche in Europa),UMLP (Portogallo)