Succede che a Roma, esattamente nel quartiere di Casal Bruciato, una numerosa famiglia rom (padre, madre e 12 figli, di cui 10 minori) si veda assegnare dal Comune un alloggio popolare dopo regolare domanda. Del resto, che volete , la logica delle “ruspe” fatta propria dal vicepremier, ministro dell’Interno e segretario della Lega Matteo Salvini, avrà pur degli “inconvenienti” no? O questi “zingari” li vogliamo proprio eliminare fisicamente come comanda papà Hitler?
Quando gli assegnatari si apprestano ad entrare nell’appartamento trovano ad ostruire l’ingresso dell’edificio militanti fascisti di Casapound, un gruppo di residenti “indignati” di tanto “favoritismo” (entrambi sprizzanti odio e rancore). La famiglia rom viene pesantemente insultata e la madre dei bimbi minacciata di stupro da questi vigliacchi “superuomini”.
Arriva la polizia, si forma un altro presidio – questo qui antifascista – a sostegno della famiglia, sopraggiungono giornalisti, tv, e tutto il corredo di “mobilitati” in vista delle imminenti elezioni europee.
Questo ultimo aspetto ha una certa importanza nella vicenda, perché è da tempo che i campi rom vengono sgombrati dalla Forza Pubblica senza che si levino grida di dolore per le sorti di chi fino a quel momento li aveva occupati.
Così come sono anni che migliaia di famiglie in tutta la penisola, immigrate o autoctone, composte quasi totalmente da proletari, grazie alle Leggi di Stato (Alfano, Lupi, Minniti, ora Salvini) vengono sfrattate, gettate in mezzo di strada senza troppi complimenti, con un dispiego spropositato della Forza Pubblica, senza che il caso “commuova” più di tanto le Autorità politiche e religiose.
Così avviene che la sindaca di Roma Virginia Raggi si rechi prontamente nel quartiere di Casal Bruciato, sotto scorta, per esprimere solidarietà alla famiglia rom e per ribadire che “le leggi si rispettano”. Si prende anch’ella la sua razione di insulti ed improperi, ma fa un figurone. “Coraggio”, “senso delle istituzioni”, “una che ci mette la faccia”… questi i giudizi di chi fino ad ieri la tacciava, come minimo, di “incapace”. E tutto ciò avviene “nell’isolamento” in cui l’avrebbero relegata i suoi colleghi pentastellati, per non dire il governo. Infatti lo stesso Di Maio proprio in quelle ore scende sul terreno di Salvini (“prima i romani dei rom”), “recuperato” solo successivamente dal “sinistro” presidente della Camera Roberto Fico, che si schiera con la Raggi.
Ma questi grillini ci sono o ci fanno? Più probabile la seconda opzione. Chi fa il “destro” e chi fa il “sinistro” per pescare nell’ampio bacino degli “indecisi”, ed arrestare così la preannunciata “valanga Salvini” del 26 maggio.
La povera famiglia rom di Casal Bruciato usata in chiave elettorale … Alla faccia della solidarietà. Quella vera. Che non può venire da chi flirta al governo da oltre un anno coi parafascisti della Lega, e con quel triste figuro che “chiude i porti”, sputa sui migranti, agogna di emulare Orban nei “fili spinati” ai confini, e confeziona autobiografie con case editrici dichiaratamente ed “orgogliosamente” fasciste.
Detto questo, è altrettanto evidente per noi tutta la gravità di quanto è accaduto in quel quartiere romano, punta di iceberg di altri fatti dello stesso tenore (basti ricordare i panini destinati ai migranti assediati a Torremaura, sempre nella capitale, e calpestati per spregio dai “prodi ed onesti cittadini” di quel luogo, puntualmente sostenuti ed aizzati dai fascisti di Casapound).
E’ del tutto evidente che simili episodi non sono sporadici, frutto di “gruppetti dell’estrema destra”, ma tasselli di un’escalation di aggressività e violenza che mira a demolire il “nemico interno” (ogni resistenza ed ogni appartenenza di classe in quanto tale) allo scopo di ALLINEARE un intero popolo alla nuova fase dello scontro imperialista, che vede nel “sovranismo” (=nazionalismo, xenofobia, razzismo) la variante della forma “globalista”.
E questi tasselli ben si incastrano dentro una alternanza tra violenza statale e violenza “privata” di cui i manuali di storia del fascismo sono pieni.
L’egregio Ministro dell’Interno, nel mentre snocciola i suoi “ok affondata” verso le navi di migranti (già oltre 400 i morti nei primi mesi dell’anno), appuntandoseli al petto come medaglie di Guerra, trova il tempo di motivare nel seguente modo la sua caccia al “nemico interno”:
“Chiudere i campi rom per salvare i bambini da un futuro di delinquenza, perché troppi sono educati al furto sin dai due anni” (“Il Fatto Quotidiano” 10/05/’19).
Salvini ha il coraggio di sostenere simili posizioni, e di farsi alfiere della lotta ai “cannabis shop” (votati a suo tempo anche dalla Lega), quando difende a spada tratta i suoi uomini di governo collusi con la mafia (Siri), immanicati nel malaffare di Tangentopoli bis ai massimi livelli (Fontana), imparentati da sempre con la Cupola berlusconiana, che riesce a battere alla gara delle mazzette il pur pluridecorato Partito Democratico…
E poi si vogliono “salvare” i bambini rom dal “vizio” del furto !!! Vomitevoli.
Vomitevoli e pericolosi. Inutile biascicare che “il governo non governa perché litiga su tutto” (PD, FI, FDI allineati), quando questo governo, in un anno di “servizio”, ha scatenato una vera persecuzione interna ai migranti in lotta, a quelli in arrivo, a chi non ha casa e lavoro, a chi non ci sta ad accettare un futuro di stenti e privazioni in cambio di una “edificante guerra tra poveri”… Dunque il governo, per la borghesia italiana, governa … Per quanto lo si vedrà, ma l’opposizione ad esso, l’unica possibile, si fa con l’organizzazione e la mobilitazione di classe.
Il pontificato di Jorge Mario Bergoglio fa dei migranti una sua bandiera di prospettiva, seppur “mettendo avanti l’amore”, “la persona”, “le persone” (ricevimento di papa Francesco di 500 rom e sinti in Vaticano, cui ha fatto seguito l’incontro con la famiglia rom di Casal Bruciato). Il futuro della chiesa cattolica è lì. O “sfonda”, o il suo declino sarà irreversibile.
Anche il futuro dei rivoluzionari passa di lì. Per motivi ben diversi da quelli di Bergoglio, il quale in fondo sostiene e da’ dignità a uomini ed istituzioni che, per il bene dell’umanità, meritano soltanto di essere rovesciati.
Ma i comunisti devono passare di lì perché vi è racchiusa la grande maggioranza del proletariato internazionale: giovane, in movimento, aperto alle nuove esperienze, voglioso di apprendere e di lottare, non ancora “corrotto” dalle numerose/piccole/meschine prebende che il capitale ancora elargisce a strati di proletari/pensionati dei “trenta gloriosi” e degli anni a seguire.
Certo, il problema della penetrazione nel proletariato autoctono rimane in tutta la sua portata, e mette impietosamente a nudo la nostra inadeguatezza. Non è facile segnare dei punti a favore di una ripresa generalizzata della classe: vuoi per motivi del “mercato del lavoro” (alta disoccupazione), vuoi soprattutto per motivi di “buco generazionale”, che non ha permesso una trasmissione politica rivoluzionaria. Ragion per cui emergono in vicende come quella di Casal Bruciato quei tristi figuri disposti a tutto, tipo “Francia o Spagna purché se magna”, che fanno naturalmente da “sponda” ai fascisti.
Irradiandosi simili “prestazioni borgatare” a sfondo nazional-popolare, e magari consolidandosi dopo aver raccolto qualche successo (con l’appoggio del governo o di parte di esso), il rischio è di trovarsi di fronte all’isolamento politico, e a dover fronteggiare una “presa di massa” della Destra in strati del proletariato. Cose già successe in passato, e che sono state pagate duramente dai comunisti e dal movimento operaio nel suo complesso.
Ci troviamo di fronte ad una situazione che, se non possiamo definire “fascista”, è sicuramente di involuzione reazionaria, che arriva purtroppo a coinvolgere, ai vari livelli e con varie modalità, settori maggioritari del proletariato italiano.
I rivoluzionari devono prendere atto che sono “minoranza della minoranza della minoranza”, e comportarsi come di fronte ad una campagna sciovinista condotta dalla classe dominante. Quasi fossimo davanti ad una nuova guerra imperialista, e dovessimo agire politicamente dietro la parola d’ordine “il nemico è in casa nostra” (intendendo ovviamente per nemico non gli immigrati o i rom, ma la borghesia).
Dunque crediamo che simili valutazioni comportino innanzitutto la necessità di unire le forze rivoluzionarie, perlomeno dove e nella misura in cui ciò è possibile. In secondo luogo di considerare il fronte di lotta della casa non un fronte di lotta “secondario” rispetto a quello di “fabbrica” (e lo stesso dicasi per altri fronti: ambiente, genere, sanità, trasporti, scuola…). Ciò esige che, ad esempio, le mobilitazioni degli squadristi fascisti nei quartieri per vicende come quella di Casal Bruciato vengano prontamente rintuzzate dai compagni, facendo di questi casi momenti di mobilitazione attiva e militante, non dando tregua ai fascisti ed a chi li protegge. In breve: impedendo al canagliume nero di prosperare e consolidarsi.
Per noi che abbiamo sempre fatto della lotta contro il fascismo un momento della lotta più generale contro il capitalismo, la necessità e l’attualità di una simile scelta diventa uno dei presupposti per la ripresa del movimento rivoluzionario.