Fuori dall’influenza [USA]
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Mediatore interessato
● Indipendentemente dagli sviluppi in Georgia, gli USA hanno conseguito una vittoria: è di nuovo a rischio il rafforzamento dell’asse russo-tedesco, pericoloso in prospettiva per gli USA.
– con USA ed loro alleati dell’Est Europa pro misure offensive e rapido ingresso della Georgia nella Nato;
– con Germania che, per sottrarsi all’influenza USA, vuole tenersi aperta anche per il futuro una stretta cooperazione con la Russia ed è contro l’ingresso della Georgia.
– Contemporaneamente la Germania vuole l’intervento della UE in Georgia per evitare che gli Usa accrescano la loro influenza nel Caucaso; dovrebbero servire allo scopo interventi per la ricostruzione delle infrastrutture georgiane;
– si è proposta come mediatrice, ed ha chiesto, in sintonia con la Francia, una linea moderata, linea controversa sia nella UE che nella Nato.
– La linea di politica estera prevalente a Berlino sarebbe quella di un’alleanza strategica con Mosca, linea avversata dalle frazioni atlantiste.
– Causa la sua forte alleanza con gli USA, che non lascia sufficiente spazio di manovra alle frazioni georgiane filo-UE ad esso concorrenti, il presidente georgiano filo americano Saakashvili (accusato per la brutale repressione delle proteste nell’autunno 2007 e di frodi elettorali nel gennaio 2008) non ha più l’appoggio incondizionato di Berlino.
o Dal 1994 la Germania partecipa in Georgia alla missione di osservatori ONU (UNOMIG), che dovrebbe sorvegliare la tregua con i separatisti; UNOMIG è stata diretta per anni da un tedesco. E’ diretta dai tedeschi anche una missione OCSE in Sud Ossezia.
o Nondimeno, negli scorsi anni Berlino ha continuato ad attizzare il secessionismo georgiano, aiutando contemporaneamente i militari georgiani.
– Nonostante le divergenze con gli USA, Berlino cerca di non rafforzare la posizione russa nel Sud Caucaso; sarebbe per Berlino importante creare una cintura di Stati filo-occidentale il più possibile libera dall’influenza russa (da Georgia e Armenia fino all’Azerbaijan):
o dal punto di vista strategico-militare fungerebbe da ponte per il MO, ma soprattutto avrebbe l’importanza economica di assicurare il transito per il Centro Asia, in particolare per le forniture energetiche dal Caspio all’Occidente (occorrerebbero altri oleodotti come quello Baku-Tbilisi-Ceyan, che evitano il territorio russo ed iraniano).
o La Germania ha progetti per ampliare lo sfruttamento delle risorse del Caspio, e mira in particolare al Kazakistan, che potrebbe passare da 5° a 2° maggior suo fornitore di petrolio.
– Dopo lunghi scontri con Polonia e paesi baltici, la Germania era finalmente riuscita a far avviare negoziati per un nuovo accordo UE-Russia;
o ora, dopo l’attacco georgiano, si sono riacutizzati gli scontri all’interno della UE sulla politica verso la Russia; la GB, appoggiata da diversi paesi est-europei, ha chiesto di sospendere i negoziati con la Russia.
o Consiglieri del governo tedesco (Alexander Rahr, DGAP): urgono tali misure, la UE non ha fatto investimenti nel Sud Caucaso, e non dispone dei meccanismi per influenzare la regione;
o propongono una confederazione della Georgia con Abkhazia e Sud Ossezia, a cui sarebbe riconosciuta un’ampia autonomia, ma non l’indipendenza, che darebbe loro la possibilità di unirsi alla Russia. Una soluzione che non rafforzerebbe l’influenza russa, e che d’altro lato non consentirebbe a USA e Nato di avere il predominio assoluto; come mediatrice la Germania sarebbe in contatto con tutte le parti in conflitto, da cui uscirebbe vincitrice.
– la Germania si è detta disposta a fornire suo personale per rafforzare la presenza occidentale in Georgia su mandato OCSE o ONU. (Dell’OCSE fanno parte tanto Georgia che Russia, con pari diritti; dal 1992 l’OCSE ha una missione in Georgia)
o Nel vertice Nato di aprile 2008, la Merkel è riuscita a bloccare l’ingresso della Georgia nella Nato.
o dopo i recenti scontri armati l’Union CDU-CSU esclude in maniera assoluta l’allargamento Nato.
– La Germania è però coinvolta nelle azioni Nato in Caucaso:
o in Germania sono stati addestrati, in basi militari USA, i soldati georgiani per la guerra in Irak; sempre in Germania sono state preparate all’occupazione del Kosovo le truppe georgiane, che affiancavano il contingente tedesco Nato in Kosovo;
o il ministero tedesco della Difesa ha aiutato le forze armate georgiane ad adeguarsi agli standard Nato;
o sono stati forniti armamenti tedeschi alla Georgia.
– Da rapporti USA (del 18.8.2008), l’attacco georgiano a Zshinwali dell’8 agosto faceva parte di un piano militare concordato nel gennaio 2008 da Tbilisi con gli USA, contro Abkhazia e Sud Ossezia, dove doveva sorprendere le truppe russe; gli Usa avrebbero messo in guardia Tbilisi della superiorità militare russa;
o gli osservatori hanno però avanzato dubbi che l’avvertimento dell’Amministrazione americana sia stato mantenuto fino all’ultimo: molti militari americani sono rimasti in Georgia anche all’inizio degli scontri; era stata da poco terminata una manovra militare congiunta; a breve sarebbero stato completato il rientro dall’Irak del contingente militare georgiano.
Causa l’offensiva di espansione Nato nel Caucaso, con il previsto ingresso della Georgia, voluta in particolare dagli USA e dai loro alleati est-europei, la Bundeswehr ha proseguito per tutto il primo semestre 2008 la cooperazione con le forze armate georgiane, nonostante la loro intenzione di rompere la tregua ed attaccare il Sud Ossezia.
(Eigener Bericht) – Heftige Auseinandersetzungen um die NATO-Expansion in den Kaukasus eskalieren vor dem Treffen der NATO-Außenminister am heutigen Dienstag.
– Washington und seine Verbündeten aus Osteuropa fordern Offensivmaßnahmen und den raschen Beitritt Georgiens zum westlichen Kriegsbündnis.
– Berlin will sich, um aus dem Schatten der Vereinigten Staaten treten zu können, auch in Zukunft eine engere Kooperation mit Russland offenhalten und blockiert die Aufnahme Tbilisis.
– Zugleich setzt die Bundesregierung auf Eingriffe der EU in Georgien. Dabei solle man es vermeiden, die USA "ins Boot zu holen", verlangen Regierungsberater. Als geeignetes Mittel, um die eigene Position zu stärken, gelten Wiederaufbau-Maßnahmen in Georgien.
– Wie US-Berichte enthüllen, geht der georgische Angriff auf Zchinwali am 8. August auf Militärpläne zurück, die Tbilisi im Januar 2008 mit amerikanischen Stellen besprach.
– Die Bundeswehr setzte die Kooperation mit den georgischen Streitkräften trotz deren Absicht, den Waffenstillstand zu brechen und Südossetien zu attackieren, während des gesamten ersten Halbjahres 2008 fort.
Angaben zu den georgischen Angriffsplänen hat die US-Presse am gestrigen Montag enthüllt. Demnach legten georgische Militärs bereits im Januar ein "Operationskonzept" vor, das den Einmarsch in Südossetien und Abchasien vorsah – entgegen den Bestimmungen des Waffenstillstandsabkommens.
– Der Einmarsch sollte binnen kürzester Zeit erfolgen und die russischen Truppen, die zur Sicherung des Waffenstillstands in Abchasien und Südossetien stationiert sind, überrumpeln. Über das Konzept fand ein Austausch mit US-Stellen statt.
– Den amerikanischen Berichten zufolge warnte Washington Tbilisi vor der Umsetzung der Pläne wegen Moskaus militärischer Überlegenheit.[1] Ob die Regierung Bush diese Warnung tatsächlich bis zum Schluss aufrecht erhalten hat, wird von Beobachtern mit Gründen bezweifelt: Zahlreiche US-Militärberater hielten sich bei Beginn der Kämpfe in Georgien auf; ein gemeinsames Manöver war erst kurz zuvor beendet worden, und die Rückführung des georgischen Kontingents aus dem Irak – mit US-Transportmaschinen – wurde binnen kürzester Frist bewältigt.
"Nicht näher gerückt"
– Die Bundeswehr hat ihre Kooperation mit den georgischen Streitkräften während des gesamten ersten Halbjahres 2008 fortgesetzt, obwohl die Militärs in Tbilisi Pläne für eine Offensive in Südossetien schmiedeten. Hintergrund ist die NATO-Expansionsoffensive in den Kaukasus, die eine Aufnahme Georgiens in das westliche Kriegsbündnis vorsieht. Sie wird vor allem von Washington und seinen osteuropäischen Verbündeten forciert.
– Berlin blockiert sie seit einiger Zeit. Hintergrund sind Befürchtungen, die USA könnten, solange die EU in Georgien nicht über genügend Einfluss verfügt, den Kaukasusstaat mit Hilfe der NATO noch klarer dominieren als bisher. Bundeskanzlerin Merkel hat sich beim NATO-Gipfel im April mit der Blockade des georgischen Beitritts durchgesetzt, der nun auf unbestimmte Zeit verschoben ist. Dies gilt nach ihren Angaben unverändert.
– Union[e]spolitiker lehnen eine neue Erweiterung des Bündnisses nach den jüngsten bewaffneten Kämpfen ganz entschieden ab. Ein NATO-Beitritt Georgiens sei "durch die Ereignisse der letzten Tage sicherlich nicht näher gerückt", erklärt der CSU-Außenexperte Karl-Theodor zu Guttenberg.[2]
– Dennoch ist Berlin über seine Bündnisverpflichtungen in die Kaukasus-Aktivitäten der NATO-Mitglieder involviert.
– Nicht nur haben georgische Soldaten auf US-Truppenübungsplätzen in Deutschland für ihren Einsatz im Irak trainiert; georgische Truppen, die im Kosovo an der Seite deutscher NATO-Kontingente stationiert waren, wurden in der Bundesrepublik ebenfalls auf die Tätigkeit als Besatzer vorbereitet.
– Die deutsch-georgische Armeekooperation weitete sich, begründet in der punktuellen, vor allem von den USA forcierten Zusammenarbeit in den westlichen Interventionsgebieten, auch in der ersten Hälfte 2008 aus. Abgesehen vom gemeinsamen Einsatz im Kosovo leistete das Bundesverteidigungsministerium nicht nur unverdächtig scheinende Hilfe beim Aufbau eines Umweltmanagementsystems der georgischen Streitkräfte – tatsächlich führt diese Maßnahme Tbilisi an NATO-Standards heran -; darüber hinaus erhielt Georgien im Juni noch Sanitätsmaterial für seine Armee. Berichte über die Lieferung deutscher Waffen komplettieren das Bild von den nicht gerade übermäßigen, aber doch kontinuierlichen Unterstützungsleistungen Berlins für das mit Angriffsplänen befasste georgische Militär.[3]
– Vor dem heutigen Treffen der NATO-Außenminister hält der Streit um die NATO-Expansion in den Kaukasus an. Washington und osteuropäische Staaten drängen auf den NATO-Beitritt Georgiens und auf militärische Maßnahmen des Kriegsbündnisses in dem Land;
– Berlin setzt nach wie vor auf eine hervorgehobene Stellung der EU bei der Befriedung des Konflikts. Vorbereitungen für die Aufstockung westlichen Personals unter dem Mandat der OSZE oder der UN sind in Arbeit; Kanzlerin Merkel hat am Sonntag in Tbilisi angekündigt, Deutschland werde sich daran beteiligen. Zudem wird die Bundesrepublik maßgeblich den Wiederaufbau der zerstörten georgischen Infrastruktur unterstützen – eine systematische Stärkung der deutschen Position in dem Kaukasusstaat.[4]
– Regierungsberater halten solche Maßnahmen für dringend notwendig. Derzeit habe die EU "kaum Investitionen im Südkaukasus und nicht die richtigen Mechanismen, um auf die Region einzuwirken" [5], urteilt Alexander Rahr, Russland-Experte der Deutschen Gesellschaft für Auswärtige Politik (DGAP), über die relative gegenwärtige Schwäche Berlins und Brüssels. Mit der Position des Mittlers zwischen Tbilisi und Moskau, mit der Entsendung von OSZE- und UN-Personal sowie mit Maßnahmen zum Wiederaufbau fundieren die Bundesrepublik und die EU ihre künftige Einflusspolitik – gerade auch gegenüber den USA.[6]
– Bei den Vermittlungsbemühungen seien "wenn möglich" "die Amerikaner nicht ins Boot zu holen", fordert Rahr und plädiert für ein neuartiges Modell: eine "Konföderation Georgiens mit Abchasien und Süd-Ossetien", die den Sezessionsrepubliken umfassende Eigenständigkeit gegenüber Tbilisi, aber keine Eigenstaatlichkeit mit der Chance zur Fusion mit Moskau verleiht.
– Aus Berliner Sicht wäre diese Variante beinahe optimal: Russland gewönne keinen Einfluss hinzu; die NATO und damit die USA erhielten keine absolute Dominanz. Deutschland hätte – als Mittler – Zugang zu sämtlichen Konfliktparteien und ginge damit als Sieger aus dem Konflikt hervor.
– Einstweilen jedoch steht Berlin vor größeren Schwierigkeiten bei der Gestaltung der EU-Russlandpolitik. War es der Bundesregierung nach langwierigen Auseinandersetzungen mit Polen und den baltischen Staaten schließlich gelungen, ein neues Abkommen zwischen Brüssel und Moskau auf den Verhandlungsweg zu bringen, so nehmen nach der georgischen Attacke die innereuropäischen Kämpfe um den Umgang mit Moskau erneut zu.
– Großbritannien hat bereits verlangt, die Verhandlungen mit dem Kreml zunächst einzufrieren, und wird in seiner Politik von mehreren Staaten Osteuropas unterstützt.
– Damit hat – ganz unabhängig von der weiteren Entwicklung in Georgien – Washington bereits einen Erfolg erzielt: Die Ausweitung der deutsch-russischen Achse [7], die den Vereinigten Staaten perspektivisch gefährlich werden könnte, steht zum wiederholten Male in Frage.
[1] U.S. Watched as a Squabble Turned Into a Showdown; The New York Times 18.08.2008
[2] Altkanzler Schröder nennt Georgiens Präsident "Hasardeur"; AFP 17.08.2008
[3] s. dazu Reformland des Jahres
[4] Regierungspressekonferenz vom 18. August
[5] "Wir müssen die demokratischen Kräfte in Georgien unterstützen"; Pressemitteilung der DGAP 12.08.2008
[6] s. dazu Interessierter Mittler und Aus dem Schatten
[7] s. dazu Seit 1881, Natürliche Modernisierungspartner und Finanzbrücke
Aus dem Schatten
(Eigener Bericht) – Berlin nutzt den Konflikt zwischen Russland und Georgien zur Aufwertung seiner Position im Kaukasus. Deutschland werde zur Erweiterung der OSZE-Mission in Georgien "nach Kräften beitragen", erklärt Außenminister Steinmeier;
– zudem müsse die EU "eine stärkere Rolle" in den Auseinandersetzungen spielen. Erste Schritte hat die französische Ratspräsidentschaft in Abstimmung mit der Bundesregierung eingeleitet und der EU die Rolle der "Vermittlerin" zwischen Tbilisi und Moskau verschafft.
– Damit setzt sich Berlin von Washington ab, das Georgien unterstützt und eine Eskalation der amerikanisch-russischen Spannungen voraussagt ("neuer Kalter Krieg"). Die Kursbestimmung, die sich seit Monaten abzeichnet, stößt bei mehreren EU-Mitgliedstaaten auf Protest und ist auch in Deutschland nicht unumstritten. Die kaukasischen Einflusskämpfe finden in einer Region statt, die hohe militärstrategische und geoökonomische Bedeutung besitzt. Berlin zählt sie zu seiner Hegemonialsphäre ("Europa") und drängt dort aus dem Schatten der Vereinigten Staaten.
– Als erster Erfolg der EU in der Kaukasus-Krise wird in Berlin der sogenannte Sechs-Punkte-Plan verbucht. Dabei handelt es sich um ein Papier, das mit Moskau und Tbilisi abgestimmt ist und Gewaltverzicht sowie freien Zugang für Hilfsorganisationen zum Konfliktgebiet vorsieht. Vermittelt hat es die französische EU-Ratspräsidentschaft, die in enger Abstimmung mit Berlin vorgeht. Der Plan soll Schritt um Schritt in ein "belastbares Abkommen", eine "verpflichtende und bindende Regelung" transformiert werden, berichten Regierungskreise in der deutschen Hauptstadt. Vorgesehen ist die Einbindung internationaler Gremien und Institutionen. Die EU habe mit dem Papier ein "Fundament für eine künftige Lösung" gelegt.
– Unter den internationalen Institutionen, die in der Kaukasus-Krise aktiv werden könnten, wird zur Zeit vor allem die OSZE genutzt. Die Organisation hat den Vorteil, dass ihr sowohl Russland als auch Georgien mit gleichen Rechten angehören und sie deshalb für beide Konfliktparteien grundsätzlich akzeptabel ist. Wie der aktuelle OSZE-Vorsitzende, der Außenminister Finnlands, ankündigt, wird die OSZE, die seit 1992 eine Mission in Georgien unterhält, so rasch wie möglich ihr Personal vor Ort aufstocken und zusätzliche Gerätschaften erhalten. Berlin werde "zu diesem Aufwuchs nach Kräften beitragen", sagt der deutsche Außenminister.[1] Zudem wird die Bundesrepublik ihre Präsenz im Rahmen der EU ausweiten.[2] Wie die EU-Außenminister am gestrigen Mittwoch beschlossen, soll Brüssel eigene "Beobachter" in das Konfliktgebiet entsenden.
– Berlin unterstützt dies, verlangt jedoch übereinstimmend mit Paris einen zurückhaltenden Kurs und positioniert sich dezidiert als "Vermittler" zwischen Moskau und Tbilisi.
– Dieser Kurs ist sowohl in der EU als auch in der NATO umstritten. Vor allem Polen und die baltischen Staaten verlangen ein scharfes Vorgehen gegen Moskau und ergreifen für Georgien Partei. Dies hat seine Ursache in historisch begründeter Furcht vor Russland und speziell vor deutsch-russischer Umklammerung, aber auch in der außenpolitischen Nähe zu den USA.
– Washington stützt Tbilisi als Vorposten im Kaukasus, verlangt den einseitigen Abzug Russlands und hat nun begonnen, Militärflugzeuge und Kriegsschiffe nach Georgien zu entsenden – zunächst bloß mit Hilfslieferungen.
– Einflussreiche Kreise in Washington fordern mittlerweile ganz offen militärische Unterstützung für Tbilisi. Die offensive US-Kaukasus-Politik zielt darauf, Moskau immer weiter zurückzudrängen, und wird bis heute von manchen Transatlantikern in Berlin gestützt, die vor der militärischen Stärke Russlands warnen. Sie gerät jedoch seit geraumer Zeit in Widersprüche zur Hauptlinie der deutschen Außenpolitik, die auf eine strategische Partnerschaft mit dem Kreml setzt.[3]
– Der Streit zwischen Berlin und Washington drehte sich zuletzt vor allem um den möglichen NATO-Beitritt Georgiens (german-foreign-policy.com berichtete [4]) – und um den georgischen Staatspräsidenten Michail Saakaschwili.
– Saakaschwili, der in den USA ausgebildet wurde und als besonders enger Parteigänger Washingtons gilt, wird in Berlin nicht mehr bedingungslos unterstützt. Öffentlich kritisiert wird er, seit er im Herbst 2007 Oppositionsproteste brutal niederschlagen ließ und seine anschließende Wiederwahl Anfang Januar 2008 von schweren Fälschungsvorwürfen begleitet wurde.
– Hintergrund ist seine erhebliche US-Nähe, die konkurrierenden Fraktionen in Tbilisi mit größerer Nähe zur EU nicht genügend Spielraum lässt. Bereits im vergangenen Jahr urteilten georgische Beobachter, Saakaschwili habe sich in einem Ausmaß exponiert, dass er faktisch von Beamten des US-Außenministeriums an der Macht gehalten werden müsse. Sein jetzt fehlgeschlagener Versuch, das abtrünnige Südossetien militärisch zu erobern, hat zu Differenzen mit seiner Schutzmacht Washington geführt und seine Stellung empfindlich geschwächt. Sollte er aus dem Amt gedrängt werden, böten sich Berlin neue Chancen in Tbilisi, während Washington an Einfluss verlöre.[5]
– Dabei achtet Berlin trotz der Differenzen zu den USA darauf, die russischen Positionen im Südkaukasus nicht zu stärken. Die Souveränität und die territoriale Integrität Georgiens dürften um keinen Preis in Frage gestellt werden, heißt es einhellig in Berlin; Moskau müsse seine Truppen unverzüglich abziehen – bis zum Status Quo vor dem aktuellen Konflikt.
– Ein prowestlicher, von russischem Einfluss möglichst freier Staatengürtel, der von Georgien über Armenien bis Aserbaidschan reicht, hat auch für Berlin erhebliche Bedeutung: Militärstrategisch als Brücke nach Mittelost, aber vor allem ökonomisch als Transportgebiet nach Zentralasien.
– Dabei geht es vor allem um die Transitfunktion des genannten Staatengürtels, der die Lieferung von Energieressourcen aus dem Kaspischen Becken nach Westen ermöglicht – wie ein Nadelöhr zwischen Russland und dem Iran.
– Die Pipeline Baku-Tbilisi-Ceyhan etwa transportiert täglich rund ein Prozent der globalen Erdölproduktion vom Kaspischen Meer über Georgien in die Türkei.
– Röhren wie sie braucht der Westen, wenn er die reichen kaspischen Ressourcen beziehen will, ohne sie über russisches oder iranisches Territorium zu leiten.
– Das Auswärtige Amt plant, die Nutzung der kaspischen Ressourcen stark auszuweiten, und zielt unter anderem auf das zentralasiatische Kasachstan. In Wirtschaftskreisen ist inzwischen davon die Rede, Kasachstan könne vom fünft- zum zweitgrößten deutschen Erdöllieferanten aufsteigen. Für all diese Pläne ist es hilfreich, den Einfluss der Vereinigten Staaten im südkaukasischen Transportgürtel einzudämmen. Unabdingbar ist es jedoch, das Ausgreifen Russlands dorthin zu verhindern. Damit steht und fällt der eigenständige deutsche Zugriff auf die Ressourcengebiete im Kaspischen Becken.
[1], [2] Außenminister beraten zur künftigen Rolle der EU bei der Stabilisierung Georgiens; www.auswaertiges-amt.de 13.08.2008
[3] s. dazu Seit 1881, Natürliche Modernisierungspartner und Finanzbrücke
[4] s. dazu Interessierter Mittler
[5] s. dazu Reformland des Jahres
[6] s. dazu Spät, aber nachhaltig, Günstige Lage und Weitgehend verschwiegen
Interessierter Mittler
– (Eigener Bericht) – Mit umfassenden diplomatischen Initiativen und der Entsendung eines Sonderbeauftragten interveniert die Bundesregierung im bewaffneten Konflikt zwischen Georgien und Russland. Man sehe sich dort "in besonderer Verantwortung", umschreibt das Auswärtige Amt den deutschen Anspruch, im Südkaukasus als Mittler aufzutreten.
– Die drei südkaukasischen Staaten, darunter Georgien, gehören zu den besonderen Interessengebieten der Berliner Außenpolitik: Sie bilden einen prowestlichen Staatengürtel südlich von Russland und eröffnen dem Westen den direkten Zugang zu den Energieressourcen des Kaspischen Beckens.
– Die aktuellen Kriegshandlungen bedrohen nicht nur die deutsche Stellung in dem Gebiet; sie lassen außerdem die Spannungen zwischen Russland und den Vereinigten Staaten eskalieren und gefährden damit das Bemühen Berlins, durch gleichzeitige Zusammenarbeit mit Washington und Moskau die eigene Position zu stärken – nach Art traditioneller Schaukelpolitik.
– Für eventuelle Verhandlungen um die Zukunft der Sezessionsgebiete Südossetien und Abchasien hat Berlin eine starke Stellung inne: Die Bundesregierung ist in Versuche zur Eindämmung der Abspaltungskonflikte schon seit den 1990er Jahren involviert.
– Den Interventionen des deutschen Außenministers in den bewaffneten Konflikt zwischen Georgien und Russland hat sich am Wochenende auch Bundeskanzlerin Merkel angeschlossen. Nach einer "bedingungslosen Waffenruhe" seien sämtliche militärischen Kräfte "auf ihre Stellungen vor Ausbruch der Kampfhandlungen" zurückzuziehen, forderte die Kanzlerin, die die Aktivitäten der französischen EU-Ratspräsidentschaft im Südkaukasus mit den Berliner Konzepten abstimmte.[1] Außenminister Frank-Walter Steinmeier ist mit allen involvierten Regierungen, Bündnissen und Organisationen in Kontakt und hat den Kaukasus-Beauftragten des Auswärtigen Amtes nach Tbilisi entsandt. Deutschland sehe sich "in besonderer Verantwortung", umschreibt das Außenministerium den Anspruch, an der Südgrenze Russlands als exklusiver Mittler aufzutreten.
Prowestlicher Staatengürtel
– Berlin hat starke Interessen im Südkaukasus, die durch die Kriegshandlungen zwischen Georgien und Russland ernsthaft bedroht werden. Sie kreisen um die Eigenstaatlichkeit Georgiens, die Deutschland nach der Sezession Tbilisis aus der Sowjetunion[e] als erster Staat weltweit anerkannte. Seitdem bildet das Land gemeinsam mit Armenien und Aserbaidschan einen Staatengürtel südlich von Russland, der dem unmittelbaren Zugriff Moskaus entzogen und für westlichen Einfluss offen ist, wenn auch in unterschiedlichem Maße.
– Mit dem Amtsantritt des gegenwärtigen georgischen Staatspräsidenten Michail Saakaschwili nach dem von Berlin unterstützten Umsturz Ende 2003 orientierte vor allem Tbilisi bedingungslos auf die EU und die USA. Dies hat nicht nur geostrategische, sondern auch hohe ökonomische Bedeutung, weil die südkaukasischen Staaten einen schmalen Landkorridor zwischen Russland und Iran bilden; über ihn können die äußerst umfangreichen Energieressourcen des Kaspischen Beckens nach Westen abgeführt werden, ohne dass Moskau oder Teheran die Kontrolle darüber bekämen. Die aktuelle Forderung Berlins, Russland solle seine Truppen von georgischem Territorium zurückziehen, hat ihren Ursprung auch in der Sorge um den Fortbestand des prowestlichen Staatengürtels im Südkaukasus.[2]
– Dennoch stößt die georgische Militäroffensive der vergangenen Woche, die den Einfluss Russlands auf die Teilrepublik Südossetien entscheidend schwächen sollte, in Berlin auf deutliche Kritik. Hintergrund sind innerwestliche Streitigkeiten um die Kaukasuspolitik. Washington plädiert für ein offensives Vorgehen in Osteuropa und Zentralasien und verlangt die Aufnahme Georgiens in die NATO; damit soll die Einbindung Tbilisis in die westlichen Bündnissysteme unumkehrbar werden.
– Die Bundesregierung verweigert sich diesem Ansinnen bislang. Zuletzt hat die Bundeskanzlerin beim NATO-Gipfel Anfang April gegen US-amerikanisches Drängen eine weitere Annäherung Georgiens an das Kriegsbündnis verhindert.[3] Ursache ist nicht nur die Befürchtung, die deutsch-russische Zusammenarbeit könne ernsten Schaden nehmen, wenn die NATO sich noch weiter nach Osten ausdehnt. Die USA zielten darauf, "weitere pro-amerikanisch orientierte Länder in das Bündnis zu bringen", um dort die eigene Dominanz auszudehnen, warnte die Konrad-Adenauer-Stiftung (CDU) schon Ende 2006.[4]
– Die jetzt von Russland zurückgeschlagene georgische Militärintervention entspricht dem offensiven Kurs Washingtons, das mehr als 100 Militärberater in Georgien stationiert hat. Sie wird daher von Berlin, das den eigenen Einfluss wahren will, nicht unterstützt.
– Auch droht der kriegerische Konflikt die Spannungen zwischen Moskau und Washington eskalieren zu lassen; Deutschland geriete dabei in Schwierigkeiten, seine westlichen Beistandspflichten mit der deutsch-russischen Zusammenarbeit in Einklang zu bringen.[5] Die Basis für den Berliner Versuch, in paralleler Kooperation mit Russland und den USA die eigene Stellung auszubauen, würde geschwächt. Daher besteht die Bundesregierung neben dem Rückzug der russischen Truppen auch auf dem Abzug des georgischen Militärs aus Südossetien und damit auf der Herstellung des bisherigen Status Quo.
– Gelingt es, dies durchzusetzen, kann sich Berlin Hoffnungen auf größeren Einfluss bei den Verhandlungen um die Zukunft der Sezessionsgebiete Südossetien und Abchasien machen. Die deutschen Aktivitäten in den umstrittenen Regionen reichen bis in die erste Hälfte der 1990er Jahre zurück. Seit 1994 sind Soldaten der Bundeswehr im Rahmen der UN-Beobachtermission UNOMIG (United Nations Observer Mission in Georgia) in Georgien im Einsatz; UNOMIG soll den Waffenstillstand mit den Separatisten überwachen und beitragen, den Konflikt mit der Regierung in Tbilisi zu entschärfen.
– UNOMIG wurde mehrere Jahre lang von einem Berliner Diplomaten geleitet, der auch Vorschläge zur Eindämmung der Sezessionskonflikte unterbreitete. Auch eine OSZE-Mission in Südossetien stand zeitweise unter deutscher Führung.[6] Ihre Aufwertung ist jetzt erneut im Gespräch. Erst Mitte Juli hat Außenminister Steinmeier die mehr als zehnjährigen deutschen Bemühungen um eine Beilegung der Sezessionskonflikte mit einem Besuch in Abchasien fortgesetzt.
– Dabei hat die Berliner Außenpolitik in den vergangenen Jahren die Sezessionskonflikte zugleich stets geschürt. Als sich im Februar mit maßgeblicher Unterstützung Deutschlands und der Vereinigten Staaten das Kosovo zum eigenen Staat erklärte, nahmen die Abspaltungsbemühungen in Abchasien und Südossetien einen neuen Aufschwung. "Der Präzedenzfall Kosovo hat uns veranlasst, aktiver unsere Rechte einzufordern", teilte Anfang März ein Sprecher der südossetischen Sezessionisten mit.[7] Parallel zur politischen Beförderung des Abspaltungsanliegens hat die Bundesregierung den unmittelbaren Gegner der Separatisten gestärkt – das georgische Militär. So wurden nicht nur im Irak eingesetzte georgische Einheiten, die derzeit in das Kampfgebiet zurückverlegt werden, auf deutschem Territorium trainiert (durch die US Army). Auch die Bundeswehr hat zahlreiche Soldaten der georgischen Armee ausgebildet. Anlass war deren Beteiligung an der Besatzungstätigkeit im Kosovo – einem Gebiet, dessen mit Hilfe Georgiens abgesicherte Sezession jetzt die Abspaltungsbemühungen in Südossetien forciert.[8]
[1] Merkel fordert sofortige und bedingungslose Waffenruhe in Georgien; Presse- und Informationsamt der Bundesregierung 10.08.2008
[2] s. auch Transportkorridor und Transitgebiet
[3] s. auch Veränderte Machtverhältnisse
[4] NATO-Erweiterung nach dem Gipfel von Riga; Analysen und Argumente aus der Konrad-Adenauer-Stiftung Nr. 32/2006, November 2006. S. auch Die NATO in Riga: Dissens
[5] s. auch Die gleiche Nähe, Natürliche Modernisierungspartner und Finanzbrücke sowie unser EXTRA-Dossier Drehkreuz Leipzig
[6] s. dazu Unsicheres Terrain
[7] Süd-Ossetien fordert Anerkennung seiner Unabhängigkeit; Spiegel online 05.03.2008
[8] s. dazu Reformland des Jahres