Paralleli

Dibattito e in corso in Germania (ed in Europa) sulle linee
di politica estera, filo-atlantica/ filo-russa o asiatica; discussione su
accordi commerciali bilaterali o multilaterali (WTO) per liberalizzazione
commercio.
Proposte di area di libero scambio UE-USA incontrano opposizione
soprattutto della Francia.

Tesi GFP:

  • Per
    mezzo di accordi bilaterali la Germania cerca di ottenere un maggior regime di
    libero scambio non raggiunto negli anni scorsi tramite il WTO;
  • La
    creazione di un’area di libero scambio tra UE ed USA – e la sua eventuale estensione a paesi del
    Sud America tramite accordi bilaterali di Berlino, avvantaggerebbe fortemente quest’area
    rispetto ai paesi emergenti dell’Asia in competizione commerciale con Europa e
    USA.
  • L’idea
    di tale blocco commerciale è stata definita a fine settembre 2006 dalla
    cancelliera Merkel un’idea “affascinante”, le sarebbe stata suggerita dall’ex
    ministro dei Trasporti, Matthias Wissmann, ora presidente della commissione
    Europa del Bundestag: «La creazione di un mercato unico transatlantico per il
    2015 deve divenire il progetto cardine della UE».
  • da
    WirtschaftsWoche (2.10.06):
    • Non meglio identificati funzionari del ministero
      tedesco dell’Economia paventano che gli accordi bilaterali portino alla fine
      del WTO; ritengono che un blocco commerciale UE-USA equivarrebbe ad una
      “dichiarazione di guerra a Cina e India”;
    • anche esponenti del ministero Esteri ritengono
      che questo possa servire agli USA per fare pressione su Cina ed India,
      rallentandone temporaneamente l’ascesa.
    • L’idea del Tafta venne proposta nel 1995 da
      Klaus Kinkel, allora ministro Esteri, ma non ne venne nulla, se non un generico
      accordo sull’abbattimento di tutti gli impedimenti allo scambio di merci,
      servizi e capitali.
    • nel 1998 il commissario UE al Commercio, Leon
      Brittan, stese piani concreti per un’ara di libero scambio occidentale, che
      avrebbe dovuto portare ad un incremento dell’1% dello sviluppo economico
      europeo.
    • Il presidente francese Chirac vide in questo
      minacciati interessi vitali della Francia; il primo ministro Jospin paventava
      il predominio americano sull’Europa nei settori dell’agricoltura, dei media e della
      cultura.
    • Jean-Marie Paugam dell’Istituto per le relazioni
      internazionali di Parigi: «Lo sviluppo di un acquis transatlantico dovrebbe
      rappresentare un contrappeso ad un acquis comunitario».[1]
    • Da alcuni anni gli scambi commerciali USA-Ue
      sono in calo, dati in %:
    • 2001: l’import UE proveniva per il 20% dagli USA; nel
      2005 la quota era scesa al 14%; gli USA hanno un peso minore per la UE anche
      come importatori.
    • UE ed USA hanno invece intensificato le relazioni commerciali
      con l’Asia, e proprio queste relazioni potrebbero essere messe a rischio se i
      due blocchi occidentali si uniscono come contrappeso all’emergere di Cina ed
      India
    • L’esperto per il commercio di IfW, Rolf Langhammer: Il
      Tafta porterebbe ad uno scontro tra i paesi industriali occidentali e il resto
      del mondo, le importazioni a basso prezzo dall’Asia sarebbero sostituite da
      importazioni dall’area Tafta, perdendo i vantaggi commerciali di cui ora
      godiamo con Cina o India.
    • peggio ancora, i paesi esclusi da un accordo UE-USA potrebbero
      prendere le loro contromisure e limitare l’import dai paesi Tafta, cosa che
      innescherebbe una “spirale fatale di protezionismo.
    • Secondo gli ambienti attorno al commissario Ue per il
      commercio, Mandelson, nessun paese europeo vorrebbe un blocco commerciale con
      gli USA, anche se dalle relazioni commerciali con gli Usa (valore circa $1MD),
      dipendono circa 14 mn. di posti di lavoro.
    • per Mandelson vi sarebbe un’opposizione anche da parte
      americana, viste le forti tensioni tra Bruxelles e Washington alla conferenza
      dei ministri WTO di Hongkong del dicembre 2005; a luglio 2006 le due parti si
      sono incolpate a vicenda del fallimento dei negoziati. (ad es. 1. scontri sulle
      sovvenzioni ai rispettivi campioni dell’aerospaziale Airbus e Boeing; 2. la
      scorsa settimana la UE ha presentato un ricorso al WTO contro il metodo di calcolo
      dei margini anti-dumping americani, ritenuto illegale).
    • i vantaggi nello scambio di merci sarebbero limitati,
      dato che i dazi sono già scesi al 4%, tranne che sui prodotti agricoli (12%
      negli USA e 23% in Europa)
  • Berlino è disposta a concessioni e a porre termine alle
    sovvenzioni all’industria agraria europea, come richiesto dai PVS;
  • Ciò fa prevedere scontri con altri paesi europei, in
    particolare con Francia e Spagna.
  • Incontrerebbe maggior consenso in Germania la creazione di
    un’area di libero scambio con la Russia, appoggiata sia dal ministro Esteri
    tedesco Steinmeier, (che vuole legare la Russia all’Europa in “modo
    irreversibile”)
  • e dal primo ministro bavarese Stoiber;
  • la Confindustria tedesca chiede inoltre di «rafforzare in modo
    mirato le relazioni commerciali bilaterali – in particolar modo nell’area asiatica».
  • La scorsa settimana è stato deciso l’avvio di negoziati per la
    liberalizzazione del commercio con l’India; la Cina sarebbe il prossimo
    candidato.
  • DGAP, Società tedesca per la politica estera, avverte:
    l’ulteriore erosione dell’affidabilità ed influenza del WTO a causa di accordi
    e aree di libero scambio bilaterali porterebbe ad un aumento dei conflitti
    commerciali, del protezionismo e del regionalismo.
  • la fondazione SWP, già alcuni anni fa’, paragonava la
    situazione prevalente alla vigilia della seconda guerra mondiale con quella odierna
    (“Blick in die Geschichte – Uno sguardo alla storia”):
    • o
      Negli anni 1920 come negli anni 1990 si estese la liberalizzazione
      e la deregolamentazione la Società delle nazioni faceva da garante al libero
      commercio internazionale, ma la situazione non durò a lungo, negli anni ’30 si
      ebbe l’isolamento delle economie e la creazione di blocchi regionali.
  • Se c’è disaccordo sui mezzi e metodi per imporre gli interessi
    tedeschi al libero scambio, c’è unità sui fini della politica commerciale:
    • DGAP: i grandi paesi emergenti, Brasile, Cina e India,
      non devono più frapporre ostacoli all’importazione di merci tedesche, e occorre
      presentare offerte migliori;
    • nella liberalizzazione deve essere compreso anche il
      commercio con pubbliche utilities, acqua, elettricità, tlc e sanità; i profitti
      ottenibili in questi “mercati” sono enormi, maggiori di quelli ottenibili
      nell’apertura dei mercati delle merci.
    • DGAP promette aiuti tecnici e finanziari ai paesi
      poveri, se essi dovessero essere risultare svantaggiati dell’assunzione da
      parte degli investitori occidentali delle infrastrutture necessarie ai
      rifornimenti.
    • Occorre accattivarsi i grandi paesi emergenti,
      soprattutto il Brasile, con l’eliminazione delle sovvenzioni agricole.
    • Nei suoi suggerimenti per l’agenda della presidenza tedesca
      della UE, la Confindustria tedesca chiede una decisa correzione della errata
      politica agraria protezionistica europea.

German Foreign Policy 061015

Parallelen

15.10.2006

BERLIN/MÜNCHEN

(Eigener Bericht) –
Analysten warnen vor einer Verschärfung internationaler Konflikte durch die
deutsche Handelspolitik.

Am
vergangenen Freitag hat die EU auf Drängen Deutschlands beschlossen, Gespräche
über ein bilaterales Freihandelsabkommen mit Indien aufzunehmen
; Berlin bereitet entsprechende Vereinbarungen mit weiteren Staaten
vor
. Der systematische Abbau von Zöllen und anderen Regulierungsmaßnahmen
soll die deutschen Exportgewinne verstetigen.

– Indem die Bundesregierung dies mit bilateralen Verträgen zu
erreichen sucht, unterminiert
sie die Welthandelsorganisation WTO
und forciert eine Erosion des
internationalen Handelsregimes, urteilen Kritiker.

Zudem
aktualisieren die Freihandelsgespräche bestehende innereuropäische Spannungen
.

Berlin ist bereit, im Rahmen der Verhandlungen Zugeständnisse zu
machen
und die insbesondere von
Entwicklungsländern seit langem kritisierte Subventionierung der europäischen
Agrarindustrie zu beenden
. Auseinandersetzungen mit anderen
EU-Staaten, insbesondere
mit Frankreich und Spanien, sind vorprogrammiert
.

Freihandelspläne

Da es in den vergangenen Jahren nicht gelungen
ist, im Rahmen der Welthandelsorganisation WTO ein umfassendes
Freihandelsregime zum deutschen Vorteil zu etablieren, setzt Berlin nun auf den
Abschluss bilateraler Abkommen zum Abbau von Zöllen und anderen
Regulierungsmaßnahmen.

– Ende September hat Bundeskanzlerin Angela Merkel Überlegungen zur Errichtung einer Freihandelszone zwischen der EU
und den USA als "faszinierend
" bezeichnet.[1]

– Ein mögliches transatlantisches Freihandelsbündnis sowie seine
eventuelle Erweiterung durch bilaterale Verträge Berlins mit Staaten
Lateinamerikas
würde die wirtschaftlichen Vorteile der westlichen Welt gegenüber den
aufsteigenden Handelskonkurrenten in Asien in einem solchen Ausmaß verschärfen,
dass es einer "Kriegserklärung an China und Indien" gleichkäme
,
urteilt ein Ministerialbeamter über den in Berlin umstrittenen Plan.[2]

– Im Gegensatz dazu findet die Bildung einer Freihandelszone mit
Russland immer breitere Zustimmung.
Unterstützt wird die Idee sowohl
von Außenminister Frank-Walter Steinmeier,
der Russland
"unumkehrbar" an Europa binden will [3],

– als auch vom bayerischen Ministerpräsidenten Edmund Stoiber
[4].


Der
Bundesverband der Deutschen Industrie (BDI) fordert zudem, die "bilateralen Handelsbeziehungen –
insbesondere in den asiatischen Raum – gezielt zu stärken",
ließ
BDI-Hauptgeschäftsführer Ludolf von Wartenberg kürzlich wissen.[5] Der
Beschluss zu Freihandelsgesprächen mit Indien ist am vergangenen Freitag gefällt
worden, China gilt als weiterer Kandidat.

Blick in die
Geschichte

Demgegenüber warnen Analysten vor einer Erosion des
internationalen Handelsregimes, das durch die Welthandelsorganisation WTO
verbürgt
wird. Die "weitere Unterminierung der
Glaubwürdigkeit und des Einflusses der WTO"
durch bilaterale
Handelsabkommen und Freihandelszonen werde
zu "mehr Handelskonflikten, Protektionismus und Regionalismus" führen
,
urteilt die Deutsche Gesellschaft für Auswärtige Politik (DGAP).[6]

– Die Stiftung Wissenschaft und
Politik (SWP)
war
bereits vor einigen Jahren noch deutlicher geworden
. Wem die Bedeutung einer
multilateralen Handelsordnung nicht "hinreichend klar" sei, der solle
sich die weltpolitische Situation am Vorabend des Zweiten Weltkriegs vor Augen
führen,
hieß es. Der "Blick in die Geschichte" offenbare
"Parallelen zur heutigen Situation".

– "In den 20er Jahren wurde ebenso wie in den 90er Jahren
Liberalisierung und Deregulierung propagiert: Eine multilaterale Organisation,
der Völkerbund, sorgte für freieren Welthandel", erinnerte die SWP.
"Dies hielt nicht lange an: In den 30er Jahren folgte die Abschottung der
Volkswirtschaften und die Bildung regionaler Blöcke."[7]

Wohlstandsverluste

Während über die
Mittel und Methoden zur Durchsetzung deutscher Freihandelsinteressen noch
debattiert wird, besteht
weitgehend Einigkeit über die Zielsetzung der Handelspolitik
.

So dürften "vor allem
die großen Schwellenländer" wie Brasilien, China und Indien die Einfuhr
deutscher Industriegüter nicht mehr durch Zölle erschweren und müssten
"verbesserte Angebote vorlegen", verlangt die DGAP.
[8]

– Zudem solle der
Handel mit öffentlichen Dienstleistungen wie Energie- und Wasserversorgung,
Telekommunikation und Gesundheitsversorgung in die Liberalisierung einbezogen
werden
; schließlich seien die auf diesen "Märkten" zu
erzielenden Gewinne "enorm" und "weitaus höher als die Gewinne
aus einer Öffnung der Gütermärkte".[9]


Sollte
die Übernahme der für die Versorgung der einheimischen Bevölkerung notwendigen
Infrastruktur durch westliche Investoren für "einige ärmere Entwicklungsländer"
zu "Wohlstandsverluste(n)" führen, werde man ihnen "technische
und finanzielle Unterstützung" zukommen lassen, verspricht die DGAP.[10]

Verfehlt

Den großen
Schwellenländern, vor allem Brasilien, soll die Öffnung ihrer Märkte für
deutsche Industriegüter, Dienstleistungen und Investitionen durch den Abbau der
EU-Agrarsubventionen versüßt werden
. Weil diese auf die
Weltmarktpreise für landwirtschaftliche Produkte drücken und deren Einfuhr in
die Länder der EU erschweren, führten sie in der Vergangenheit zu zahlreichen
Konflikten. So brachen die lateinamerikanischen Mercosur-Staaten (damals
Brasilien, Argentinien, Uruguay, Paraguay) vor zwei Jahren die Verhandlungen
über Zollerleichterungen mit der EU ab, weil Brüssel ihnen einen verbesserten
Zugang zum EU-Agrarmarkt verweigerte. Geschehen war dies aufgrund
des Einspruchs Frankreichs, das seine Landwirtschaftsbetriebe vor der Konkurrenz
aus Südamerika bewahren wollte.

Mit
der französischen Schutzpolitik soll nach deutschen Vorstellungen jetzt
endgültig aufgeräumt werden.
Der Bundesverband der Deutschen Industrie (BDI) fordert in seinen
"Empfehlungen" für die Agenda der deutschen EU-Ratspräsidentschaft
2007 eine einschneidende Korrektur der "verfehlten protektionistischen
EU-Agrarpolitik".[11] Auch die DGAP legt größten Wert auf
"verbesserte Angebote zum Agrarhandel" seitens der EU.[12]

Günstig

Damit steht eine
Aktualisierung innereuropäischer Spannungen bevor, die bereits mehrfach für
heftige Auseinandersetzungen zwischen den EU-Mitgliedsstaaten sorgten und
bislang nicht gelöst werden konnten. Die Vorbereitung bilateraler
Freihandelsabkommen treibt die EU gleichzeitig in neue internationale Konflikte,
die den befürchteten Parallelen der Zwischenkriegszeit gleichen. Der zu
erwartende äußere Druck erschwert es, gleichzeitig innere Auseinandersetzungen
auszutragen, und begünstigt einen Berliner Sieg über die seit langem bekämpften
französischen Agrarinteressen.

[1] Merkel für
Freihandelszone mit den USA; www.spiegel-online.de

[2] Fatale Spirale
bei transatlantischer Freihandelszone; WirtschaftsWoche 02.10.2006

[3] Steinmeier
schlägt Freihandelszone mit Russland vor; www.aktuell.ru 26.09.2006

[4] Stoiber für
Freihandelszone zwischen EU und Russland; Frankfurter Allgemeine Zeitung
11.10.2006

[5] BDI zur
geplanten EU-Handelspolitik; Pressemitteilung des Bundesverbandes der Deutschen
Industrie 09.10.2006

[6] Stormy Mildner,
Claudia Decker: Der Einsatz ist hoch. Wohlstandsgewinne durch die
Doha-Entwicklungsrunde der WTO, DGAP-Analyse Nr. 1, Juni 2006

[7] s. dazu
"Augiasställe" und historische Reminiszenzen

[8], [9], [10]
Stormy Mildner, Claudia Decker: Der Einsatz ist hoch. Wohlstandsgewinne durch
die Doha-Entwicklungsrunde der WTO, DGAP-Analyse Nr. 1, Juni 2006

[11] s. dazu Europa
machen!

[12] Stormy Mildner,
Claudia Decker: Der Einsatz ist hoch. Wohlstandsgewinne durch die
Doha-Entwicklungsrunde der WTO, DGAP-Analyse Nr. 1, Juni 2006

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WirtschaftsWoche 061002

Fatale
Spirale bei transatlanischer Freihandelszone

Protektionismus

Bundeskanzlerin Merkel belebt die Idee einer
transatlantischen Freihandelszone. Dabei ist das Projekt schon einmal
gescheitert
zu Recht.

Geradezu euphorisch
erging sich Angela Merkel vergangenen Mittwoch früh im Europa-Ausschuss des
deutschen Bundestages. „Eine
Bündelung der Interessen im transatlantischen Verhältnis halte ich für
faszinierend, um Maßstäbe über eine Freihandelszone hinaus zu gewinnen.“

Die Bundeskanzlerin, in den vergangenen Wochen durch die ständigen Koalitionsquerelen
über Gesundheitsreform und Mindestlohn entzaubert, ist auf der Suche nach einem Thema, das ihrer
Regierung neuen Schwung geben soll
. In Hintergrundgesprächen mit
Journalisten und Vertrauten hat sie
deshalb die Idee einer Transatlantischen Freihandelszone (Tafta) zwischen den
beiden weltweit größten Wirtschaftsblöcken USA und EU lanciert.

„In enger Partnerschaft der beiden großen
Blöcke Nafta und EU
können wir auf Augenhöhe miteinander diskutieren“,
sagt Merkel und versichert treuherzig, dies sei keine „Abgrenzung zu anderen“.

Dabei ist genau das
gewollt: die Ausgrenzung der Länder, die nicht den hohen ethischen und sozialen
Standards in Europa genügen
. Ganz im Sinn der exklusiven
„Wertegemeinschaft“, die Merkel schon seit Langem mit den USA eingehen
will.

Dabei ist der
Vorstoß der Kanzlerin bei den Ministerialen in Berlin nicht unumstritten.

Die Gefahr bestehe,
sagen Beamte des Wirtschaftsministeriums, dass das multilaterale
Welthandelssystem WTO,
das die starke Expansion des Welthandels in den
vergangenen Jahrzehnten erst ermöglicht hat, die Bildung eines Handelsblocks
von USA und EU nicht überstehen könnte.


Und Beamte des Auswärtigen Amtes sorgt,
dass die Tafta-Idee in Washington auf Sympathie stoßen könnte, um auf die
schnell wachsenden Schwellenmächte China und Indien Druck auszuüben und deren
Aufstieg zumindest eine Zeitlang hinauszuzögern
.

– Dass ein Handelsblock aus EU und USA als „Kriegserklärung gegen
China und Indien“ verstanden werden könnte, so ein Berliner Ministerialer,
kümmert Merkel jedoch wenig. Sie
erwägt, die Tafta zum Leitmotiv für die am 1. Januar beginnende deutsche
EU-Ratspräsidentschaft zu machen
. Eingeflüstert
hat ihr das der einstige Verkehrsminister Matthias Wissmann
, der jetzt dem
Europa-Ausschuss des Bundestages vorsitzt. „Die Schaffung eines einheitlichen
transatlantischen Marktes bis zum Jahre 2015 muss zum Leitprojekt der EU
werden“, sagt Wissmann.

Wie bei der
Schaffung des europäischen Binnenmarktes Anfang der Neunzigerjahre hätte Europa
damit wieder ein Ziel vor Augen. Und wie damals der Binnenmarkt das
Wirtschaftswachstum in der EU belebt hat, würde auch die Tafta Wissmann zufolge
„den Menschen einen realen Mehrwert“ bringen und die „nach der Verfassungskrise
erstarrte EU neu beleben“.

Die Tafta-Idee ist
aber keineswegs neu. Bereits 1995 hatte der damalige deutsche Außenminister
Klaus Kinkel
vor dem EU-USA-Gipfel eine transatlantische
Freihandelszone ins Gespräch gebracht. Daraus wurde zwar nichts, immerhin aber
verständigten sich beide Seiten darauf, „allmählich Schranken abzubauen, die
den Austausch von Waren, Dienstleistungen und Kapital behindern“.

– Der Deklaration folgten wenig Taten. 1998 wurde der damalige EU-Handelskommissar Leon Brittan
ungeduldig und legte konkrete Pläne für eine Freihandelszone des Westens vor
.
„Ein Zusammenschluss der Handelsräume würde das Wirtschaftswachstum in der EU jährlich um ein
Prozent steigern
“, begründete er das Vorhaben.

Der in Aussicht gestellte Wachstumsschub überzeugte die
EU-Mitgliedstaaten allerdings nicht
. Sie verweigerten Brittan das Mandat, mit den USA über eine Freihandelszone
zu verhandeln. Lautstarke Kritik kam vor allem aus Frankreich.

Präsident Jacques
Chirac sah „lebenswichtige Interessen
“ seines Landes
bedroht, sein damaliger Premierminister Lionel Jospin fürchtete, dass die USA in den
Bereichen Landwirtschaft, Medien und Kultur Europa dominieren könnten.

Brittans Ansatz
wurde in Frankreich aber auch deshalb so skeptisch beäugt, weil die politische Elite des Landes
darin einen klammheimlichen Versuch sah, die EU zu einer Freihandelszone zu de
gradieren,
die politischen Gemeinsamkeiten zu schwächen und EU-Recht auszuhöhlen. „Die Entwicklung eines transatlantischen Acquis sollte ein Gegengewicht darstellen zum Acquis
Communautaire“, urteilt Jean-Marie Paugam vom Institut für Internationale
Beziehungen in Paris.

Der Handel zwischen
den USA und der EU ist seit einigen Jahren rückläufig, Grafik: WirtschaftsWoche

Sollte die
Bundesregierung während der deutschen Ratspräsidentschaft tatsächlich das
Tafta-Projekt vorantreiben wollen, muss sie sich auf einen ähnlichen Misserfolg
einstellen.

– „Kein
Mitgliedstaat will eine solche Freihandelszone“, heißt es im Umkreis von
EU-Handelskommissar Peter Mandelson, „das ist eine Idee ohne Zukunft
.“

– Der britische Kommissar hat aus dem Scheitern seines Vor-Vorgängers
gelernt. Von einer gemeinsamen Freihandelszone lässt er die Finger, obwohl der
transatlantischen Handel für Europa einen großen Stellenwert hat. „Unsere Beziehung ist jeden Tag
eine Milliarde Dollar wert“, sagt der Brite und fügt hinzu, „rund 14 Millionen
Arbeitsplätze hängen daran.“

Der geschickte
Taktiker weiß, dass er
nicht nur intern, sondern auch extern auf Widerstand stoßen würde.

– Das Verhältnis
zwischen Brüssel und Washington
war bei Handelsthemen selten so gereizt wie heute. Bereits auf der Ministerkonferenz der WTO in Hongkong im
vergangenen Dezember gingen sich die Verhandlungsführer beider Seiten aggressiv an. Als die
WTO-Gespräche im Juli platzten, machten sich Amerikaner und Europäer gegenseitig für das Scheitern
verantwortlich
. Beide beschuldigten einander, jeweils mit durchaus
richtigen Argumenten, die heimische Landwirtschaft zu sehr von Konkurrenz
abschotten zu wollen.

Dass der Tonfall
zwischen den Handelspolitikern derart rau wurde, lag auch daran, dass die
Chemie zwischen den Verantwortlichen nicht stimmt. Anders als sein Vorgänger
Pascal Lamy, der sich hervorragend mit seinem US-Gegenspieler Bob Zoellick verstand,
findet Mandelson nur
mühsam eine Gesprächsebene mit den Verantwortlichen in Washington
. Dazu trägt allerdings auch bei,
dass sich seit dem Beginn seiner Amtszeit vor knapp zwei Jahren das
Personalkarussell in Washington heftig dreht
. Die amtierende
Handelsbeauftragte Susan Schwab ist schon Mandelsons dritter Ansprechpartner in
der US-Hauptstadt.

Dass die beiden die
Streitpunkte aus dem Weg räumen können, die seit Jahren schwelen, ist eher
unwahrscheinlich. Die EU hat die USA in
neun Fällen vor die WTO gezerrt. Die USA ist nicht viel zimperlicher und hat
fünf Fälle gegen die EU bei der WTO angestrengt.

Der transatlantische
Streit dreht sich um so brisante Themen wie die Subventionen für die jeweiligen Flugzeugbau-Champions
Airbus und Boeing.
Kaum vorstellbar, dass sich beide Seiten hier noch
gütlich einigen. Aber auch weniger
spektakuläre, eher technische Punkte sorgen für Missstimmung
. Erst am
Freitag der vorvergangenen Woche legte die EU bei der WTO eine Beschwerde gegen
die USA ein, weil sie deren Methode, Anti-Dumping-Margen zu berechnen, für
illegal hält.

Auch wenn so noch
immer zahlreiche Hemmnisse den Handel über den Atlantik behindern, sehen Handelsexperten mit
Erleichterung, dass die Chancen auf Tafta derzeit schlecht stehen. Denn aus
ökonomischer Sicht überwiegen die Nachteile bei einem solchen Zusammenschluss
bei Weitem
.

– Die Gewinne im Warenhandel wären ohnehin
gering, denn die Zölle sind mit vier Prozent bereits niedrig. Eine große Ausnahme:
Agrarprodukte, auf die die USA einen Zoll von 12 Prozent und die Europäer von
23 Prozent schlagen
. Aber dass die beiden großen
Handelsblöcke das leidige Thema Landwirtschaft bei bilateralen Verhandlungen
aus dem Weg schaffen, wenn beide Seiten schon bei den WTO-Verhandlungen mit
ihrem ungleich größeren Verhandlungsdruck keine Zugeständnisse gemacht haben,
erwartet niemand in Brüssel oder Washington.

– „Es gibt kein großes Potenzial für mehr Handel und Handelsgewinne“,
sagt auch der frühere Präsident des Institutes für Weltwirtschaft (IfW) in
Kiel, Horst Siebert. Zumal die EU und die USA als Handelspartner unwichtiger füreinander
werden. Während die EU
2001 noch über 20 Prozent ihrer Importe aus den USA bezog
, hat sich der
Anteil bis 2005 auf unter 14 Prozent verringert. Auch als Exportabnehmer
spielen die USA
eine geringere Rolle als früher.

– Beide Handelsblöcke, die EU
und die USA,
haben dagegen teilweise schon intensivere Handelsbeziehungen mit Asien
. Und genau diese Beziehungen
könnten nun aufs Spiel gesetzt werden, wenn sich EU und USA zusammenschließen, um ein Gegengewicht zu

den aufstrebenden
Schwellenländern wie China
und Indien zu schaffen,
so wie es deutschen Politikern vorschwebt.

„Damit würde Tafta geradewegs zur Konfrontation
westlicher Industriestaaten gegen den Rest der Welt führen
“, befürchtet IfW-Handelsexperte Rolf Langhammer.
Selbst wenn die Freihandelszone nach außen keine neuen Barrieren errichtet,
würden kostengünstigere Importe beispielsweise aus Asien dann durch Importe aus
der Tafta-Zone verdrängt. „Wir würden uns damit ins eigene Fleisch schneiden,
weil Handelsgewinne mit Ländern wie China oder Indien dadurch geschmälert
würden“, warnt Ökonom Langhammer.

Schlimmer noch: Die
von europäisch-amerikanischer Übereinkunft ausgeschlossenen Länder könnten zu
Gegenmaßnahmen greifen und ihrerseits Importe aus den Tafta-Ländern eindämmen.
Das könnte eine fatale Spirale des Protektionismus in Gang setzen, befürchtet
Handelsexperte Langhammer: „Wer Tafta als ernsthafte Option vertritt, ist auf
dem Holzweg.“

[02.10.2006] silke.wettach@wiwo.de (Brüssel), rolf
ackermann, friedrich thelen

Aus der
WirtschaftsWoche 40/2006.

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