Oscenita franco-chadiana

Da : Le Monde, Le Figaro, Die Welt, Faz, Nyt
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Faz:  
●    Eufor non può chiamarsi fuori dalla lotta di potere in Chad, dato che il luogo di ritirata dei ribelli è al di là del confine, in Sudan. Chi sorveglia questo confine, stabilizza, lo voglia o meno, anche il presidente Idriss Déby.
●    Una volta inviata, Eufor non potrà essere a tempo determinato come in Congo, la UE deve prepararsi ad una missione di lungo periodo.
●    Già dagli inizi, nonostante una risoluzione ONU, è circolato il sospetto che con Eufor Parigi cerchi una copertura europea per difendere i propri interessi in Chad, tra questi mantenere al potere il dittatore Déby, addestrato militarmente in Francia.
●    La Germania ha da subito chiarito che non avrebbe fornito uomini per Eufor, e questo ha significato che i 1250 soldati francesi di stanza in Chad sarebbero stati il suo nucleo centrale.
– Le Monde:
●    Eufordovrebbe rappresentare la più importante operazione di politica di sicurezza e di difesa comune della UE.
●    Non è un caso che l’attacco dei ribelli in Chad avvenga alla vigilia del suo dispiegamento, il Sudan non vuole i contingenti internazionali nella regione.
●    La Francia, che con Sarkozy e Kouchner ha guidato la mobilitazione per il Darfur, si ritrova ora in una posizione molto delicata, presa di contropiede dall’offensiva ribelle.
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– Sarebbe questo il 5° tentativo di putch fallito, in pochi anni, contro il presidente del Chad, Idriss Déby:
o   Nel 2004 e 2005 per opera della sua guardia del corpo, le guardie Zaghawa si rifiutarono di sparare sulle altre guardie putchiste, che si rifugiarono in Darfur; fallita anche l’offensiva del 2006.
o   [Le Monde] Nel 1990 con l’appoggio militare francese l’attuale presidente Déby prese il potere con un putsch dal Darfur che cacciò il dittatore Hissène Habré, divenuto imbarazzante.
o   Con l’appoggio incondizionato della Francia Déby ha mantenuto il potere a furia di scontri armati, repressione, frodi elettorali, manipolazioni della Costituzione.
o   Déby ha rapinato le risorse economiche del paese, non ha rispettato gli accordi con la BM sull’utilizzo dei proventi petroliferi, implicato nel contrabbando con l’Arabia Saudita,
o   nel gennaio 1994 ha speculato contro la moneta chadiana in occasione della sua svalutazione;
– I ribelli che vogliono ora destituirlo provengono dal suo entourage ed hanno a lungo beneficiato degli aiuti di Parigi; si sono alleati tre gruppi di ribelli, due di essi avevano già tentato il putch a fine 2007.
– I tre maggiori gruppi ribelli:
o   1. Il „Rassemblement des forces pour le changement“ (RFC) dei due gemelli Tom e Timan Erdini, vuole un cambio di regime, senza però spodestare l’etnia Zaghawa[1] al potere;
o   I fratelli Erdimi, nipoti di Déby, hanno sostenuto a lungo il suo regime; Timam è stato a capo dell’ufficio del presidente; hanno diretto la produzione petrolifera (Tom) e di cotone del paese.
o   I due Erdimi hanno iniziato a scontrarsi con Déby quando nel 2003 modificò la Costituzione per mantenersi al potere, e sono passati nel campo dei ribelli nel 2005.
o   2. La „Union[e] des forces pour la démocratie et le développement“ (UFDD) è un raggruppamento multietnico che vuole spezzare il predominio Zaghawa; è stato creato nel 2006 dal generale Mahat Nouri, ex ministro della Difesa e ambasciatore del Chad in Arabia Saudita. Secondo Le Monde, 4.2.08, l’UFDD sarebbe alla guida dell’alleanza.
o   Nouri proviene dal Nord Chad, è un fiduciario dell’ex presidente Hissène Habré, ora rifugiato in Senegal, entrambi di etnia Gorana.
o   3.: L’Union[e] des forces pour la démocratie e le développement fondamental (UFDD-F), scisso dall’UFDD, diretto da Abdelwahid Aboud, composto essenzialmente da arabi chadiani.
o   I tre gruppi sono stati a lungo rivali nella lotta per il potere delle diverse comunità regionali: zaghawa, arabi, toubous.
o   I loro padrini sudanesi avevano cercato di sanare le divisioni spingendoli nel 2005 a riunirsi nel Front uni pour le changement démocratique, presto frantumato dalle rivalità regionali. Il 25 ottobre 2005 hanno però sottoscritto un accordo di pace con le autorità chadiane, in Libia, accordo spezzato un mese dopo.
Le Monde :
●    Come Chirac e de Villepin, il presidente francese Sarkozy ha chiesto la copertura formale ONU per poter intervenire militarmente in Africa Centrale, Chad. In realtà la Francia era già scesa in campo con le armi prima della risoluzione ONU, come avvenne per la Costa d’Avorio con l’operazione “Licorne”, ad alcune settimane dopo il suo avvio.
●    Sarkozy vuole con ciò salvare la missione EUFOR nell’Est Chad e in Rep. Centrafricana, conquistata dalla Francia nonostante alcuni paesi europei sospettino serva a difendere gli interessi francesi nelle ex colonie, anche con la difesa di Déby;
o   Eufor ha il mandato ONU per la “protezione” di 450 000 rifugiati del Darfur e profughi di Chad e Rep. Centrafricana.
o   Sarà formata da 3700 soldati di  16 paesi, di cui 2100 francesi; per gli scontri rinviata da novembre 2007 a causa degli scontri, ha ripreso il dispiegamento il 12 febbraio con l’arrivo in Est Chad di  un Hercules C130 per trasporto materiale, seguiranno le truppe.
o   La Francia ha già in Chad sei aerei militari.
o   Francia, Irlanda e Polonia forniranno il nucleo di tre battaglioni; contribuiranno in minor misura altri 10 paesi: Svezia, Austria, Belgio, Spagna, Finlandia, Grecia, Italia, Olanda, Portogallo, Romania e Slovenia.
o   Il 7 febbraio Ilcancelliereaustriaco Gusenbauer ha chiesto che in caso di intervento attivo di un paese europeo, la UE riesaminasse l’opportunità di Eufor. L’Austria mette a disposizione 160 uomini delle forze speciali.
Le Monde:
●    La tattica francese ha per ora funzionato, Parigi non è apparsa come gendarme solitario, ma funzionerà in caso il Sudan torni all’attacco?
●    La Francia dovrà pagare un costo diplomatico (mancano pochi mesi alla sua presidenza UE), e un costo politico-militare dato che ormai il regime di Déby è esangue, e verrà prima o dopo sostituito da uno dei suoi cloni, con o senza l’aiuto del Sudan.
●    La fornitura di armi alimenterà gli scontri nella regione. La crisi in Chad rischia di coinvolgere negli scontri tra le fazioni del Chad anche la missione europea EUFOR per il Darfur.
– Le Monde del 13.2.08 (Oscenità franco-chadiana), parla di “messa in scena pornografica”:
o   «Per mantenere una promessa azzardata di sottrarre l’Arche de Zoé alla giustizia negra, Sarkozy ha di fatto scambiato la grazia di sei criminali umanitari francesi con l’arresto di quattro dei principali leader dell’opposizione legale chadiana, firmatari dello “accordo politico globale volto a rafforzare il processo democratico” siglato il 14 agosto sotto gli auspici UE».
o   Come Juvénal Habyarimana dopo l’offensiva patriottica ruandese nell’ottobre 1990, anche Déby utilizzerà la scusa del colpo di Stato per reprimere i movimenti armati di opposizione.
o   Le truppe francesi collaboreranno con quelle chadiane colpevoli di assassinii politici, esattamente con in Ruanda 15 anni fa’, anche se le due situazioni non sono paragonabili.
o   In Francia lo spettacolo televisivo della liberazione degli umanitari occulterà il salvataggio militare di un potere predatore ed assassino: 6 bianchi colpevoli valgono 4 innocenti neri e centinaia di vittime anonime grazie alle munizioni francesi.
– Il governo francese è stato colto di sorpresa dall’offensiva dei ribelli, che ha rischiato di consegnare il paese agli alleati del Sudan, mettendo in scacco la politica francese per il Darfour, questione centrale per Parigi:
– 300 veicoli con 1500-2500 soldati delle forze ribelli avrebbero marciato per 700 km., dal Sudan attraverso il deserto, sulla capitale del Chad, Njamena.
o   Sarkozy in un primo momento ha dichiarato di limitarsi a quanto stabilito dall’accordo di cooperazione militare bilaterale del 1976: fornitura di munizione, appoggio logistico, e informazioni.
o   Il ministro francese della Difesa, Morin: garantire «la neutralità della Francia» in Chad; quello degli Esteri, Kouchner: appoggiare «chi detiene legalmente il potere».[2]
o   Già l’1 febbraio hanno partecipato agli scontri ufficiali dello stato maggiore; il 2 febbraio truppe del comando operazioni speciali (COS) [del dispositivo Epervier (1200)] hanno impedito ai ribelli di prendere l’aeroporto di N’Djamena, centro militare nevralgico del governo chadiano; l’intervento è stato decisivo nella battaglia per la capitale, con la sconfitta dei ribelli.
o   Parigi ha inviato in Chad una compagnia aggiuntiva di 126 soldati per assicurare il rientro dei cittadini francesi.
o   Truppe speciali francesi avrebbero coordinato l’attacco dell’esercito regolare contro i ribelli a Massanguet, a 50 km dalla capitale, e sarebbero intervenute nella battaglia per la capitale
o   Parigi si è mossa anche diplomaticamente: I capi di Stato dell’Unione Africana hanno condannato il tentativo di colpo di Stato in Chad, il 2 febbraio ad Addis Abeba.
o   Il 4 febbraio (risoluzione ONU) Sarkozy coinvolge la Libia di Gheddafi che, per contrastare le ambizioni regionali del Sudan, accetta di fornire munizioni per i carri armati russi T-55 dell’esercito chadiano (16 tonnellate secondo Le Figaro).
o   5 febbraio, Sarkozy: «se la Francia deve fare il proprio dovere in Chad, lo farà», ha chiesto da Bucarest il sostegno al governo del Chad, in quanto governo legittimo; i ribelli hanno accettato un “cessate il fuoco immediato”; i tre gruppi ribelli chiedono un confronto nazionale senza preclusioni, e un regime veramente democratico; avrebbero anche posto come condizione l’allontanamento di Déby.
o   Il primo ministro chadiano ha respinto il cessate il fuoco, in quanto i ribelli sarebbero stati in scacco matto;
o   Déby ha al suo comando 2-3000 uomini. La Francia ha in Chad 1400 soldati, di cui 1200 nella capitale, dispone di MIrage F1CR e di due aerei di pattuglia marittima Atlantic II.
o   Il 6 febbraio il ministro francese della Difesa, Hervé Morin, si è recato a Ndjamena per assicurare l’appoggio incondizionato della Francia.
o   Cambiano i rapporti di forza militare sul campo, a favore di Déby; i ribelli mancano di carburante e munizioni, e si ritirano. La capitale Njamena (700mila abitanti) è stata devastata e saccheggiata, le sue strade piene di cadaveri.
●    il 3 febbraio Parigi ha ottenuto la convocazione d’urgenza del C.d.S. ONU, la cui risoluzione minaccia l’intervento armato senza darne il consenso esplicito; la Russia si è opposta alla formulazione francese della risoluzione.
o   Nel settembre 2002 Chirac aveva dispiegato 3500 soldati in Costa d’Avorio per impedire ai ribelli di prendere la capitale Abijan; il mandato internazionale ONU è giunto solo dopo l’intervento francese, nel febbraio 2003.
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Daily Star     080207
E’ sul petrolio: analisti spiegano i motivi economici del conflitto in Chad
●    Il petrolio è la principale risorsa del Chad, le riserve sono probabilmente superiori a quanto finora calcolato;
●    L’opposizione vuole la sua parte; accusa il governo di Déby di aver svenduto il petrolio, per acquistare armi ed arricchire i suoi sostenitori.
o   Causa l’aumento della spesa militare, Déby non ha rispettato l’accordo con la Banca Mondiale, secondo il quale il 70% degli introiti petroliferi dovrebbero essere investiti per lo sviluppo, in cambio degli aiuti finanziari per i 1000 km di oleodotto tra i campo petrolifero chadiano di Doba e il porto di Kribi in Camerun.
o   Riserve calcolate: 1,2mn. di barili di greggio (contro i 36 mn. della Nigeria); ne estrae 150-160mila/giorno (contro 2,12 mn b/g nigeriani)
o   Nel 2004, gli investimenti esteri nel petrolifero hanno portato ad una crescita economica del 30% in Chad, crollata poi al +8% nel 2005.
o   I gruppi esteri presenti: le americane ExxonMobil, che guida un consorzio di estrazione, e Chevron assieme ala malese Petronas; esclusi i gruppi francesi e cinesi;
o   Una strategia cinese per accedere al petrolio del Chad potrebbe essere il prolungamento dell’oleodotto del Chad fino al Sudan, da dove al Cina ricava circa il 30% del suo fabbisogno petrolifero.
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Nyt     080206/07
Si smorzano gli scontri nella capitale del Chad, ma avanzano i problemi
LYDIA POLGREEN
+ Le Figaro    080206, Parigi è volata in soccorso della vittoria di Idriss Déby, Alain Barluet
●    Sembra vacillare il tentativo dei ribelli in Chad di destituire il governo di Déby, dopo che
o   la Francia ha dichiarato di voler intervenire militarmente, le truppe del Justice and Equality Movement (ribelli sudanesi del Darfur, legati al clan di Déby) sono scese in campo a favore del governo del Chad.
●    Il nuovo tentativo (il 5°) di colpo di Stato in Chad da parte dei ribelli ha aumentato le tensioni tra Chad e Sudan, con il rischio di coinvolgimento reciproco dei due paesi nei problemi interni.
●    Le alleanze e le rivalità internazionali accrescono il rischio che l’intera regione finisca in una conflitto fuori controllo come quello che ha avvolto la regione centrafricana dei Grandi Laghi dopo il genocidio del Ruanda del 1994.
●    Aumenta l’insicurezza di oltre 2,5 mn. di rifugiati su entrambi i lati del confine Chad-Sudan;
o   Negli scontri attuali circa 20 000 chadiani sono fuggiti verso la città di Kousseri, in Camerun; 6-7000 si sono stabiliti in un vecchio campo profughi presso il fiume Chari.
– Nonostante i recenti incassi miliardari provenienti dal petrolio, il Chad rimane uno dei paesi più poveri e meno sviluppati, il suo governo è ritenuto uno dei più corrotti dell’Africa.
– John Prendergast, ex funzionario nell’amministrazione Clinton, ha operato per 20 anni in Chad e Sudan: da circa 4 anni è in corso una guerra per procura tra Sudan e Chad, tramite i rispettivi gruppi di ribelli; il Sudan ha tentato di spodestare Déby per l’appoggio che fornisce ai gruppi ribelli del Darfur, e la sua disponibilità ad una forza europea in Chad a difesa dei profughi del Darfur presso il confine orientale con il Chad.
– Il gruppo di ribelli darfuriani Justice and Equality Movement (JEM) ha aiutato militarmente a difendere il governo Déby nel recente tentativo di putch;
– I ribelli del Darfur operano apertamente nel Chad orientale, ma questa è la prima volta che hanno ammesso pubblicamente di aver aiutato Déby.
– Secondo lo specialista dell’americano Social Science Research Council, Alex de Waal, la crisi in Chad, non deriva dal quella del Darfur, ma viceversa; i due paesi hanno simili divisioni etniche e problemi politici.
– Parte dei primi Janjaweed, le milizie arabe utilizzate dal governo sudanese contro i ribelli del Darfur, erano arabi del Chad; alcuni degli attuali capi di gruppi ribelli non-arabi del Darfur sono ex militari delle forze armate chadiane.
– Le forze del governo chadiano hanno ripreso possesso della capitale con camion di soldati armati con armi automatiche e lanciagranate. Sia tra le forze regolari che quelle ribelli ci sono bambini-soldato (HRW).
– Tutte le elezioni dal 1990 sono state falsificate e nelle ultime l’intera opposizione è stata incarcerata.
[1] Gli Zaghawa sono stati i primi africani neri ad essere cacciati dalle milizie Janjaweed dal Darfur, Déby ha allora fornito loro un rifugio e armi.
I Janjaweed provenivano originalmente dal Chad, erano allevatori nomadi; quando salì al potere Déby dovettero  fuggire in Darfur, dove c’erano tribù Zaghawa ma mancando l’amministrazione statale costituirono propri gruppi di difesa, che vennero utilizzati da Khartoum per i propri fini politici. In questo senso il conflitto in Darfur è anche una guerra civile in territorio straniero.  
[2] Il ministro francese degli Esteri Kouchner è uno dei fondatori di “Medici senza frontiere”, aveva voluto la missione Eufor per “contenere la violenza” .
Le Monde       080212
L’Eufor se déploie de nouveau au Tchad
LEMONDE.FR avec AFP et Reuters | 12.02.08 | 16h42 • Mis à jour le 12.02.08 | 16h45
–   Le déploiement de l’Eufor a repris, mardi 12 février, au Tchad après onze jours d’interruption, avec l’atterrissage à Abéché, dans l’est du pays, d’un avion militaire transportant du matériel, a annoncé un porte-parole de la force européenne de maintien de la paix.
"Un Hercules C130 a atterri aujourd’hui à 14 heures à Abéché avec des équipements à son bord, marquant la reprise effective du déploiement de l’Eufor Tchad-RCA", a déclaré le lieutenant-colonel Philippe de Cussac. Ce vol "sera suivi dans les jours qui viennent d’autres acheminements sur N’Djamena et Abéché, notamment des détachements de soldats qui arriveront en ‘précurseurs’, pour préparer l’arrivée du gros des forces", a précisé l’officier.
3 700 MILITAIRES DONT 2 100 FRANÇAIS
–   La force européenne doit être déployée dans l’est du Tchad et en Centrafrique pour y assister, sur mandat des Nations unies, une mission de police de l’ONU et protéger 450 000 réfugiés du Darfour (ouest du Soudan) et déplacés tchadiens et centrafricains. L’Eufor Tchad-RCA, qui aurait dû initialement commencer à fonctionner en novembre, a eu du mal à se constituer et à se doter des moyens logistiques nécessaires. Une fois au complet, ce qui devrait intervenir en mai, l’Eufor sera composée de 3 700 militaires de seize pays, dont environ 2 100 Français.
–   Les trois principales nations contributrices – la France, l’Irlande et la Pologne – fourniront le noyau des trois bataillons qui seront déployés dans cette zone de plusieurs centaines de milliers de kilomètres carrés. Dix autres pays de l’UE ont promis des contributions moindres en hommes ou en éléments de soutien logistique : Suède, Autriche, Belgique, Espagne, Finlande, Grèce, Italie, Pays-Bas, Portugal, Roumanie et Slovénie. L’offensive des rebelles l’a un peu plus retardée, mais si rien ne vient l’interrompre à nouveau, l’Eufor devrait être en mesure de fonctionner vers la troisième semaine de mars, selon une source militaire européenne.
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Le Monde       080213
Point de vue – Obscénité franco-tchadienne,
par Jean-François Bayart, directeur de recherche au CNRS
LE MONDE | 12.02.08 | 13h20 • Mis à jour le 12.02.08 | 13h20
–   Idriss Déby a pris le pouvoir par les armes en décembre 1990. Il venait de Libye et du Darfour et avait bénéficié de l’aide militaire française pour chasser Hissène Habré, devenu embarrassant. Il a persisté dans son être présidentiel jusqu’à aujourd’hui à grand renfort de combats, de répression, de fraudes électorales, de manipulations constitutionnelles.
–   Pillant sans ambages les ressources de l’économie nationale, bafouant les accords signés avec la Banque mondiale quant à l’utilisation de la rente pétrolière, impliqué dans la contrebande avec l’Arabie saoudite, spéculant contre sa propre monnaie à l’approche de la dévaluation du franc CFA, en janvier 1994, grâce aux informations dont il bénéficiait en sa qualité de chef d’Etat, éclaboussé par un trafic de faux dinars de Bahreïn, il a néanmoins joui du "soutien sans faille" de la part de la France. Les rebelles qui veulent maintenant le renverser sont eux-mêmes issus de son entourage et ont donc longtemps bénéficié des sollicitudes de Paris avant de trahir un maître désormais moins partageux.
–   Nicolas Sarkozy a doublé la mise. Au risque de finir de s’aliéner ses partenaires européens qui déjà redoutaient le dévoiement de la force européenne (Eufor), il a engagé dans les combats des officiers d’état-major, le 1er février, et des éléments du commandement des opérations spéciales (COS), le 2. Il a ensuite livré des armes le 4 février via la Libye, dont le dirigeant avait été reçu en décembre 2007 à Paris avec les égards que l’on sait. Le 6 février, le ministre de la défense, Hervé Morin, s’est rendu à N’Djamena pour réitérer le "soutien sans faille" de la France au président Déby, et, pour que chacun comprenne le message, il s’est fait photographier l’oeil dans le viseur d’une arme automatique.
–   A quelques mois de la présidence française de l’UE, le coût diplomatique de ce choix sera élevé. Politiquement, et sans doute militairement, il sera payé en pure perte puisque le régime tchadien est exsangue et n’est plus qu’un miraculé du COS. Tôt ou tard, il sera remplacé par l’un de ses clones, avec ou sans l’aide du Soudan.
–   Les livraisons d’armes nourriront la reprise de la guerre dans l’est du Tchad et au Darfour, voire en Centrafrique. Jusque-là, cette politique absurde reste dans la continuité des années 1990-2000. L’habillage onusien ex-poste de l’intervention française ne constitue pas non plus une rupture, quoi qu’en dise l’Elysée. Jacques Chirac et Dominique de Villepin étaient déjà parvenus à vêtir de la sorte l’opération "Licorne" en Côte d’Ivoire, quelques semaines après son déclenchement.
Non, la vraie rupture est ailleurs : dans la pornographie de la mise en scène, inédite dans une "Françafrique" qui pourtant n’a jamais été bégueule en la matière. Pour tenir sa promesse vantarde d’arracher aux griffes de la justice nègre L’Arche de Zoé, Nicolas Sarkozy a, dans les faits, troqué la grâce de six criminels humanitaires français contre l’arrestation musclée des quatre principaux leaders de l’opposition légale tchadienne, signataires de l’"accord politique global visant à renforcer le processus démocratique", paraphé le 14 août sous les auspices de l’Union[e] européenne.
Certes, Hervé Morin a dit vouloir se préoccuper de ceux-ci dès que la situation le permettrait. Mais deux, quatre, huit jours à 220 volts, sous le fouet ou en balançoire, c’est long, monsieur le ministre. Si tant est que ces hommes soient toujours vivants. Et sans parler de leurs militants, raflés dans les quartiers de N’Djamena, emprisonnés, torturés, voire exécutés, dans les heures et les jours qui ont suivi le miracle du COS. Paris n’a pas su, ou pas voulu, monnayer son intervention contre le respect du pluralisme et des droits de l’homme. Le ton martial du président Déby indique que la chasse aux démocrates (et non seulement aux rebelles) est ouverte. Son cynisme laisse présager le pire : "Je ne m’occupe pas du tout de ces détails que nous verrons plus tard", a-t-il déclaré à propos des quatre disparus.
–   Tout comme Juvénal Habyarimana après l’offensive du Front patriotique rwandais en octobre 1990, il a utilisé et continuera d’instrumentaliser l’attaque militaire dont il a été l’objet pour se retourner contre l’opposition légale avec la caution de la France et pour mettre hors d’état de nuire les mouvements qui auraient pu contribuer à une sortie politique du conflit armé.
–   Sur le terrain, les troupes françaises collaboreront avec des homologues tchadiens coupables d’assassinats politiques, comme au Rwanda quinze ans auparavant, même si les deux situations ne sont en rien comparables. A l’Europe, il est signifié ce que valent ses auspices, et celle-ci, au demeurant, se couche.
–   Le plus sordide reste à venir sur nos écrans de télévision. La grande joie de la nation saluant la libération de ses humanitaires égarés, mais trop injustement punis par la justice nègre, occultera définitivement le sauvetage militaire d’un pouvoir prédateur et meurtrier au prix de l’annihilation de son opposition légale.
–   Le discours de Nicolas Sarkozy sur l’Afrique, depuis son élection, nous a préparés à cette arithmétique : six coupables blancs valent quatre innocents noirs, et le sort de centaines de victimes anonymes envoyées ad patres par des munitions françaises est un non-événement puisque les médias l’ont tu et que ces morts n’appartiennent pas à l’histoire. Obscène.
–   Néanmoins, cette obscénité n’est pas qu’une faute de goût de la part d’un président qui décidément n’en a guère. Annoncée par le discours de Dakar et par le mépris affiché à l’endroit de la justice tchadienne, elle entachera définitivement son action au sud du Sahara pour le restant de sa carrière politique. Elle souille la compétence et le dévouement des serviteurs de l’Etat qui vaille que vaille oeuvrent aux relations franco-africaines dans un contexte difficile. Elle compromet le travail et la sécurité des entreprises et des ONG de notre pays, qui sont actives sur le continent. Elle plonge dans la honte et la colère les Français et les Africains qui se font une autre idée de la République et hésitent désormais à se regarder dans les yeux.
Article paru dans l’édition du 13.02.08
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Le Figaro        080208
Tchad : la France aurait participé aux combats
S.L. (lefigaro.fr) avec AP
08/02/2008 | Mise à jour : 14:16 | Commentaires 9
Patrouille française à N’Djamena. Crédits photo : AP
–   Selon La Croix, les forces spéciales françaises ont bien pris part aux affrontements. L’Etat-major dément formellement.
«En dépit des assurances données par les responsables français et tchadiens, des troupes françaises ont été engagées dans des combats visant à contrer l’offensive rebelle». La Croixen citant des sources militaires et diplomatiques : la France a soutenu militairement le gouvernement d’Idriss Déby. l’affirme vendredi
Selon le journal, «des officiers français ont notamment coordonné l’attaque menée le 1er février par l’armée tchadienne contre la colonne rebelle à Massaguet», tandis que «des éléments du Commandement des opérations spéciales (Cos) français» se sont également impliqués «dans les combats de N’Djamena».
L’Etat-major dément
L’Etat-major a formellement démenti ces informations. «Il n’y a eu aucune participation directe aux combats», affirme le commandant Prazuck, son porte-parole. «Ces informations n’ont «pas le moindre début de réalité». Il reconnaît seulement qu’ «il y a eu fourniture de renseignements, et des échanges de tirs quand les convois ont été pris sous des feux croisés». Même son de cloche au ministère des Affaires étrangères.
Liée au Tchad par un accord technique, la France affirme n’avoir fait que s’y conformer, en assurant le ravitaillement des forces d’Idriss Déby en munitions et en lui fournissant des renseignements militaires. Les rebelles qui ont tenté de renverser le pouvoir en place la semaine dernière assurent au contraire que Paris a bien participé activement aux combats.
–   La question de l’engagement militaire éventuel de la France pose question, notamment à la veille du déploiement de la force européenne Eufor au Darfour.
–   Le chancelier autrichien Alfred Gusenbauer a affirmé jeudi soir que «si un des pays membres de l’Eufor prenait activement part aux combats en mettant des troupes à disposition d’une des parties, l’UE devrait reconsidérer l’engagement de l’Eufor».
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Le Monde       080208
Tchad : Paris avait décidé de ne pas intervenir
Philippe Bernard et Natalie Nougayrède
LE MONDE | 07.02.08 | 13h35 • Mis à jour le 07.02.08 | 13h35
–   La crise du Tchad a confronté Nicolas Sarkozy, pour la première fois depuis son élection, à la délicate question de l’emploi des troupes françaises dans un pays africain en situation de quasi-guerre civile. La bataille de N’Djamena a mis à l’épreuve les idées du chef de l’Etat sur la rénovation de la relation franco-africaine.
–   Alors que, le 1er février, le régime d’Idriss Déby paraissait menacé par le déferlement des colonnes rebelles sur la capitale, le président français a décidé qu’il n’y aurait pas d’intervention de l’armée française.
–   En avril 2006, Jacques Chirac avait opté pour un "coup de semonce" d’un avion Mirage contre les forces rebelles qui se dirigeaient sur N’Djamena. Un scénario qui, cette fois, a été écarté.
C’est un tournant. Les autorités françaises ne l’ont pas clamé publiquement, car elles voulaient maintenir une ambiguïté sur leurs intentions. Il fallait préserver le potentiel dissuasif du contingent français au Tchad, face au danger d’une rébellion armée attisée par le Soudan. Ce dernier, analyse-t-on à Paris, a eu pour objectif d’empêcher l’arrivée de la force européenne Eufor aux portes de la province du Darfour.
–   En septembre 2002, face à la crise en Côte d’Ivoire, Jacques Chirac avait fait déployer 3 500 soldats français pour empêcher que les rebelles avancent sur la capitale, Abidjan. Le vote d’une résolution de l’ONU, apportant une caution et un mandat international à cette action française, était intervenu plus tard seulement, en février 2003. Dans l’affaire du Tchad, M. Sarkozy a voulu procéder autrement.
–   L’ampleur de l’attaque des rebelles tchadiens a d’abord plongé l’appareil d’Etat français dans le désarroi. Un débat a eu lieu : intervenir ou pas ? Sur le terrain, la situation était des plus confuses. Le 1er février, lors d’une réunion de crise à l’Elysée, certains prônent l’intervention directe pour faire face à l’urgence : le Tchad risquait de tomber aux mains d’alliés du Soudan. Ce qui mettait à bas, au passage, toute la politique de M. Sarkozy sur le Darfour, un dossier défini comme prioritaire.
–   Le président français se prononce contre l’intervention. "Autour de la table, tout le monde n’était pas d’accord, raconte un collaborateur. Mais le président était très sûr de lui." M. Sarkozy veut que tout engagement des troupes françaises en Afrique soit auparavant légitimé par un cadre international. Ce qui n’est pas le cas au Tchad, où la présence de l’armée française repose sur un accord de coopération militaire bilatéral datant de 1976.
M. Sarkozy veut aussi éviter deux écueils, qu’il avait décrits en février 2007, alors qu’il exposait les priorités de sa politique africaine : ne pas être " contraint de choisir entre deux mauvaises solutions : soit la France n’intervient pas, et on l’accuse d’abandonner des gouvernements souverains (…) ; soit elle intervient, et on lui reproche de s’ingérer dans les affaires intérieures d’un Etat".
LÉGITIMITÉ INTERNATIONALE
–   Face à l’attaque des rebelles tchadiens, le président français choisit dans un premier temps de s’en tenir à une application stricte de l’accord de 1976. Paris fournit des munitions, de la logistique et du renseignement à l’armée d’Idriss Déby. Sans entrer dans la bataille. A une exception près, toutefois : le 2 février, les soldats du dispositif "Epervier" empêchent les rebelles de s’emparer de l’aéroport de N’Djamena, en ouvrant le feu en riposte aux tirs des assaillants.
●    Ce rôle pèsera lourd dans l’issue de la bataille pour la capitale, car c’est à l’aéroport que se concentrent des éléments cruciaux de l’appareil militaire tchadien.
Parallèlement, la diplomatie française s’active, en quête d’une légitimité internationale pour l’engagement militaire au Tchad. Une coïncidence de calendrier va la servir. Le 2 février, à Addis Abeba, les chefs d’Etat de l’Union[e] africaine (UA) sont réunis en sommet. Ils dénoncent une tentative de renversement de régime par la force. Ce sera le point de départ de l’effort français à l’ONU.
–   La France convoque une réunion en urgence du Conseil de sécurité, le 3 février. Les Français n’obtiennent pas un feu vert explicite à une intervention armée, mais le texte final, voté le lendemain, est suffisamment ambigu pour en laisser planer la menace.
–   A partir de ce moment, Paris se dit officiellement prêt à combattre, à condition que la demande en soit faite formellement par Idriss Déby. Ce que le président tchadien ne fait pas – du moins pas publiquement. Avec son profil de chef de guerre, il ne veut pas apparaître trop redevable envers Paris. Mais au plus fort des combats, alors qu’il se sentait acculé par la rébellion, M. Déby a bel et bien sollicité discrètement l’aide des Français. "Il voulait qu’on agisse, commente-t-on à Paris. Il est habitué aux vieilles méthodes…"
– La France préfère recourir à d’autres moyens.Elle se tourne vers la Libye de Mouammar Kadhafi, qui veut elle aussi contrecarrer les ambitions régionales du Soudan, et accepte de livrer des pièces de munitions pour les tanks de fabrication russe T-55 de l’armée tchadienne.
–   Le rapport de force militaire sur le terrain tourne graduellement en faveur du président Déby, au grand soulagement des responsables français. Les rebelles tchadiens commencent à se replier. Ils manquent à la fois de carburant et de munitions.
–   Paris a évité d’apparaître comme un gendarme solitaire en Afrique, sans pour autant "lâcher" un régime ami. Mais si, à l’avenir, le Soudan devait repasser à l’attaque, cette retenue tiendra-t-elle ? Comment cette crise va-t-elle affecter le déploiement de la force Eufor, censée protéger les réfugiés du Darfour, mais qui risquerait d’être entraînée dans des combats inter-tchadiens ?
Et comment expliquer que les Français, fournisseurs de renseignements militaires au régime tchadien, aient à ce point été pris de court ? Début janvier, Idriss Déby avait envoyé ses hélicoptères bombarder des rebelles sur le territoire soudanais. Une grave erreur, dit-on aujourd’hui à Paris. Car les services de renseignement de Khartoum avaient rapidement prévenu : une riposte aurait lieu.
Chronologie
28 février 2007. En campagne électorale, M. Sarkozy déclare que les interventions militaires françaises en Afrique "sont parfois mal comprises, en Afrique comme en France". "Je souhaite que l’armée française reste au service de la sécurité de l’Afrique, mais sous mandat de l’ONU et de l’Union[e] africaine", dit-il.
25 septembre. A l’initiative de la France, l’ONU vote le déploiement dans l’est du Tchad d’une force européenne (Eufor) chargée de protéger les réfugiés du Darfour et de stabiliser la région.
5 février 2008. Fort du soutien de l’ONU face à l’offensive rebelle au Tchad, M. Sarkozy déclare que "si la France doit faire son devoir au Tchad, elle le fera".
Arche de Zoé : Idriss Déby n’exclut pas d’accorder une grâce
–   Le président tchadien Idriss Déby a laissé entendre, mercredi 6 février, qu’une grâce était envisageable pour les six membres de L’Arche de Zoé, emprisonnés en France pour "tentative d’enlèvement d’enfants" au Tchad, suscitant un espoir prudent des avocats et des proches des condamnés.
"A partir du moment où la Constitution tchadienne me donne le droit d’élargir qui que ce soit, tchadien ou étranger, ce n’est pas impossible, si la France le demande bien sûr, que j’examine cette question", a dit le président Déby à N’Djamena. Jeudi matin, interrogé sur Europe 1, il a confirmé que cela pourrait aller vite : "Qu’est-ce que ça m’apporte que cinq ou six Français condamnés restent en prison ? Je suis prêt à leur pardonner." Depuis la confirmation de la peine de huit ans de prison par le tribunal de Créteil, le 28 janvier, la seule possibilité de libération pour les six Français serait une grâce présidentielle tchadienne.
A Paris, Me Olivier Desandre-Navarre, avocat du logisticien Dominique Aubry, a vu dans les propos du président Déby un "signe très encourageant". – (avec AFP.)
Article paru dans l’édition du 08.02.08
 
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Daily Star        080207
It’s about oil: Analysts explain economic motives for conflict in Chad
By Agence France Presse (AFP)
Thursday, February 07, 2008
PARIS:
–   Underlying the Chad conflict is a struggle to control the country’s oil resources, which are vital – despite their modest size – to the future of one of Africa’s most impoverished nations. "Oil plays an important role" in the current struggle between forces loyal to Chadian President Idriss Deby and rebels determined to drive him from power, said Philippe Vasset, editor of the specialized newsletter Africa Energy Intelligence.
"While the conflict is essentially political, reflecting lingering communal resentments … there is also a significant bounty to share," Vasset said.
Nicolas Sarkis of Arab Oil and Gas magazine, noting that oil is Chad’s principal resource, said "the opposition accuses the government of having sold off the riches of the country."
For Philippe Hugon, a researcher specializing in African economic affairs, "the oil wealth has been partially siphoned off and wasted on arms spending and on building up the personal fortunes of people close to Idriss Deby."
"The rebels want their share," Hugon added.
–   Under terms of an agreement with the World Bank, Chadian authorities are required to allocate 70 percent of the country’s oil earnings to development in exchange for the bank’s financial support for a 1,000-kilometer pipeline between Chad’s Doba oil field and the Cameroonian port of Kribi.
–   But Chad’s major creditors last year complained that Deby’s government was not respecting the 70-percent obligation, notably because of an increase in military spending.
–   Chad pumps 150,000 to 160,000 barrels a day and has reserves estimated at 1.5 billion barrels of crude, numbers that pale in comparison with Nigeria, Africa’s top producer, which turns out 2.12 million barrels a day and has reserves of about 36 billion barrels.
Sarkis recalled that before 2003, when oil cost less than $28 a barrel, Chad had trouble financing its energy sector and attracting foreign companies. With no direct access to the sea, the landlocked country must rely on costly pipelines.
–   But with a recent spike in crude prices on world markets, Chad is becoming attractive, and its oil earnings now carry considerable weight relative to the size of its economy.
–   Foreign investment in the oil sector in 2004 enabled Chad to reach growth of 30 percent, a pace that fell back to 8 percent the following year.
Industry experts believe the country’s oil potential remains largely untapped, with new discoveries still possible and with Chad likely to draw serious interest from major consumers such as the US and China.
–   The US energy giant ExxonMobil currently heads a consortium responsible for oil extraction in Chad, along with another Chevron of the US and Petronas of Malaysia.
French group Total, and by extension former colonial power France, are not present in the Chadian oil sector.
"American companies have managed to get into the country, to the displeasure of European and Chinese firms," said Sarkis. He added that for China, which gets about 30 percent of its oil from neighboring Sudan, one possible long-term strategy would be for Chad to build an extension of its pipeline to Sudan. – AFP
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Nyt      080207
February 7, 2008
Fighting in Chad’s Capital Ebbs, but Problems Loom
By LYDIA POLGREEN
NDJAMENA, Chad — The body brigade had its work cut out for it.
After three days of fierce fighting between government troops and rebels here, most of the civilian dead had been carried off, mourned and buried by their families. But the dead rebels had been lying in the streets for days, abandoned by their fleeing compatriots, bloating amid black clouds of flies. Even the soldiers held their noses.
“We are just cleaning the garbage off the streets of Ndjamena,” said Hassana Abdoulaye, the provincial governor, smiling as he watched a crew of firemen heave the corpses into a bright yellow front loader, which then tipped them into a dump truck headed for a mass grave. Just a few smears of dried blood remained.
“Everything is back to normal,” Mr. Abdoulaye said.
Chad’s president, Idriss Déby, dressed in military fatigues with five stars pinned to his chest, was in a jubilant mood as he declared at a news conference at the presidential palace on Wednesday that “we have control, not only of the capital but of the whole country.”
●    But other remnants of the battle that nearly toppled Chad’s government last weekend will not be wiped away so easily. The clash has heightened tensions between Chad and Sudan, threatening to pull the two neighbors deeper into each other’s vexing problems.
Each country accuses the other of fomenting rebellions across their shared border, and now that Sudanese rebels who had previously been focused on their own struggle in the western Sudanese province of Darfur have come to the aid of Mr. Déby, it has added fuel to the cross-border enmity.
–   Such international alliances and rivalries increase the chances that the entire region could fall into a vast and uncontrolled conflict like the one that engulfed the Great Lakes region of Central Africa after the Rwandan genocide of 1994 — something diplomats and activists have been hoping to avoid.
–   More immediately, the long-sought international peacekeeping missions in both countries have struggled to deploy, because of the new violence here in Chad and the Sudanese government’s stalling tactics in Darfur. This has plunged the fates of more than 2.5 million refugees on both sides of the border into even greater uncertainty.
–    “The war for Chad is not over,” wrote Alex de Waal, a scholar who specializes in Sudan and Chad at the Social Science Research Council, on his blog, Making Sense of Darfur. “It is likely to become more bloody and involve a wider humanitarian disaster before any solutions can be grasped.”
Those who ventured out for the first time since the fighting began here on Saturday found a ruined city. The mirrored glass facade of a government building known as the People’s Palace was a jagged grimace of menacing shards. Bullet holes pitted the offices of the nation’s top court and its Ministry of Mines.
Even as Mr. Déby played host to France’s minister of defense, who flew in to lend support to the beleaguered Chadian government and visit French troops based here, the rebels who attacked Ndjamena said they were regrouping, rearming and planning a new assault.
–   Mr. Déby once again accused Sudan of using Chadian rebels as proxies to try to topple his government and install a client state.
“It is not a rebellion,” Mr. Déby said of the alliance of armed groups aimed at deposing him, one of which is led by his nephew, calling them “mercenaries used by Sudan.”
–   John Prendergast, a former Clinton administration official and antigenocide activist who has worked in Chad and Sudan for 20 years, said Sudan had been trying to overthrow Mr. Déby because of his support for Darfur rebel groups and his willingness to allow a European peacekeeping force to deploy in Chadto protect Darfur refugees living on the country’s eastern border with Sudan.
–   “This has been an undeclared proxy war between Chad and Sudan for nearly four years now,” he said in an e-mail message. “The international community has largely turned a blind eye.”
Sudan has denied these accusations, and argues that it is Chad that is fomenting trouble in Sudan’s backyard by supporting rebels in Darfur, claims that were bolstered by the arrival on the battlefield of the Darfur rebel group the Justice and Equality Movement to help defend Mr. Déby’s government.
–   Chad’s crisis has often been seen as an extension of the conflict in Darfur, but those who study the region argue that in some ways the reverse is true, and that the fates of Chad and Darfur, which share a long, porous border and many of the same ethnic splits and political problems, have long been intertwined.
–   Many of the problems that led to the conflict in Darfur originated in Chad, according to Mr. de Waal. Some of the first janjaweed, the fearsome Arab militias used by the government to fight the rebels in Darfur, were actually Chadian Arabs, he said, and some of the figures who would later become central to the non-Arab rebel groups in Darfur had fought in Chad’s army at one time.
As dawn arrived for the second time here without a grim soundtrack of bullets and bombs, people hesitantly trickled out of hiding and onto the dusty streets of the capital on Wednesday, searching for food, water, fuel and news. But little was available. Most shops remained shuttered, except the many that were burned or picked clean by looters amid the fighting.
“We are all hungry, and there is nothing in the market,” said Pauline Bagamla, who was scooping water out of a city fountain, hoping to find some rice or manioc to cook in it. “I am hoping someone brings us something to eat.”
–   A trickle of people returning to Ndjamena across the two bridges connecting Cameroon to Chad turned into a steady stream by afternoon. The United Nations said that about 20,000 people had fled the fighting, and that about half were living in the open near the Cameroonian border town of Kousseri. The conditions were so miserable that many decided to take their chances and come home.
“We could not find anywhere to sleep, so what could we do?” said Martine Nailibi, who was crossing back to Chad from Cameroon, followed by a gaggle of nine barefoot children, each toting a pot or pan, blanket or bundle. “We just pray the fighting does not start again.”
The city’s hospitals were filled with bullet-riddled patients, many of whom had waited days to seek medical attention. At one hospital, a young woman arrived in the back of a taxi, barely conscious and wrapped in cloth. She had been wounded several days earlier in the fighting, said Dr. Claire Rieux of the aid group Doctors Without Borders.
“Now there is a very serious risk of infection,” Dr. Rieux said. “Many were too afraid to come.”
–   After days of defending the presidential palace from a rebel assault, Chad’s army demonstrated its firm grip on the capital on Wednesday by sending truckloads of soldiers bristling with automatic weapons and rocket-propelled grenades racing through the city at top speed. Among them were soldiers who appeared to be children.
At one checkpoint, a boy whose voice had not yet broken sat atop a pickup, his gun barely taller than he was, his red beret a loose fit on his small head.
“He is 9,” one of the other soldiers said with a laugh. “No, he is 14.”
Asked whether the boy had seen combat, his older compatriot grabbed his automatic weapon and smiled, saying, “He can handle this and heavy weapons too.”
A Human Rights Watch report released last year said that many children across Chad were being pressed into fighting, either with the rebels or the army.
Mr. Déby, who took power in a military coup in 1990, has tried to frame the rebellion against him as purely a mercenary operation orchestrated by Sudan and made up of opportunists. But Chad, a country that has not known a peaceful transfer of power between rulers in its nearly five decades as an independent country, has plenty of problems of its own.
–   It remains one of the world’s poorest and least developed countries despite earning billions of dollars in oil revenues in the past few years, and its government is viewed as one of the most corrupt in Africa. Opposition politicians boycotted the last presidential election, in 2006, and in the last few days leading opposition figures have been rounded up and arrested. Human rights organizations expressed concerns that they would be tortured or killed.
Asked why politicians had been arrested, Mr. Déby replied, “I am here to save my country. I don’t occupy myself with such details.”
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Nyt      080206
February 6, 2008
Chad’s Capital Eerily Quiet as Rebellion Falters
By LYDIA POLGREEN
NDJAMENA, Chad —
–   A rebellion aimed at toppling Chad’s president appeared to falter Tuesday as France declared that it would intervene to protect the Chadian government if called upon, and a Darfur rebel group with close ties to the Chadian government said it had sent troops to help bolster the president, Idriss Déby.
French military officials in Chad said the rebels were far from Ndjamena, the capital, and the streets of the city were quiet. For the first time since the weekend, the sound of automatic gunfire disappeared. But the streets were virtually empty — many thousands have fled into neighboring Cameroon, and most people who remained stayed indoors, according to French soldiers who patrolled the city.
The bodies that had been putrefying in the streets were removed, but evidence of the previous day’s gun battles remained in the blackened husks of pickup trucks used by government and rebel fighters.
Recent fighting in the city has left at least 1,000 people wounded, a spokesman for the International Red Cross said Tuesday, citing reports from a team that visited several hospitals in Ndjamena, but it could give no estimate of the numbers killed by the fighting and cautioned that many of the wounded might not have been able to reach hospitals.
–   French support, along with help from fighters of a Sudanese rebel group with ties to Mr. Déby’s family, strengthened the government’s position markedly.
Responding to questions from journalists in France as to whether French soldiers would intervene to help Mr. Déby’s government, the French president, Nicolas Sarkozy, said: “If France must do its duty, it will do so. Let no one doubt it.”
–   A commander from the Justice and Equality Movement, a Darfur rebel group that has been fighting Sudan’s government and its allied militias in the war-ravaged region for the past five years, said some of the rebel troops had left their base in eastern Chad, along the border with Sudan, to reinforce Chadian government troops.
–   The addition of Darfur rebels to the fray adds new confusion to a tangle of conflict in Chad and Sudan, two of the most violent African countries. They have accused each other of fostering rebellions against them, and events in recent days point to evidence that both are probably right.
The Chadian rebels once advancing on Ndjamena have found shelter in Sudan, something that would certainly require Sudanese government approval, analysts and diplomats say. The Darfur rebels operate openly in eastern Chad, though this is the first time they have publicly admitted to helping Mr. Déby militarily.
Despite what was apparently the retreat of the rebels, the situation remained tense. Government television and radio remained off the air, and cellphone networks that were taken down to hamper rebel communication were still off Tuesday.
–   At least four leading opposition figures have been arrested in the past few days, including Ngarlejy Yorongar, a member of Parliament who once lost a presidential election to Mr. Déby. Reed Brody, a lawyer at Human Rights Watch, said government soldiers had burst into Mr. Yorongar’s house, shot and wounded his driver and hauled off Mr. Yorongar, one the government’s most strident critics. Three other opposition leaders were also arrested, and none have been heard from since Sunday, human rights workers said.
“These opposition leaders are at grave risk of being tortured or forcibly disappeared,” Tawanda Hondora, director of the Africa program for Amnesty International, said in a statement. “The Chadian government seems to be using the current conflict with the armed opposition as a cover for arresting people peacefully opposed to government policy.”
–   Up to 20,000 people have fled across the Chari River to the town of Kousseri, in Cameroon, according to staff members of the United Nations refugee agency, who reached it on Monday.
The agency was preparing for the arrival of more refugees. Some had found shelter with relatives, others at schools, but 6,000 to 7,000 had reached a former refugee camp near the river and were the most vulnerable, most of them spending the night in the open, the agency said.
Despite the lull in the fighting on Tuesday, agency staff members said civilians were still moving toward Cameroon, while others searched for food and other supplies that have become increasingly scarce and expensive.
The agency said it was about to airlift 90 tons of supplies to Cameroon from Dubai and was preparing to move people to a site that can hold up to 100,000 people.
Nick Cumming-Bruce contributed reporting from Geneva, and Basil Katz from Paris.
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Le Figaro        080209
La France et l’Eufor prises dans la tempête tchadienne 
De notre envoyé spécialà N’Djamena,
Thierry Oberlé
08/02/2008 | Mise à jour : 20:28 | Commentaires 13
●    Les polémiques sur l’aide militaire apportée par Paris au président Déby font renaître les réticences des partenaires européens.
CE DEVAIT être la nouvelle prison de N’Djamena, ce sera le centre de commandement arrière de l’Eufor, la force européenne chargée de sécuriser l’est du Tchad où s’entassent les victimes de la crise du Darfour. Quelques soldats construisent là les bâtiments préfabriqués du futur camp baptisé Europa. Ils sont protégés dans cet espace, pour l’instant presque vierge, par des militaires venus en voisins de la base de l’opération « Épervier ». Le général Jean-Philippe Ganascia, qui pilote l’Eufor sur le terrain, ne craint pas pour autant un mélange des genres. « Il y a une force en présence (Épervier), pourquoi la négliger au nom d’une transparence poussée à l’excès ? » assure-t-il.
–   Reste que pour ses détracteurs, l’Eufor serait un faux nez destiné sous couvert humanitaire à conforter l’influence de la France dans une région instable. Ils en veulent pour preuve la composition majoritairement française de la force et les réticences des partenaires européens, qui insistent sur les limites de l’exercice. « Le risque d’amalgame est entretenu parce qu’on a les mêmes uniformes qu’Épervier et qu’on parle français, mais nous avons un statut particulier », rétorque le général Ganascia.
–   Le soutien appuyé de Paris au régime d’Idriss Déby relance pourtant la controverse. Le chancelier autrichien, Alfred Gusenbauer, dont le pays a prévu de mettre à disposition 160 membres de ses forces spéciales, s’est inquiété avant-hier de possibles dérives. « Si l’un des pays membres de l’Eufor prenait activement part aux combats en mettant des troupes à disposition d’une des parties, l’UE devrait reconsidérer l’engagement de l’Eufor », a-t-il prévenu.
Hier, la polémique a été attisée par La Croix. À en croire le quotidien, des troupes spéciales françaisesont pris part aux affrontements de la semaine dernière. Elles auraient coordonné l’attaque de l’armée régulière contre les rebelles à Massaguet, à une cinquantaine de kilomètres de N’Djamena.Elles seraient aussi impliquées dans la bataille qui s’est soldée dimanche par la retraite des assaillants de la capitale. La rébellion tchadienne ne s’est pas privée, de son côté, de parler de la « participation active » des forces françaises dans les derniers combats.
–   Le ministère de la Défense a apporté un démenti catégorique. « Aucun soldat ni aucune force spéciale n’ont été engagés », a indiqué son porte-parole adjoint, le général Christian Baptiste. « Jamais, il n’y a eu aussi peu d’interventions de la France. Et je prétends même que c’est cela qui est nouveau » , a martelé à son tour le ministre français des Affaires étrangères, Bernard Kouchner.
Les affirmations de La Croix, qui dit s’appuyer sur des « sources diplomatiques et militaires » anonymes, sont invérifiables.
Allées et venues contrariées
Il est toutefois indéniable que les militaires français fournissent à leurs homologues tchadiens, en vertu d’accords de coopération technique, des informations sur les déplacements des colonnes de rebelles. Paris a également livré d’importantes quantités de munitions (16 tonnes) aux fidèles du président tchadien. Quant aux membres du Commandement des opérations spéciales (COS), ils étaient visibles en début de semaine, mais seulement à l’intérieur de la base française. Le seul fait d’armes signalé sur place est l’ouverture du feu pour repousser une attaque des rebelles devant l’aéroport, un lieu considéré comme « vital » par les responsables de l’opération « Épervier ».
Serein malgré tout, le général Ganascia est convaincu d’une reprise dans les prochains jours du déploiement de sa force (3 700 hommes) suspendue par les combats. « Notre capacité opérationnelle initiale est retardée de trois semaines, elle devrait intervenir fin mars », estime-t-il.
Mais le général n’est pas au bout de ses peines. Les rebelles ont pris position entre la capitale et Abéché, et leurs allées et venues sur le territoire tchadien pourraient représenter dans l’avenir une menace quasi permanente. « Nous sommes politiquement neutres, mais ceux qui entreront dans un cycle de violence, dans notre zone de mandat, prennent le risque de se trouver opposés à nous », prévient-il.
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Le Figaro        080206
Paris a volé au secours de la victoire d’Idriss Déby
Alain Barluet
06/02/2008 | Mise à jour : 06:49 | Commentaires 11
●    La France a attendu que le président tchadien prenne le dessus sur les rebelles pour afficher à son égard un franc soutien.
C’est avec un soulagement non dissimulé que Paris a vu, ces derniers jours, le président Idriss Déby inverser en sa faveur le sort des armes, face aux rebelles qui l’assiégeaient dans N’Djamena. Si le retrait des groupes armés hors de la capitale ne mettait pas un point final à leur offensive, hier, l’alerte semblait écartée, permettant à la France de voler au secours de la victoire bien engagée du dirigeant tchadien.
–   Hier, Nicolas Sarkozy lui a apporté un soutien sans ambiguïté en déclarant que la France «ferait son devoir» au Tchad. Une fermeté confortée par l’adoption à l’unanimité, lundi, d’une déclaration non contraignante du Conseil de sécurité de l’ONU, appelant «les États membres à apporter leur soutien au président Déby».
Selon le président français, «si le Tchad était victime d’une agression, la France aurait conditionnel les moyens de s’opposer à cette action contraire aux règles du droit international». La déclaration onusienne conférerait en effet un caractère légal à une éventuelle intervention. À Paris, on mise plutôt sur la nature dissuasive de la proclamation du Conseil de sécurité, qui est venue s’ajouter aux condamnations du coup de force rebelle par l’Union[e] africaine et l’Union[e] européenne. Car, comme l’a indiqué Bernard Kouchner, lundi soir, la France espère bien «ne pas à avoir à intervenir militairement» au Tchad.
Comme la corde le pendu
–   Au début de l’offensive rebelle, les militaires français de la force Épervier (1 200 hommes) n’ont pas engagé d’action pour dissuader les colonnes rebelles de poursuivre leur avance, comme ce fut le cas dans le passé. Les soldats français n’ont «jamais pris part» aux combats entre armée régulière et rebelles tchadiens, déclarait hier le porte-parole de l’état-major français, le capitaine de vaisseau Christophe Prazuck, évoquant seulement des situations de «légitime défense».
«Si nous ne sommes pas intervenus, c’est aussi que le président tchadien ne nous a jamais demandé d’appui militaire», affirme-t-on à Paris. La France n’a appliqué qu’a minima l’accord de coopération militaire avec le Tchad, lui fournissant du renseignement et une aide logistique, mais se refusant à faire le coup de feu. Paris a soutenu le président tchadien assiégé dans son palais comme la corde le pendu : en lui proposant un hélicoptère pour fuir ses assaillants…
–   Si la France a montré aussi peu d’empressement à cette phase de la crise, c’est qu’une intervention aurait eu des conséquences néfastes pour l’Eufor, la force européenne à forte dominante tricolore (2 100 Français sur 3 700 soldats) dont le déploiement prévu à l’est du Tchad et en Centrafrique a été différé par les combats.
–   Pièce maîtresse de l’engagement français, laborieusement mise sur pied pour contribuer au règlement de la crise du Darfour, l’Eufor a suscité des réticences parmi les Européens, qui suspectent parfois Paris de vouloir s’en servir pour défendre son pré carré, en l’occurrence à travers la défense du régime Déby. En soutenant celui-ci à bout de bras par les armes, la France aurait prêté le flanc aux critiques pour son interventionnisme.
Paradoxalement, il n’est pas certain qu’elle y échappe, en confortant, avec retard, un président tchadien qui a senti le vent du boulet. Malgré son souci de tourner la page post-coloniale et de s’appuyer sur la légitimité internationale, Paris n’a manifestement pas renoncé à peser, politiquement et militairement, sur un pays jugé capital pour le maintien de son influence en Afrique.
–   Par son poids géographique, aux confins des mondes sahélien, africain et arabe, le Tchad est considéré comme un verrou dont Paris veut garder la clé, avec l’aval d’Idriss Déby. Un président qui sait se montrer compréhensif, comme on l’a vu en 2007 lors de l’affaire de L’Arche de Zoé.
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Faz      080205
Tschad – Gemeinsam gegen Déby
Von Thomas Scheen, Johannesburg

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