Occupazione in crescita nel 2005 ma grazie a emersione e precariato

ITALIA, LAVORO

REPUBBLICA Mer. 22/3/2006   LUISA
GRION


Il bilancio dell´anno evidenzia un forte aumento delle
regolarizzazioni degli immigrati

L´Istat: 158mila posti di lavoro in più,
118mila a termine


ROMA – L´occupazione aumenta: secondo l´Istat
nel 2005 ci sono stati 158 mila posti in più rispetto all´anno precedente. Un
salto dello 0,7 per cento dietro il quale, però, c´è soprattutto la regolarizzazione
del lavoro di immigrati prima in «nero» – fenomeno che inciderebbe per circa i
2/3 sul totale – ma anche la crescita del precariato, il crollo dei posti al
Sud e la preoccupante tendenza, manifestata da chi un posto non ce l´ha, a non
cercarlo più
.
Alla cifra finale dei 158 mila occupati si arriva tenendo conto che nel 2005,
rispetto all´anno prima, c´è stato un boom del lavoro a termine (118 mila
posti, oltre il 28 per cento di quelli creati fra i dipendenti) cui hanno fatto
da contrappeso i 299 mila occupati in più a tempo indeterminato, ma anche i 258
mila lavoratori indipendenti in meno (categoria, sottolinea l´Istat penalizzata
soprattutto dall´andamento del ciclo economico).


A conti fatti, spiega l´Istat, la crescita dell´occupazione va dunque
riferita soprattutto alle regolarizzazioni degli stranieri, effettuata nel
2002, ma registrata dalle anagrafi solo adesso
. Il peso del fenomeno è
testimoniato anche dal fatto che il tasso di occupazione (cioè il rapporto fra
chi di fatto lavora e chi sarebbe chiamato a farlo), in età compresa fra i 15 e
i 64 anni, è allo zero piatto. E´ aumentata l´occupazione, dunque, ma anche la
popolazione alla quale riferirla
.
E se il tasso di disoccupazione sta scendendo (7,7 per cento rispetto all´8 del
2004), va anche detto che vi è un preoccupante aumento dell´«inattività»:
ovvero delle persone che una volta cercavano lavoro e ora hanno deciso di
lasciar stare, di non cercarlo più
(l´1,1 per cento nella media nazionale
che diventa 2,1 nel Sud e che riguarda, in generale, più le donne che gli
uomini).
Il Meridione d´altra parte è penalizzato anche nei dati generali
sull´occupazione: la media nazionale dello 0,7 per cento deriva infatti
dall´1,3 per cento del Nord-ovest (88mila posti); dell´1,1 del Nord-est (52 mila);
dell´0,8 del Centro (più 38 mila posti) e del meno 0,3 per cento (20 mila posti
in meno)
. Va detto, tra l´altro, che la tendenza all´aumento
dell´occupazione è risultata in rallentamento rispetto nell´ultimo trimestre
rispetto ai primi mesi del 2005.
Ora sui dati le interpretazioni si scontrano. Il governo è soddisfatto, i
sindacati no
. Per il ministro del Welfare Roberto Maroni «le cifre sono
inequivocabili». «Confermano la bontà e l´efficacia delle iniziative prese in
questa legislatura in tema di mercato del lavoro
– ha detto – in
particolare la legge Biagi continua a dare ottimi frutti, nonostante una
situazione economica difficile con crescita vicina allo zero». Per i
sindacati
non è affatto così: «Una rondine non fa primavera – ha detto
Raffaele Bonanni, segretario confederale della Cisl – non c´è da farsi
illusioni che ci siano segnali di dinamismo sul fronte occupazionale. Siamo ben
lontani dagli obiettivi di Lisbona
: non cresce il numero delle donne
occupate, gli ultracinquantenni rimangono fuori dal ciclo produttivo, i giovani
meridionali continuano ad emigrare al nord o all´estero. C´è una
flessibilità che è diventata sinonimo di precarietà, senza regole e tutele contrattuali»
.

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