Nell’Est Sudan è in attesa il prossimo conflitto

Africa, Sudan, pol. interna            Die Welt              05-08-08

Jens Wiegmann
[Cfr. artt. Faz e Nyt, Die Welt 05-08-01/02/07]

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Con la morte del neo vice-presidente del Sudan, John Garang, cresce il timore del fallimento dell’accordo tra il Nord musulmano e il Sud a maggioranza cristiano-animista (che sono solo il 5% del totale della popolazione sudanese, contro il 70% di musulmani) e per il 25% da seguaci di religioni animiste.

Garang sarà presto sostituito dal suo vice nel movimento di liberazione del Sud Sudan, Salva Kiir, 54 anni, appartenente come Garang alla tribù dei Dinka, la maggiore del Sud.

Come Garang, Kiir ha fatto parte dell’esercito sudanese, ed è poi passato ai ribelli; mentre Garang si è laureato negli Usa e si è fatto conoscere tanto in Sudan, che nel resto dell’Africa e nell’Occidente, Kiir non è conosciuto all’estero, da cui il Sudan spera di ricevere aiuti per lo sviluppo.

Kiir è rimasto escluso dalle trattative con il Nord, con cui però ora deve formare un nuovo governo, i cui 2/3 (??) dei posti spettano al Splm, il movimento separatista del Sud.

Critiche all’accordo concluso tra Garang e il presidente Bashir:
–          l’ex primo ministro deposto 16 anni fa da Bashir, Sadiq al-Madhi: la nuova costituzione tutela solo gli interessi del Partito del Congresso al governo e del Splm;

–          Hassan al-Turabi, prima mentore di Bashir ed ora uno dei suoi maggiori oppositori, influente leader islamico;

–          Sia  Hassan al-Turabi che Madhi non si sentono adeguatamente rappresentati.

L’accordo raggiunto tra Nord e Sud non ha ancora chiarito a chi appartengano le tre province del Centro del Sudan. Il tema più scottante è il petrolio, presente quasi solo nel Sud. Quasi la metà delle esportazioni petrolifere va oggi alla Cina. L’accordo stabilisce la suddivisione 50:50 delle entrate derivanti dall’export petrolifero tra Nord e Sud.

Continuano gli scontri nella provincia occidentale del Darfur, che non può far leva su risorse petrolifere per negoziare. L’Occidente è meno interessato agli eventi del Darfur anche perché qui le milizie arabe al servizio del governo centrale perseguitano musulmani africani e non cristiani.

Anche nella regione orientale, in cui si trovano miniere d’oro e i porto di Port Sudan sul Mar Rosso, stanno iniziando scontri, simili a quelli del Darfur. L’Est chiede a Kartum una parte dei proventi delle miniere e del porto.

Il governo centrale sfrutta i conflitti etnici per combattere i ribelli del “Fronte Orientale”, che pur non possedendo giacimenti petroliferi possono controllare il porto di Port Sudan.

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Die Welt         05-08-07

I Sudanesi del Sud credono sia stato attaccato

Freia Peters

Prevista la successione alla vice-presidenza del capo di stato maggiore dell’esercito degli ex ribelli, Slava Kiir.

Kiir, diversamente da Garang, è favorevole alla piena indipendenza del Sud rispetto a Khartum.

Il sospetto di un omicidio riaccende gli scontri tra gli abitanti cristiani del Sud e i commercianti arabi del Nord stanziatisi a Juba, che secondo gli accordi è riconosciuta al Sud; Juba non sono ancora state ritirate 60 000 truppe governative.

Anche il presidente dell’Uganda, Yoweri Museveni, tra i più stretti alleati del Sud-Sudan, sospetta l’omicidio.

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[Faz: Si calcola che la guerra civile, durata 21 anni, abbia causato 1,5-2 mn. di vittime, con 4 milioni di profughi.

In seguito alla morte di Garang si sono avuti disordini nell’area petrolifera attorno a Malakal; il leader dell’Spla, Isaiah Kolang Mabior, ha invitato la popolazione alla calma.

Nyt: John Garang de Mabior, 60 anni, nato nel giugno 1945 da famiglia cristiana nel Sud Sudan, tribù Dinka. Laureato in economia presso il Grinnell College, Iowa nel 1969. Ritorna in Africa, ma nel 1981 termina il dottorato presso la Iowa State University. Aderisce alla ribellione Anya Anya contro il governo nel 1970. Come ufficiale dell’esercito sudanese segue un corso di addestramento nella  United Staes Army Infantry School – Accademia di Fanteria dell’esercito degli Stati Uniti, presso Fort Benning, Ga.

Nei primi anni ’80 guida un movimento di ribellione dei cristiano-animisti del Sud contro il governo a controllo arabo di Khartoum, movimento che si trasforma in guerra civile quando il governo impone la legge islamica nel 1983. Si ammutina assieme al suo battaglione, e per oltre 20 anni dirige il movimento ribelle.

Garang si era recato più volte in visita negli Usa, dove era ricevuto a livello di presidenti e segretari di Stato.

Due settimane prima della sua morte aveva nominato suo vice Salva Kiir Mayardit.

Kiir, egli stesso comandante militare, non ha l’esperienza politica di Garang e neppure i suoi ampi collegamenti con l’estero. La dimensione religiosa del conflitto aveva attirato l’interesse e l’appoggio di molte congregazioni cristiane degli Usa. Prima ancora del funerale, un vescovo cattolico ha tenuto un servizio di commemorazione di Garang.

L’amministrazione Bush ha avuto, dietro le quinte, un ruolo importante nei tentativi di accordo degli ultimi anni tra le due parti in guerra. Die Welt         05-08-08
Im Osten wartet der nächste Konflikt
Selbst wenn es im Süden ruhig bleibt, stehen Sudan turbulente Zeiten bevor
von Jens Wiegmann
Berlin – Nach dem Tod John Garangs wächst die Angst, das Friedensabkommen zwischen dem christlich-animistischen Süden und dem moslemischen Norden könne scheitern. Es
war nach mehr als 20 Jahren Bürgerkrieg im Januar in Kraft getreten, seit Anfang Juli gilt die neue Verfassung. Positiv ist, daß Garangs Stellvertreter in der Sudanesischen Volksbefreiungsbewegung SPLM, Salva Kiir, nur wenige Tage später zum Nachfolger ernannt wurde. Befürchtungen, es könne zum Streit um die Neubesetzung des Postens geben, haben sich nicht bestätigt. Der 54jährige trat damit auch die Nachfolge Garangs als Vizepräsident des Sudan und als Präsident der Südregion an. Sie wird vornehmlich von Christen bewohnt, die landesweit fünf Prozent der Bevölkerung ausmachen, und von Anhängern einheimischer Religionen (rund 25 Prozent). 70 Prozent der Sudanesen sind Moslems.
Kiir gehört wie Garang zur Volksgruppe der Dinka, der größten im Süden. Wie Garang diente er erst in der sudanesischen Armee, um dann zu den Rebellen überzulaufen. Während jedoch Garang, der in den USA promovierte, mit seiner charismatischen Art sowohl die Menschen im Sudan, als auch afrikanische und westliche Politiker beeindruckte, ist Kiir im Ausland kaum bekannt. Von dort benötigt der Sudan aber dringend Kapital für den Wiederaufbau. Zudem hatte Garang die Verhandlungen mit Präsident Omar Hassan al-Baschir allein bestritten – Kiir blieb außen vor. Nun soll er gemeinsam mit Baschir eine neue Regierung bilden, knapp zwei Drittel der Posten stellt die SPLM.
Dabei drohten dem neuen Frieden bereits zu Lebzeiten Garangs viele Gefahren. Der vor 16 Jahren von Baschir gestürzte Ex-Premierminister Sadiq al-Mahdi kritisierte sofort, die neue Verfassung berücksichtige nur die Interessen der regierenden Nationalen Kongreßpartei (NCP) Baschirs und der SPLM. Scharfe Worte fand auch Hassan al-Turabi, der sich vom ehemaligen Mentor Baschirs zu einem seiner schärfsten Gegner entwickelt hat. Der einflußreiche Islamistenführer erklärte, seine Partei sowie die von Mahdi würden nicht angemessen repräsentiert.
Die Verfassung steht zudem auf tönernen Füßen. Sie gilt vorerst sechs Jahre, dann soll der Süden in einem Referendum entscheiden, ob er weiter zum Sudan gehören oder selbständig sein will. Dabei ist die ungelöste Frage, ob drei Provinzen im Zentralsudan zum Norden oder Süden gehören, noch das kleinere Problem. Das mit Abstand wichtigste Thema ist Öl, das fast ausschließlich im Süden zu finden ist. Daran hat China großes Interesse, das bereits heute die Hälfte der sudanesischen Ölexporte abnimmt. Laut neuer Verfassung sollen die Einkommen aus den Ölexporten zwischen Nord und Süd 50:50 geteilt werden. In der westlichen Provinz Darfur halten derweil die Kämpfe an, dort gibt es keine Ölvorkommen, um Verhandlungen zu erzwingen. Außerdem verfolgen die arabischen Milizen afrikanische Moslems und nicht Christen – das Interesse des Westens ist daher geringer als im Süden.
Problematisch ist auch der karge Osten. Die Region zeige Signale, die an Beginn des Konflikts in Darfur erinnerten, sagt Jeffrey Saltzman, Politologe an der University of North Carolina und Sudan-Experte. Wie in Darfur fühlten sich die Bewohner politisch und wirtschaftlich von Karthum vernachlässigt: "Das mit Goldminen und dem Hafen Port Sudan am Roten Meer verdiente Geld fließt nicht in Krankenhäuser und Schulen, sondern in die Hauptstadt." Die Regierung nutze zudem ethnische Konflikte, um die unliebsamen Rebellen der "Eastern Front" zu bekämpfen. Sie haben zwar keine Ölvorkommen, können den Öl-Trumpf aber indirekt auszuspielen, wenn es ihnen gelänge, den wichtigen Hafen Port Sudan zu kontrollieren. Artikel erschienen am Mon, 8. August 2005 © WELT.de 1995 – 2005
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Faz          05-08-01
Afrika – Sudans Vizepräsident John Garang tot
01. August 2005 Die sudanesische Regierung hat den Tod ihres Vizepräsidenten John Garang bestätigt.
Er sei bei einem Hubschrauberabsturz im Süden Sudans ums Leben gekommen, erklärte das Präsidialamt am Montag in Khartum.
Garang war auf dem Rückflug von einem Besuch in Uganda. Mit dem früheren Rebellenführer seien sechs Mitreisende und sieben Besatzungsmitglieder getötet worden, hieß es. Die Regierung und die Rebellen im Süden des Landes bekräftigten, den Friedensprozeß weiterführen zu wollen. Dennoch könnte Garangs Tod die nationale Aussöhnung in Sudan einer schweren Belastungsprobe unterziehen.
Regierung und Rebellen wollen am Frieden festhalten
Taha und Garang: Friedensschluß in Nairobi am 9. Januar 2005
Erst im Januar hatten die sudanesische Regierung und Garangs Rebellenbewegung SPLA nach jahrelangen Verhandlungen ein Friedensabkommen unterzeichnet. Es beendete den 21 Jahre dauernden Bürgerkrieg im Süden des Landes, in dessen Verlauf mindestens 1,5 Millionen Menschen ums Leben kamen und etwa vier Millionen Menschen vertrieben wurden. Garang war am 9. Juli als Vize-Präsident und als Präsident des autonomen Verwaltungsgebiets Südsudan vereidigt worden.
Die Regierung bekräftigte nun, am Friedensprozeß festzuhalten. „Sein Tod macht uns nur noch entschlossener, den Weg, den er und seine Mitstreiter begonnen haben, zu beenden”, hieß es in der Erklärung. Auch die Rebellenbewegung SPLA teilte mit, sie bleibe dem Friedensabkommen verpflichtet. Alle führenden Mitglieder der Bewegung sollten nun vereint bleiben und zusammen das Abkommen umsetzen, sagte der stellvertretende SPLA-Führer Salva Kiiri in Nairobi.
Im Süden Sudans löste Garangs Tod Bestürzung aus
Die Rebellen hielten am Montag eine Krisenbesprechung in New Site im Süden Sudans ab, wo Garang eine Residenz hatte. Kiir ist als sein Nachfolger im Gespräch.
Unruhen und Plünderungen in Khartum
In der sudanesischen Hauptstadt Khartum ist es nach Garangs Tod unterdessen zu Unruhen und Plünderungen gekommen. Das berichtete der arabische Fernsehsender Al Dschazira am Montag. Auf den Bildern waren große Rauchwolken zu sehen.
Auch in der ölreichen Gegend um Malakal kam es zu heftigen Schießereien. Über mögliche Opfer wurde zunächst nichts bekannt. Der SPLA-Politiker Isaiah Kolang Mabior rief seine Landsleute zur Ruhe und Besonnenheit auf. „Niemand sollte irgendwen beschuldigen, solange die Ursache des Unfalls nicht eindeutig geklärt ist”, sagte er.
Text: FAZ.NET mit Berichten von Reuters, dpa
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Nyt          05-08-02

Death of Sudan Rebel Leader Imperils Fragile Hope for Peace
By MARC LACEY

NEW SITE, Sudan, Aug. 1 – With Sudan’s confirmation on Monday that the rebel leader John Garang had died in a helicopter crash, this country’s fragile peace plunged into the unknown. And angry southerners rioted in the capital, accusing the government of orchestra
ting his death just three weeks after he was selected as vice president.

Demonstrators cried, "Murderers! Murderers!" as they burned cars, threw stones, and in some cases physically attacked Arabs in the capital, Khartoum.

Meanwhile, with Mr. Garang’s body lying in the next hut, southern rebels huddled in this remote wilderness outpost on Monday night, desperately working to salvage the historic peace agreement that their fallen leader struck with the Sudanese government this year.

A Ugandan military helicopter that had been ferrying Mr. Garang from a meeting with President Yoweri Museveni of Uganda to this rebel command center crashed in the hilly terrain south of here on Saturday night. Mr. Garang’s six-man security detail and a crew of seven also died. Sudanese and Ugandan authorities blamed inclement weather for the crash and ruled out foul play.

Mr. Garang’s wife, Rebecca, took to the radio to try to calm her countrymen. "It is the body who has gone," she said. "His spirit, his vision, his program, we’re going to implement them."

Mr. Garang, 60, had been leader of the Sudan People’s Liberation Army for the past 21 years, ruling with a quick wit, ferocious temper and longing to see the long-suffering people of southern Sudan experience a better life.

The sobbing and anger that broke out all across Sudan on Monday was in marked contrast to the jubilation displayed on July 9, when Mr. Garang was swarmed by enthusiastic crowds as he was sworn in as vice president. Mr. Garang became the second in command to President Omar al-Bashir, the man who the rebels had long tried to topple. As they merged into one government, hopes were high for an end to a generation of war. Even beyond that, the agreement was also seen as critical to reaching peace in Sudan’s troubled western province, Darfur.

"At that time it was such a moment of hope," said the United Nations secretary general, Kofi Annan. "Here is a man who had lived and fought for peace and one united Sudan, and just as he was on the verge of achieving what he has lived and fought for, he is taken away from us."

On the face of things there was an orderly succession in place: just two weeks before his death, Mr. Garang chose a senior military commander, Salva Kiir Mayardit, as his deputy.

But Mr. Garang, even with his long experience at the helm of the rebel command, had struggled to keep southerners together. Mr. Kiir, who on Monday was selected as the commander in chief of the Sudan People’s Liberation Movement and as Mr. Garang’s replacement as national vice president, was expected to encounter the same challenges.

"I call upon all members of the S.P.L.M. and the entire Sudanese nation to remain calm and vigilant," Mr. Kiir, a tall bearded man, said Monday morning in Nairobi, Kenya, shock still evident on his face.

In a statement, Mr. Kiir and other leaders lamented the loss of a "beloved leader" and called on Mr. Garang’s backers "to remain calm under these difficult and trying moments so that the enemies of peace do not exploit the situation."

John Garang de Mabior, a Dinka tribesman, was born in June 1945 to a Christian family in southern Sudan. He earned a degree in economics from Grinnell College in Iowa in 1969. Mr. Garang returned to Africa, but in 1981 finished a doctorate in economics at Iowa State University.
He joined the Anya Anya rebellion against the government in 1970, and later was taken into the national army as part of a peace agreement. As a Sudanese officer, he received training at the United States Army Infantry School at Fort Benning, Ga.
At the beginning of the 1980’s he was at the forefront of a wave of discontent in the mostly Christian and animist south with the Arab-dominated government in Khartoum, leading to outright civil war when the government declared Islamic law in 1983. He mutinied along with the army battalion he commanded, and for more than 20 years led the rebel movement, conducting a guerrilla war against the government that would take more than two million lives through fighting, disease and starvation by its end in January 2005.

Divided by clan and frustrated by the slow pace of peace and development, southerners have shown displeasure at times with Mr. Garang’s leadership. Mr. Kiir helped convene a meeting of the rebel command in November to urge Mr. Garang to be a more inclusive leader.

Although he is a veteran commander, Mr. Kiir lacks his predecessor’s political experience and broad contacts overseas. Mr. Garang visited Washington many times and was on a first-name basis with presidents, secretaries of state and members of Congress.

Unlike Mr. Garang, Mr. Kiir is much more open about his desire for two Sudans, one north and one south. He also sheds the diplomatic niceties that Mr. Garang had adopted.

In a recent interview with a South African newspaper, he said, "It would not be our choice, but if the government violates the comprehensive peace agreement, we are ready to go back to war."

Mr. Garang was credited with championing the rights of some of the most destitute people on earth. Southern Sudan is without paved roads. Children who do go to school are often taught at a blackboard propped up against a tree. Diseases wiped out in other places still thrive here.

The religious dimension to the conflict captured the attention of many Christian congregations in the United States, leading to a wave of American sympathy for the rebellion. But many of his supporters glossed over Mr. Garang’s misdeeds. His rebel movement committed many human rights violations over the years, and opponents of Mr. Garang often disappeared and were presumed dead.

The Bush administration played an important behind-the-scenes role in shepherding the peace effort forward in recent years, leaning on both government officials and Mr. Garang to compromise.

Condolence calls came into rebel headquarters from diplomats and leaders from around the world. In Washington, Secretary of State Condoleezza Rice expressed condolences on the death of Mr. Garang in a telephone call to Mrs. Garang, and she dispatched two top envoys to encourage the Sudanese "to maintain momentum" on implementing the peace accord between north and south and in pursuing a settlement on Darfur.

Funeral plans were still under discussion, but a Catholic bishop held a memorial service here on Monday morning in which Mr. Garang’s body was enveloped in a flag. It was a design that Mr. Garang and his deputies had chosen and it signified what they called the New Sudan.

Reuben Kyama contributed reporting from Nairobi for this article, and Steven R. Weisman from Washington.

Copyright 2005 The New York Times

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Die Welt 05-08-07
Südsudanesen glauben an einen Anschlag
Vizepräsident John Garang beerdigt
von Freia Peters
Zehntausende Sudanesen und Staatsgäste aus Afrika haben gestern Abschied von John Ga-rang genommen. Der sudanesische Vizepräsident und ehemalige Rebellenchef war vergangenen Montag bei einem Hubschrauberabsturz verunglückt.
Garangs mit der grünen s&
uuml;dsudanesischen Flagge bedeckter Sarg traf am Vormittag in Juba ein. Mit ihm zogen die afrikanischen Christen Südsudans das erste Mal wieder in ihre alte Stadt zurück. Während des Bürgerkrieges hatten Regierungstruppen die Kontrolle über die historische Hauptstadt Südsudans gehabt. Entgegen der Befürchtungen und aus Respekt vor ihrem verstorbenen Führer blieb es bis zum späten Nachmittag allerdings friedlich.
Nach Bekanntwerden des Todes des ehemaligen Rebellenchefs der Sudanesischen Befreiungsfront (SPLM) war es in Juba zu heftigen Ausschreitungen gekommen. Christliche Südsudanesen und arabische Händler aus dem Norden, die sich in Juba niedergelassen hatten, gingen aufeinander los. Auch im Rest des Landes flammte die Gewalt erneut auf, insgesamt starben mehr als 130 Menschen. Juba, so will es der im Januar geschlossene Friedensvertrag, soll bald wieder an die ehemaligen Rebellen zurückgehen. Doch der Abzug der Regierungstruppen hat sich verzögert, derzeit befinden sich noch 60 000 Soldaten dort.
Seitdem Garang vor einer Woche ums Leben kam, kursiert auf den Straßen des Südsudan immer wieder diese Fama: Der Hubschrauberabsturz sei kein Unfall gewesen. So zynisch könne das Schicksal nicht sein, heißt es. Gerade drei Wochen vor seinem Tod war der ehemalige Rebellenchef der SPLM zum Stellvertreter des Präsidenten ernannt worden. Er hatte einen Friedensvertrag unterzeichnet, der das Ende des 21 Jahre andauernden Bürgerkrieges im nordostafrikanischen Land besiegelte. Das Abkommen räumt dem Süden des Landes für sechs Jahre ein Selbstbestimmungsrecht ein und sieht anschließend ein Referendum über eine mögliche endgültige Abspaltung vor.
Auch der ugandische Präsident Yoweri Museveni, der gestern gemeinsam mit vielen seiner afrikanischen Amtskollegen in Juba trauerte, hält es für unwahrscheinlich, daß der Tod Garangs ein Zufall sei. Es selbst hatte ihm seinen Hubschrauber zur Verfügung gestellt, der laut offiziellen Angaben im Nebel vor eine Bergspitze prallte und außer Garang 13 weitere Insassen in den Tod riß. Eine internationale Expertenkommission soll nun die Absturzursache anhand des gefundenen Flugschreibers aufklären. Erste Berichte melden, es seien nicht alle Sicherheitsvorschriften erfüllt worden. Wie viele Südsudanesen geht auch Museveni, ein enger Vertrauter Garangs, von einem Anschlag aus.
John Garang war die Hoffnung der afrikanischen Christen des Südsudan, ihre Interessen innerhalb der Regierung gegen die der arabischen Moslems des Nordens zu vertreten. Slava Kiir, der Stabschef der früheren Rebellenarmee, soll diese Lücke nun füllen und in der kommenden Woche zum Vizepräsidenten vereidigt werden. Kiir tritt im Gegensatz zu Garang für die vollständige Unabhängigkeit des Südens von der Regierung in der Hauptstadt Khartum ein. Er gilt als ruhiger Stratege und hatte die "Feinde des Friedens" gewarnt, die turbulente Situation nach dem Tod seines Vorgängers auszunutzen.
Artikel erschienen am 7. August 2005 © WAMS.de 1995 – 2005

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