America Latina, Venezuela, democrazia, classi
– Chávez giunge alla ribalta politica come leader di un colpo di Stato fallito contro il corrotto regime di Pérez, leader del partito socialdemocratico, Action Democratica, e responsabile della sanguinosa repressione del Caracazo, una rivolta popolare contro l’austerità imposta dall’FMI, in cui furono uccise 3000 persone.
– Scarcerato dopo due anni di carcere, fonda il “movimento bolivariano” e si presenta candidato alla presidenza nel 1998, dichiarando di non rappresentare né la destra né la sinistra, con un programma di riforme sociali ed economiche, e per porre fine al sistema bipartitico di condivisione del potere tra Accion Democratica e il partito cristiano-democratico Copei.
– Al potere propone una piattaforma politica populista di sinistra (Chávez si definisce socialista e nazionalista),
o che prevede e realizza un maggior controllo nazionale sullo sfruttamento delle risorse petrolifere del paese, la loro parziale nazionalizzazione,
o che si scontra con i gruppi USA dell’energia;
o L’ostilità Usa è provocata anche dal sostegno economico offerto a Cuba, e dai più stretti legami economici con la Cina.
– Dopo il golpe dell’aprile 2002, appoggiato dalla CIA, Chávez costretto ad abbandonare per breve tempo, torna al potere appoggiato dai militari e da una rivolta popolare degli strati più poveri.
– Gli Usa si servono di una serie di agenzie per finanziare e consigliare l’opposizione politica venezuelana di destra, la cui base è data per lo più da frazioni della oligarchia venezuelana.
– Per parte della sinistra in Europa, Nord America ed Australia Chávez è un leader rivoluzionario della classe operaia, che promuove il “socialismo del 21° secolo”.
– La politica di Chávez si fonda in realtà sull’utilizzo degli introiti petroliferi del Venezuela – che rappresentano oltre il 90% delle sue entrate e derivano per la maggior parte dall’esportazione negli Usa – per finanziare vari programmi di assistenza sociale per i poveri,
o programmi che hanno certamente diminuito l’analfabetismo, accresciuto l’assistenza sanitaria, migliorato le condizioni abitative e di reddito dei poveri che sono la maggioranza della popolazione venezuelana,
– ma le leve dell’economia sono rimaste fermamente nelle mani dell’elite finanziaria:
– il settore privato rappresenta una maggiore quota dell’economia venezuelana oggi rispetto al 1998, quando Chávez salì al potere.
– Senza mettere in dubbio la simpatia di Chávez per le masse lavoratrici oppresse, la politica della “rivoluzione bolivariana”, da realizzare senza che la classe operaia rovesciasse il capitalismo, non aveva nulla a che fare con il socialismo.
o La storia dell’America Latina è piena di regimi borghesi di “sinistra”, da Peron in Argentina, ad Allende in Cile, ai regimi militari nazionalisti di sinistra in Perù e Bolivia, anticamera a dittature militare fasciste e alle più amare sconfitte della classe operaia.
– Le dichiarazioni del presidente americano, Obama, fanno emergere la speranza di poter sfruttare la morte di Chávez per creare in Venezuela condizioni più favorevoli all’imperialismo americano.
– Non ci sono certezze sul futuro del chavismo senza Chávez, il cui governo era sostenuto dai militari, diversamente dal vice-presidente Maduro, ex autista e sindacalista,
– che si prevede sarà il candidato chavista (designato da Chávez stesso) contro Hernrique Capriles, governatore dello Stato di Miranda, sconfitto da Chávez alle elezioni dello scorso ottobre.
– Il sistema di governo populista di Chávez era zeppo di contraddizioni.
– Si calcola che abbia effettuato oltre mille espropriazioni arbitrarie di proprietà private, ma le società private hanno fatto buoni affari con il suo governo.
– I suoi attacchi al governo USA non gli ha impedito di gestire affari redditizi con essi, in particolare nel settore petrolifero.
– La corruzione e il traffico illecito di stupefacenti hanno permeato l’intero apparato statale.
– Chávez non è riuscito a contenere il crimine dilagante. Con la costruzione di milizie in parte armate a difesa della sua "rivoluzione", ha alimentato la violenza.
– Ha fatto accedere i poveri all’istruzione e all’assistenza medica; ma al contempo, nonostante gli enormi ricavi dell’industria petrolifera – che dai 20 dollari al barile quando è salito al potere è giunto a oltre 100$ – non è riuscito a creare un sistema economico efficiente.
– A causa degli espropri, elefantiasi e soprusi burocratici, la produttività ha continuato a calare. Nonostante le varie campagne a sostegno dell’agricoltura, il Venezuela deve ancora importare l’80% del cibo.
Chávez aveva bisogno di un nemico reale o supposto per mantenere il potere nei momenti più difficili; il nemico per eccellenza erano gli Usa, e ha perciò costruito rapporti di amicizia con i paesi nella lista nera di Washington; fino alla fine ha sostenuto il dittatore libico Gheddafi; ha cercato di far accettare l’Iran in America Latina, e soprattutto ha stretto forti legami con Cuba, la cui economia sarebbe da tempo in rovina senza le forniture petrolifere venezuelane e una serie di altri aiuti.
Tod von Hugo Chávez Das Ende eines selbstinszenierten Mythos
06.03.2013 · Hugo Chávez hat sein Land autokratisch regiert und geführt. Doch seine politischen Erben sind zerstritten. Die Zukunft Venezuelas ist nach seinem Tod mehr als ungewiss.
– Es war eine gespenstische Stimmung, als der geschäftsführende venezolanische Vizepräsident Nicolás Maduro vor dem fast vollständigen Kabinett und Mitgliedern der Streitkräfte eine lange Rede hielt, in der er mehrfach von einer feindlichen „Verschwörung gegen das Vaterland“ sprach und wie zum Beweis dafür ankündigte, dass zwei Attachés der amerikanischen Botschaft ausgewiesen würden, weil sie Pläne zur Destabilisierung des Landes gehegt hätten. Mit versteinerten Mienen vernahmen seine Zuhörer aus seinem Mund auch noch die These, dass die schwere Krebserkrankung, an der Präsident Hugo Chávez seit Mitte 2011 litt, ihm von fremden Mächten „eingeimpft“ worden sei. Zu diesem Zeitpunkt musste Maduro darüber informiert gewesen sein, dass Chávez nur noch kurze Zeit zu leben hatte. Drei Stunden später trat er wieder vor die Fernsehkameras und gab das Ableben des Präsidenten bekannt.
– Aus den Mutmaßungen Maduros sprach die ganze Hilflosigkeit der Hinterbliebenen, die nun das „bolivarische Erbe“ verwalten sollen. In schwierigen Situationen hatte auch Chávez immer wieder Komplotte und die Gefahr einer Intervention von außen beschworen, um seine Gefolgschaft zu einen und bei der Stange zu halten.
– Maduro und die anderen Regierungsmitglieder hatten die Illusion aufrechterhalten, dass Chávez das Land bis zuletzt vom Sterbebett aus regiert habe. Nun lässt sich nicht mehr vertuschen, dass die chavistische Erbengemeinschaft, allen Einigungsappellen zum Trotz, zerstritten ist.
– Sie muss auch ihre Anhängerschaft vor dem Auseinanderfallen bewahren. Nichts ist dabei nützlicher als ein klares Feindbild. Nur so lässt sich der Auftritt Maduros in der Todesstunde des Präsidenten erklären.
Schillerndste und einflussreichste politische Gestalt
– Chávez hat zwar, kurz bevor er im Dezember zu seiner vierten Krebsoperation nach Kuba flog, Maduro als seinen Wunschkandidaten bei Neuwahlen empfohlen. Doch hat er weder ihn noch andere zu Lebzeiten als Nachfolger aufgebaut. „El Comandante“ hatte in den 13 Jahren, in denen er Venezuela regierte, seine Herrschaft zu einem autokratischen System ausgebaut, in dem kein Platz für andere war. „Es gibt nur einen Comandante“, hatten seine Vasallen auch dann noch gebetsmühlenartig wiederholt, als Chávez durch die Krankheit seiner wichtigsten Gabe beraubt war: seiner mitreißenden Redekraft.
An den Kondolenzbotschaften der Präsidenten aus allen Weltteilen ist abzulesen, wie groß die Lücke ist, welche die schillerndste und einflussreichste politische Gestalt Lateinamerikas hinterlässt. Dies spüren nicht nur die Profiteure seiner Politik, sondern auch diejenigen, die sich an ihm abgearbeitet haben.
– Chávez hinterlasse „eine Leere im Herzen, in der Geschichte und in den Kämpfen in der Region“, schrieb die brasilianische Präsidentin Dilma Rousseff. Der kolumbianische Präsident Juan Manuel Santos, mit dem Chávez anfänglich verfeindet war, sich später aber mit ihm aussöhnte, rühmte seine „Hingabe und seinen grenzenlosen Einsatz“ im Friedensprozess Kolumbiens mit der Guerrilla.
– Chávez war schon zu Lebzeiten zu einem Mythos geworden. Daran hatte er durch Selbstinszenierung kräftig mitgewirkt. Selbst wenn sich seine Erben nicht zu einigen vermögen, wird der „Chavismus“ ähnlich wie der „Peronismus“ in Argentinien als eine karibische Sonderform des Sozialismus noch eine ganze Weile überleben. Ob sich Chávez dergleichen bereits ausgemalt hat, als er am 4. Februar 1992 gegen die damalige demokratisch gewählte Regierung des Präsidenten Carlos Andrés Pérez putschte, mag dahingestellt bleiben. „Por ahora“, einstweilen, hatte er damals gesagt, sei sein Staatsstreich gescheitert. Er musste ins Gefängnis, wurde unehrenhaft aus dem Militär entlassen. Aber er kam wieder. Bei den Wahlen im Jahre 1998 wurde er selbst zum Präsidenten gewählt.
– Von diesem Zeitpunkt an durchlebte nicht nur Venezuela, sondern ganz Lateinamerika einen politischen Wandel, wie es ihn seit der kubanischen Revolution im Jahre 1959 und dem Ende der Diktaturen in den achtziger Jahren nicht mehr gegeben hatte.
– Mit seiner „bolivarischen Revolution“ beendete Chávez in Venezuela die Vorherrschaft einer korrupten politischen Kaste, die das mit großen Ölvorkommen gesegnete Land jahrzehntelang regiert und systematisch ausgenommen hatte.
Vor allem auf den persönlichen Vorteil aus
– Dass Chávez an die Macht kommen konnte, war die Folge dieser Politik zweier Parteien, die sich ein ums andere Mal an der Regierung abwechselten und deren Politiker sich nur wenig oder gar nicht um die immer brennender werdenden sozialen Probleme gekümmert hatten. Sie waren vor allem auf ihren persönlichen Vorteil aus. Die sozialdemokratische AD (Acción Democrática) und die christlich-demokratische Partei Copei waren Repräsentanten der von Chávez geschmähten Oligarchie. Dieser rechnete Chávez zuletzt all jene zu, die nicht bei seiner „Revolution“ mitmachten.
– Sein Staatsmodell untermauerte er schon kurz nach seinem Amtsantritt mit einer neuen Verfassung. Fortan hieß das Land „Bolivarische Republik Venezuela“.
– Chávez fühlte sich zeitlebens als Reinkarnation Simón Bolívars, des Unabhängigkeitskämpfers im 19. Jahrhundert und Nationalhelden vieler südamerikanischer Länder. Er wollte dessen Idee eines geeinten Lateinamerikas umsetzen.
– Schon früh hatte er sich für Bolívar begeistert, 1982 gründete er die Bolivarische Revolutionäre Bewegung (MBR), aus der später seine Partei „Bewegung für eine fünfte Republik“ (MVR) hervorging.
– Dass Bolívar kein Revolutionär war und der wohlhabenden Schicht angehörte, darüber sah Chávez großzügig hinweg. Im Militär war er über den Rang eines Oberstleutnants nicht hinausgekommen. Als Staatschef, noch dazu in der Pose Bolívars, konnte er jedoch unangefochten die Rolle des Feldherren spielen.
Hugo Chávez hinterlässt Venezuela tief gespalten
Wie geht es weiter nach dem Tod von Hugo Chávez?
– Chávez behauptete stets, dass „das Volk“ die Macht ausübe und die einfachen Leute an den Beschlüssen seiner Regierung beteiligt seien. Tatsächlich jedoch behielt er sich die Entscheidungsgewalt selbst über kleinste Details vor. Er machte sich die Justiz untertan und baute ein staatliches Medienimperium auf, in dem er die einzige bestimmende Figur war.
– Der politische Erfolg von Chávez ist ohne sein unbestreitbares Talent als begnadeter Kommunikator und Komödiant nicht zu erklären. Es verging zumindest in der Zeit, in der ihn seine Krebserkrankung noch nicht heimgesucht hatte, kaum ein Tag, an dem er nicht in Rundfunk oder Fernsehen aufgetaucht wäre. Seine mehrstündige sonntägliche Fernsehsendung „Aló Presidente“ – Rekordsendezeit: mehr als acht Stunden ohne Unterbrechung – war legendär. Sie war Ersatz für Kabinettsitzungen und Pressekonferenzen, war Podium für Ankündigungen und komödiantische Showeinlagen. Chávez sang, scherzte, rezitierte Gedichte, interviewte illustre Gäste, maßregelte Minister oder lobte sie.
– Hugo Chávez Frías stammte aus dem am Fuß der Anden gelegenen Bundesstaat Barinas. Am 28. Juli 1954 wurde er in der Kleinstadt Sabaneta geboren. Als zweites von sechs Kindern eines Lehrerehepaars wuchs er zunächst bei der Großmutter auf. Mit 17 Jahren trat er in eine Kadettenschule ein und absolvierte anschließend eine Ingenieurausbildung an einer Militärakademie.
– Schließlich war er Kommandant der Fallschirmjägereinheit in Maracay.
– Seine enge Bindung an das Militär seit früher Jugend war bestimmend für seine Politik. Letztlich war seine Regierung ein zivil-militärisches Regime, eine große Zahl von Ministern und Staatsdienern rekrutierte er aus den Streitkräften.
Herrschaftssystem voller Widersprüche
– Im Lauf seiner langen Regierungszeit hat Chávez mehrere Wandlungen durchlaufen. Anfänglich gab er sich gemäßigt, beteuerte immer wieder, dass er das private Kapital der Bevölkerung nicht antasten wolle. Doch jeden Einschnitt nutzte er, um sein nach kubanischem Vorbild gestaltetes Modell eines sozialistischen Staatsgebildes umzusetzen und auszubauen.
– Das folgenreichste Ereignis waren der gegen ihn gerichtete Putsch im April 2002 und der wochenlange Streik Ende desselben Jahres. Beide Versuche der Opposition, ihn aus dem Amt zu entfernen, waren gescheitert.
Möglicher Nachfolger: Nicolás Maduro
– Chávez’ populistisches Herrschaftssystem war voller Widersprüche. Bei den schätzungsweise mehr als tausend häufig willkürlichen Entei gnungen von Privatbesitz ging er nicht zimperlich vor. Private Firmen haben mit seiner Regierung trotzdem gute Geschäfte gemacht.
– Seine Attacken auf die amerikanische Regierung hinderten ihn nicht, mit den Vereinigten Staaten einträgliche Geschäfte vor allem im Erdölgeschäft abzuwickeln.
– Korruption und illegaler Drogenhandel durchdrangen den gesamten Staatsapparat. Chávez gelang es nicht, die ausufernde Kriminalität zurückzudrängen. Mit dem Aufbau von teilweise bewaffneten Milizen, die seine „Revolution“ verteidigen sollten, leistete er der Gewalt sogar Vorschub.
– Den armen Bevölkerungsschichten, die von früheren Regierungen nicht wahrgenommen wurden, verschaffte Chávez Zugang zu Bildung und medizinischer Versorgung. Aber zugleich versäumte er es, mit den immensen Einnahmen aus dem Erdölgeschäft – bei einem Preis, der bei seinem Amtsantritt noch 20 Dollar pro Fass betragen hatte und inzwischen auf mehr als hundert Dollar gestiegen ist – in seinem Land ein effizientes Wirtschaftssystem aufzubauen. Angesichts der Enteignungen, behördlichen Schikanen und einer ausufernden Bürokratie sank die Produktivität kontinuierlich. Trotz immer neuer Kampagnen, mit denen Chávez die Landwirtschaft zu fördern versuchte, muss Venezuela noch immer 80 Prozent der Lebensmittel einführen.
– Die Konfrontation mit einem tatsächlichen oder erfundenen Gegner war für Chávez wichtig, um seine Machtstellung auch in widrigen Phasen zu erhalten. Zu seinem Lieblingsfeind hatte er von Anfang an die Vereinigten Staaten erkoren. Unter Obama schien sich das Verhältnis etwas zu bessern, trotzdem setzte Chávez seinen antiamerikanischen Feldzug bis zuletzt fort.
– Konsequent baute er freundschaftliche Beziehungen zu jenen Staaten auf, die nicht nur in Washington einen üblen Ruf besitzen. Bis zuletzt stützte er den libyschen Diktator Gaddafi. Iran versuchte er, in Lateinamerika salonfähig zu machen.
– Vor allem jedoch pflegte Chávez enge Beziehungen zu Kuba. Ohne die venezolanischen Erdöllieferungen und andere Wohltaten wäre der Staat der Castro-Brüder längst zusammengebrochen. Die Verbindungen wurden so eng, dass Kuba zuletzt fast einem weiteren Bundesstaat Venezuelas glich
– . Chávez sprach, als er sich wegen seiner Krebserkrankung in Havanna behandeln ließ, immer wieder von seinem „geliebten Kuba“. Wie sich das Verhältnis zwischen beiden Ländern in Zukunft entwickeln wird, gehört zu den vielen Fragen, die sich nach dem Tod von Chávez stellen.
Venezuela’s Hugo Chávez dead
By Bill Van Auken
– After 14 years in power as Venezuela’s president, Hugo Chávez, a former military officer and left nationalist, died in a military hospital in Caracas Tuesday afternoon following a two-year battle with cancer.
– Chávez, who was 58, came to national prominence as the leader of an abortive military coup against the corrupt regime of Venezuelan President Carlos Andrés Pérez, the leader of Accion Democratica, a social democratic bourgeois party. Andrés Pérez was responsible for the bloody repression of the “Caracazo”—a popular uprising against IMF-dictated austerity measures in which up to 3,000 were killed.
– Freed after two years of imprisonment, Chávez founded his “Bolivarian” movement and ran for president in 1998, claiming that he represented “neither the left nor the right,” but was committed to a program of social and economic reform and an end to the corrupt two-party system that had traded power over previous decades between Accion Democratica and the Christian Democratic Copei party.
– After gaining power, he began espousing a left populist political platform, identifying himself as both a nationalist and “socialist.”
– Chávez earned the implacable hostility of Washington with his populist and nationalist politics. This included clashes with US-based energy conglomerates sparked by his assertion of greater national control over the exploitation of the country’s petroleum resources, his partial nationalizations, his economic backing for Cuba, and his pursuit of closer economic ties with US imperialism’s rival, China.
– In April 2002, the CIA backed a coup that saw Chávez briefly ousted from power and imprisoned before he was restored to the presidential palace by a combination of loyal military units and a popular revolt among the more impoverished layers of the population.
– Throughout Chávez’s presidency, Washington utilized agencies such as USAID, the National Endowment for Democracy and the CIA to fund and advise a right-wing political opposition that had its main base of support among sections of the Venezuelan oligarchy, which bitterly resented Chávez’s appeal to the poor as well as his own mixed-race and lower-middle class origins. Despite Chávez’s repeated victories in contested elections, successive US administrations and the American mass media sought to cast his rule as illegitimate and dictatorial.
– On the other hand, sections of the pseudo-left in Europe, North America and Australia sought to cast Chávez as a revolutionary leader of the working class, promoting his vaguely defined “21st century socialism” as a new way forward for the masses of Latin America and beyond.
– In reality, Chávez’s policies were founded on the use of Venezuela’s oil revenues, which account for over 90 percent of the country’s earnings and are based for the most part on exports to the US, to fund various social assistance programs for the poor.
– While these programs undoubtedly improved literacy levels, health care, housing and income levels for Venezuela’s impoverished majority,
– the commanding heights of the economy remained firmly in the hands of a financial elite. The private sector constitutes a larger share of the country’s economy today than when Chávez first took office in 1998. Finance capital remained, along with the military, a pillar of his government.
– There is no reason to doubt Chávez’s professed sympathy for the oppressed working masses of Venezuela and Latin America. However, the politics of his “Bolivarian Revolution,” to be realized without the working class itself overthrowing capitalism or establishing its own organs of state power, had nothing to do with genuine socialism.
– The history of Latin America is replete with examples of such “left” bourgeois regimes—from Peron in Argentina, to Allende in Chile to the left-nationalist military regimes in Peru and Bolivia—serving as the ante-chambers of fascistic military dictatorships and bitter defeats for the working class.
– Only hours before announcing Chávez’s death, Venezuelan Vice President Nicolas Maduro—anointed by Chávez as his political successor—announced the expulsion from Venezuela of the US Air Force attaché, Col. David Delmonaco, and his deputy for attempting to recruit Venezuelan military officers for “destabilizing projects.”
– President Barack Obama issued a statement indicating Washington’s hopes to exploit Chávez’s death to establish more favorable conditions for US imperialism in Venezuela. “At this challenging time of President Hugo Chávez’s passing, the United States reaffirms its support for the Venezuelan people and its interest in developing a constructive relationship with the Venezuelan government,” it read.
– Under the Venezuelan constitution, the death of the president is supposed to trigger a new presidential election within 30 days. Vice President Maduro is expected to emerge as the Chavista candidate, facing Henrique Capriles, the governor of Miranda state, whom Chávez defeated in a presidential election held last October.
– The future of Chavismo without Hugo Chávez is by no means certain. The former paratroop lieutenant colonel had ties to the military, a key pillar of his government, that Maduro, a former bus drivers’ union[e] leader and the husband of Chávez’s attorney during his post-1992 imprisonment, lacks.
The importance of these ties was underscored by the appearance on Venezuelan national television, directly following Maduro, of the chief of the country’s military, Admiral Diego Molero, who appealed for “unity, tranquility and understanding” among Venezuelans and pledged the armed forces’ loyalty to the constitution.
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