L’utilità della secessione + vari

Sudan, secessionismo, petrolio
Gfp     090709
L’utilità della secessione
+ Daily Star 090718

Accordo tra i nemici Nord-Sud in Sudan su misure per evitare scontri armati sul petrolio

Andrew Heavens

●     La Germania ha mire per il distretto petrolifero sud-sudanese di Abyei, disputato militarmente tra il governo federale sudanese di Khartum (nel Nord) e quello separatista di Juba (Sud Sudan);

        il Tribunale internazionale dell’Aia deciderà a breve a chi toccherà Abyei in caso di secessione.

        Nel distretto di Abeyei viene estratto circa ¼ di tutto il petrolio sudanese, soprattutto da CNPC, la compagnia petrolifera statale cinese, che coopera con il governo centrale.

        La regione ha visto forti tensioni già nel 2007 e 2008, con rapimento di lavoratori petroliferi cinesi e scontri sanguinosi che hanno quasi distrutto la capitale distrettuale e causato fughe di massa.

        Nella guerra civile 1983-2005 2 milioni le vittime e 4 milioni i profughi;

        la ripresa del conflitto avrebbe forti ripercussioni sull’area, sull’intero Sudan e sull’industria petrolifera del paese

●     Nel Sud si teme che il Nord utilizzi le elezioni del prossimo anno per impedire il referendum; secondo un censimento della popolazione il Sud avrebbe molti meno abitanti del Nord, che disporrebbe di una maggioranza parlamentare di ¾.

●     il Sud sta armandosi per una guerra di secessione, e crescono le tensioni

●     in vista del referendum sulla secessione, previsto per il 2011 dall’accordo di pace del 2005 che avrebbe dovuto porre fine ad oltre due decenni di guerra civile tra il governo centrale e l’SPLM (Movimento di liberazione del popolo del Sudan), che ha però lasciato insolute diverse importanti questioni, compresa quella dei confini di Abyei.

        Nel recente incontro tra Nord e Sud Sudan sponsorizzato dall’inviato USA, Scott Gration le parti hanno promesso di accettare la decisione dell’Aia;

        l’accordo uscito dall’incontro non presenta nulla di sostanzialmente nuovo (aumento delle truppe ONU e invio di delegati delle due parti ad Abyei per mantenere la calma dopo la decisione dell’Aia (prevista per il 22 luglio 2009); nessun accordo invece sulla preparazione delle elezioni nazionali (aprile 2010), sul contestato censimento della popolazione, e su una serie di leggi ritenute centrali per l’accordo di pace;

        In vista dei negoziati tra Nord e Sud Sudan, i media sudanesi riportano notizie di un attacco l’aereonautica del Chad avrebbe sferrato un attacco nel Darfur Occidentale, il quarto in due mesi; Sudan e Chad si accusano a vicenda di sostenere i ribelli entro i propri confini.

        Dopo una serie di trattati di riconciliazione, sempre violati, il Qatar starebbe organizzando una nuova riconciliazione tra Sudan e Chad.

        Il trattato del 2005 (Comprehensive Peace Agreement) ha stabilito la suddivisione dei proventi petroliferi tra nord e Sud, la creazione di un governo di coalizione, l’indizione di elezioni nazionali per il 2010 e di un referendum sulla secessione nel 2011.

        Nel clima di tensioni in corso tra Nord e Sud Sudan Berlino offre un ulteriore appoggio ai separatisti del Sud con l’invio di 20 poliziotti per addestrare la polizia regionale (nel quadro delle missioni ONU UNMIS – Sud Sudan – e UNAMID[1]).

        Unmis deve controllare il rispetto dell’accordo di pace, ma in realtà continuano da anni le forniture armamenti al Sud Sudan senza alcuna denuncia da parte dei militari Unmis, tedeschi compresi, (fece scalpore lo scorso autunno la notizia di una nave, sequestrata davanti alle coste della Somalia, carica di carri armati ed altri armamenti destinata al governo separatista del Sud; gli osservatori sono a conoscenza di altre precedenti forniture di armi).

        Un missionario di Agenzia Fides denunciò nell’autunno 2007 che i soldati del Sud erano perfettamente armati, con nuove armi e nuove uniformi; gran parte delle entrate del governo provvisorio del Sud sono destinate a spese per armamenti; i militari di Juba sono integrati solo teoricamente nelle forze armate regolari, come previsto dal trattato di pace del 2005, mentre in realtà continuano a creare loro proprie unità. Il Sud può armarsi perché l’Occidente non solo lo ignora, ma sostiene il governo di Juba con vari programmi di aiuto che sgravano sensibilmente il bilancio statale.  

●     Appoggia gli apparati repressivi sud-sudanesi anche l’organizzazione governativa tedesca per lo “sviluppo” GTZ (Società per la cooperazione tecnica).

        GTZ sta costruendo un’arteria stradale strategicamente importante, che collega Malakal, nel Nord dell’area secessionista passando per Juba (futura capitale) al confine del Kenia, che in caso di secessione rende possibile i rifornimenti del nuovo Stato passando per il Kenia.

        Su richiesta del governo regionale GTZ assiste i separatisti nella creazione di un’amministrazione statale (che coinvolge anche l’area di Abyei), ed ha aiutato il governo tedesco a fornire agli apparati repressivi del Sud la tecnica per le comunicazioni e informazioni.

Partecipa all’addestramento ed armamento dei poliziotti africani per il Darfur anche la THW, agenzia per “l’aiuto tecnico” del governo federale tedesco, che si presenta in Germania come agenzia civile, ma che in realtà presta un crescente appoggio a polizia e militari impegnati all’estero.

[1] Nel quadro della missione Unamid, la Germania addestra poliziotti di diversi paesi africani destinati all’intervento nella guerra civile del Darfur.

Gfp      090709

Der Nutzen der Sezession

09.07.2009
BERLIN/KHARTUM/JUBA

–   (Eigener Bericht) – Angesichts neuer Sezessionsspannungen im Sudan verstärkt Berlin seine Unterstützung für die südsudanesischen Separatisten. Die Bundesregierung hat vergangene Woche beschlossen, mehr Polizisten als bisher zum Aufbau der südsudanesischen Polizei zu entsenden. Hilfen für die Repressionsbehörden des Südsudan leistet auch die deutsche "Entwicklungs"-Organisation GTZ.

–   Die deutschen Südsudan-Projekte beziehen eines der am stärksten umstrittenen Gebiete ein: den erdölreichen Distrikt Abyei.

o    Ob Abyei im Falle einer Sezession des Südsudan dem Separatistenregime in Juba zugeschlagen wird oder aber beim Nordsudan (Khartum) verbleibt, soll in Kürze entschieden werden. Gewaltexzesse nach der Bekanntgabe des Ergebnisses sind nicht auszuschließen, zumal das für 2011 angekündigte Sezessionsreferendum bereits jetzt die Spannungen anheizt. fermenti Unter den Augen deutscher Militärs rüstet der Südsudan auf und bereitet sich auf einen Sezessionskrieg vor.

Spannungen

–   Im Sudan nehmen die Spannungen angesichts der erwarteten Sezession des südlichen Landesteiles erheblich zu. Nach jahrzehntelangem Bürgerkrieg hatten die Zentralregierung in Khartum und die südsudanesischen Separatisten Anfang 2005 ein Friedensabkommen geschlossen, das für 2011 ein Referendum über die Abspaltung des Südsudan vorsieht. Mit dem Näherrücken des Referendums intensivieren sich die Auseinandersetzungen zwischen den Kontrahenten, zumal die für nächstes Jahr angekündigten Wahlen in den Sog der Staatsspaltung zu geraten drohen.

–   Ursache ist, dass laut einer Volkszählung die Bevölkerung des südlichen Landesteiles viel weniger Menschen umfasst als vermutet. Die nördlichen Abgeordneten könnten demnach die südlichen Abgeordneten mit Dreiviertelmehrheit überstimmen und so das Sezessionsreferendum womöglich verhindern.[1] Im Süden hat dies wütende Proteste ausgelöst; die Wahlen werden verschoben, neue Konflikte drohen.

Besatzungshilfe

–   Vor diesem Hintergrund weitet Berlin seine Unterstützung für die südsudanesischen Separatisten aus. Wie die Bundesregierung mitteilt, können künftig bis zu 20 Polizisten im Rahmen der beiden UNO-Missionen UNMIS und UNAMID in den Sudan entsandt werden. Im Mittelpunkt steht dabei nicht der Einsatz in Darfur (UNAMID), der in den letzten Jahren größere Aufmerksamkeit erfahren hat.

–   Deutsche Polizisten bilden Kollegen aus mehreren afrikanischen Staaten aus, die bei UNAMID eingesetzt werden, um den Bürgerkrieg in Darfur zu kontrollieren. An Ausbildung und Ausrüstung der afrikanischen Polizisten für Darfur ist auch das bundeseigene Technische Hilfswerk (THW) beteiligt. Das THW umgibt sich sich im Inland mit einem zivilen Anschein, leistet tatsächlich jedoch zunehmend Unterstützung für Polizei und Militär bei Besatzungsaufgaben in fremden Ländern.[2]

Staatsaufbau

–   Zentrale Bedeutung kommt derzeit jedoch dem Polizeieinsatz im Südsudan (UNMIS) zu. Deutsche Organisationen sind seit Jahren mit dem Aufbau staatlicher Strukturen in dem Sezessionsgebiet befasst. Die bundeseigene Entwicklungsagentur GTZ ("Gesellschaft für Technische Zusammenarbeit") baut nicht nur eine strategisch wichtige Straße, die Malakal im Norden des Sezessionsgebietes über Juba (die künftige Hauptstadt) mit der kenianischen Grenze verbindet und nach der Abspaltung eine von Khartum unabhängige Versorgung des neuen Staates via Kenia ermöglicht.

–   Daneben unterstützt sie im Auftrag des "Präsidialamtes" in Juba die Separatisten beim Aufbau einer staatlichen Verwaltung. Berlin hat die Maßnahmen um einen deutschen Beitrag zum Polizeiaufbau erweitert und jüngst die südsudanesischen Repressionsapparate mit Kommunikations- und Informationstechnik ausgestattet. Behilflich war dabei ebenfalls die "Entwicklungs"-Organisation GTZ.[3]

Erdölgebiet

–   Dabei sollen die Maßnahmen, wie das Auswärtige Amt mitteilt, auf eines der umstrittensten Gebiete im Sudan ausgeweitet werden: auf den Distrikt Abyei.[4] Dort wird derzeit ein Viertel des gesamten sudanesischen Erdöls gefördert,

–   vor allem von der China National Petroleum Corporation (CNPC), die eng mit Khartum kooperiert.

–   Juba verlangt, dass Abyei dem Sezessionsgebiet zugeschlagen wird; in diesem Monat soll das Internationale Schiedsgericht in Den Haag darüber entscheiden.

o    Die Region ist schon lange heftig umstritten. Im Jahr 2007 waren chinesische Ölarbeiter in Abyei entführt und ermordet worden; 2008 folgten brutale Kämpfe, die die Distrikthauptstadt fast völlig zerstörten und eine Massenflucht aus dem Gebiet verursachten.

o    Zwar haben Khartum und Juba kürzlich bei einem Treffen in Washington zugesagt, die Den Haager Entscheidung akzeptieren zu wollen.[5] Dennoch werden neue Kämpfe nicht ausgeschlossen; das deutsche Polizeiprojekt wäre dann unmittelbar involviert.

Aufrüstung

–   Während der Staatsaufbau im Südsudan mit deutscher Hilfe voranschreitet und auch das umstrittene Gebiet Abyei einbezieht, rüstet Juba für einen kommenden Sezessionskrieg auf – unter den Augen deutscher Militärs. Erst vor wenigen Tagen hat der Bundestag das Sudan-Mandat für die deutschen Soldaten verlängert, die bei UNAMID (Darfur), vor allem aber bei UNMIS im Südsudan eingesetzt sind.

–   UNMIS soll die Einhaltung des Friedensabkommens überwachen; dies gilt auch für deutsche UNMIS-Kräfte. Bereits im vergangenen Herbst sorgte ein vor Somalia gekapertes Schiff mit einer Ladung Panzern und weiterem Kriegsgerät für Aufsehen; es war für das Sezessionsregime in Juba bestimmt.

–   Auch über weitere Rüstungslieferungen in den Südsudan waren Beobachter schon damals informiert (german-foreign-policy.com berichtete [6]). Beschwerden der deutschen UNMIS-Soldaten über die friedensgefährdenden südsudanesischen Kriegsvorbereitungen sind bis heute nicht bekannt. Dabei warnten Beobachter erst vor kurzem erneut, die Entwaffnung der Bürgerkriegsmilizen im Südsudan komme nicht voran, während gleichzeitig weiter aufgerüstet werde.[7]

Entlastungsprogramme

–   Die kriegstreibende Aufrüstung des Südsudan unter den Augen des Westens – auch Deutschlands – ist seit Jahren bekannt, ohne dass dagegen eingeschritten wird.

–   Schon im Herbst 2007 berichtete ein Missionar, die "Soldaten aus dem Süden" seien "perfekt ausgerüstet", "mit neuen Waffen und neuen Uniformen".[8] Ein "Großteil der Einnahmen der provisorischen Regierung im Süden" werde "für Rüstungsausgaben verwendet"; Jubas Militärs seien "nur theoretisch in die regulären Streitkräfte integriert, wie dies von den Friedensverträgen 2005 vorgesehen war". "In Wirklichkeit bilden sie immer noch eigene Einheiten".

–   Die Aufrüstung sei möglich, weil der Westen sie nicht nur ignoriere, sondern dem Regime in Juba mit diversen Hilfsprogrammen unter die Arme greife und die Etats der Sezessionisten damit spürbar entlaste, kritisierte der Missionar.

Prowestlich

Damit hat er das Anliegen der westlichen Staaten recht präzise beschrieben. Khartum entzieht sich seit Jahren dem Zugriff der westlichen Hegemonialmächte; Berliner Regierungsberater beklagen zudem, Sudan sei "ein Kernland chinesischen Engagements in Afrika" geworden.[9] Beides gilt für das Sezessionsregime in Juba nicht. Es kontrolliert einen Großteil der sudanesischen Rohstoffe und ist bereit – das unterstützen zahlreiche deutsche Maßnahmen -, sich von Khartum abzukoppeln und mit Kenia und anderen prowestlichen Staaten Ostafrikas zu kooperieren (german-foreign-policy.com berichtete [10]). Die dazu erforderliche Sezession wird von Berlin gedeckt – inklusive der nötigen Kriegsvorbereitungen.

[1] Der Friedensprozess ist blockiert; taz 12.06.2009

[2] s. dazu Hilfstrupp fürs Militär

[3], [4] Polizeiaufbau im Südsudan; www.auswaertiges-amt.de 15.06.2009

[5] Sudan: Countdown für Friedensabkommen; www.afrika.info 25.06.2009

[6] s. dazu Staatsaufbau

[7] Human Security Baseline Assessment: Conflicting priorities; sudan issue brief 14, May 2009

[8] Afrika/Sudan; agenzia fides 12.10.2009

[9] Stefan Mair, Denis M. Tull: Deutsche Afrikapolitik. Eckpunkte einer strategischen Neuausrichtung, SWP-Studie S 10, März 2009. S. dazu Partner und Störer

[10] s. dazu Zerschlagen und neu aufbauen und Transatlantische Front

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Daily Star        090718
Sudan’s North-South foes agree on steps to curb oil violence
Saturday, July 18, 2009
Andrew Heavens
Reuters

–   KHARTOUM: Former foes from Sudan’s North-South civil war have agreed on measures to prevent clashes over a contested oil area, but remain divided on other disputes after two days of talks, one of the parties said on Friday.

–   Political tensions are rising in Sudan in the build-up to a decision by the Permanent Court of Arbitration in The Hague next week on the boundaries of Abyei, a central Sudanese region close to oil fields claimed by both the north and the south.

–   Abyei’s borders were among a number of divisive issues left unresolved in a 2005 peace deal that ended more than two decades of civil war between Sudan’s government and the south’s dominant Sudan People’s Liberation Movement (SPLM).

–   Forces from both sides have clashed in Abyei since the agreement and analysts have warned remaining disputes between the two sides could still drag the region back to conflict if left unresolved.

–   Any return to civil war would have a devastating impact on the surrounding region, Sudan itself and the country’s oil industry.

–   Leaders from the two sides met in Khartoum on Wednesday and Thursday to try and hammer out their remaining differences in a summit brokered by US Sudan envoy Scott Gration.

–   SPLM delegation leader Malik Agar told Reuters the sides had agreed to a package of measures to try and maintain calm in Abyei after The Hague ruling, expected on July 22.

–   “Once the decision is made in The Hague, one side is going to feel disappointed. We need to avoid any violence,” he added. “The measures are really an elaboration of what we have already agreed. There was no big progress in the meetings.” He said the parties had agreed to an increase in the number of UN peacekeepers in Abyei and would send their own high- ranking delegations to the town on the day to try and ease tensions.

Both sides also repeated a promise to accept the Hague court’s ruling whichever way it fell. No one was immediately available to comment on the meeting from the northern delegation, led by presidential adviser Ghazi Salaheddin.

–   Agar said the parties had so far made little progress in resolving a string of other disputes, including preparations for national elections, a disputed census and a raft of laws seen as central to the peace deal.

The North-South talks are due to continue on Sunday and Monday after Gration returns from a two-day visit to Sudan’s strife-torn Darfur region.

–   Two million people died and 4 million fled their homes between 1983 and 2005 as North and South Sudan battled out differences in ideology, ethnicity and religion.

–   The 2005 Comprehensive Peace Agreement shared oil revenues between the North and South, set up a coalition government and promised elections, now scheduled for April 2010, and a referendum on southern independence in January 2011.

Chadian aircraft conduct air raid in Sudan

–   KHARTOUM: Chadian aircraft launched an air raid inside Sudanese territory on Thursday, days after reports the countries were planning reconciliation talks, Sudanese state media reported. The Sudanese Media Center quoted a senior army officer saying two aircraft attacked land in the Sudanese state of West Darfur on Thursday morning – the fourth reported Chadian raid on Sudan in two months.

“The army is ready and just waiting for instructions to retaliate,” army chief of staff Lieutenant General Mohammad Nasr al-Din was quoted as saying, adding that there were no casualties.

No one was immediately available from Sudan’s armed forces, or from Chad’s government, to confirm the report.

–   Relations between the two countries have become entangled in Sudan’s festering Darfur conflict and each country has accused the other of supporting rebels inside its borders.

–   Sudan accused Chad of launching three bombing raids on its territory in May. Chad has said it has the right to deal with attacks from insurgents within Sudan’s borders.

–   Chad accused Sudan of sending rebel forces over its border earlier in May.

–   Sudanese state radio reported earlier this week that Qatar was planning to bring Sudanese President Omar Hassan al-Bashir together with Chadian President Idriss Deby for a reconciliation conference.

–   Sudan and Chad have signed a string of similar deals in recent years, but they have blamed each other for breaking them, sometimes within days of signing the agreements.

The joint UN/African Union[e] UNAMID peacekeeping force in Darfur said it was investigating reports of bombing in the territory, but could not confirm them itself. – Reuters

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