Israele, Medio Oriente, Europa
CORRIERE Mar. 28/2/2006
Giuseppe Sarcina
Non sarà Hamas a gestirli. La
Commissione chiede a Israele di restituire le entrate fiscali
BRUXELLES – I fondi sono per l’Autorità nazionale
palestinese e il suo presidente (moderato) Abu Abbas; ma il messaggio e
l’apertura di credito sono per Hamas e il suo leader (integralista radicale)
Khaled Meshal. La Commissione europea stanzia altri 120 milioni di euro per «i
bisogni del popolo palestinese». La decisione rientra nelle strette competenze
dell’esecutivo di Bruxelles, ma ieri è stata avallata e in qualche modo
«vestita» politicamente dai ministri degli Esteri Ue. L’Unione Europea, dunque,
si smarca dalla linea intransigente seguita da Israele. Lo scorso 19 febbraio
il governo guidato da Ehud Olmert aveva bloccato il flusso di entrate fiscali
destinate all’Autorità palestinese: 55 milioni di dollari al mese che servono,
soprattutto, per pagare gli stipendi di circa 140 mila dipendenti pubblici a
Gaza e in Cisgiordania. Ieri, per altro, la Commissaria alle Relazioni esterne,
Benita Ferrero-Waldner, ha invitato Israele «a restituire questi soldi ai
palestinesi», mentre James Wolfensohn, inviato speciale del Quartetto per il
Medio Oriente (Usa, Onu, Ue, Russia) avverte che l’Anp «rischia il crollo
finanziario in due settimane».
L’intera discussione sul Medio Oriente si è sviluppata su margini stretti. Da
una parte, come ha spiegato l’Alto rappresentante per la politica estera e la
difesa comune Javier Solana, l’Europa «non può abbandonare il popolo
palestinese a se stesso», visto che l’amministrazione è vicina alla bancarotta.
Dall’altra i fondi non possono finire direttamente nelle casse di Hamas,
organizzazione che ancora figura nella lista delle sigle terroristiche
compilata a Bruxelles (oltre che a Washington). Infine c’è l’eterno problema di
non perdere di vista gli israeliani, di non incoraggiare anche a Tel Aviv e
Gerusalemme, ormai a pochi giorni dalle elezioni, una deriva di estremismo
speculare a quello di Hamas.
La soluzione trovata dovrebbe, nei piani di Bruxelles, salvare le forme
politico-diplomatiche: i 120 milioni di euro transiteranno per canali esterni
all’esecutivo provvisorio in carica a Ramallah. Nel dettaglio 40 milioni di
euro serviranno a pagare le forniture di gas, luce e altri servizi di base nei
Territori. Sarà direttamente la Commissione europea a staccare gli assegni, a
fronte di ricevute convalidate da una società internazionale di «audit». Altri
64 milioni di euro saranno gestiti, pronta cassa, dagli uffici dell’Agenzia
dell’Onu incaricata del sostegno socio-sanitario alle popolazioni. Infine la
Commissione metterà a disposizione altri 17,5 milioni di euro gestiti da un
Fondo della Banca Mondiale. In sostanza vengono tagliati fuori i dirigenti
palestinesi, sia quelli di Hamas sia quelli che fanno capo ad Abu Mazen. Nel
corso del vertice i ministri Ue hanno concordato che in questa fase il
presidente possa svolgere un ruolo essenziale, pilotando la formazione di un
governo che, per quanto guidato da Hamas, possa risultare presentabile sulla
scena internazionale. Ma nello stesso tempo con i soldi l’Europa manda un
segnale politico anche agli integralisti: vedete, non vogliamo mandare in
rovina il vostro Paese, però adesso rinunciate al terrorismo ed entrate «nel
gioco politico».