Maurizio
Caprara
LA STRATEGIA
ROMA — Quando si è avviato verso le commissioni Esteri e
Difesa del Senato, chiamate a discutere il finanziamento della missione
militare in Libano, Massimo D’Alema ieri aveva con sé un appunto. Era
una traccia scritta con le cose da dire a braccio nella seduta a porte chiuse. Dopo
due righe sulla necessità di arrivare a «una soluzione del problema
palestinese», alla fine di quei fogli c’era una frase: «Aggiungerei che questa
è anche la condizione indispensabile per "reggere" all’impatto che
potrà avere la gestione della crisi nucleare con l’Iran, dopo il nulla di fatto
dell’ultima missione di Javier Solana».
Con l’aria che tira a Ramallah e a Gaza, è tutto da vedere se la questione
palestinese verrà risolta nei prossimi mesi. Ma è ormai chiaro che, pur
sperando nell’apertura in extremis di un vero negoziato, la diplomazia
italiana ha già esaminato le possibili ripercussioni di eventuali sanzioni
internazionali contro i piani nucleari della Repubblica islamica di Mahmoud
Ahmadinejad. Misure dalle quali deriverebbe l’«impatto» da
«"reggere"».
Se scattassero sanzioni, aveva dichiarato D’Alema dopo essere diventato
ministro degli Esteri, ci «costerebbero nei prossimi anni quanto un paio di
Finanziarie». L’Iran ne ha ricavato una conferma che il governo italiano
sarebbe stato tra i meno propensi a un embargo. Adesso che l’arricchimento
dell’uranio continua nonostante le Nazioni Unite abbiano intimato a Teheran di
sospenderlo entro il 31 agosto, i margini per un’intesa sembrano però sempre
più ridotti.
Lo sono sembrati ieri all’Alto rappresentante dell’Unione Europea incaricato di
convincere lo Stato di Ahmadinejad per conto di Ue, Usa e altri. Oggi sarà
proprio Solana, a Roma, a fornire gli ultimi aggiornamenti sul caso in colloqui
separati con Prodi e con D’Alema, da mesi impegnati parallelamente a dialogare
con gli iraniani sui rispettivi binari.
Con circa 4,3 miliardi di dollari di import-export nel 2004, il nostro Paese
è il primo partner europeo dell’Iran. A mitigare le preoccupazioni del governo
italiano sulle conseguenze delle sanzioni, c’è finora una convinzione: malviste
da Cina e Russia, le misure sarebbero graduali. Probabilmente si partirebbe
con un divieto a rilasciare visti di ingresso a personaggi del regime (e non è
un dettaglio definire quali), poi si passerebbe al congelamento dei beni
all’estero e così via. Motivi: evitare ripercussioni brusche sul prezzo del
petrolio, non pregiudicare riaperture del confronto.
Da settimane, D’Alema dichiara che l’Italia rispetterà ogni decisione dell’Onu.
Se poi l’ostinazione riscontrata da Solana si rivelasse soltanto un espediente
negoziale per trattare sul prezzo, a Palazzo Chigi e alla Farnesina si
tirerebbero sospiri di sollievo.
IMPORT-EXPORT Il nostro Paese è il primo partner europeo di
Teheran