L’imperialismo italiano fra USA, Europa e Medio Oriente

Si è appena conclusa la visita in Italia di George W. Bush. Il suo scopo è stato anche quello di legare maggiormente il governo italiano al carro americano, e sganciarlo per quanto possibile dal carro politico europeo. Punta a prendere due piccioni con una fava: aumentare la divisione tra gli alleati-rivali europei e ottenere maggior sostegno militare italiano in Afghanistan (dove l’Italia ha già quasi 2500 uomini). Per questo ha inizialmente appoggiato la richiesta italiana di entrare nel gruppo che tratta con l’Iran con il pretesto della non-proliferazione nucleare. 
Il governo Berlusconi spera di ottenere all’ombra degli Stati Uniti un maggior ruolo internazionale rispetto a quello che vorrebbero concedergli i partner europei, e soprattutto il lasciapassare per gli affari dei gruppi imperialisti italiani in aree con grandi risorse energetiche che gli USA cercano di ipotecare militarmente, come l’Iraq e l’Iran.
La Germania a sua volta si oppone all’ingresso dell’Italia nel gruppo che tratta sul nucleare iraniano perché l’Italia si oppone al piano tedesco di riforma dell’ONU, che prevede un posto fisso tedesco nel Consiglio di Sicurezza; probabilmente punta a uno scambio.
Se i governi alternano rivalità ed alleanze per permettere alle proprie borghesie di investire in mercati sempre più estesi e per sfruttare sempre più lavoratori, per i comunisti gli alleati sono i lavoratori di tutto il mondo e il nemico tutte le borghesie imperialiste, a partire da quella di casa propria.
Questo per noi significa denunciare non solo la partecipazione italiana alle imprese militari americane, ma anche la sua complicità nello sfruttamento dei lavoratori del Medio Oriente. Ad esempio, l’Italia è il primo partner economico dell’Iran in Europa con un interscambio commerciale che nel 2007 ha raggiunto i 6 miliardi di euro; le sanzioni decise dall’ONU ne hanno frenato gli affari (le esportazioni verso l’Iran nell’ultimo anno sono scese del 30%), ma non li hanno fermati. Nella sua visita a Roma durante il vertice FAO, il presidente Ahmadinejad ha incontrato diversi imprenditori interessati a fare buoni affari con la repubblica islamica, a prescindere dall’alleanza atlantica e dalle belle parole su diritti umani e proliferazione nucleare. I nostri imprenditori sono preoccupati non per la bomba atomica o le dure repressioni di Teheran (repressioni che anzi facilitano lo sfruttamento dei lavoratori locali), ma per la concorrenza degli altri paesi nello sfruttamento del mercato iraniano. Dal canto suo, la borghesia iraniana è molto interessata a estendere la sua influenza in Medio Oriente e a trovare soci nello sfruttamento del proprio proletariato invece che a difendere i diritti dei palestinesi o dei libanesi sciiti.
 
Le visite dei presidenti iraniano e americano sono una buona cartina tornasole dei molteplici interessi dell’Italia: il governo è cambiato, ma i suoi interessi economici e le sue mire imperialiste in Medio Oriente sono rimasti.
Da molto tempo l’imperialismo di casa nostra bilancia l’alleanza con gli USA con gli accordi con altri paesi UE (anche se una politica estera europea è ancora tutta da costruire). L’alleanza NATO gli impone dei limiti, ma non gli impedisce azioni diplomatiche da condurre in autonomia.
Come comunisti dobbiamo denunciare e contrastare sia le diverse varianti della politica estera italiana, sia i suoi principali interessi economici dei nostri capitalisti nello sfruttamento dei mercati; a noi non spetta schierarci per una maggiore autonomia dell’Italia dall’alleato americano, ma contro ogni sua azione imperialista, sia essa fatta in sintonia con gli USA che in contrasto con loro.

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