La caduta di un regime alleato (I/II)
– Giustificandolo ufficialmente con l’aiuto all’evacuazione di connazionali, come altri paesi la Germania ha inviato mercoledì due fregate (Brandenburg e Rheinland-Pfalz) e una nave appoggio (Berlin),[1] con 600 soldati a bordo, che incrociano davanti alle coste libiche. L’evacuazione sarà accompagnata da unità speciali armate, forse le forze speciali KSK; all’elicottero Sea King già presente se ne aggiungerà un secondo; già inviati due aerei Transall). L’aeronautica militare tedesca si tiene pronta a Malta; nel quadro Nato, nel Mediterraneo ci sarebbe anche la fregata Lübeck, il dragamine Datteln e la nave da ricognizione Oker.
– In realtà le navi da guerra tedesche fanno parte di una crescente presenza della marina militare occidentale, flessibile per vari utilizzi militari.
– L’Italia ha inviato un cacciatorpediniere e due navi da sbarco;
– Grecia e Gran Bretagna una fregata ognuno, la GB sta pensando di inviare anche aerei militari.
– La Turchia fa accompagnare da tre fregate l’evacuazione con mezzi civili.
– Washington sta pensando di inviare una portaerei.
– L’India invierà due navi da guerra.
– Mentre il segretario generale Nato ha ieri escluso un intervento militare,
– La UE non lo esclude, con varie opzioni:
o l’imposizione di una no-fly-zone contro l’aeronautica militare ancora nelle mani di Gheddafi, che aiuterebbe gli oppositori del regime,
o e al contempo non impegnerebbe troppo le capacità militari dell’Occidente, già impegnate in Afghanistan e altri teatri di guerra.
– Finora le esportazioni petrolifere e gli investimenti tedeschi nel settore sono stati difesi da possibili rivolte sociali grazie agli apparati di repressione libici,
o ora il dispiegamento di mezzi militari in corso serve anche a tutelare gli interessi tedeschi nel paese dalla recente minaccia di Gheddafi di far saltare strutture petrolifere e oleodotti.
– Si ipotizza anche di far marciare sulla Libia i militari egiziani e tunisini, per non mandare le truppe di terra occidentali.
– Nel movimento democratico egiziano ci sarebbero sostenitori di questo progetto, che rafforzerebbe la posizione dei militari egiziani, e che eviterebbe che il paese sfugga al controllo occidentale.
– Mentre continua il massacro dei manifestanti in Libia, Berlino e Bruxelles hanno incaricato l’agenzia europea Frontex di fermare la fuga dei profughi dalla Libia;
o si calcola che i migranti in fuga dalle violenze provenienti dall’Africa Subsahariana oltre che dalla Libia, possano raggiungere i 750mila.
o Frontex starebbe preparando un piano vincolante per tutti i 27 paesi UE.
– Fino ad ora la difesa dai profughi era uno dei punti centrali della cooperazione della UE con il regime di Gheddafi, che sembra stia per soccombere a seguito di battaglie sanguinose.
– Con lui Berlino perde un alleato, uno dei suoi maggiori fornitori di petrolio,[2] che si era dimostrato un complice efficiente a tenere lontano dall’Europa i migranti indesiderati.
o Gli organismi di repressione libici, brutali fino ad assassinarli con i profughi, sono stati addestrati e armati con l’aiuto tedesco; le tecniche di battaglia apprese e le armi fornite ora servono a reprimere le proteste.
o La cooperazione tedesco-libica contro i migranti è iniziata nel 2004, quando il ministro Interni SPD, Otto Schily, ha lanciato la richiesta populistica di creazione di campi profughi nel deserto libico. Nel concreto la cooperazione in questo campo avviene spesso tramite l’Italia.
o Lo scorso autunno è stato siglato un patto UE-Libia (definito dalla Commissione UE una “Pietra miliare nella lotta contro l’immigrazione illegale”) per respingere i migranti. Bruxelles ha promesso alla Libia €50mn. in tre anni per rafforzare i confini e costruire campi profughi.
– Frontex sta già operando per tenere lontano dalla UE i profughi provenienti dalla Tunisia.
– La violenza del regime di Gheddafi, usata anche nei massacri in corso, era da tempo nota e denunciata da varie ONG e giornalisti, in particolare per quanto riguarda il trattamento riservato dagli apparati repressivi a coloro che cercano di fuggire dalla miseria dei paesi sub sahariani.
o I migranti, arrestati e richiusi a centinaia nei container, venivano trasportati in campi di detenzione nel deserto, e richiusi senza cibo in celle strapiene – spesso ½ m2 per persona;
o testimonianze affidabili raccontano anche di frequenti torture e assassini.
– Se ora i migranti indesiderati vengono mandati in territori desertici ai confini del paese, senza né cibo e né attrezzature indispensabili, siamo in presenza di assassinii uguali a quelli delle guardie costiere libiche che sparano sulle imbarcazioni di profughi, come emerse da un incidente che nello scorso autunno interessò per errore un peschereccio italiano.
– Nonostante da anni le ONG diffondano informazioni su incarcerazioni, torture, sparizioni di oppositori in Libia, la Germania ha continuato ad appoggiare polizia e militari libici (già dal Sessanta; nel 1965-1983 soldati libici vennero addestrati dalla Bundeswehr; nel Settanta poliziotti libici parteciparono a corsi dell’Ufficio criminale federale. A queste attività ufficiali si devono aggiungere quelle “private” che servirono ad addestrare personale militare e dei servizi libico; il collegamento con la Libia era tenuto dai BND, i servizi segreti tedeschi).
– Questa cooperazione interrotta ufficialmente negli anni Ottanta, quando Washington e Bonn si scontarono con Tripoli, riprese a fine Novanta, e si rafforzò con la revoca delle sanzioni Onu nel sett. 2003.
– La cooperazione tedesco-libica per l’addestramento sarebbe durata dal 2005 al 2008. Negli scorsi tre anni la Germania ha fornito armamenti alla Libia per oltre €80mn, in particolare apparati per la comunicazione e elicotteri.
– Wintershall, filiale di Basf, è il maggior produttore estero di petrolio in Libia, con un investimento di $2MD.
– Dea, filiale di RWE, ha concessioni per estrarre petrolio e gas su un’ara di 40mila km2.
– Il surplus libico derivante dalla rendita petrolifera e pari al 16,8% del suo PIL, ha permesso grossi investimenti in grandi progetti infrastrutturali, che fanno gola ai gruppi tedeschi:
o Ad es., Siemens partecipa al maggiore progetto idrico per acqua potabile del mondo chiamato “Great Man-made River”.
Nel 2009 +23% l’export dei gruppi tedeschi in Libia, battendo la concorrenza; un forte vantaggio per essi sono le forti agevolazioni delle condizioni deciso dal regime Gheddafi per gli investimenti esteri.
[1] Il cosiddetto “Einsatzgruppenversorger”, letteralmente “rifornitore del gruppo di missione” sarebbe composto da una serie di piattaforme di rifornimento galleggianti, per approvvigionare le unità combattenti. Attorno ad esse si raccolgono ad esempio le fregate, a cui viene affidato il compito di sparare su obiettivi di terraferma. La Base marina ha come vantaggio di essere meno facilmente attaccabile rispetto alle basi su terraferma.
[2] A lungo la Libia è stata il maggior fornitore di petrolio extraeuropeo della Germania; solo nel 2010 è stata superata dal Kazakistan.
Der Zerfall eines Partnerregimes (I/II)
– (Eigener Bericht) – Deutsche Kriegsschiffe nehmen Kurs auf die libysche Küste. Wie das Bundesverteidigungsministerium bestätigt, hat es einen Einsatzgruppenversorger und zwei Fregatten vor das im Bürgerkrieg versinkende Land entsandt. Offizieller Auftrag ist die Evakuierung deutscher Staatsbürger. Tatsächlich ist die Anwesenheit deutscher Kriegsschiffe vor Libyen Teil einer anschwellenden westlichen Marinepräsenz, die für unterschiedliche militärische Maßnahmen genutzt werden kann.
– Im Gespräch ist die Einrichtung einer Flugverbotszone, um die libysche Luftwaffe, soweit sie noch vom al Gaddafi-Clan kontrolliert wird, auszuschalten und den Gegnern des Regimes damit unter die Arme zu greifen. Auch weitergehende Operationen werden nicht ausgeschlossen. Die deutschen Kriegsschiffe bilden eine militärisch recht flexible Basis für die unterschiedlichsten Einsatzszenarien; Washington zieht zusätzlich eine Entsendung von US-Flugzeugträgern in Betracht. Aus deutscher Sicht steht in Libyen viel auf dem Spiel: Das Land ist seit Jahrzehnten einer der bedeutendsten Erdöllieferanten der Bundesrepublik; deutsche Konzerne haben Milliardensummen dort investiert. Zudem fällt mit dem al Gaddafi-Regime ein zentraler Partner Berlins bei der Abschottung der EU gegen Armutsflüchtlinge.
– Wie das Bundesverteidigungsministerium bestätigt, hat es bereits am Mittwoch mehrere Kriegsschiffe nach Libyen entsandt. Der Einsatzgruppenversorger "Berlin" sowie die Fregatten "Brandenburg" und "Rheinland-Pfalz", die am 15. Februar Wilhelmshaven zu einer regulären Ausbildungsfahrt Richtung Mittelmeer verließen, befinden sich inzwischen auf dem Weg vor die libysche Küste. An Bord sind rund 600 Soldaten. Offizieller Auftrag ist die Evakuierung deutscher Staatsbürger aus Libyen. Bislang steht dafür ein Hubschrauber – Typ: Sea King – bereit, ein zweiter soll in Kürze eintreffen. Bereits zuvor hatte die deutsche Luftwaffe zwei Transall-Maschinen in das im Bürgerkrieg versinkende Land geschickt, die einige hundert Deutsche ausflogen. Laut Berichten wurde die Evakuierung von bewaffneten Sondereinheiten der Bundeswehr, möglicherweise dem Kommando Spezialkräfte (KSK), begleitet.[1]
– Die Luftwaffe steht weiterhin auf Malta bereit. Wie Beobachter mitteilen, operieren im Mittelmeer im NATO-Rahmen gegenwärtig auch die Fregatte "Lübeck", das Minenjagdboot "Datteln" und das Aufklärungsschiff "Oker". Alle drei Schiffe können bei Bedarf zur Verstärkung herangezogen werden.
Militäreinsatz: "Möglich"
– Unter dem Vorwand, jeweils die eigenen Staatsbürger evakuieren zu wollen, ziehen tatsächlich mehrere europäische Staaten Kriegsschiffe vor der libyschen Küste zusammen.
– Italien hat einen Zerstörer und zwei Landungsschiffe geschickt, Großbritannien und Griechenland je eine Fregatte. Großbritannien zieht außerdem die Entsendung von Flugzeugen der Royal Air Force in Betracht.
– Die Türkei führt ihre Evakuierung mit zivilen Fähren durch, lässt diese jedoch von drei Fregatten begleiten. Möglicherweise stoßen auch US-Flugzeugträger hinzu.
– Sogar Indien will sich mit zwei Kriegsschiffen am Marineeinsatz vor Libyen beteiligen.
– Während der NATO-Generalsekretär gestern erklärt hat, das westliche Kriegsbündnis plane gegenwärtig keine Intervention, werden in der EU militärische Aktivitäten nicht ausgeschlossen. Ein Militäreinsatz sei tatsächlich "eine der Möglichkeiten", die in Frage kämen, heißt es beim Europäischen Auswärtigen Dienst (EAD).[2]
– Für eine mögliche Militärintervention liegen inzwischen mehrere Optionen vor. Eine besteht darin, eine Flugverbotszone über Libyen zu verhängen. Damit ließe sich die Luftwaffe des Landes, soweit sie überhaupt noch vom al Gaddafi-Clan kontrolliert wird, ausschalten; dadurch wiederum wären die Gegner des zerfallenden Regimes von einem militärisch gravierenden Nachteil befreit.
– Günstig für den Westen wäre dabei, dass die eigenen militärischen Kapazitäten nicht allzusehr beansprucht würden – schließlich sind sie in Afghanistan und an den anderen aktuellen Kriegsschauplätzen recht stark gebunden.
– In deutschen Leitmedien wird inzwischen ein umfassender Kampfeinsatz in Libyen gefordert; als Beispiel gilt etwa die Intervention in Somalia 1992, die von den Vereinten Nationen beschlossen wurde – und scheiterte.[3]
– Erwogen wird nicht zuletzt, das ägyptische – und womöglich auch das tunesische – Militär in Libyen einmarschieren zu lassen, um westliche Bodentruppen nicht zu verheizen.
– In der Tat finden sich zumindest in der ägyptischen Demokratiebewegung eine Reihe von Befürwortern dieses Konzepts, das darüber hinaus geeignet wäre, die Position des ägyptischen Militärs zu stärken [4] – und damit zugleich das Entgleiten der westlichen Kontrolle über Ägypten zu verhindern.
– Mit den drei Schiffen der Kriegsmarine, die Berlin jetzt vor die libysche Küste entsendet, verfügt die Bundesregierung über eine flexible militärische Ausgangsposition. Zu den Kriegsstrategien, die in den Zukunftsplänen der Bundeswehr einen deutlichen Schwerpunkt bilden, gehören seegestützte Operationen gegen Ziele an Land. Kern der dafür vorgesehenen Einsatzverbände sind die sogenannten Einsatzgruppenversorger, schwimmende Versorgungsplattformen, die den Nachschub für die kämpfenden Einheiten stellen.[5] Um sie herum gruppieren sich etwa Fregatten, die für den Beschuss der Landziele zuständig sind; zudem können von den maritimen Einsatzgruppen jederzeit Spezialkräfte zu Kommandoaktionen starten.
– Die "Basis See" hat dabei den Vorteil, nicht so leicht angreifbar zu sein wie Militärstützpunkte auf dem Land. Letztlich ziele das Konzept darauf ab, "die See als Basis zu nutzen, um in einem Einsatzland eine gewünschte Wirkung zu erzielen", erläuterte der damalige Marineinspekteur Wolfgang Nolting bereits 2006.[6] Die möglichen Maßnahmen reichten von "demonstrativer Präsenz und Aufklärung" über die "Unterstützung verbündeter Kräfte an Land" bis zur "direkte(n) Waffenwirkung".
– Die militärische Flexibilität ist vor allem mit Blick auf die deutschen Interessen hilfreich, die es aus Sicht Berlins in Libyen zu schützen gilt. Libyen war lange Zeit der wichtigste außereuropäische Erdöllieferant der Bundesrepublik und fiel erst im vergangenen Jahr hinter Kasachstan auf Platz zwei.
– Die BASF-Tochter Wintershall ist mit einem Investitionsvolumen von zwei Milliarden US-Dollar der größte ausländische Erdölproduzent in Libyen.
– RWE verfügt über riesige Konzessionen für die Öl- und Gasförderung..[7] Zudem sind die vor der libyschen Küste eintreffenden Kriegsschiffe in ihrer Gesamtheit durchaus geeignet, Flüchtlinge von der Überfahrt über das Mittelmeer abzuschrecken und damit die westeuropäischen Wohlstandszentren auch weiterhin gegen unerwünschte Migranten abzuschotten. Die Präsenz der deutschen Kriegsschiffe gilt Berlin als geeignet, eine Grundlage für die Durchsetzung deutscher Interessen zu schaffen. Weitere Schritte werden folgen.
Bitte lesen Sie zu den blutigen All das versucht die Bundesrepublik zu sichern – während Muammar al-Gaddafi angekündigt haben soll, womöglich Erdölanlagen und Pipelines zu sprengen Auseinandersetzungen in Libyen auch Der Zerfall eines Partnerregimes.
[1] Evakuierung läuft – Länder fliegen Bürger aus; www.tagesschau.de 23.02.2011
[2] EU schließt Militäreinsatz nicht aus; www.faz.net 24.02.2011
[3] Wir sind den Libyern einen Militäreinsatz schuldig; www.welt.de 23.02.2011
[4] s. auch Garant der Stabilität (I), Garant der Stabilität (II) und Das türkische Modell
[5], [6] s. dazu Einsatzgruppen und Seekrieger (II)
[7] Gaddafi’s Next Move: Sabotage Oil and Sow Chaos?; www.time.com 22.02.2011
– (Eigener Bericht) – Auf die Massaker an Demonstranten in Libyen reagieren Berlin und die EU mit neuen Maßnahmen zur Flüchtlingsabwehr. Während stets neue Berichte von blutigen Gewalttaten der libyschen Repressionsapparate gegen Protestierende bekannt werden, hat Brüssel der europäischen Flüchtlingsabwehrbehörde Frontex den Auftrag erteilt, die angeblich zu erwartende Flucht von bis zu 750.000 Personen aus Libyen zu stoppen.
– Bisher gehörte die Abwehr von Flüchtlingen zu den zentralen Feldern der Kooperation zwischen der EU und dem al Gaddafi-Regime, das nun offenbar in mörderischen Machtkämpfen zerfällt.
– Mit ihm verliert Berlin einen Partner, der nicht nur jahrzehntelang zu den größten und zuverlässigsten Öllieferanten der Bundesrepublik zählte, sondern sich auch in den vergangenen Jahren als effizienter Gehilfe bei der Abschottung Europas gegen unerwünschte Migranten erwiesen hat.
– Die Repressionsorgane Libyens, die gegenüber Flüchtlingen ihrer Brutalität immer wieder freien Lauf ließen – bis hin zum Mord -, wurden mit deutscher Hilfe trainiert und ausgerüstet. Die erlernten Kampftechniken stehen nun ebenso zur Niederschlagung der Proteste zur Verfügung wie die gelieferten Rüstungsprodukte.
Mit Frontex gegen Flüchtlinge
– Während die blutigen Kämpfe in Libyen anhalten, mit denen das al Gaddafi-Regime sich an der Macht zu halten sucht, bereitet die EU sich auf die Abwehr von Flüchtlingen aus Libyen vor. Wie es in Berichten heißt, hat Brüssel die Frontex-Behörde beauftragt, entsprechende Maßnahmen vorzubereiten.
– Frontex ist bereits damit beschäftigt, Flüchtlinge aus Tunesien von einer Einreise in die EU abzuhalten. Aus Kommissionskreisen verlautet, man rechne damit, dass bis zu 750.000 Menschen aus Libyen nach Europa zu gelangen versuchen könnten – Migranten aus Ländern südlich der Sahara, aber auch Libyer, die der Gewalt entkommen wollten.
o Den Berichten zufolge bereitet Frontex einen Plan vor, der sämtliche 27 EU-Mitgliedstaaten zur Mitwirkung verpflichtet [1] – auch Deutschland.
– Die Gewalttätigkeit des al Gaddafi-Regimes, die sich in den aktuellen Massakern zeigt, ist schon lange bekannt, nicht zuletzt aus dem Umgang der libyschen Repressionsapparate mit Armutsflüchtlingen aus afrikanischen Ländern südlich der Sahara.
– Menschenrechtsorganisationen und Journalisten berichten seit Jahren regelmäßig von den brutalen Praktiken, denen Migranten in Libyen ausgesetzt sind.
– Dass die Flüchtlinge festgehalten, zu Hunderten in Container gepfercht und in Lager in der Wüste transportiert werden, wo man sie ohne genügend Nahrung in völlig überfüllte Zellen sperrt – Fläche pro Flüchtling: oft ein halber Quadratmeter -, gehört zum Alltag.[2]
– Glaubwürdige Berichte belegen darüber hinaus, dass es in den Flüchtlingslagern immer wieder zu körperlicher Folter und zur Ermordung der Internierten kommt.[3]
– Dass unerwünschte Migranten zuweilen in menschenleeren Wüstengebieten an der Grenze des Landes ausgesetzt werden – ohne überlebensnotwendige Ausrüstung und Nahrung -, kommt Mord ebenso gleich wie der gelegentliche Beschuss von Flüchtlingsbooten durch die libysche Küstenwache.
o Letztere Praxis wurde im vergangenen Herbst einer breiteren Öffentlichkeit bekannt, als versehentlich ein italienisches Fischerboot getroffen wurde.[4] Beschwerden von Menschenrechtsorganisationen, laut denen in Libyen willkürliche Inhaftierung, Folter und das Verschwindenlassen von Oppositionellen zu beklagen sind, runden seit Jahren das weltweit verfügbare Wissen über die Repressionsapparate des Landes ab.
Unterstützung für’s Militär
– Dessen ungeachtet hat die Bundesrepublik Polizei und Militär Libyens immer wieder unterstützt.
o Zusammenarbeit auf offizieller wie auf inoffizieller Ebene gab es bereits in den 1960er Jahren. Zwischen 1965 und 1983 wurden libysche Soldaten von der Bundeswehr ausgebildet, libysche Polizisten nahmen in den 1970er Jahren an Kursen des Bundeskriminalamts (BKA) teil. Über diese höchst offiziellen Formen der Zusammenarbeit hinaus wurden auf angeblich privater Ebene libysche Offiziere, Unteroffiziere und ganze Mannschaften von außer Dienst gestellten Angehörigen deutscher Repressionsapparate ausgebildet; die Vermittlung zwischen den angeblich privat tätigen deutschen Experten und Libyen übernahm jeweils der BND.[5]
– Zwar wurde die deutsch-libysche Repressionskooperation in den 1980er Jahren offiziell unterbrochen, als Washington und Bonn Tripolis wegen seiner Opposition gegenüber dem Westen bekämpften. Der Ende der 1990er Jahre eingeleitete Kurswechsel hin zu erneuter Kooperation, die schließlich mit der formellen Aufhebung der UN-Sanktionen im September 2003 einen deutlichen Aufschwung nahm [6], ermöglichte jedoch eine Wiederaufnahme der Zusammenarbeit bei der Repression. Mehrfach fragten Angehörige des al Gaddafi-Clans bei der Bundesregierung um Unterstützung für den Ausbau der Polizei Libyens nach. Offiziell wurde die Bitte zurückgewiesen; inoffiziell fanden sich jedoch Wege, ihr zu entsprechen: Eine private deutsche Security-Firma entsandte rund 30 aus dem Dienst ausgeschiedene deutsche Polizisten nach Tripolis, darunter ehemalige Angehörige eines Sondereinsatzkommandos und der Spezialeinheit GSG9. Diese trainierten libysche Kollegen unter anderem in "taktischem Vorgehen beim Zugriff auf Gebäuden", im Entern von Schiffen und im Absetzen aus Hubschraubern. Sowohl der BND wie auch das Auswärtige Amt waren über alle Aktivitäten informiert.[7]
– Die deutsch-libysche Trainingskooperation dauerte Berichten zufolge von 2005 bis mindestens 2008. 2006 entsandte das Bundesinnenministerium sogar eine Delegation nach Tripolis, der auch Vertreterdes BKA angehörten, um die Tradition der offiziellen Repressionspartnerschaft wiederzubeleben. Diese kam allerdings nicht zustande, da auf libyscher Seite kein Interesse mehr bestand.
– Allerdings werden höchst offiziell Rüstungsgüter geliefert. Allein in den vergangenen drei Jahren erhielt Libyen genehmigungspflichtige deutsche Ausfuhren im Wert von mehr als 80 Millionen Euro – vorwiegend Kommunikationsausrüstung und Hubschrauber, wie sie jetzt vom Militär bei Angriffen auf Demonstranten verwendet wurden.
– Die enge deutsche Kooperation mit dem al Gaddafi-Regime hat einen doppelten Hintergrund. Zum einen ist Libyen einer der größten Erdöllieferanten Deutschlands; auch dank der Repressionsapparate des Landes gelang es bis vor kurzem, die Erdölexporte und die deutschen Investitionen in der Branche, die jetzt erschüttert werden, gegen mögliche soziale Widerstände abzusichern.
– Die BASF-Tochter Wintershall ist bereits seit 1958 in Libyen aktiv und nach eigenen Angaben mit einem Investitionsvolumen von zwei Milliarden US-Dollar der größte ausländische Erdölproduzent in Libyen.[8]
– Die RWE-Tochter Dea verfügt über Konzessionen für Öl- und Gasförderung auf einem Gebiet von 40.000 Quadratkilometern. Die auf der Ölrente beruhenden Leistungsbilanzüberschüsse Libyens – sie beliefen sich zuletzt auf 16,8 Prozent des Bruttoinlandsproduktes – ermöglichen beträchtliche Investitionen in große Infrastrukturprojekte und wecken Begehrlichkeiten bei deutschen Konzernen.
o Siemens etwa beteiligt sich maßgeblich an dem gigantischen Wasserversorgungsprojekt "Great Man-made River", dem größten Trinkwasserprojekt der Welt.[9]
o Deutsche Unternehmen konnten auch ihre Exporte nach Libyen deutlich steigern – im Jahr 2009 um rund 23 Prozent – und damit die Konkurrenz zurückdrängen. Als höchst vorteilhaft für deutsche Firmen erweist sich zudem, dass das al Gaddafi-Regime in den letzten Jahren die Rahmenbedingungen für ausländische Investitionen erheblich vergünstigt hat. Entsprechend hat Berlin das Regime bis vor wenigen Tagen ausdrücklich unterstützt.
– Zum anderen besitzt Libyen eine wichtige Stellung in den deutschen Plänen zur Migrationsabwehr. Die diesbezügliche Zusammenarbeit leitete Berlin öffentlich im Jahr 2004 ein; damals forderte der SPD-Bundesinnenminister Otto Schily publikumswirksam den Bau von Flüchtlingslagern in der libyschen Wüste.[10]
– Jüngster Schritt in dieser Kooperation, die in der Praxis häufig über Italien abgewickelt wird, ist ein Flüchtlingsabwehrpakt, auf den sich die EU und Libyen im vergangenen Herbst geeinigt haben. Brüssel hat zugesagt, Tripolis im Verlauf von drei Jahren gut 50 Millionen Euro zur Verfügung zu stellen; damit sollen die Landesgrenzen abgeschottet und Flüchtlingslager ausgebaut werden.[11] Der Schritt, den die EU-Kommission einen "Meilenstein im Kampf gegen illegale Einwanderung" nannte, erfolgte in voller Kenntnis der verbrecherischen Praktiken der libyschen Repressionsbehörden, deren Brutalität in den aktuellen Massakern an Protestdemonstranten überdeutlich erkennbar wird.
[1] EU bracing for exodus of asylum seekers; www.timesofmalta.com 22.02.2011
[2] s. dazu Weniger Flüchtlinge, mehr Gas und Wie Hunde
[3] Entschließung des Europäischen Parlaments zu den Hinrichtungen in Libyen vom 16. Juni 2010
[4] s. dazu Erfüllungsgehilfen
[5] Peter F. Müller, Michael Mueller, Erich Schmidt-Eenboom: Gegen Freund und Feind. Der BND: Geheime Politik und schmutzige Geschäfte, Reinbek 2002
[6] s. dazu Streit um Öl und Tragende Säule
[7] s. dazu Wiederbeginn
[8] Wintershall in Libyen; www.wintershall.com
[9] Libyen; www.siemens.com
[10] s. dazu Festung und Schilys Schleuser