Libano, tornano le bombe Il vicecapo dell'intelligence si salva per miracolo

Lorenzo Cremonesi

Il colonnello Shehade ha guidato l’inchiesta
sull’omicidio Hariri

SIDONE
— L’ordigno era imbottito di chiodi. Posto su di un terrapieno al di sopra
della strada, doveva uccidere la vittima designata: il colonnello Samir
Shehade, vice capo dei servizi di intelligence per la polizia libanese. Un nome
noto: ha l’incarico di guidare l’inchiesta sull’omicidio di Rafiq Hariri,
ucciso il 14 febbraio 2005 nel cuore di Beirut
. L’esplosione avviene alle 9
e 45dimattina, un paio di chilometri a nord di Sidone, presso due ponti
bombardati dagli israeliani solo poche settimane fa. Poco più a sud sono
visibili le opere pubbliche volute da Hariri, Sidone era la sua città natale.
La grande moschea sunnita dedicata al padre, aperta lo scorso aprile. Lo stadio
sportivo, il palazzo della fondazione che porta il suo nome.
L’ordigno è potente: le due auto del convoglio sono letteralmente crivellate di
schegge. Muoiono le quattro guardie del corpo del colonnello. Cinque civili
sono feriti. Lui si salva, per caso
. «È stato fortunato. L’ordigno era
telecomandato. Ma chi l’ha fatto brillare non sapeva che questa mattina Samir
Shehade si trovava nella vettura di testa, non in quella di coda come al
solito», notano gli agenti sul posto. È ferito. «Grave, ma in condizioni
stabili. La sua vita non è a rischio», dice il ministro dell’Interno, Ahmed
Fatfat.
Così, a 22 giorni dalla tregua che ha posto fine ai 33 giorni di battaglia
tra Israele e Hezbollah, il nuovo Libano del cessate il fuoco torna a
sprofondare nella vecchia malattia degli attentati. «La bomba di Sidone non
c’entra nulla con il conflitto con Israele. Fa parte invece della tradizionale
dinamica di violenza interna e legata alla Siria», commentano a caldo i
giornalisti locali
. Violenza si somma a violenza. Solo a una quarantina
di chilometri più a sud dal luogo dell’attentato sono appena arrivati gli
uomini del contingente italiano della nuova Unifil
. Si respira un qualche
motivo di speranza a sud del fiume Litani. Ma senza dubbio ora da Sidone arriva
un segnale molto preoccupante.
Per capirne di più occorre ricordare chi è Samir Shehade. «Un ufficiale
molto legato alla famiglia Hariri. Nell’agosto del 2005 fu lui a interrogare e
poi arrestare tre generali libanesi sospettati di aver guidato il complotto
contro Hariri per conto dei servizi segreti di Damasco
: Edward Mansur, Halq
Haj, Jamil Sayed. Un quarto, Mustafa Handan, spaventato dall’operazione, si
consegnò di propria volontà», ricorda la televisione libanese. Tre mesi prima
l’esercito siriano si era ritirato dal Libano. Ma lasciando sul posto una fitta
rete di agenti, collaboratori e informatori. Ancora Shehade aveva avuto
l’incarico di interrogare Husan Taher Husan, l’operativo siriano accusato di
essere la longa manus di Damasco
.
E c’è di più. Il 15 settembre dovrebbe venire diffuso il rapporto di Serge
Brammertz, il direttore dell’unità investigativa Onu che da oltre un anno si
occupa del caso Hariri
. Già in passato le sue conclusioni preliminari
avevano puntato il dito verso la Siria. A Beirut molti credono che il nuovo
documento andrà nella stessa direzione.
«La stessa mano che ha ucciso Hariri ha cercato oggi di eliminare il
colonnello», osservano alla direzione del quotidiano cristiano, L’Orient Le
Jour
. Una mano assassina: potrebbe tra gli altri aver eliminato anche
Jebren Tueni, direttore del quotidiano indipendente
An Nahar, l’intellettuale Samir Kassir e l’ex esponente comunista Georges Hawi.

L’Unifil venne creata dal Consiglio di Sicurezza
dell’Onu nel ’78 per monitorare il ritiro israeliano e aiutare Beirut nel
controllo del Sud. Con la risoluzione 1701, l’Unifil 2 deve monitorare la
tregua e aiutare le forze libanesi a controllare la zona, evitando anche il
traffico di armi per l’Hezbollah

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