Leva di destabilizzazione

Gfp     090611
Leva di destabilizzazione (I/II)

●    Appoggiando attivisti secessionisti ed autonomisti iraniani la Germania aumenta la pressione sull’Iran.

– L’esperto sull’Iran, Bahman Nirumand, afferma: Non si può negare che, nonostante l’inaccettabile discriminazione delle minoranze in Iran,

●    i conflitti autonomisti e secessionisti sono stati fomentati dalle potenze estere per indebolire il governo centrale.

o   I conflitti delle minoranze iraniane nascono dai loro svantaggi economici e culturali. Nel 2005 vi fu una serie di attentati in Kuzhestan, una delle province iraniane più ricche di petrolio, fomentati secondo Tehran dall’Occidente;

o   Nel 2007 un telegiornale tedesco confermò la tesi di Nirumand: i separatisti del Kurdistan iraniano reclutavano in Germania, “sotto gli occhi dei servizi segreti della BND e dell’ufficio federale per la tutela della Costituzione”;

o   osservatori rilevarono che nello stesso periodo ribelli del N-O Iran (Kurdistan iraniano) aveva migliorato il proprio armamento, secondo molti grazie all’aiuto occidentale;

o   e organizzazioni governative tedesche cominciarono ad occuparsi di un “movimento insurrezionale, chiamato Belucistan, che ha allargato la sua area di influenza dal Pakistan Occidentale.[***]

– Mentre in precedenza l’appoggio di Berlino ai movimenti dei ribelli iraniani avveniva per lo più dietro le quinte, ora Berlino valuta sia utile farlo pubblicamente:

o   la Fondazione tedesca Friedrich-Naumann, FHs, (vicina ai Liberal-democratici della FDP), assieme alla Gesellschaft für bedrohte Völker (GfbV) – Associazione per i popoli minacciati,  ha organizzato per il prossimo 20 giugno un convegno sulla “Questione delle nazionalità” nel “multietnico” Iran;

o   GfbV, specializzata nell’agitazione a favore di minoranze nazionalistiche, ha già lavorato più volte per la politica estera tedesca, per indebolire i paesi in competizione con la Germania (in particolare Cecenia contro Russia, Xinjiang contro Cina).

o   sull’invito al convegno: occorre spostare l’attenzione dell’opinione internazionale sugli interessi delle popolazioni non persiane, riferendosi con ciò ad azeri, curdi, arabi, beluci, turkmeni, baha’i,[1] ed ad altre piccole etnie e comunità religiose.

o   Finora hanno annunciato la loro partecipazione al convegno rappresentanti di 4 minoranze linguistiche: turkmeni, Kurdi, azeri e arabi ed uno della religione Baha’i; parlerà anche un membro del “Congresso delle nazionalità per un Iran federale” (CNFI); la forma federale è il modello ufficiale, ma alcune organizzazioni della vrebbero hanno mire secessioniste.

o   La FHs si è già occupata di minoranze, vedi gruppi d’azione per il Tibet prima delle Olimpiadi in Cina. Ha collegamenti con i secessionisti in America Latina, con l’obiettivo di indebolire i regimi che si oppongono alle potenze occidentali.

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*** (GFP, 19.09.2007)

●    L’aiuto tedesco ai ribelli curdi iraniani completa i contatti finora portati avanti con il governo curdo autonomista in Irak, e rafforza il ruolo di Berlino per una riorganizzazione di tutto il MO.

o   Il più aggressivo rappresentante della secessione curda è Masud Barzani, attuale presidente della Kurdistan iracheno (e del KPD, Partito del Kurdistan Democratico), che vuole allargare l’area secessionista dai territori de N-O da lui controllati alle tre province petrolifere Kirkuk, Ninive e Diyala.

o   Nell’area sotto il controllo di Barzani, i monti Kardil, da dove partono le spedizioni PKK contro la Turchia; qui si trova la base centrale del PEJAK, vicino al PKK, anti-iraniano, il cui capo, Abdul Rahman Hji Ahami avrebbe – secondo il giornale TV Monitor – la propria sede a Colonia (N R-W), dove recluta i guerriglieri per la secessione contro l’Iran.

o   Il PEJAK avrebbe l’appoggio della Germania e degli USA, un Kurdistan etnicamente omogeneo, come voluto da Barzani e dal PEJAK, corrisponde alla strategia di entrambe le potenze. (cfr. una carta regionale pubblicata nel 2006 su un periodico delle forze armate americane (Armed Forces Journal), in cui quasi tutti i confini del mondo arabo-islamico sono ridisegnati secondo criteri etnici).

o   Barzani è da tempo agente di collegamento della Germania:

o   negli anni 1980 era in collegamento con il presidente CSU, Franz-Josef Strauß; negli anni 1990 si è collegato con il governo del Nord Reno-Westfalia, che ha finanziato una serie di progetti per gli “aiuti allo sviluppo” in Irak, si parlò anche di infrastrutture di importanza strategica;

o   I collegamenti con il N R-W sono in particolare con Siegfried Martsch, un parlamentare dei Verdi – Bündnis 90/Die Grünen, accettato nel clan Barzani e ancor oggi chiamato “Siggi Barzani”; Martsch dirige l’agenzia di investimento ufficiale tedesca nel Nord Irak, “Kurdistan Development Corporation”.

o   Barzani ha poi incontrato più volte la Cancelliera Merkel.

o   Hanno ora l’appoggio della Germania anche i separatisti dell’Iran occidentale, che stanno combattendo contro il governo iraniano,; continua la campagna di reclutamento in Germania, sotto gli occhi dei Servizi.

Favorevole ad appoggiarli per indebolire l’Iran Michael Wolfssohn, docente dell’Accademia militare di Monaco: fino a circa il 49% della popolazione iraniana sarebbe costituita da etnie non favorevoli al governo di Tehran.

[1] La fede Bahá’í, (بهائي‎) è una religione monoteistica i cui membri seguono gli insegnamenti di Bahá’u’lláh (1817-1892), il loro fondatore. Conta circa 7 milioni di fedeli in oltre duecento nazioni e territori di tutto il mondo. La fede Bahai è una religione autonoma che deriva dal Babismo, diramazione eterodossa dell’Islam sciita. È sorta in Persia (attuale Iran) nel XIX secolo e il fondatore della fede Bahá’í è stato Bahá’u’lláh (1817-1892), nobile persiano che per quarant’anni soffrì prigionia ed esilio, considerato dai bahai l’ultimo in ordine di tempo (ma non definitivo) profeta che è il titolo riservato dai bahá’í a personaggi come Isaia, Daniele o Amos ed altri biblici. Per le persone del Báb e di Bahá’u’lláh i bahá’í riservano lo stesso titolo che danno ad Adamo, Noè, Abramo, Mosè, Krishna, Buddha, Gesù, Maometto e Zoroastro e cioè manifestazioni divine.

Gfp      090611

Destabilisierungshebel (II)

11.06.2009

FRANKFURT AM MAIN/GÖTTINGEN/TEHERAN

(Eigener Bericht) –

–   Mit Hilfe iranischer Autonomie- und Sezessionsaktivisten erhöht Berlin den Druck auf Teheran. Die FDP-nahe Friedrich-Naumann-Stiftung kündigt für die kommende Woche eine Tagung zur "Nationalitätenfrage" im "Vielvölkerstaat" Iran an. Als Referenten werden mehrere Befürworter einer weit reichenden Schwächung der iranischen Zentralregierung angekündigt. Wie es in dem Einladungsschreiben für die Veranstaltung heißt, sei es "Zeit", die Belange "nicht-persischer Völker" "verstärkt in den Fokus der internationalen Öffentlichkeit zu rücken".

–   Schon vor Jahren haben Fachleute darauf hingewiesen, dass trotz der "nicht hinnehmbaren" Diskriminierung von Minderheiten im Iran "nicht geleugnet werden" könne, dass Autonomie- und Sezessionskonflikte "durch Außenmächte zur Schwächung der Zentralregierung geschürt werden". Ein Professor an der Universität der Bundeswehr hat explizit geheimdienstliche Maßnahmen zum Schüren von Minderheitenkonflikten gefordert – als "Destabilisierungshebel" gegenüber Teheran.

Es wird Zeit

–   Für die kommende Woche kündigt die FDP-nahe Friedrich-Naumann-Stiftung (FNSt) eine Tagung zum Thema "Nationalitätenfrage und Demokratie im Iran" an. "Tag für Tag", heißt es im Einladungsschreiben, "fallen immer mehr Angehörige nicht-persischer Völker oder religiöser Glaubensgemeinschaften im Iran der Willkür der iranischen Geheimdienste zum Opfer." Ausdrücklich genannt werden "Aseri, Kurden, Araber, Belutschen, Turkmenen, Baha’i, sowie andere kleinere Völker und Religionsgemeinschaften".[1] "Es wird Zeit", urteilt die Stiftung, "die Belange dieser Bevölkerungsgruppen im Iran verstärkt in den Fokus der internationalen Öffentlichkeit zu rücken". Diesem Ziel dient die Tagung, die am 20. Juni in Frankfurt am Main stattfinden soll. Kooperationspartner der Stiftung bei der Durchführung der Tagung ist die Gesellschaft für bedrohte Völker (GfbV) aus Göttingen.

Durch Außenmächte geschürt

–   Die Lage ethnischer und religiöser Minderheiten im Iran wird im Westen immer wieder instrumentalisiert. Bereits im Herbst 2005 hatte der Iran-Experte Bahman Nirumand über die iranischen Minoritätenkonflikte geurteilt, sie beruhten auf einer "nicht hinnehmbaren ökonomischen und kulturellen Benachteilung von Minderheiten"; allerdings könne "nicht geleugnet werden", dass sie "durch Außenmächte zur Schwächung der Zentralregierung geschürt werden".[2] Anlass war damals eine Serie von Bombenanschlägen in Khuzestan, der erdölreichsten Provinz des Landes, die Teheran westlichen Umsturzplänen zuschrieb. Zwei Jahre später berichtete ein deutsches TV-Magazin von einem Fall, der Nirumands Einschätzung zu bestätigen scheint: In der Bundesrepublik warben damals Separatisten aus "Iranisch-Kurdistan" Rekruten an – laut dem TV-Magazin "unter den Augen von BND und Verfassungsschutz".[3] Zum selben Zeitpunkt stellten Beobachter fest, dass Insurgenten im Nordwesten des Iran ("Iranisch-Kurdistan") ihre bislang minderwertige Ausrüstung deutlich hatten verbessern können; viele schrieben dies westlicher Unterstützung zu.[4]

–   Gleichzeitig begannen Vorfeldorganisationen der Berliner Außenpolitik, sich mit einer Aufstandsbewegung ("Belutschistan") zu befassen, die ihren Einflussbereich von Westpakistan ausgedehnt hat – nach Ostiran.

Werbung

–   Spielte sich die westliche Unterstützung für inneriranische Aufstandsbewegungen damals vorwiegend hinter den Kulissen ab, scheint Berlin nun öffentliche Werbung für hilfreich zu halten. Bei der Tagung in der kommenden Woche erhalten Vertreter mehrerer Minderheiten die Chance, ihr Anliegen publikumswirksam zu präsentieren.

–   Angekündigt sind bislang Repräsentanten von vier Sprachminoritäten (der turkmenischen, der kurdischen, der aserischen und der arabischen Sprachminderheit) und ein Sprecher der Baha’i-Religion. In Frankfurt soll außerdem ein Mitglied des "Kongresses der Nationalitäten für einen föderalen Iran" (CNFI) eine Rede halten. Offiziell wird der "Föderalismus als Lösungsmodell" ins Spiel gebracht; einigen der Organisationen, die im CNFI zusammengeschlossen sind, werden jedoch weitergehende Sezessionsabsichten nachgesagt.

Erfolgreich

–   Die Friedrich-Naumann-Stiftung, die die Tagung in der kommenden Woche veranstaltet, hat in der jüngsten Vergangenheit recht erfolgreich mit der Minderheiten-Thematik operiert. Mit ihrer Unterstützung für die weltweiten Tibet-Aktionsgruppen etwa schuf sie die Voraussetzungen für die Fackellauf-Kampagne vor den Olympischen Spielen in China, die im Westen antichinesische Ressentiments anheizte.[5]

–   Über Kontakte zu Sezessionisten verfügen Netzwerke der Stiftung auch in Lateinamerika, wo Autonomiebewegungen auf die Schwächung von Regierungen zielen, die den westlichen Hegemonialmächten kritisch entgegentreten.[6]

–   Die Gesellschaft für bedrohte Völker (GfbV), die die Tagung gemeinsam mit der Friedrich-Naumann-Stiftung organisiert, ist auf Agitation zugunsten völkisch definierter Minderheiten spezialisiert, sie hat schon mehrfach für die Berliner Außenpolitik eine nützliche Rolle gespielt.[7] Dazu gehören insbesondere ihre Aktivitäten zugunsten eines "Selbstbestimmungsrechtes von Völkern und Volksgruppen", das sie wie Berlin oft gegen mit Deutschland konkurrierende Staaten gewendet hat (bezüglich Tschetscheniens zur Schwächung Russlands, bezüglich Xinjiangs zur Schwächung Chinas).

Geheimdienstlich, versteht sich

–   Ein Professor an der Bundeswehr-Universität in München hat schon vor Jahren ausdrücklich geraten, den "Vielvölkerstaat" Iran mit Hilfe völkischer Sezessionsbewegungen unter Druck zu setzen. Sie seien ein "Destabilisierungshebel" gegenüber der missliebigen Regierung in Teheran, erklärte der Mann: "Diese innenpolitische Labilität könnte – und sollte (geheimdienstlich verdeckt, versteht sich) – der Hebel westlicher Iran-Politik unterhalb des eigenen militärischen Eingreifens sein".[8]

[1] Friedrich-Naumann-Stiftung: Nationalitätenfrage und Demokratie im Iran. Einladung

[2] s. dazu Terroristische Maßnahmen

[3] s. dazu Destabilisierungshebel

[4] s. dazu Achillesferse

[5] s. dazu Die Fackellauf-Kampagne und Operationen gegen China

[6] s. dazu Spalte und herrsche sowie Neoliberale Netze

[7] s. dazu Hintergrundbericht: Gesellschaft für bedrohte Völker

[8] s. dazu Destabilisierungshebel

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Gfp     190907
Destabilisierungshebel
19.09.2007
ERBIL/TEHERAN/KÖLN

–   (Eigener Bericht) – Bewaffnete Separatisten aus dem Westiran erhalten für ihren Kampf gegen die iranische Regierung Unterstützung aus Deutschland. Trotz wiederholter Proteste Teherans setzt ein Anführer der kurdischen Sezessionsbewegung die Rekrutierung Aufständischer in der Bundesrepublik fort – unter den Augen deutscher Geheimdienste. Die Separatisten werden für die Tötung mehrerer hundert iranischer Soldaten verantwortlich gemacht.

–   Ein Professor der Bundeswehr-Universität in München plädiert für die Unterstützung der Insurgenten: Iran soll geschwächt und "gegebenenfalls aufgelöst" werden. Die deutsche Zuarbeit für kurdische Aufständische im Iran ergänzt bisherige deutsche Kontakte zur kurdischen Autonomieregierung im Irak und stärkt die Berliner Rolle im Rahmen einer möglichen völkischen Neuordnung des gesamten Mittleren Ostens. Entsprechende Pläne hatten US-Militärkreise vor geraumer Zeit lanciert.

–   Offensivster Vertreter der kurdischen Sezession ist gegenwärtig der Präsident der irakischen "Autonomen Region Kurdistan", Masud Barzani – ein langjähriger Kontaktmann deutscher Außenpolitiker, der bereits mehrfach mit Angela Merkel zusammengetroffen ist.

–   Barzani hat eine Abspaltung der von ihm kontrollierten Gebiete im Norden des Irak ("Irakisch-Kurdistan") bereits angekündigt und will das Sezessionsgebiet um die drei erdölreichen Provinzen Kirkuk, Niniveh und Diyala erweitern. Dort sollen noch in diesem Jahr Referenden über den Anschluss an die "Autonome Region Kurdistan" abgehalten werden. In Kirkuk rufen die Sezessionspläne schwere Spannungen hervor, die inzwischen zu völkischen Gewaltausbrüchen und Terroranschlägen führen. Masud Barzani kündigt einen Bürgerkrieg an, sollte das Referendum Kirkuk nicht unter seine Kontrolle bringen.

Erbil

–   Barzani, der Präsident der Demokratischen Partei Kurdistans (KDP), dessen Clan die nördlichen Teile des Sezessionsgebietes kontrolliert und der inzwischen als Präsident der kurdischen Autonomieregierung auch die übrigen Gegenden "Irakisch-Kurdistans" beherrscht, unterhält seit Jahrzehnten enge Kontakte in die Bundesrepublik.

o    In den 1980er Jahren stand er in regem Austausch mit dem CSU-Vorsitzenden Franz-Josef Strauß, in den 1990er Jahren stellte er Verbindungen zur Regierung des Bundeslandes Nordrhein-Westfalen her, die eine Reihe sogenannter Entwicklungsprojekte im Nordirak finanzierte. Im Gespräch waren damals auch militärstrategisch bedeutsame Infrastrukturvorhaben ("Barzani Road").[1] Bis heute wirksam sind die damals geknüpften Kontakte in Person des früheren nordrhein-westfälischen Landtagsabgeordneten Siegfried Martsch (Bündnis 90/Die Grünen), der in den Barzani-Clan aufgenommen worden ist und sich heute "Siggi Barzani" nennen darf. Martsch leitet den deutschen Ableger der offiziellen Investitionsagentur im Norden des Irak ("Kurdistan Development Corporation") und hat deutschen Unternehmen bereits millionenschwere Infrastrukturaufträge vermittelt. Martsch vertrat die deutsche Seite, als im Januar 2006 ein "Deutsches Kulturzentrum" in Erbil, der Hauptstadt "Irakisch-Kurdistans", eröffnet wurde. Um die Gründung des Zentrums hatte sich bis zu ihrer Entführung wenige Wochen zuvor eine Frau Susanne Osthoff, eine Mitarbeiterin des Auswärtigen Amtes und mutmaßliche Zuträgerin der deutschen Auslandsspionage BND bemüht.[2]

Die Kandilberge

–   In Barzanis Einflussbereich liegen die Kandilberge im irakisch-iranisch-türkischen Dreiländereck. Von dort startet die Separatistenmiliz PKK regelmäßig Angriffe auf türkisches Territorium. Ebenfalls in den Kandilbergen befindet sich die Hauptbasis der PKK-nahen "Partei für ein freies Leben in Kurdistan" (PEJAK), die im Westen des Iran gegen die iranische Armee kämpft.

–   Die vom Einflussgebiet des deutschen Kontaktmannes Barzani operierende Organisation führt Krieg für ein ethnisch homogenes "Kurdistan". Schätzungen zufolge sind ihren militärischen Operationen bislang mehr als 300 iranische Soldaten zum Opfer gefallen. Wie das TV-Magazin "Monitor" berichtet, hat PEJAK-Chef Abdul Rahman Haji Ahmadi seinen Sitz in Köln (Nordrhein-Westfalen) und rekrutiert dort Aufständische für den Sezessionskrieg gegen den Iran.[3] Dem Bericht zufolge gelingt es Haji Ahmadi mit großer Regelmäßigkeit, aus Deutschland zu seiner Miliz in den Irak zu reisen, ohne von den deutschen Behörden daran gehindert zu werden – trotz mehrfacher Beschwerden der iranischen Regierung. Die deutsche Auslandsspionage (BND) soll mit der PEJAK in zwielichtigen Beziehungen stehen.[4] (Die Landkarte zeigt die Kandilberge im Norden des Irak; eine vergrößerte Fassung finden Sie hier.)

Kurdistan

–   Berichten zufolge wird die PEJAK nicht nur aus Deutschland, sondern auch von den Vereinigten Staaten unterstützt.[5] Das von ihr angestrebte ethnisch homogene "Kurdistan" entspricht ebenso der deutschen Volkstumspolitik wie strategischen Erwägungen Washingtons. US-Militärs ziehen eine Neuordnung des Mittleren Ostens nach völkischem Modell in Betracht. Im Juni 2006 wurde im "Armed Forces Journal", einer Zeitschrift der US-Armee, von dem pensionierten Soldaten Ralph Peters eine Landkarte veröffentlicht, die fast sämtliche Grenzen in der arabisch-islamischen Welt nach ethnischen Kriterien neu zieht (german-foreign-policy.com berichtete [6]). Betroffen ist unter anderem der Iran, der sich der westlichen Hegemonialpolitik am Persischen Golf nicht bedingungslos unterordnen will. Teheran, von Wirtschaftssanktionen geschwächt und von US-Militärschlägen bedroht [7], sieht sich im Nordwesten des Landes einer erstarkenden Sezessionsmiliz gegenüber.

Geheimdienstlich verdeckt

Die machtpolitische Logik der deutsch-amerikanischen Unterstützung für die PEJAK hat bereits im Frühjahr ein Professor der Bundeswehr-Universität in München erklärt. Michael Wolfssohn zufolge ist der Iran "ein Vielvölkerstaat", dessen Bevölkerung angeblich zu 49 Prozent aus Teheran nicht geneigten "Volksgruppen" besteht. "Der Iran ist von innen gefährdet", behauptet Wolfssohn und nennt den kurdischen Separatismus als Beispiel: "Der kurdische Teil des Iran würde sich lieber gestern als morgen mit dem irakisch Kurdistan sowie am liebsten auch den Kurden der Türkei und Syriens vereinigen."[8] Wie der Bundeswehr-Professor meint, sind völkische Sezessionsbewegungen der geeignete "Destabilisierungshebel" gegenüber der missliebigen Regierung in Teheran: "Diese innenpolitische Labilität könnte – und sollte (geheimdienstlich verdeckt, versteht sich) – der Hebel westlicher Iran-Politik unterhalb des eigenen militärischen Eingreifens sein".

[1] s. dazu Feudale Sonderbeziehungen und (Irakisch) Kurdistan

[2] s. dazu Rückzugsgebiet, Zum Verbleib ermutigt und Lügen

[3], [4] Terrorismus: Wie die kurdische Arbeiterpartei PKK unter den Augen von BND und Verfassungsschutz in Deutschland Rekruten anwirbt; Monitor 21.06.2007. Die PEJAK tötete im Jahre 2005 120 Angehörige der iranischen Streitkräfte; seitdem fielen ihr bereits 200 weitere Soldaten zum Opfer. Ihre Waffen bezieht die PKK-Schwesterorganisation zu großen Teilen aus Europa, Berichten zufolge unter anderem auch aus Deutschland. Als Reaktion auf die Anschläge der Separatisten marschierten iranische Einheiten Mitte August in das irakische Rückzugsgebiet der PEJAK ein. Hierbei hat der Iran die stillschweigende Duldung der irakischen Zentralregierung; auch der mit Barzani rivalisierende Bagdader Staatspräsident Talabani von der Patriotischen Union[e] Kurdistans (PUK) soll der PEJAK abgeneigt sein.

[5] Kurdish leader seeeks U.S. help to topple regime; The Washington Times 04.08.2007

[6] s. dazu Schmutziges Geheimnis, Neue Staaten und Interview mit Dr. Pierre Hillard

[7] s. dazu Außendruck

[8] Die Zerrissenheit des Iran; Die Welt 07.03.2007

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Cfr:
Nuovi Stati
Neue Staaten
08.09.2006
WASHINGTON

I circoli militari americani suggeriscono una riorganizzazione etnica di quasi tutti i paesi del MO: ecco due cartine pubblicate nel giugno 2006 dal periodico americano Armed Forces Journal; i piani riguardano tutta la regione dalla Turchia, ad Ovest, fino all’India, ad Est.

  Amerikanische Armeekreise empfehlen eine ethnische Neuordnung fast sämtlicher Staaten des Nahen und Mittleren Ostens. german-foreign-policy.com dokumentiert zwei Landkarten, die im Juni 2006 im Armed Forces Journal veröffentlicht wurden. Die zeitgeschichtlichen Dokumente konkretisieren Umsturzpläne, die von der Türkei im Westen bis nach Indien im Osten reichen.

Gfp     060809
Schmutziges Geheimnis

Sporco segreto [Piani per un nuovo ordinamento USA del MO, da tradurre]

08.09.2006
WASHINGTON/BERLIN/PARIS

(Eigener Bericht) – Amerikanische Armeekreise empfehlen eine ethnische Neuordnung fast sämtlicher Staaten des Nahen und Mittleren Ostens.

–   Territorialverluste und neue Grenzziehungen betreffen unter anderem die Türkei, Syrien, den Libanon, Saudi-Arabien, Irak, Iran und Pakistan. Durch Auflösung ganzer Staatenverbände sollen neue Völkerrechtssubjekte entstehen, die nach Stammes- und Religionszugehörigkeit gebildet werden. Demnach entsteht auf dem Boden der heutigen Osttürkei und des Nordirak ein Flächenstaat von der dreifachen Größe Syriens mit dem Namen "Freies Kurdistan". Der Rest-Irak wird geteilt, die Hauptstadt Bagdad zerschlagen. Der Iran verliert weite Teile seiner Küsten sowie die an Pakistan grenzenden Gebiete, wo ein "Freies Baluchistan" gegründet werden soll. Mekka und Medina, bisher in Saudi-Arabien gelegen, steigen zu Hauptstädten eines muslimischen Gotteslandes auf, das an die Südgrenzen Jordaniens stößt – bei Verdoppelung des haschemitischen Territoriums ("Groß-Jordanien"). Die Ethno-Neuordnung ist in mehreren US-Karten festgehalten, die der Historiker Dr. Pierre Hillard (Paris) jetzt in Frankreich veröffentlichte. "Die deutsche Politik spielt bei der Propagierung dieser Ideen eine große Rolle", urteilt Hillard im Gespräch mit dieser Redaktion. german-foreign-policy.com publiziert das US-Kartenwerk erstmals in Deutschland.

Die Empfehlungen für einen völligen Umsturz der bisherigen Staatenordnung erschienen im "Armed Forces Journal" (AFJ, Juni 2006), einem Periodikum der "Army Times Publishing Company". Das Unternehmen gibt mindestens zehn Militärzeitschriften heraus (unter anderem "Army Times", "Navy Times") und gehört zur Gannett-Medien-Gruppe (Virginia, USA). Die betrieblichen Einkünfte der Gruppe, der auch die bekannte Tageszeitung "USA Today" angeschlossen ist, beliefen sich 2005 auf 7,6 Milliarden US Dollar, heißt es in einer Selbstdarstellung.[1]

Erfahrung

–   Unter dem Titel "Redrawing the Middle East Map" ("Die Karte des Mittleren Ostens neu zeichnen") bringt das "Armed Forces Journal" seinen Lesern zwei Darstellungen nahe, die bei identischen Kartenumrissen einmal den jetzigen Grenzzustand zeigen ("Before"), um daraus das zukünftige Bild des Nahen und Mittleren Ostens zu entwickeln ("After").

–   Wie es in dem Begleitartikel heißt, befinde sich die muslimische Welt in einem teils selbstverschuldeten, teils kolonial ererbten Zustand des Hasses und der Gewalt, denen nur mit radikalen Grenzverschiebungen begegnet werden könne. Die Grenzänderungen müssten ethnischen (blutlich-stammesmäßigen) sowie religiösen Trennungslinien folgen, schreibt der Autor Ralph Peters, ein pensionierter US-Militär.[2] Peters verhehlt nicht, dass er über nachrichtendienstliche Erfahrung verfügt.[3] Nach Erkenntnissen dieser Redaktion hielt sich Peters zuletzt im Frühjahr 2006 in Bagdad auf.

Unverdient

Das unter Peters’ Namen veröffentlichte Kartenwerk empfiehlt die Zerschlagung des bisherigen Saudi-Arabien, das die größten Territorialverluste hinnehmen muss. Begründet wird die radikale Umgestaltung mit dem politischen Zustand der saudischen Herrschaft, die nicht nur eines der weltweit wohl "bigottesten und repressivsten Regime" [4] hervorgebracht habe – auch sei ihr "enormer Ölreichtum" gänzlich "unverdient". Um hier "wirkliche Gerechtigkeit" walten zu lassen, so das "Armed Forces Journal", müssten die Ölfelder an der südwestlichen Küste des heutigen Saudi-Arabien abgetrennt und dem Jemen übereignet werden. Aber nicht nur die saudische Ressourcenkontrolle gelte es zu schwächen, sondern auch den religiösen Einfluss, den Riad über die heiligen Stätten (Mekka und Medina) ausübt. Deswegen sollen das frühere Wirkungsgebiet des Propheten Mohammed von einem "Heiligen Islam-Staat" verwaltet werden, der zwar über ein riesiges Territorium verfügt, aber ohne kontinuierliche Zentralverwaltung ist – die Regierung übernehmen wechselnde Glaubensschulen.

Ergeben

Einen hundertprozentigen Territorialgewinn offeriert der US-Militär-Autor den kurdischen Separatisten in der Türkei, in Syrien, dem Irak und Iran. Diese Staaten verlieren erhebliche Teile ihrer Gebiete an das Fantasiewesen "Freies Kurdistan", dessen Gründung nicht länger warten könne. "Freies Kurdistan, vom (türkischen) Diyarbakir bis zum (iranischen) Tabriz, wäre der dem Westen am meisten ergebene Staat zwischen Bulgarien und Japan", heißt es über die uneigennützigen Motive der Territorialamputation mehrerer UNO-Mitglieder im "Armed Forces Journal".

Entreißen

Um dem Iran die Kontrolle über den Persischen Golf und die dortigen Ölreichtümer zu entreißen, fällt die gesamte Küstenflanke des Landes an einen neu zu gründenden Teilstaat des ehemaligen Irak. Auf diese Weise werden beiden Gegnern westlicher Herrschaftsanmaßungen die materiellen Grundlagen ihrer Autonomie entzogen, um die sie gegeneinander konkurrieren müssen. Während der Irak aufhört zu existieren, verliert Iran große Teile seines Gebietes an das "Vereinigte Aserbaidschan", das "Freie Kurdistan", den "Arab Shia State" und ein weiteres Fantasieprodukt ("Freies Baluchistan"), gewinnt aber die Gebiete um Herat im heutigen Afghanistan dazu.

Neue Perspektiven

Wie der französische Historiker Pierre Hillard urteilt, wird die ethnizistische Aggression der westlichen Mächte durch die deutsche Außenpolitik maßgeblich befördert. Hillard verweist auf kontinuierliche Bemühungen deutscher Vorfeldorganisationen, die den "den Mittleren Osten neu modellieren" [5] wollen, und erwähnt in diesem Zusammenhang die Aktivitäten der Bertelsmann-Stiftung. Die Stiftung veranstaltet jährlich stattfindende Nahost-Foren ("Kronberger Gespräche"), bei denen es um eine "vollständige Umgestaltung der politischen, wirtschaftlichen und religiösen Insitutionen" der muslimischen Ressourcenstaaten geht – "um sie fest an die euro-atlantische Achse zu schweißen", sagt Hillard im Interview mit dieser Redaktion. Wie es im Protokoll der diesjährigen "Kronberger Gespräche" [6] heißt, sollten dem "schrittweisen Ausbau der europäischen Präsenz in der Region" geeignete Mittel "der amerikanischen Durchsetzungsfähigkeit" beigegeben werden. Der Hinweis kombiniert diplomatische und subversive Aktivitäten ("Minderheitenrechte") mit kriegerischen Drohungen. Bei einem der vorangegangenen Bertelsmann-Foren war verlangt worden, dass die "administrativen und natürlichen Grenzen der Region ihre Bedeutung schnell verlieren müssen, damit sich neue Perspektiven eröffnen".[7]

Unnatürlich

Die Parzellierung ganzer Staatensysteme ist Bertelsmann nicht unbekannt. So empfahl die Stiftung am Vorabend des Jugoslawienkrieges, "das ethnische Prinzip" [8] anzuwenden und gegen Belgrad so genannte Volksgruppen zu mobilisieren – blutlich definierte Minderheiten mit Anspruch auf Territorialrechte. Ebenfalls für Bertelsmann entstand 1996 ein ethnischer Teilungsplan, der Ungarn, Rumänien, Russland und den nördlichen Kaukasus betrifft.[9] Ähnlich wie jetzt im "Armed Forces Journal" wird mehreren UNO-Mitgliedern mit dem Verlust ihrer Staatlichkeit gedroht. Dabei beruft sich der Bertelsmann-Autor auf angeblich "unnatürliche" Grenzziehungen und klagt erfundene Stammesansprüche von Blutsgemeinschaften ein.

Klappt

Die ethnizistische Aggression geht auf deutsche Politikansätze der Bismarck-Zeit zurück. Postulierten ihre damaligen Theoretiker das ständige "Fließen" von Staatsgrenzen, die dem biologischen Zug der Stämme und "Volksgruppen" folgten, so heißt es heute im "Armed Forces Journal", dass "Grenzen niemals statisch gewesen sind".[10] Wegen "unnatürlicher" Territorialbildungen wechseln Grenzen "gerade jetzt" ihre Gestalten, schreibt der amerikanische Militär-Autor: "vom Kongo über den Kosovo bis zum Kaukasus". Über die dabei zur Anwendung kommenden Mittel wird bereitwillig Auskunft gegeben. Man könne "ein kleines schmutziges Geheimnis aus 5000 Jahren Geschichte" verraten: "Ethnische Säuberung klappt".[11]

Sie finden die US-Kartendokumente hier.

Bitte lesen Sie das Interview mit Dr. Pierre Hillard.

[1] Gannett Co. Company Profile; www.gannett.com/about/company_profile.htm 08.09.2006

[2] Ralph Peters: Blood Borders. How a better Middle East would look; Armed Forces Journal Juni 2006

[3] Real Clear Politics; Author Archive 08.09.2006

[4] Ralph Peters: Blood Borders. How a better Middle East would look; Armed Forces Journal Juni 2006

[5] Lesen Sie dazu das Interview mit Dr. Pierre Hillard.

[6] Europa und der Nahe Osten; 10. Kronberger Gespräche, 14.-15.07.2006

[7] Lesen Sie dazu das Interview mit Dr. Pierre Hillard.

[8] Walter von Goldendach, Hans-Rüdiger Minow: Von Krieg zu Krieg. Die deutsche Außenpolitik und die ethnische Parzellierung Europas, München 1999, S. 206.

[9] Georg Brunner: Gutachten über Nationalitätenprobleme und Minderheitenkonflikte in Osteuropa, Bertelsmann, Reihe Strategien für Europa, Gütersloh 1996

[10] Ralph Peters: Blood Borders. How a better Middle East would look; Armed Forces Journal Juni 2006

[11] Im englischen Original: "Oh, and one other dirty little secret from 5,000 years of history: Ethnic cleansing works."

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