ANDREA
BONANNI
La Ue riconosce la funzione che nella crisi svolgono anche
attori con cui né Israele né gli Usa vogliono negoziare
Aver trovato una posizione comune è per la UE un grande
risultato che le permette di giocare un ruolo in Medio Oriente e rende più
difficile agli USA coprire l’offensiva israeliana.
A QUALCOSA, almeno, la
lezione dell´Iraq è servita. Riuniti in emergenza a Bruxelles per la crisi in
Medio Oriente, i ministri degli Esteri europei sono riusciti a superare le
diverse sensibilità e ad approvare una posizione comune allineata con la
proposta di risoluzione che la Francia ha presentato al Consiglio di Sicurezza
delle Nazioni Unite.
Malgrado i rumors infondati che per tutta la giornata hanno parlato di una
divisione, i venticinque hanno chiesto «una cessazione immediata delle
ostilità in vista di un cessate il fuoco duraturo».
È quella richiesta di far tacere immediatamente le armi che era mancata al
vertice di Roma per l´opposizione del segretario di Stato americano Rice. A
questo punto gli Stati Uniti restano i soli a difendere il diritto di Israele a
continuare l´offensiva sul suolo libanese. Per loro sarà più difficile mettere
il veto ad una risoluzione delle Nazioni Unite che, imponendo l´immediata
cessazione delle ostilità, aprirebbe la strada all´invio di una forza di pace
Onu a guida europea.L´altra novità di rilievo che è emersa dalla riunione di ieri, infatti, è
che per la prima volta gli europei, come ha sottolineato Massimo D´Alema, sono
pronti a mobilitare le proprie truppe per garantire la sicurezza della regione,
il rispetto del diritto internazionale e l´integrità dello stato di Israele.
Si tratta di un´evoluzione cruciale, che restituirebbe all´Europa un ruolo
chiave sullo scacchiere mediorientale a lungo monopolizzato dalla diplomazia
americana, e che vede Francia e Italia assumere un ruolo di leadership rispetto
ai partner europei. Per arrivare a questo, tuttavia, occorre che le armi tacciano,
che si pongano le condizioni per un cessate il fuoco duraturo comprendente lo
scambio di prigionieri, e che si avviino negoziati con tutte le parti in causa.
Questo è un altro aspetto cruciale del rompicapo libanese. L´Europa pare
infatti orientata a riconoscere il ruolo che nella crisi è svolto anche da
attori con cui né Israele né gli Stati Uniti vogliono negoziare. Oggi il
ministro degli Esteri spagnolo Moratinos, ex inviato dell´Ue nella regione,
partirà alla volta di Damasco e «parlerà con i siriani a nome di tutti gli
europei», come ha spiegato ieri il responsabile della diplomazia Ue, Javier
Solana. Un altro segnale in questo senso è venuto ieri dalla decisione,
annunciata dalla presidenza finlandese dell´Unione, di non inserire il
movimento Hezbollah nella lista delle organizzazioni terroriste con cui gli
europei hanno tagliato ogni contatto. Una richiesta in tal senso era stata
rivolta a Solana con una lettera firmata da 213 deputati del Congresso
americano.
Ma evidentemente, per ora, l´Europa intende mantenere aperti quanti più canali
di dialogo possibili. Già la mancanza di rapporti con Hamas,
classificata come organizzazione terrorista ma al governo nei territori
palestinesi, ha notevolmente limitato le possibilità di azione diplomatica
degli europei, che vogliono evitare di ripetere lo stesso autogol al tavolo
della crisi libanese.
Resta invece, per ora, escluso dal negoziato ufficiale l´altro grande
burattinaio della tragedia mediorientale: l´Iran. Il ministro francese,
Douste-Blazy, reduce da un incontro con il suo collega iraniano Mottaki,
avrebbe voluto che venisse riconosciuto il ruolo di Teheran nella crisi. Ma per
ora gli europei hanno preferito ignorare questo convitato di pietra la cui
presenza risulterebbe inaccettabile sia per gli israeliani sia per gli
americani.
La parola, adesso, passa al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Sarà in
quella sede che si misurerà fino a che punto Israele e Stati Uniti siano
divenuti consapevoli dell´impossibilità di risolvere la questione mediorientale
con l´unilateralismo militare e diplomatico.
Ma, al di là del risultato che si potrà forse ottenere al Palazzo di vetro, la
compattezza dimostrata dagli europei li mette per la prima volta in grado di
svolgere un ruolo politico di rilievo nella crisi Mediorientale. E già
questo è di per sé un dato che cambia il quadro politico generale. Fino ad
oggi, ogni volta che si doveva affrontare una crisi che avesse per protagonista
Israele, l´Europa si divideva tra la cattiva coscienza dei tedeschi, le ambizioni
pan-arabe dei francesi, la sudditanza a Washington dei polacchi, le esitazioni
dei britannici e, negli ultimi anni, la posizione acriticamente pro-israeliana
del governo Berlusconi. Tutto ciò rendeva impossibile l´elaborazione di una
strategia comune e minava la credibilità dell´Europa come interlocutore
politico delle parti in conflitto. Oggi non è più così. E questa è, di per
sé, una prima vittoria degli europei su se stessi e sui propri demoni.