L’Egitto? Sarà la Taiwan del Mediterraneo

«Sono già oltre 100 le nostre
aziende che hanno investito in Egitto»
. Un
dato, quello sottolineato dal ministro per le Attività produttive Claudio
Scajola
, che racconta il crescente interesse del sistema economico
italiano per il maggior Paese sulla sponda sud del Mare Nostrum, quello che
qualcuno vede come una potenziale «Taiwan del Mediterraneo»
. Scajola ne ha
parlato ieri a Milano, insieme al ministro dell’Industria del Cairo, Rachid
Mohammed Rachid, alla presentazione ufficiale del Business Council
italo-egiziano
, un forum per sviluppare i rapporti economici e commerciali
fra i due Paesi le cui fondamenta erano state gettate lo scorso settembre con
il piano d’azione sottoscritto dai due governi.
A presiedere il Council sono, non a caso, due big dell’industria, entrambi
il maggiore investitore privato di un Paese nell’altro: Carlo Pesenti,
consigliere delegato di quella Italcementi che è il primo gruppo italiano
attivo in Egitto, e Naguib Sawiris, leader del gruppo di telecomunicazioni
Orascom e del fondo Weather, che ha appena acquisito l’italiana Wind.
Per ora, a scandire la partnership fra i due paesi sono soprattutto gli
scambi commerciali: l’Italia è il terzo sbocco di mercato per le
esportazioni egiziane (13,8 miliardi di dollari nel 2004, per il 50% dovute a
petrolio e gas) ed esporta, sempre nel 2004, per 24,2 miliardi di dollari,
soprattutto macchinari. Gli investimenti diretti sono ancora in fase iniziale.
«Circa 2 miliardi di dollari l’anno», ha spiegato Pesenti
. Il salto di
qualità è affidato, appunto, anche al Council. E già ieri sono stati firmati i primi
accordi
: da quello di collaborazione fra la Borsa italiana e le piazze
di Alessandria e del Cairo
, fino a quelli siglati da Afemo
(l’associazione dei produttori di macchine per gioielleria) e da Assocomaplast
(che riunisce i costruttori di attrezzature per la lavorazione della plastica).

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