"Le stragi fasciste in Etiopia rimosse per volontà politica"

ITALIA, STORIA, DIRITTI UMANI

REPUBBLICA Mar. 23/5/2006   ANAIS GINORI

Intervista allo storico Del Boca dopole rivelazioni di
Repubblica: "Troppi i massacri mai raccontati"

Gli studiosi faticano ancora
ad accedere agli archivi pubblici. Nei libri di scuola non si raccontano gli
eccidi

Lo
storico DEL BOCA: indagare sugli eccidi del colonialismo è difficile, lo stato
non collabora, i crimini italiano non sono divulgati

Una strage dimenticata che riaffiora insieme agli orrori
commessi dall´esercito italiano in Etiopia
. La foiba abissina scoperta
da uno studioso di Torino, Matteo Dominioni
, e raccontata ieri da
Repubblica, rilancia la polemica sui massacri commessi durante l´avventura
colonialista di Mussolini. Tra il 9 e l´11 aprile 1939 a Debra Brehan, 100
chilometri a nord di Addis Abeba, furono fucilati e avvelenati con i gas
centinaia di guerriglieri che si erano rifugiati in una grotta insieme alle
loro famiglie. Donne, vecchi, bambini. Mille morti, almeno. «Ed è soltanto
uno dei tantissimi massacri che devono essere pienamente indagati» racconta
Angelo Del Boca
, il maggior storico del colonialismo italiano che nel suo
ultimo libro, Italiani, brava gente?
, ha invitato l´Italia repubblicana ad
ammettere i crimini di quegli anni.

Nel massacro di Debra Brehan furono usati contro la
popolazione gas e persino lanciafiamme. Come spiegare una tale ferocia?

«Alla fine del 1938 la resistenza abissina era ancora
fortissima e Mussolini era molto scontento di come stavano andando le cose
nell´Africa Orientale. Il Duce voleva una repressione ancora più violenta. I
gas iprite e fosgene furono usati in maniera continuativa durante la guerra».

Perché settant´anni dopo la nostra memoria rimuove ancora
episodi come questo?

«La mia prima ricerca del 1966 sui massacri in Etiopia fu
accolta in maniera disastrosa da gran parte del mondo politico. Non solo dai
fascisti e neo-fascisti ma anche dagli ambienti conservatori per cui certe
cose non si possono dire perché siamo, appunto, brava gente»
.

Adesso siamo pronti a riscrivere la storia?

«E´ un lento cammino. Fino agli Ottanta nei libri di
scuola si parlava ancora di "battaglia di civilizzazione". Adesso la
storiografia è più moderata ma certo non si fanno studiare ai ragazzi stermini
come questo».

E invece ci sarebbero tanti altri eccidi da
raccontare.

«Deportazioni di massa, bombardamenti con bombe di
iprite, campi di concentramento, rappresaglie indiscriminate, stragi di civili,
confisca di beni e terreni. Uno degli episodi più gravi fu il massacro nella
città santa di Debre Libanos dove nel maggio 1937 furono uccise quasi duemila
persone, in gran parte preti, sacerdoti e pellegrini»
.

Pensa che il governo etiope dovrebbe chiedere un
risarcimento?

«Credo sia impossibile. Alla fine degli anni Cinquanta,
quando sono state ristabilite le relazioni tra l´Italia e l´Etiopia, il nostro
governo costruì una diga e versò dei soldi come risarcimento
. Non era certo
una somma che pagava i 300mila morti della guerra ma fu comunque un atto
simbolico».

Continuerà a indagare su questi crimini della
colonizzazione?

«Per anni l´archivio del
ministero degli Esteri è stato inaccessibile. Soltanto quando al centro di
documentazione è arrivato Enrico Serra, un partigiano come me, sono riuscito a
fare le mie ricerche. Lo Stato rende difficile il lavoro d´indagine sul
colonialismo, ci sono ancora migliaia di faldoni intonsi proibiti agli studiosi
. E chissà quante cose potremmo scoprire se solo ci
fosse la volontà di fare luce sul nostro passato».

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