ITALIA, TAV, ECONOMIA
Contro il pericolo che il
“Corridoio 5” escluda l’ITALIA, si mobilitano le regioni del Nord e si schiera
il ministro dei Trasporti BIANCHI (PdCI)
BRESCIA – Le Regioni del Nord si riuniscono in
coordinamento per ribadire il loro sì alla Tav. Chiedono «che il governo si
esprima con un’unica voce». E dia vita a un «tavolo permanente per definire le
priorità in materia di grandi infrastrutture». Ieri a Brescia il battesimo del coordinamento
(7 Regioni, più Trento e Bolzano). Il messaggio: «Non chiudere i cantieri
aperti, indicare le nuove priorità (e le opere da sacrificare), definire un
master-plan».
Quindi un appello: «Attenzione: il Corridoio 5 rischia di
passare sopra le Alpi». Ieri il governatore del Piemonte ha chiesto che sia
Prodi ad «assumere la direzione politica della vicenda e unire le diverse
pulsioni della maggioranza». Il governo francese ha confermato all’Ue il suo sì
alla Torino-Lione.
Antonella Baccaro
Il titolare dei Trasporti (Pdci): nessun risarcimento
agli abitanti, noi lavoriamo per il Paese
«Inaccettabili i veti anti-Tav»
Il ministro Bianchi: le
proteste non fermeranno l’opera
ROMA – «In democrazia i diritti di veto non
esistono. In democrazia c’è il principio della maggioranza. E la maggioranza
nel governo vuole la Tav. Un veto oggi significa portare l’esecutivo alla
soglia della crisi. E io me ne guarderei bene». Il ministro Alessandro Bianchi
è tornato. Dopo un piccolo (e volontario) esilio mediatico seguito alle
polemiche provocate dalle sue dichiarazioni, troppo contrarie al Ponte sullo
Stretto e troppo favorevoli a Fidel Castro, il responsabile dei Trasporti
indicato dai Comunisti italiani si riscopre moderato. Pentito? Era partito
così, a cuore aperto…
«Così fanno le persone serie. No, non sono pentito: sono cose che ridirò».
Sulla Tav, però, niente fronda.
«L’alternativa è far passare il corridoio a Nord delle Alpi. Non ce lo possiamo
permettere».
I Verdi non vogliono il tunnel.
«Mi pare che ci siano diverse alternative, e vanno studiate tutte. Troppo
spesso in passato le soluzioni tecniche si sono piegate alle scelte politiche».
Ci vorrà del tempo per cambiare il progetto.
«Quello che serve quando si fanno grandi opere».
Ma qui saltano i finanziamenti dell’Ue.
«Ho imparato che i termini ultimativi non sono mai così ultimativi. Abbiamo
bisogno di qualche mese per decidere, non ce la facciamo per il 4 luglio. I
soldi ce li terranno da parte».
La gente in Val di Susa si convincerà in poco tempo?
«L’operazione è complessa: bisogna recuperare l’ascolto, purché però alla
fine una soluzione si trovi. È inaccettabile che qualcuno si metta di
traverso».
È la sindrome Nimby, «non nel mio cortile».
«Capisco che nessuno voglia il treno o la discarica dietro casa, ma da
qualche parte si deve metterli. Sono perplesso che si debba andare dietro ai
focolai di protesta».
Preferisce concedere compensazioni economiche al territorio?
«Sono contrarissimo: significa ammettere che l’opera sta creando un danno,
quando invece si sta facendo qualcosa per il Paese».
E come si arriva all’unanimità nelle decisioni?
«Non si arriva. Non mi appassiona l’unanimismo. La democrazia si regge sul
principio della maggioranza, il diritto di veto è una forma decadente di
democrazia».
Una forma che la sua parte politica utilizza.
«Diliberto? Io sono stato espresso dal suo partito ma come indipendente. Per
ora va bene. Ma a tutto potrei rinunciare tranne che a me stesso».
Quindi niente Ponte sullo Stretto?
«Niente, fino alla morte. Solo l’idea del Ponte ha fatto danni al Sud».
Come va con il suo coinquilino Di Pietro?
«La distinzione delle competenze è chiara. Poi però in pratica…».
Condivide la sua linea sulla questione Autostrade-Abertis?
«La linea qui è una ed è quella di Prodi. Quella la condivido».
Il Consiglio di Stato ha detto che l’operazione dev’essere autorizzata dal
ministero delle Infrastrutture.
«Peccato che si sia dimenticato di quello dei Trasporti…».