Sri Lanka, lontano dai riflettori una crisi e una rivolta senza precedenti
La gravità della situazione economico-sociale e lo svolgimento delle proteste nello Sri Lanka presentano diverse similitudini con quelli del Perù, un’ulteriore conferma che le cause dei disastri in corso sono da ascrivere al comune sistema economico-sociale, il capitalismo.
Il 31 marzo, con il lancio di mattoni, e incendi appiccati davanti alla residenza privata del Presidente, è esplosa nello Sri Lanka la frustrazione e la rabbia della popolazione per il forte peggioramento delle condizioni di vita a seguito della pandemia Covid-19, a cui si è ora aggiunta la guerra in Ucraina tra Russia e Nato/Ue. Il 45% delle importazioni di grano dello Sri Lanka proviene da Russia e Ucraina. Viceversa, più della metà delle importazioni di soia, olio e semi di girasole e piselli proviene dall’Ucraina.
Una crisi economica, sociale e politica.[1]
L’industria turistica dello Sri Lanka è collassata, le rimesse dei lavoratori srilankesi all’estero sono crollate del 22% rispetto all’anno precedente,[2] sono bloccate le esportazioni di tè verso i principali mercati dell’Ucraina e della Russia, e fortemente ridotta la sua produzione (-18%) a causa di un blocco emanato dal governo alle importazioni di fertilizzanti nel tentativo di evitare il default. Questo colpisce le condizioni di vita, già di per sé pesanti, del milione circa di braccianti (per la maggior parte appartenenti alla minoranza tamil) e piccoli agricoltori impiegati nel settore (circa il 12,3% della forza lavoro totale). La banca centrale ha dichiarato default temporaneo sugli ingenti prestiti esteri di oltre 51 miliardi di dollari. La mancanza di valuta estera impedisce il pagamento delle importazioni di carburante, medicinali e prodotti alimentari di base.
Scene quotidiane di file infinite per acquistare i beni di prima necessità, molti dei quali sono razionati, e ai distributori, dove sono stati dispiegati soldati per mantenere l’ordine. Diversi negozi sono stati costretti a chiudere perché non potevano far funzionare frigoriferi, condizionatori o ventilatori, date le frequenti e lunghe interruzioni di corrente elettrica. Ad aprile l’inflazione generale ha raggiunto il 20%, e per gli alimentari il 30%. Anche fasce di piccola borghesia, i cui risparmi si sono evaporati, temono ora gli effetti della crisi, fino a non potersi più procurare beni essenziali come farmaci o combustibile.
La polizia ha fatto ricorso alle sue solite armi per sedare le proteste, gas lacrimogeni e idranti, e ha imposto il coprifuoco. Il 1° aprile il presidente Gotabaya Rajapaksa[3] ha dichiarato lo stato di emergenza, conferendo agli agenti il potere di arresto senza un mandato, e ha bloccato le piattaforme dei social media. In barba al coprifuoco, le proteste sono proseguite, represse con l’arresto di centinaia di manifestanti. Il 5 aprile folle di studenti hanno nuovamente circondato la residenza di Rajapaksa, chiedendo le sue dimissioni. E il 6 aprile è stato proclamato uno sciopero generale e un “Hartal” (la chiusura dei piccoli esercizi commerciali), a cui il governo ha risposto dando ai militari schierati contro i manifestanti l’ordine di “sparare a vista”!
Il 9 maggio, gruppi di paramilitari e squadre di picchiatori filogovernativi e legati al “partito della libertà” della famiglia Rajapaksa, hanno attaccato i manifestanti con spranghe di ferro e manganelli, con la polizia che stava a guardare, provocando sette morti e quasi 200 feriti. Due parlamentari del partito di governo sono stati accusati di aver sparato contro i manifestanti antigovernativi in diverse parti del Paese. Per rappresaglia, sono state incendiate le case e i veicoli di diversi politici sostenitori di Rajapaksa e la residenza di Mahinda Rajapaksa.
Ma infine, la forte determinazione dei manifestanti ha costretto il governo ad abrogare un emendamento alla costituzione che aveva concentrato il potere nelle sue mani e di restituire il potere al parlamento, e a revocare lo stato di emergenza. Ne è seguita una crisi di governo, con un rimpasto radicale e si è infine dimesso anche il primo ministro Mahinda Rajapaksa, fratello del presidente.
Il 12 maggio è tornato a coprire la carica di primo ministro, per la sesta volta, Ranil Wickremesinghe. Un avvicendamento secondo i desideri di USA e FMI di cui, per evitare il default, il nuovo governo eseguirà le brutali misure di austerità richieste.[4] La nomina di Wickremesinghe serve alla borghesia srilankese a prendere tempo mentre tratta prestiti con FMI, Cina e India. Da qualche tempo le due potenze regionali si contendono una posizione nell’isola. Per Pechino Sri Lanka è importante per il suo progetto di infrastrutture Belt and Road,[5] per New Delhi lo è per la sua posizione geopolitica. Ora entrambe le potenze cercano di approfittare delle enormi difficoltà finanziarie dell’isola per tentare di avvantaggiarsi una sull’altra, offrendo “aiuti”.
Ma il nuovo primo ministro sposta la bilancia a favore di un altro contendente, l’imperialismo americano e della sua guerra economica e diplomatica contro la Cina.[6]
[Come si comprende da questi brevi accenni, gli interessi in gioco riguardo a chi sta al timone a Colombo, sono complessi, riguardando non solo attori interni, frazioni della borghesia srilankese, ma anche attori esterni, potenze regionali e globali. Questo significa che le stesse rivolte popolari oggi in corso possono essere utilizzate a beneficio di interessi opposti. Un tema che non è possibile affrontare in questa occasione, e che ci riserviamo di sviluppare in seguito.]
Per rabbonire i manifestanti, appena nominato Wickremesinghe si è affrettato ad orchestrare la sceneggiata della costituzione di un comitato di sostegno degli interessi espressi dai giovani manifestanti “Gota go Home”[7] che dal 9 aprile campeggiano in Galle Face Green, il viale centrale della capitale divenuto un simbolo delle proteste in corso, come in Egitto piazza Tahrir durante le rivolte della “Primavera Araba”.
Nel suo discorso alla nazione il 16 maggio il nuovo/vecchio primo ministro ha illustrato le gravi difficoltà economiche per convincere la popolazione a “sacrificarsi” per il paese, aggiungendo che «la situazione è spiacevole e terrificante», ma «i tempi difficili» saranno brevi, e se ci uniamo tutti, il futuro sarà roseo. Il suo programma è l’attuazione dei dettami del FMI, per soddisfare le richieste dei creditori stranieri e della borghesia economica e finanziaria dello Sri Lanka a spese della grande maggioranza della popolazione. Si tratta di misure di austerità selvaggia, la ristrutturazione delle imprese statali, l’aumento delle tasse e la riduzione del deficit fiscale con forti tagli ai posti di lavoro nel settore pubblico, ai salari, alle pensioni e a quel che rimane dei sussidi sui prezzi dei beni base.
Intanto continuano le proteste contro il governo nella Galle Face Green, che riusciranno a difendere le condizioni di vita della popolazione, solo se il fronte di lotta si estende e compatta riunendo lavoratori, piccoli contadini e giovani delle varie comunità Sihala, Tamil e Musulmani, su un programma comune contro quello della borghesia locale, e della finanza internazionale. Al contrario della borghesia internazionale, i comunisti internazionalisti si augurano che i disastri umani, sociali ed economici prodotti dalla guerra favoriscano la crescita di una coscienza e di organizzazioni di classe, annullando i tentativi di arruolamento nazionalistico contro uno o l’altro schieramento imperialistico, contro il reale nemico, il sistema capitalistico.
[1] Sintesi della composizione dell’economia dello Sri Lanka per settori: nel 2020 i servizi rappresentavano il 59,6% del PIL, (54,6% nel 2010), di questi il turismo contribuisce al 12% del PIL del paese; l’industria il 26,2% (26,6%) e l’agricoltura l’8,3% (8,5%). Il paese è il terzo maggior esportatore mondiale di te. L’industria dell’abbigliamento impiega il 15% della forza lavoro (circa 1.216000, sul totale di 8.105.000, nel 2020), di cui l’85% donne, e rappresenta circa la metà delle esportazioni. Il paese è il maggiore centro di produzione di pneumatici pieni e industriali del mondo. Il porto della capitale, Colombo, è il più grande snodo di smistamento dell’Asia meridionale.
[2] Nel 2021 le rimesse dei lavoratori srilankesi all’estero, principale fonte di guadagno in valuta estera del Paese, sono diminuite del 22% a 5,4 miliardi di $, rispetto all’anno precedente, a seguito della decisione del governo di imporre la conversione della valuta estera e il controllo dei tassi di cambio.
[3] Il fratello, Mahinda Rajapksa, ha coperto la carica presidenziale dal 2005 al 2015, ed era primo ministro prima dell’attuale rimpasto attuale di gabinetto. Un esempio di come alte cariche statali siano al servizio degli “affari di famiglia” dei vari circoli borghesi dello Sri Lanka.
[4] Da WSWS, 13.05.’22: “Il curriculum di Wickremesinghe, dalla sua elezione in parlamento nel 1977 sotto il governo UNP dell’ex presidente J.R. Jayawardene, è noto. Quel governo implementò spietate politiche economiche liberiste e represse lo sciopero generale del 1980 dei lavoratori del settore pubblico, licenziando 100.000 dipendenti che si erano opposti alla cancellazione dei loro diritti sociali. Inoltre, scatenò una guerra civile, durata 26 anni, contro i Tamil, per dividere, indebolire e reprimere la classe operaia. Wickremesinghe è apprezzato per aver introdotto le zone di libero scambio come piattaforme di lavoro a basso costo per lo sfruttamento spietato da parte del capitale internazionale.”
[5] Ricordiamo brevemente l’acquisizione nel 2017 del 70% per 99 anni del porto di Hambatota da parte del cinese China Merchants Port Holdings Company Limited, usato spesso dai media come esempio della trappola del debito che la Cina utilizzerebbe per appropriarsi di rilevanti asset esteri. https://thediplomat.com/2020/01/the-hambantota-port-deal-myths-and-realities/
[6] Già nel 2015, assieme all’ex presidente Chandrika Kumaratunga Wickremesinghe ebbe un ruolo centrale nel cambio di regime sponsorizzato da Washington per spodestare l’allora presidente Mahinda Rajapakse e sostituirlo con il filo-statunitense Maithripala Sirisena. L’obiettivo americano era di interrompere le relazioni di Rajapakse con Pechino e far schierare lo Sri Lanka contro la Cina.
[7] “Gota vattene”, la richiesta di dimissioni del presidente Gota Rajapaksa.
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Un esempio di governo su base famigliare
La famiglia Rajapaksa proviene dal villaggio di Giruvapattuwa, nel distretto meridionale di Hambantota, in Sri Lanka. Possiede molti terreni, campi e piantagioni di cocco. La famiglia entrò in politica quando Matthew Rajapaksa fu eletto al Consiglio di Stato dal distretto di Hambantota nel 1936.
La famiglia Rajapaksa ha governato lo Sri Lanka per decenni. Quattro fratelli e i loro figli occupano le posizioni più alte dell’attuale governo. Gotabaya Rajapaksa è il Presidente; Mahinda Rajapaksa è Primo Ministro; Chamal Rajapakse era Ministro dell’Irrigazione e Basil è stato Ministro delle Finanze. Nello scorso governo, il figlio di Mahinda Rajapakse, Namal, era Ministro dello Sport e Yoshitha era Capo di Gabinetto del Primo Ministro. Il figlio di Chamal, Sashindra, era ministro dell’Agricoltura. Il nipote di Mahinda Rajapaksa, Nipun Ranavaka, era invece Ministro degli Esteri. Mahinda Rajapaksa si è dimesso il 9 maggio, mentre tutti gli altri ministri hanno presentato le loro dimissioni il 3 aprile. Tutti loro avevano ricoperto posizioni importanti nei governi precedenti.
Chamal Rajapakse è stato deputato di Hambantota nel 1989; nel 2010-2015, Presidente del Parlamento; 2019-2020 ha gestito dicasteri come quello del Commercio interno, dell’Alimentazione e della Sicurezza e del Benessere dei consumatori. Tra il 2020 e il 2022 ha ricoperto la carica di ministro dell’Irrigazione.
Dal 1971 al 1991, Gotabaya Rajapaksa ha fatto carriera militare nell’esercito dello Sri Lanka; è diventato presidente nel 2009; poi dal 2005 al 2015, ha ricoperto la carica di Segretario del Ministero della Difesa e dello Sviluppo Urbano.
Mahinda Rajapaksa è diventato presidente per la prima volta nel 2005, e con un secondo mandato nel 2010. Nel 2019 è diventato Primo Ministro nel governo del fratello. Basil Rajapaksa è stato ministro dello Sviluppo economico dal 2010 al 2015 e deputato di Kampala; ministro delle Finanze dal 2021 al 2022.Shyamlal Rajapaksa, figlio di George Rajapaksa, è stato membro del Consiglio provinciale del Sud nel 1994-2004. Sua figlia e nipote di Mahinda e Gotabaya, Nirupama Rajapakse, ha è stata viceministro dell’approvvigionamento idrico e del drenaggio nel 2010-2015; eletto deputato di Hambantota nel 2005-2015.