Giuseppe Sarcina
L’incontro tra i due
leader del centrosinistra «Non ce ne andiamo anche se crescono i rischi»
IRAQ
Prodi ha spiegato le ragioni del nostro ritiro
BRUXELLES – Via
dall’Iraq, ognuno a modo suo. Ma in Afghanistan bisogna restare, anche se «la
situazione diventa ogni giorno sempre più preoccupante», anche se «ci saranno
rischi da correre». Romano Prodi e José Luis Rodriguez Zapatero concordano:
i soldati italiani e spagnoli resteranno a Kabul e nella zona occidentale del
Paese, insieme con gli altri contingenti della missione Isaf-Nato. Il colloquio
bilaterale fra i due premier, ieri a Bruxelles, a margine del Consiglio europeo,
è stata la prima occasione per riavvicinare le posizioni tra Roma e Madrid,
intrecciando la «politica mediterranea» e la possibilità di muoversi in
sintonia nelle operazioni internazionali.
I due sono partiti dall’Iraq. Zapatero ha raccontato a Prodi come aveva
gestito, nel marzo 2004 subito dopo la vittoria elettorale, il ritiro dei 1.300
militari inviati da José Maria Aznar nelle regione del Najaf.
Prodi si è mantenuto più sulle generali: ha riferito del programma di rientro
dei 2.600 soldati stanziati a Nassiriya, ma ha evitato di entrare nei dettagli.
Il motivo è semplice: il capo del governo avrebbe dovuto spiegare perché gli
italiani non si ritireranno «alla spagnola», cioè con una specie di precipitoso
«rompete le righe»; bensì all’«olandese», vale a dire in maniera graduale,
cercando, se possibile, di non guastare i rapporti con gli Stati Uniti. Questa
distinzione che per la diplomazia spagnola vale poco più di un gioco di
prestigio. Ma tant’è. Ieri Zapatero ha fatto finta di niente e ha, invece,
manifestato «rispetto» per la scelta di Prodi.
Le affinità politico-ideologiche tra i due leader non sono così accecanti.
Ma sia all’uno che all’altro torna utile in questa fase collaborare; fare
«massa critica» nel Mediterraneo e sul piano delle relazioni con gli americani.
La missione in Afghanistan, da questo punto di vista, è un’occasione
importante. Gli spagnoli hanno rinforzato il contingente (circa 800 persone)
qualche mese dopo l’uscita dall’Iraq. La coalizione di centrosinistra
italiana, invece, si sta dividendo sull’opportunità di inviare ulteriori
rinforzi (oggi ci sono 1.400 effettivi), come richiesto dal segretario generale
della Nato, Jaap de Hoop Scheffer.
In ogni caso il colloquio con Zapatero servirà a Prodi nel confronto con
l’ala sinistra della coalizione: se la Spagna socialista conferma il suo
impegno in Afghanistan, perché non dovrebbe farlo anche l’Italia del
centrosinistra?