L’Aids chiama in causa il business

IL FORUM DI DAVOS Una nuova Iniziativa chiede alle imprese di affrontare la malattia con i mezzi del mercato

Dopo aver devastato l’Africa, il virus Hiv minaccia economie, come India e Cina, su cui si baserà la crescita mondiale L’attore Richard Gere: «Le burocrazie sono lente, ma se si muove il settore privato, i Governi seguono»

DAVOS • Non c’è giorno che passa sulla faccia della Terra senza che 14mila persone contraggano il virus dell’Hiv/Aids. L’Africa ne è devastata: 10 anni fa la sua povera econonomia non resse all’urto della scomparsa di quella generazione che invece avrebbe dovuto farla funzionare. Ma ora un’altra minaccia incombe sui Paesi che nei prossimi anni dovrebbero garantire la crescita mondiale.
Russia, India e Cina, dicono gli esperti, insieme a Nigeria ed Etiopia, nel 2010 saranno raggiunte da una “nuova ondata”, un’epidemia che moltiplicherà il numero dei malati. Nella previsione meno drammatica le loro economie cresceranno della metà; nella più tragica non cresceranno affatto. «Se la storia è un’indicazione, quando sbagliamo le previsioni lo facciamo sempre in difetto», spiega Nicholas Eberstadt, esperto di economia politica dell’American Enterprise di Washington, che sta studiando gli effetti della nuova ondata epidemica. Secondo le stime più credibili, in Russia quasi il 2% della popolazione è già malata.
«Questo significa che l’aspettativa media di vita non crescerà fino al 2025», aggiunge Eberstadt. La diffusione della malattia in Cina e India è poco superiore all’1%. Secondo le proiezioni meno drammatiche la “nuova ondata” aumenterà di un altro punto e mezzo il numero dei malati; quelle peggiori indicano una crescita del 5.
In California dove l’epidemia incominciò negli anni ’80, e nel resto dell’Occidente ricco, il virus ha causato solo morti. «Ignorando il male abbiamo perso 8 anni nella ricerca», spiegava l’altro giorno l’attore Richard Gere, ma poi si è corso ai ripari. Nei Paesi poveri africani l’Aids ha ucciso e devastato le economie; in quelli emergenti fermerà la crescita. Che fare? I Governi di questi Paesi, come fecero quelli occiden• tali all’inizio, tendono a nascondere per motivi politici o “morali” la malattia. Al World Economic Forum Richard Gere, diventato un attivista della lotta all’Aids, ha indicato un nuovo fronte della lunga battaglia: «Le burocrazie statali sono lente ma se il settore privato si muove, i Governi seguono immediatamente».
Questo però è il problema. Un’indagine del World Economic Forum, dell’Università di Harvard e di Unaids, l’ente delle Nazioni Unite, spiega che il mondo del business sta facendo molto poco. Sono stati sentiti 9mila dirigenti d’impresa in 104 Paesi e la maggior parte, il 71%, ha ammesso di non avere alcuna politica per tenere sotto controllo l’Aids né per promuovere i test. Il 45% delle imprese americane, il 77 di quelle italiane, il 96 delle ungheresi non fanno nulla. «Solo quando sbatte la faccia contro il problema, ed è troppo tardi, il business avvia programmi di lotta e di prevenzione», spiega Kate Taylor, la direttrice dell’Iniziativa per salute globale del Forum. In Sudafrica, quando l’Anglo-American ha scoperto che il 23% dei suoi 130mila minatori era malato di Aids, ha investito sul problema e pagato i medicinali retrovirali che hanno permesso di recuperare il 95% dei lavoratori colpiti dall’Aids.
«Quello che occorre è capire che l’Hiv è anche un problema centrale dell’economia. Farlo — aggiunge Kate Taylor — può essere una soluzione». Educare al problema può costare alle imprese un dollaro per operaio e tre per un tecnico, fino a migliaia di dollari se si organizza anche una cura retrovirale. Ma come ha dimostrato l’Anglo-American, oltre che un impegno morale, alla fine è anche un investimento economico.
Quello che ha spiegato l’economista Jeffrey Sachs è che la povertà porta la malattia ma anche che la malattia è un veicolo di povertà. Diversamente dalla malaria e dalla tubercolosi, l’Aids non è una «malattia assoluta dei poveri». Al contrario, l’aumento della disponibilità economica garantisce un accesso più facile ai rapporti sessuali, che restano il veicolo principale della malattia. Il modello individuato dall’Iniziativa del World Economic Forum è il “Mobile Man with Money”, l’individuo che ha i mezzi per muoversi e guadagna uno stipendio. Quest’uomo parte dal villaggio, trova lavoro in città, percepisce un salario, compra un telefonino, poi l’auto e ha soldi da spendere anche per comprare sesso. Infine torna al villaggio diffondendo la malattia. Nei Paesi in via di sviluppo sono milioni questi soggetti economici emergenti e potenziali veicoli della malattia. Le 130 imprese africane più grandi hanno 2 milioni e mezzo di dipendenti; le altre più p iccole e le amministrazioni pubbliche 10 volte di più.
Un modo per affrontare la minaccia è “Marketing Aids”. Detto così lo slogan dell’Iniziativa del Forum sembra immorale. Il suo significato non è fare della malattia un fenomeno consumistico ma affrontarla con i mezzi del mercato e rendendo più responsabili le imprese. «Come è stata convinta a bere una Coca-Cola al giorno o scegliere un’auto — spiega ancora Kate Taylor — la gente che conquista uno status economico deve essere spinta a considerare normale sottoporsi ai test e avere una vita più attenta. Il telefonino può essere un fattore di rischio: moltiplica i contatti. Ma può anche diventare un incredibile veicolo di educazione e di prevenzione. Il problema in fondo è cambiare il modo di pensare riguardo alla salute sociale».

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