La svolta di D´Alema: ora l´Italia conta davvero

MASSIMO GIANNINI

Il ministro degli Esteri ha ancora un´altra ambizione:
portare a Roma anche un rappresentante del governo di Israele

Il piano iniziale prevedeva un vertice a Parigi dei
principali Paesi europei
Ieri, la svolta: invito esteso agli arabi moderati e presidenza congiunta con
gli Usa

La Conferenza sul LIBANO a Roma ha una doppia valenza:
esterna (mantiene l’ITALIA al centro del Medio Oriente) ed interna (smentisce
l’idea di un governo in contrasto con gli USA e indebolisce l’opposizione alla
guerra in AFGANISTAN)

«E adesso sfido chiunque a
dire che l´Italia governata dal centrosinistra non conta niente nel mondo…»
. Nell´agenda di Massimo D´Alema questo venerdì 21
luglio resterà agli atti come un giorno speciale. In una manciata di ore, il
ministro degli Esteri è riuscito a concludere un oggettivo successo diplomatico
.
Mercoledì prossimo Roma sarà il centro di una possibile iniziativa di pace in
Medioriente. L´Italia ricuce definitivamente lo strappo delle relazioni
transatlantiche, rendendo manifesta la ritrovata partnership con gli Stati
Uniti. Rilancia la sua spinta propulsiva all´interno di un´apatica Unione
Europea. Rafforza il suo ruolo di cerniera del Mediterraneo, nei rapporti con
Israele e con il mondo arabo
. Il responsabile della Farnesina ne è
consapevole: «Non posso nasconderlo, sono molto, molto soddisfatto».
D´Alema lavorava da giorni, per ritagliare al governo italiano un ruolo
visibile nella ricerca di uno sbocco alla drammatica crisi mediorientale. Al G8
di San Pietroburgo il massimo risultato possibile era stata la dichiarazione
congiunta sul cessate il fuoco
, raggiunta dopo un negoziato complesso che
aveva visto in prima fila proprio la Farnesina, molto più degli altri ministeri
degli Esteri europei. Per questo, fino a mercoledì sera, D´Alema aveva in
testa un programma preciso
: «Per la settimana prossima – aveva spiegato ai
suoi consiglieri diplomatici – voglio organizzare una cena informale con i
ministri degli Esteri di Gran Bretagna, Germania, Francia e Spagna
. Voglio
convincerli ad assumere un´iniziativa europea, per mettere fine agli scontri
tra Israele e Hezbollah». Il ministro italiano aveva già in testa una sede:
Parigi
, dove si sarebbe dovuto recare proprio mercoledì 26 luglio. Solo
in un secondo momento, secondo le intenzioni italiane, sarebbe scattato il
confronto con gli Stati Uniti, con Israele e con la Lega araba
.
Ma già giovedì pomeriggio qualcosa si era messo in moto. A Roma era arrivato
in visita Saad Hariri
, leader del partito libanese Future Movement. Oltre a
condividere con lui la proposta di attivare subito un corridoio umanitario, il
figlio dell´ex premier assassinato nel 2005 aveva spiegato a D´Alema che,
secondo i suoi contatti con il Dipartimento di Stato, c´era la disponibilità a
un´iniziativa congiunta, tra Stati Uniti ed Europa, per chiedere una tregua. La
Farnesina aveva preso atto, e aveva cominciato a studiare un piano di
fattibilità. La stessa cosa aveva assicurato Hariri, spiegando che ne avrebbe
riferito alla Rice.
Ieri mattina il quadro ha subito un´improvvisa accelerazione. Quando il
Dipartimento di Stato ha annunciato che l´America stava preparando un piano di
pace per il Medioriente, alla Farnesina è scattata la svolta. D´Alema, alla
fine del Consiglio dei ministri, ha riunito il suo staff. È stato individuato
lo «strumento» che avrebbe potuto mettere insieme l´iniziativa americana e
quella europea: il Core Team for Lebanon
, un gruppo di Paesi che si era
riunito a New York per la prima volta nel settembre del 2005, e di cui fanno
parte, oltre al Libano, Italia, Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Russia,
Egitto, Arabia Saudita, Nazioni Unite, Commissione Europea e Banca Mondiale.
D´Alema si è messo in contatto con la Rice. «Abbiamo trovato l´accordo in
tempi rapidissimi, perché la verità, contrariamente alle tante sciocchezze che
sono state dette in queste settimane, è che Condoleezza ha grande stima e
fiducia nei nostri confronti…»
. Accordo sullo strumento, appunto. E
accordo anche sulla data. Il Dipartimento di Stato ha contattato di nuovo
Hariri, che ha ottenuto il via libera dai Paesi arabi del Core Team. La
Farnesina ha concordato a sua volta la strategia con le cancellerie europee. La
Rice ha chiesto di integrare il gruppo dei convocati con la Giordania, per
allargare ulteriormente la rappresentanza di matrice islamica moderata. D´Alema
ha chiesto di aggiungere alla lista Germania e Spagna, per dare più
autorevolezza alla rappresentanza europea dell´Unione
.
Alle sei di ieri pomeriggio, ora italiana, l´operazione è andata in porto.
D´Alema ha informato subito Prodi. «Caro Romano, missione compiuta. Il bello
è che co-presiederemo il vertice, noi e gli Stati Uniti…». Un dettaglio
tutt´altro che irrilevante: dal punto di vista della Farnesina, è il segno che
il ritiro delle truppe italiane dall´Iraq non solo non ha leso in modo
irreparabile i rapporti tra le due sponde dell´Atlantico, ma è stato compreso a
Washington e già metabolizzato senza danni dalla Casa Bianca
. D´Alema ha
anche spiegato al premier che al vertice potrebbe partecipare anche Israele: «La
Rice andrà a Gerusalemme, e inviterà il governo. Se Olmert accetta, anche
Israele sarà presente al vertice mondiale di Roma. Sarebbe un risultato ancora
più straordinario, per le prospettive di pace»
.
Ma è proprio questo il punto. Smaltita la soddisfazione per il risultato
diplomatico della giornata, D´Alema sa bene che adesso la partita vera è
un´altra. «Quello che conta davvero, a questo punto, è che da quel vertice
escano fuori soluzioni concrete…». Le chiacchiere e i comunicati congiunti,
le cene di gala e le photo-opportunity: tutto questo non basta più. C´è una
guerra. Dall´incontro multilaterale di Roma il ministro degli Esteri spera
di far uscire tre risultati pratici. Il primo: dare sostanza al corridoio
umanitario, e per questo sono stati invitati, oltre alla Commissione Ue, anche
Solana, la presidenza di turno finlandese e la Ferraro Waldner. Il secondo:
arrivare ad un immediato cessate il fuoco, che tenga anche conto delle
condizioni poste da Israele. Il terzo: aprire un confronto sulla
stabilizzazione della regione mediorientale, attraverso la presenza di una
forza multinazionale Onu
.
Gli obiettivi sono ambiziosi. I rischi non mancano. Il conflitto in Libano è in
pieno corso. La tensione in Palestina resta altissima. Ma la Farnesina ha una
convinzione: se la Rice si è impegnata per questo grande appuntamento di pace,
è ragionevole pensare che abbia ottenuto qualche garanzia da Israele sul fatto che,
almeno fino a mercoledì prossimo, sarà scongiurata un´escalation militare.
D´Alema incrocia le dita. «Da qui al 26 dobbiamo lavorare, lavorare, lavorare:
per la pace non c´è più tempo da perdere. Se non ora, quando?». Il ministro
degli Esteri ci spera. Anche con un occhio alle vicende della politica
italiana. Se al vertice italo-americano di mercoledì prossimo a Roma si
aprisse davvero uno spiraglio sulla pace, come farebbero il giorno dopo al
Senato gli otto disobbedienti della sinistra radicale a votare contro il
rifinanziamento delle missioni all´estero?
D´Alema non lo dice, ma
probabilmente lo pensa. Se questo folle scenario si materializzasse davvero ci
sarebbe da fare solo una cosa: chiamare «la neuro».

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