La rivolta contro Gheddafi – Il dittatore libico sfrutta l’impotenza dell’Occidente
Carsten Volkery, Londra
– Senza risultato l’appello a Gheddafi della cancelliera tedesca Merkel, di altri capi di governo e del segretario generale Onu, Ban Ki Moon, di far cessare gli attacchi di militari libici e mercenari stranieri contro i manifestanti; limitata l’influenza dell’Occidente sulla Libia, dato che essa è economicamente indipendente,
– L’Occidente dovrà alla fine dipendere dalla volontà di resistenza degli oppositori di Gheddafi, che sembra voglia mantenere la linea dura (preferisco morire piuttosto che cedere, ha dichiarato nel suo primo discorso dall’inizio della rivolta).
– Gli USA devono affidarsi agli alleati europei per fare pressione sulla Libia;
o scarse le loro relazioni diplomatiche con Tripoli, e di conseguenza essi hanno difficoltà a valutare la situazione;
o (Obama non ha mai parlato con Gheddafi, e attualmente non c’è neppure un’ambasciata americana nel paese, ritirata dopo le rivelazioni di WeakiLeaks)
– Viceversa diversi paesi europei hanno relazioni di lavoro con Gheddafi, anche nel quadro della cooperazione regionale dei paesi mediterranei.
o La UE si presenta ancora una volta divisa, il ministro Esteri tedesco, Westerwelle: tenuto conto che non tutti vogliono esprimersi in modo uguale, è importante che gli altri partner UE riescano a parlare chiaro, altrimenti le sanzioni proposte potrebbero non avere effetto sul dittatore.
§ Nel vertice di lunedì (21.02.2011), i ministri Esteri UE hanno condannato le azioni di Gheddafi, ma non sono riusciti ad accordarsi per emanare sanzioni contro la Libia,
– È stata respinta la richiesta di Finlandia e altri paesi del Nord,
§ in particolare dall’Italia, in cui il governo Berlusconi non vuole danneggiare le relazioni economiche con la ex colonia;
§ e teme una nuova ondata di profughi dal Nordafrica.
– La UE sta discutendo un divieto di entrata nella UE per il clan Gheddafi, il congelamento dei beni del governo libico all’estero, che secondo il governo tedesco potrebbe essere deciso anche senza il consenso italiano.
– Vista la divisione nella UE, alcuni governi europei cercano di far valere la propria influenza in modo bilaterale:
– La GB è uno dei primi interlocutori di Gheddafi in Occidente, dopo che nel 2004 l’ex primo ministro Tony Blair l’ha fatto cancellare dalla lista del male e l’ha cooptato nella lotta contro il terrorismo.
– Il ministro Esteri britannico si è rivolto al secondo figlio di Gheddafi, Saif al-Islam,[1] chiedendogli che venga posto fine al massacro.
o Negli scorsi anni Saif ha fatto da collegamento tra i due governi ed è sempre stato considerato filo-occidentale e riformista.
o A Londra ha contatti con l’incaricato per il commercio principe Andrew e con l’ex ministro Economia, Peter Mandelson; Blair lo chiamava amico di famiglia.
o Saif al-Islam possiede un’abitazione a Londra, e ha studiato nel 2003-2008 presso la London School of Economics (LSE).
– Sotto la pressione degli eventi Saif ha presentato un volto radicalmente diverso, dichiarando per televisione che i Gheddafi lotteranno “fino all’ultima pallottola”.
Il Consiglio di sicurezza ONU non ha soddisfatto la richiesta di no-fly-zone sopra la Libia per bloccare gli attacchi aerei contro la popolazione e le vie di rifornimento dei militari avanzata dall’ ambasciatore Onu in Libia, Ibrahim al-Dabashi, e si è limitato a condannare il regime Gheddafi.
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Racconti di testimoni oculari dalla Libia
(da un racconto di un medico libico, che lavora a Londra, con famigliari a Bengasi e a Tripoli)
– Le condanne verbali contro la violenza non bastano, la comunità internazionale ora deve agire, e salvare la popolazione libica.
– Da giorni a Bengasi non si può uscire di casa, dalla finestra:
o Soldati che sparano a casaccio sugli uomini gente, assaltano le case uccidono le donne. Sparano per uccidere, non per ferire.
– Da Tripoli: molti cadaveri per le strade, sparano a chi cerca di portarli via.
– Si è sentito più volte raccontare che nella sola Bengasi ci sono circa 3000 mercenari stranieri: quasi tutte le forze di sicurezza e i militari sono passati dalla parte della popolazione.
– Si riferisce che Gheddafi si procura un continuo rifornimento si mercenari, giovani da altri paesi africani, per duemila €.
– Il medico non pensa che la rivolta in si possa concludersi con la caduta del regime, come in Tunisia o Egitto: inequivocabili le dichiarazioni televisive del figlio di Gheddafi, Saif al-Islam: una battaglia fino all’ultimo uomo.
l’aeroporto è chiuso tutta la notte, continuano però le missioni dell’aeronautica militare.
[1] Saif al-Islam significa: Spada dell’Islam.
23. Februar 2011, 06:32 Uhr
Revolte gegen Gaddafi – Libyens Diktator nutzt Ohnmacht des Westens
Von Carsten Volkery, London
– Angela Merkel und andere Regierungschefs fordern vom libyschen Diktator den sofortigen Stopp der Gewalt – doch ihre Appelle verhallen. Der Einfluss des Westens auf Tripolis ist gering, am Ende wird es auf den Durchhaltewillen der Gaddafi-Gegner ankommen.
– Die Trotzrede Muammar al-Gaddafis am Dienstag sei "sehr, sehr beängstigend" gewesen, urteilte Angela Merkel. Die Bundeskanzlerin drohte Libyen mit Sanktionen, sollte die Gewalt gegen Regimegegner nicht eingestellt werden.
– Wie die deutsche Regierungschefin haben es auch andere westliche Politiker nicht an scharfen Worten der Verurteilung für die brutalen Angriffe des libyschen Militärs und ausländischer Söldner auf Demonstranten in Bengasi und Tripolis mangeln lassen.
– Doch was kann der Westen wirklich erreichen? Die kollektive Empörung der Außenminister und Regierungschefs ist bislang ohne sichtbare Wirkung verhallt. Der Straßenkrieg des Diktators gegen seine Landsleute geht unvermindert weiter, am Dienstag kam es erneut zu schweren Übergriffen in den Städten.
– Für Kenner der Region kommt dies nicht überraschend: Der Einfluss des Westens auf Libyen ist gering. Der Ölreichtum macht den Wüstenstaat wirtschaftlich unabhängig, und die diplomatischen Beziehungen waren noch nie besonders eng – im Gegenteil. Dies gilt besonders für die USA. Während die Obama-Regierung bei den ägyptischen Protesten ihren Draht zum Militär nutzen konnte, hat sie nach Tripolis kaum Kontakte.
o Der Staat stand jahrzehntelang auf der schwarzen Liste der Terror-Unterstützer. Erst 2008 waren die diplomatischen Beziehungen wieder aufgenommen worden.
– "Wir haben keine persönlichen Beziehungen auf hoher Ebene", sagte ein hochrangiger früherer US-Diplomat der "Washington Post". "So viel ich weiß, hat Obama noch nie mit Gaddafi gesprochen". Im Moment ist nicht einmal ein US-Botschafter vor Ort, der letzte wurde nach den WikiLeaks-Enthüllungen vorerst abgezogen.
– Das erschwert nicht nur die Einschätzung der Lage im Land – zuverlässige Informationen aus Libyen sind rar. Die US-Regierung muss sich auch auf die europäischen Verbündeten verlassen, um Druck auf Libyen auszuüben.
– Mehrere EU-Staaten haben Arbeitsbeziehungen zu Gaddafi, nicht zuletzt im Rahmen der regionalen Zusammenarbeit der Mittelmeer-Anrainer.
– Die EU bietet jedoch wieder einmal ein zerrissenes Bild: Die EU-Außenminister verurteilten bei ihrem Treffen am Montag zwar das Vorgehen des Regimes scharf. Sie konnten sich aber nicht auf die Verhängung von Sanktionen gegen Libyen einigen. Die Forderung Finnlands und anderer Nordländer wurde abgewiesen.
Italien lehnt Sanktionen ab
– Insbesondere Italien leistete Widerstand – die Berlusconi-Regierung will die engen Wirtschaftsbeziehungen zur früheren Kolonie nicht gefährden.
o Libyen liefert ein Viertel des italienischen Erdöls und ist Großinvestor in italienischen Firmen. Auch fürchtet die Regierung in Rom eine neue Flüchtlingswelle aus Nordafrika. Gaddafi hatte gedroht, die Grenzen zu öffnen, wenn die EU sich auf die Seite der Demonstranten schlage. Das wird in Brüssel zwar als leere Drohung gewertet, weil Gaddafi längst die Kontrolle verloren hat, doch Italien beharrt auf seinem Nein zu Sanktionen.
– Im Gespräch sind ein EU-Einreiseverbot gegen den Gaddafi-Clan oder ein Einfrieren der Vermögenswerte der libyschen Regierung im Ausland. Aus Sicht der Bundesregierung könnte dies zur Not auch ohne Italien beschlossen werden.
– "Wir müssen zur Kenntnis nehmen, dass sich nicht alle derzeit in der gleichen Weise äußern wollen", sagte Außenminister Guido Westerwelle. Umso wichtiger sei es für die anderen EU-Partner, eine klare Sprache zu finden. Allerdings ist fraglich, ob die vorgeschlagenen Sanktionen den Diktator überhaupt beeindrucken würden.
– Solange die EU sich nicht einigt, versuchen einige europäische Regierungen, bilateral ihren Einfluss geltend zu machen.
o Der britische Außenminister William Hague bestellte den zweiten Gaddafi-Sohn Saif al-Islam ("Schwert des Islam") zu sich und forderte ein Ende des Blutvergießens.
o Downing Street ist einer der ersten Ansprechpartner Libyens im Westen, seit der frühere Premier Tony Blair den international geächteten Gaddafi 2004 aus dem Paria-Dasein holte und ihn in den Anti-Terror-Kampf einband.
Uno-Sicherheitsrat soll No-Fly-Zone einrichten
– Gaddafis Sohn war in den vergangenen Jahren das Bindeglied zwischen den beiden Regierungen. Der Enddreißiger, der ein Haus in London besitzt und von 2003 bis 2008 an der London School of Economics promovierte, galt stets als Freund des Westens und Reformer.
– In London verkehrte er in den besten Kreisen: Zu seinen Kontakten zählten der britische Handelsbeauftragte Prinz Andrew und der frühere Wirtschaftsminister Peter Mandelson. Den Ex-Premier Blair nannte Gaddafi Junior gar einen Familienfreund.
– Doch scheint Saif al-Islam unter dem Eindruck der Ereignisse einen radikalen Schwenk vollzogen zu haben. Londoner Beobachter trauten ihren Ohren nicht, als er am Sonntag in einer Rede schwor, die Gaddafis würden "bis zur letzten Kugel" kämpfen. Die LSE erklärte daraufhin, eine Millionenspende der Gaddafi-Stiftung zurückgeben zu wollen. Sein Doktorvater, der bekannte Politikprofessor David Held, zeigte sich entsetzt über das "tragische Fehlurteil" seines prominenten Studenten.
– Die jüngsten Nachrichten aus Libyen deuten darauf hin, dass das Regime seinen harten Kurs beibehalten will. In seiner ersten großen Rede seit Beginn des Aufstands erklärte Muammar al-Gaddafi am Dienstag, dass er lieber sterben als nachgeben wolle.
– Der stellvertretende Uno-Botschafter Libyens, Ibrahim al-Dabaschi, forderte daher drastischere Antworten der internationalen Gemeinschaft. Der Uno-Sicherheitsrat müsse sofort eine Flugverbotszone über Libyen einrichten, um die Luftangriffe des Militärs und die Nachschubwege zu unterbrechen, sagte er in New York. Al-Dabaschi ist einer von Dutzenden Diplomaten, die der Führung in Tripolis die Gefolgschaft aufgekündigt haben.
Der Sicherheitsrat kam seiner Aufforderung am Dienstag nicht nach, verurteilte aber das Gaddafi-Regime scharf. Uno-Generalsekretär Ban Ki Moon hatte bereits am Montag 40 Minuten mit Gaddafi telefoniert und ihn aufgefordert, die Angriffe auf die Demonstranten zu stoppen – ohne Erfolg. Die Frage ist nun, wie lange Gaddafi den Krieg mit seinem Volk durchhalten kann.
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Der Spiegel 110222
Augenzeugenberichte aus Libyen
"Das Volk wird abgeschlachtet"
Es gibt viele Tote, vermutlich Hunderte. Aber wie gefährlich ist die Lage in Libyen wirklich? Ausländische Journalisten dürfen aus dem Land nicht berichten. Bei SPIEGEL ONLINE haben sich Leser gemeldet, die mit Verwandten und Freunden in Libyen in Kontakt stehen.
Berlin – In Libyen herrscht Straßenkrieg, viele Menschen ziehen in Massen auf die Straße und protestieren gegen das Regime. Immer neue erschreckende Meldungen aus Tripolis und Bengasi treffen ein – das Ausmaß der Gewalt ist kaum abzusehen.
Ausländische Reporter können aus Libyen nicht berichten, die großen Nachrichtenagenturen stützen sich auf die Schilderungen von Augenzeugen.
– Auch bei SPIEGEL ONLINE haben sich Leser gemeldet, die mit Verwandten und Freunden in Libyen in Kontakt stehen. Die Erzählungen sind nicht zu überprüfen – wenn sie wahr sind, geben die Schilderungen einen Eindruck davon, wie gefährlich die Lage in dem Land tatsächlich ist, wie groß die Angst der Menschen. Eine Auswahl:
– Am Telefon meldete sich ein libyscher Arzt, der in England arbeitet. Seine Eltern, seine Schwester, sein Schwager leben in der Hafenstadt Bengasi, wo das Zentrum des Volksaufstands gegen Herrscher Muammar al-Gaddafi ist, andere Verwandte wohnen in der Hauptstadt Tripolis. In den vergangenen Tagen habe er, wann immer die Leitungen funktionierten, mit seinen Angehörigen in Kontakt gestanden, berichtet der Mediziner:
– "Meine Verwandten können das Haus seit Tagen nicht mehr verlassen. Aber aus dem Fenster sehen sie, was auf den Straßen passiert. Söldner schießen wahllos auf Menschen, stürmen in Häuser, töten Frauen. Sie schießen nicht, um zu verletzen, sondern um zu töten. Die meisten Menschen sterben durch einen gezielten Kopfschuss. Das Regime schlachtet das Volk ab."
Aus Tripolis hätten ihm Freunde berichtet, dass viele Leichen auf den Straßen lägen – wer versuche, die toten Körper zu bergen, werde erschossen. Von den Leichen in der Hauptstadt berichten auch Nachrichtenagenturen unter Berufung auf andere Augenzeugen.
Gerüchte über 3000 ausländische Söldner
– Seine Verwandten hätten mehrfach davon gehört, dass allein in Bengasi etwa 3000 ausländische Söldner für Gaddafi im Einsatz seien – fast alle Sicherheitskräfte und Militärs hätten sich in den vergangenen Tagen mit dem Volk verbündet, seien also übergelaufen, so der Mediziner. Die Zahlen sind allerdings nicht zu überprüfen.
– Geschossen werde jetzt auch häufig mit großkalibriger Munition, die eigentlich zur Panzer- oder Flugzeugabwehr gedacht sei.
o Es gebe Berichte, wonach Gaddafi für ständigen Söldnernachschub sorge, sagt der Arzt. Junge Männer würden aus anderen afrikanischen Ländern angeworben, für ein paar Tausend Euro, berichtet der Arzt.
– Dass der Aufstand in Libyen mit einem Sturz des Regimes wie in Ägypten und Tunesien endet, daran glaubt der Mediziner nicht: Die Fernsehansprache von Gaddafis Sohn Saif al-Islam, in der er einen Kampf bis zum letzten Mann angekündigt habe, sei unmissverständlich gewesen.
"Luftraum ist erst mal gesperrt"
– "Gaddafi ist ein Mann, der seinen Verstand verloren hat", sagt der Mediziner SPIEGEL ONLINE. Es sei ihm alles zuzutrauen. Er richtet einen verzweifelten Appell an den Westen: "Verbale Verurteilungen der Gewalt reichen nicht mehr – die internationale Gemeinschaft muss jetzt handeln und das libysche Volk retten. "
– Leser Gerrit Weißel hat SPIEGEL ONLINE Auszüge aus einem Skype-Chat mit einem Freund geschickt, der in Tripolis am Flughafen festsitzt. Der Freund habe dort an einem Stadion mitgebaut, versuche nun das Land zu verlassen. Sein Bericht zeigt, wie unübersichtlich die Lage für Ausländer ist – in einer Message von 8.27 Uhr am Dienstagmorgen schrieb der Stadionbauer:
– "Sitzen immer noch am Flughafen fest. Der Flugraum ist schon die ganze Nacht gesperrt. Sind wohl wieder Lufteinsätze der Luftwaffe hier. Der deutsche Botschafter wird im Moment nicht aus der Botschaft gelassen. Aber es sollen wohl heute 3 bis 4 große Maschinen der Lufthansa fliegen und eventuell die deutsche Luftwaffe nach Malta."
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– Und weiter: "Also mal sehen, wann wir hier wegkommen, wird auch echt Zeit wenn man die Nachrichten verfolgt. Und hier auf dem Flughafen ist es auch mittlerweile unerträglich." Am späteren Vormittag wurde bekannt, dass rund 300 Deutsche in Libyen im Lauf des Tages wieder in ihre Heimat zurückkehren sollen und die Lufthansa dafür eine Sondermaschine schickt. Die Maschine soll nach Lufthansa-Angaben gegen 19.15 Uhr in Frankfurt landen.
Um 9:34 schrieb der Freund dem Leser: "Luftraum ist erst mal gesperrt. Wird auch länger dauern. Haben jetzt was von Schiffen gehört und die Botschafter sollen bald hier auftauchen."
In einer weiteren Nachricht beschreibt er, wie deutsche Botschaftsmitarbeiter vor dem Flughafengebäude Personendaten aufnähmen. Es sei für die Wartenden aber kaum möglich, nach außen zu gelangen, ohne vom Sicherheitspersonal mit Schlagstöcken aufgehalten zu werden. Es herrsche Chaos.
Anr